Arthur
si avvicinò al paglione, osservando da vicino come la punta
della freccia avesse praticamente sfiorato il centro del bersaglio;
sfiorato appunto, non andato perfettamente a segno. Con un
cipiglio irritato, iniziò ad estrarre tutte le frecce che
aveva scoccato, infilandole una alla volta all'interno della faretra
che pendeva dal suo fianco destro.
Il cielo era coperto da alcune
nuvole, ma ogni tanto, un flebile raggio di sole riusciva ad
infiltrarsi tra quel muro nebbioso, creando deboli chiazze di luce
sull'erba verde.
L'ora di pranzo era passata da un po', ma Arthur
non avrebbe saputo davvero dire quanto tempo fosse passato, da che
aveva iniziato ad allenarsi; sentì dei passi sull'erba alle
sue spalle, ma non si voltò, troppo impegnato ad imprecare
contro una freccia che si era conficcata un po' troppo a fondo nel
paglione. Infilò una mano nella tasca della tuta ed estrasse
una fettuccia di gomma; la piegò a metà ed afferrò
la freccia, ricominciando a tirare.
"Ehi! Che stai facendo?"
Merlin
si fermò accanto a lui, le mani abbandonate nelle tasche dei
jeans e l'immancabile borsa piena di libri a costringerlo in una
postura ciondolante. Arthur sbuffò e con un ultimo sforzo,
riuscì ad estrarre la freccia. Schioccò soddisfatto la
lingua contro il palato e la ripose nella faretra assieme alle altre,
aprendo la fettuccia di gomma.
"Secondo te?" rispose
piuttosto annoiato, già avviandosi verso la linea di tiro, a
trenta metri di distanza dal paglione.
Merlin corrugò la
fronte, basito dal tono di voce che aveva udito.
"Ti sei
alzato con il piede sbagliato oggi?" domandò,
trotterellando dietro di lui con aria piuttosto tranquilla. Il giorno
prima non si erano visti e dopo l'ultima conversazione che avevano
avuto (e che risaliva alla sera della festa), era sorta in lui la
strana e scomoda sensazione di aver lasciato una questione in
sospeso.
Arthur non rispose, probabilmente troppo impegnato a
sistemare il paracolpi sull'avambraccio sinistro. A quel punto,
Merlin capì con chiarezza che qualcosa non andava; accelerò
il passo e finì per affiancare il biondo, che venne adocchiato
oltre la frangia scompigliata.
"Ti sei alzato con il piede
sbagliato" sentenziò stavolta, senza ombra di dubbio.
Arthur gli lanciò una breve occhiata, stringendo un po' i
lacci del paracolpi.
"Non dovresti prendere così sul
serio tutto quello che dici, lo sai?"
Merlin rallentò
visibilmente, lasciando che l'altro prendesse un certo vantaggio.
Sbatté con aria idiota le palpebre un paio di volte e restò
a fissare la schiena di Arthur che si allontanava verso la linea di
tiro, senza sapere cosa dire. Non poteva crederci.
Si è
offeso. Si è offeso per davvero. Ecco che cosa mi sono perso,
la sera della festa!
Riavviando tutti gli ingranaggi del
suo cervello, fece un piccolo scatto, guadagnando di nuovo il terreno
che aveva perso su di lui. Stavolta quando lo affiancò, gli
puntò palesemente gli occhi addosso.
"Arthur, ma sul
serio ce l'hai con me per quella storia?!" strabuzzò gli
occhi, la bocca semi aperta, "Non è colpa mia se non
riesci a trovare quella ragazza, perché te la stai prendendo
con me?!"
Pendragon si fermò nel bel mezzo del campo
da tiro e si voltò per fronteggiarlo. Allargò le
braccia con esasperazione, prima di farle ricadere pesantemente
contro i fianchi.
"Non me la sto prendendo con te,
Emrys!"
"Ah, no? E che cosa dovrebbe significare allora
quello che hai detto?"
"Forse non sono io che non dovrei
prenderti seriamente, forse sei tu a non doverlo fare con me! Era per
dire, Emrys!"
Arthur ricominciò a camminare a passo
più spedito, puntando ostinatamente gli occhi verso l'arco che
lo attendeva pigramente sul suo supporto.
"Tanto per dire
un cavolo!" Merlin non si arrese e lo seguì, sentendo
un'irritazione sempre più crescente premere contro lo sterno;
"E' per questo che non stiamo più andando in giro a
stalkerare studentesse? E' perché ti ho detto di lasciar
perdere?!"
Fu costretto a fermarsi di colpo perché
Arthur si girò verso di lui così velocemente, che si
ritrovò a barcollare qualche passo all'indietro. Sentì
la voce strozzarsi nella gola, quando i suoi occhi celesti lo
racchiusero in un globo di gelida rabbia. Pendragon era un fascio di
nervi.
"Ma chi ti credi di essere?!" sputò, la
voce bassa, quasi ringhiante, "Pensare di avere tutta questa
influenza su di me è davvero un po' troppo, soprattutto per
te, Merlin!"
Merlin avvertì distintamente il suo
cuore compiere una vertiginosa caduta verso lo stomaco. No, non
poteva essere, stava andando tutto a sfacelo! Non si era mai
aspettato di vedere i suoi sentimenti ricambiati da Arthur, ma essere
almeno suo amico, quella era stata una fortuna insperata che
non poteva calpestare! Non poteva lasciarlo accadere! Provò a
dire qualcosa, nonostante fosse stato ferito da quelle parole.
"Non
ho mai preteso né voluto, avere un'influenza su di te..."
commentò con un tono di voce piuttosto titubante, ma limpido
come una giornata di sole.
Arthur restò a guardarlo ancora
per dei lunghi istanti, durante i quali il moro non distolse mai lo
sguardo, mettendo in chiaro in un certo modo, la totale onestà
delle sue parole. Tuttavia Pendragon, probabilmente perché
troppo accecato dal nervosismo, non pareva essere nelle condizioni
adatte per intuire ed apprezzare quella sincerità, qualità
che scarseggiava anche nella sua più ristretta cerchia di
amici.
Irrigidendo il profilo del volto in maniera inconscia, il
biondo tornò a voltargli le spalle; "Vattene Emrys,
voglio stare da solo" sentenziò, raccattando il suo arco,
prima di allontanarsi verso i dormitori maschili dei Camelot.
Merlin
rimase fermo vicino la linea di tiro, le braccia a sfiorare i fianchi
magri ed un'improvvisa, mostruosa voragine al posto dello
stomaco.
Aveva come la sensazione di aver appena smarrito la
bussola.
Che stava succedendo?
*
"Ciao Morgana!
Che ci fai qui?"
Morgana si girò con un sorriso
sfavillante, incontrando immediatamente lo sguardo del buon Leon.
Sollevò la capiente borsa bianca verso l'alto e si strinse
nelle spalle.
"Sono venuta a portare alcuni appunti a mio
fratello. Ho finito di correggerli questa mattina ma, come al solito,
sono sempre io quella che deve fare il lavoro sporco!"
Leon
rise con un certo divertimento, chiudendosi alle spalle la porta
della sua stanza; "Dovresti rallentare però, tra i tuoi
impegni e l'aiuto che dai a tuo fratello, credo tu abbia le idee un
po' confuse!"
Morgana finse con egregia maestria un'aria
totalmente sorpresa.
"Che cosa intendi dire?"
"Beh"
rispose Leon, con un sorriso un po' colpevole sulle labbra, di chi
non vorrebbe ridere degli altri ma riesce a trattenersi a stento, "La
camera di tuo fratello è al piano di sotto, non te lo ricordi
più?"
La ragazza sgranò gli occhi e la bocca
formò una O pressoché perfetta. Trascorsero alcuni
istanti di silenzio, necessari a far credere a Leon che la
sconvolgente notizia era in corso di elaborazione.
"Diavolo!
Hai ragione! Oh, Dio!" si coprì la faccia con una mano,
dando l'aria di essere mortalmente imbarazzata da quella gaffe. Si
avvicinò all'amico di suo fratello e lo prese sotto braccio,
sfarfallando le ciglia lunghe e scure.
"Perché non mi
accompagni? Così non potrò perdermi di nuovo!"
Leon
schiuse le labbra piuttosto scioccamente, incantato dal movimento
ipnotico degli occhi di Morgana; contro ogni aspettativa, riuscì
a racimolare la forza necessaria per biascicare un assenso.
Mentre
entrambi si avviavano verso le scale, la ragazza voltò la
testa indietro, lanciando un'occhiata alla porta della stanza numero
centoventitré; stese le labbra in un sorriso ferino: aveva
proprio l'aria di un gatto già pronto a leccarsi i
baffi.
*
Tom assottigliò le palpebre sugli occhi
e tenne le mani appoggiate sulle ginocchia, in una posa palesemente
minacciosa ed ostile (o almeno così l'avrebbe definita il
nostro eroe). Lancelot dovette forzarsi oltre ogni modo per non
distogliere lo sguardo ed allentò il colletto della camicia
per riflesso. Tom aveva riposto temporaneamente i suoi arnesi, ma la
fucina era ancora calda di lavoro e Lake sentiva già la stoffa
della canottiera (quella della salute, che andava infilata nelle
mutande), appiccicarsi alla schiena.
Francamente non poteva
comportarsi meglio di così. Stava mantenendo la sua parola,
era andato dal padre di Gwen con tutte (più o meno) le buone
intenzioni del mondo e ci aveva parlato senza ricorrere all'uso di
violenza. All'inizio Tom aveva soppesato da una mano all'altra il suo
fidato martello, tanto che l'aveva quasi fatto preoccupare per la sua
incolumità, ma poi si era seduto ed aveva iniziato a fissarlo;
lo aveva fissato così intensamente che Lancelot, schiacciato
da quegli occhi neri come la pece, aveva sentito le ginocchia
piegarsi da sole ed il sedere crollare sulla panca davanti la sedia
dove s'era accomodato Tom.
Dal momento in cui Lance aveva finito
di parlare, l'uomo non aveva aperto bocca ed arrivati a quel punto,
il silenzio era diventato terribilmente palpabile. Lancelot se lo
sentiva stringere addosso quasi quanto la camicia.
"Signor
Taibhse(1), io-"
"Sta' zitto"
In realtà,
Lance credette si essersi beccato uno stai zitto,
perché interpretare quella sorta di ringhio animalesco che era
fuoriuscito dalle profondità più profonde della gola di
Tom, sarebbe stata un'impresa per chiunque.
Magari mi ha appena
detto ti ammazzo. Secondo me l'ha detto. Voglio dire, è
plausibile. Me lo aspetterei.
"E così credi di
poter venire qui a dirmi come dovrei comportarmi con mia figlia"
masticò l'uomo ad un certo punto, facendo rimanere l'altro di
stucco. Lancelot aveva sinceramente creduto che Tom non avrebbe
davvero parlato, con lui. Si era solo aspettato di essere preso
selvaggiamente a martellate in mezzo alla fronte.
"No, io
veramente- cioè sì! Nel senso, non è che...
Voglio dire-"
"Sì ragazzo, spiegami che cosa
vorresti dire, prima che ti spalmi la faccia sulla fucina. Le piaghe
che hai adesso ti sembreranno soltanto dei ghirigori”
D'accordo,
pensò Lancelot dopo aver preso un respiro profondo, dalle
minacce silenziose è passato a quelle verbali. Ma, come ho
detto, sono venuto preparato. Preparato psicologicamente. Fisicamente
un po' meno, ma posso sempre improvvisare.
"Voglio
dire che io tengo a sua figlia. Ci tengo davvero. Altrimenti non
avrei cercato di farle la corte in tutti i modi possibili, alcuni dei
quali veramente assurdi, lo riconosco. E se non fosse sempre per
Gwen, credo che a quest'ora la faccia sulla fucina glie l'avrei
spalmata io, con tutto il rispetto. Non so se ci ha fatto caso, ma ho
delle ustioni sulla faccia e mi mancano le sopracciglia. Non mi sarei
certo aspettato che i miei tentativi di corteggiamento avrebbero
rischiato di ammazzarmi, ma non per questo ho smesso. Primo perché
amo Gwen e mi piace, mi piace maledettamente ricoprirla di
attenzioni. Secondo, l'ho fatto per rispetto nei suoi confronti,
Signor Taibhse. Rispetto per quelle che credevo essere le sue ultime
volontà. Dica un po', pensa veramente che sarei io quello a
dover finire in pasto alla fucina?"
Tom aveva allargato
gli occhi, tanta era stata la sfacciata schiettezza con la quale
Lancelot gli si era rivolto. Mai, mai nessuno degli ex fidanzati di
sua figlia aveva osato parlargli a quel modo! Quando afferrò
il martello dal tavolo da lavoro, Lake era già schizzato in
piedi come una molla, un incalzante colorito biancastro a
dimostrazione che il sangue stava velocemente defluendo dalla faccia.
Il fabbro si alzò in piedi con un grido da vero guerriero
moicano e fece roteare il martello per aria, senza perdere tempo.
Iniziò così all'improvviso, una specie di caccia
all'uomo: Lance si mise a correre intorno al tavolo, ripetendo spesso
un oh mio Dio oh mio Dio davvero sentito e Tom cercò di
stargli dietro e di acciuffarlo; doveva davvero spaccargli quella
faccia di bronzo che aveva, una volta per tutte. Era diventata una
questione di principio!
"Signor Taibhse!" gridò
il ragazzo, circumnavigando il tavolo e mantenendo un certo
vantaggio, "Possiamo parlarne, per favore? Ho giurato a Gwen che
mi sarei comportato civilmente!"
Il martello si abbatté
pesantemente sul tavolo, a dimostrazione di cosa ne pensasse Tom
delle sue intenzioni civili. Si fermarono entrambi, uno davanti
all'altro, il fabbro con un po' di fiatone in più.
"Per
favore" ne approfittò Lancelot, "Mi dia una chance!
Una possibilità!"
La corsa si scatenò di nuovo,
Tom con uno scatto cercò di aggirare lestamente il tavolo ma
Lance era troppo veloce e decisamente più giovane di lui; si
sorprese anche di come il fabbro non avesse ancora tentato di
lanciargli dietro il martello, invece di limitarsi a rincorrerlo.
Mh,
ma non facciamoglielo notare eh. Non diamogli spunti o pretesti del
genere. Direi che sono già abbastanza sfigato di mio, senza
che mi metta ad incitarla, la sfiga.
"Per la miseria,
Tom!"
"Un'altra confidenza così e ti strappo le
pa-"
"Non degeneriamo!"
"Quando ti
acchiappo Lake, chiederai pietà!"
"Non mi
arrenderò mai!"
Lancelot si fermò
all'improvviso e piantò le mani sul tavolino, fissando il
fabbro con intensa serietà. Tom si fermò davanti a lui
e se uno sguardo avesse potuto uccidere, Lance sarebbe stato già
bello che morto.
"Se si aspetta davvero che volterò le
spalle a Gwen e me ne andrò come hanno fatto tutti quegli
altri imbecilli prima di me, si sbaglia di grosso. Può
minacciarmi, malmenarmi, passarmi sopra con un trattore, può
insultarmi ed anche maledirmi. Ma non le servirà a niente,
Signor Taibhse. Se spera davvero di cavarsela con me come ha fatto
con gli altri, si accorgerà ben presto di aver fatto male i
calcoli. Amo Gwen e le resterò accanto, a prescindere da come
terminerà questa conversazione!"
Tom osservò
il dito che Lancelot, nel parlare, gli aveva puntato contro. Da lì,
fece risalire lentamente lo sguardo sul volto accaldato del ragazzo,
che lo fissava con una determinazione davvero fuori dal comune. Che
avesse finalmente trovato quello giusto? Quello degno? Unendo
le labbra in una linea dura e sottile, lasciò ricadere
pesantemente il martello sul tavolo, che fece un tonfo non
indifferente. Incrociò le braccia massicce contro il petto e
soppesò silenziosamente il coraggio che Lake stava dimostrando
davanti le sue minacce. O forse si trattava di semplice stupidità?
Il fatto era che qualche merito, bisognava riconoscerglielo. E, come
aveva già notato, era la prima volta che uno dei fidanzati di
sua figlia dimostrava quella presenza di animo.
"Bene
Lake" esordì all'improvviso, mostrandosi un po' più
civile, "Vuoi restare con mia figlia?"
Lancelot annuì,
allargando le braccia con una certa, esasperata eloquenza.
"Allora
sposatela. Entro l'anno. Dimostrami la serietà delle tue
intenzioni!"
Il ragazzo venne colto totalmente contropiede da
quella sentenza. Restò a fissare il volto di Tom con
un'espressione piuttosto inebetita e boccheggiò come un pesce
fuor d'acqua. Sposare Gwen?
Ma fa sul serio? Crede davvero che
la sposerò solo perché lo vuole lui? Oramai so che non
è malato sul serio, perché diavolo pensa che continuerò
a dargli retta? Solo perché è suo padre? Quest'uomo è
pazzo.
Eppure Lancelot, rimuginando sui mille e più
motivi per non dare l'ennesima soddisfazione a quell'individuo oscuro
e ricattatore che altri non era che il fabbro, si accorse che il
pensiero di sposare Gwen non lo infastidiva, anzi. La proposta di Tom
l'aveva lasciato senza parole solo perché l'uomo, nonostante
la sua messa in scena fosse stata scoperta, continuava imperterrito a
pretendere da lui un certo atteggiamento. Ma sposare Gwen... diamine,
realizzò che per lui andava bene.
Qual è il
problema? Fatto.
Allungò una mano verso il fabbro,
per sigillare una promessa.
"Entro la fine dell'anno
diventerò suo genero ed a quel punto, la smetterà di
comportarsi da padre psicopatico, non è vero?"
Tom non
aspettò che un secondo, prima di stringere la mano di Lancelot
in una morsa d'acciaio trincia dita.
"Se entro la fine
dell'anno non diventerai mio genero, sappi che a quel punto niente e
nessuno potrà impedirmi di spaccarti la faccia, se farai del
male alla mia bambina. Ti ho avvertito, Lake"
*
Arthur
fissò la lavagna senza vederla realmente. Si era infilato in
un'aula vuota per cercare di ripassare, in vista di un esame oramai
alle porte, ma tutto ciò che la sua mente riusciva a
partorire, era il pensiero di quello che Morgana gli aveva detto.
Come aveva potuto baciare per davvero un uomo e non accorgersene
nemmeno? D'accordo, la festa era stata in maschera e probabilmente
lui era stato un po' ubriaco, ma... non riuscire a distinguere la
bocca di un ragazzo da quella di una ragazza... era semplicemente
assurdo.
Lui amava le ragazze.
Le adorava.
Le venerava...
se davvero aveva compiuto un tale sbaglio, la colpa era da
attribuirsi nient'altro che all'alcool. E alle luci lampeggianti.
Un
altro aspetto che aveva veramente dell'assurdo in tutta quella
faccenda, era che stesse davvero prendendo in considerazione le
parole di sua sorella.
Questo spiegherebbe anche perché
l'ipotetica ragazza non si è fatta mai avanti. Se dovesse
essere sul serio un lui, fossi al posto suo mi vergognerei come un
ladro. Maledizione.
E se invece l'ipotesi di Morgana fosse
stata sbagliata? D'altronde, che prove aveva lei per dimostrare una
cosa del genere? Tante quante ne aveva lui per dimostrare che aveva
baciato una ragazza.
Con un sospiro profondo, affondò le
mani nei capelli e poggiò i gomiti sul tavolo. Quella storia
lo stava facendo andare fuori di testa, oramai era diventata una
questione di principio. Doveva sapere qual era la verità, il
mistero si infittiva sempre più e lui non sopportava i
segreti. Erano una cosa che aveva sempre odiato.
E poi c'era
Emrys.
Emrys, con il suo essere dannatamente vago.
Emrys, che
sembrava sapere sempre qual era la cosa giusta da dire e poi lo
spiazzava con un atteggiamento da menefreghista.
Ciò che
più lo irritava, era l'importanza che le parole di quel
ragazzo acquisivano per lui. Sin dal primo momento in cui aveva
incrociato gli occhi azzurri di Merlin, era rimasto spiazzato dalla
loro limpidezza, dalla loro trasparenza. Aveva avvertito, con una
sicurezza sconcertante, che quel ragazzo e la sincerità
sembravano essere fatti della stessa materia. Per lui Merlin era un
ossimoro, perché nonostante avrebbe scommesso una mano
sull'onestà dell'amico, una parte di lui sentiva che c'era
qualcosa di strano. Se davvero Emrys era tutta la sincerità
che lasciava trasparire dallo sguardo, perché allora si
comportava in maniera tanto sfuggente? E perché così
rare, erano le volte in cui sembrava dire qualcosa perché
voleva dirla? Arthur non si sarebbe mai stancato di
ammetterlo, ma Merlin era un vero enigma.
Una parte di lui,
quella fuori dal suo controllo, si fidava ciecamente di quel nerd da
strapazzo che aveva incrociato il suo cammino. L'altra parte, la più
cauta, gli suggeriva di spogliarlo da quella patina di onestà
che lo ricopriva da capo a piedi e di grattare la superficie, per
scoprire cosa c'era sotto; nel secondo caso, sarebbe sicuramente
incorso nelle ire del diretto interessato, ma Arthur cominciava
davvero ad essere stufo, di quella situazione. Se avesse saputo, il
giorno in cui l'aveva costretto ad aiutarlo in quell'impresa, che
Merlin sarebbe arrivato a condizionare il suo umore così
profondamente, non avrebbe saputo dire se le cose sarebbero andate
diversamente. Non sapeva se avrebbe chiesto comunque il suo aiuto, ma
credeva che no, piuttosto sarebbe uscito dalla biblioteca ed avrebbe
ideato qualcos'altro.
Se c'era una cosa che aveva in comune con
Morgana, era la mania di controllo. Già non sopportava che
qualcuno potesse scombinargli i pensieri in quella maniera, se poi
quel qualcuno era piombato nella sua vita da tempo relativamente
scarso, beh... c'era qualcosa che non andava.
L'importante, in
quel momento, era scoprire l'identità della persona vestita di
verde. Non gli importava se si fosse trattato di un uomo o di una
donna, gli bastava togliersi quel sassolino dalla scarpa. Nel caso di
un uomo, si sarebbero fatti due risate ed avrebbero finto che nulla
fosse accaduto; nel caso di una una donna, le avrebbe chiesto di
uscire.
Alle feste in maschera incidenti di quel genere potevano
capitare a chiunque, no? Se fosse successo anche a lui, beh... dove
stava il problema?
Arthur sapeva quel era il problema, ma non
poteva pensarlo, figurarsi dirlo a voce alta.
Il problema
era che quel bacio gli era piaciuto da matti. L'aveva rincoglionito.
Che cosa avrebbe fatto, se avesse scoperto che era davvero un
ragazzo, quello che l'aveva baciato? Poteva scendere a patti di
essere stato vittima di una gaffe del genere, ma non era altrettanto
sicuro di poter passare sopra una tale consapevolezza. Baciare un
ragazzo non poteva essergli piaciuto così tanto.
Doveva
trattarsi di una ragazza.
Per forza.
Si rifiutò
categoricamente di pensare a come si sarebbe dovuto comportare, in
caso contrario.
L'opzione non era neanche contemplabile.
Alzò
gli occhi dal tavolino nell'esatto momento in cui la testa di Morgana
fece capolino nell'aula, oltre la soglia. Gli occhi chiari di sua
sorella lo individuarono subito, d'altronde era l'unico presente lì
dentro.
"Arthur!" esclamò, aprendo tutta la
porta per entrare, "Stavo cercando proprio te!"
Che
culo, pensò Pendragon Maschio, guardandosi bene
dall'esternare quell'impeto di gioia. La osservò avvicinarsi
al tavolo e sedersi proprio di fronte a lui, portando con sé
un intenso e piacevole odore di camomilla.
"Come stai? Ho
incrociato Emrys per i corridoi poco fa, l'ho visto abbastanza
abbacchiato. Mi ha detto che avete avuto una discussione"
Arthur
corrugò la fronte con espressione interrogativa.
No che
non abbiamo avuto una discussione. Lui ha parlato. Io mi sono
irritato. Lui si è irritato. Io me ne sono andato. Questo è
discutere? No, che non lo è.
"Emrys tende a farla
più tragica di quel che è"
"Mh,
sicuramente è così" rispose Morgana, tamburellando
i polpastrelli sul tavolo, "O forse stai pensando a quello che
ti ho detto e sei diventato particolarmente irritabile?"
"Se
pensi che io sia diventato particolarmente irritabile, sei venuta qui
per testarlo di persona?"
Morgana alzò le mani per
aria come in segno di pacifica resa e sorrise morbidamente.
"No
ma, sai, stavo pensando..."
"Succede sempre qualche
casino quando pensi, Morgana..."
"Non fingere di non
essere interessato. Non è niente di certo, ma è sempre
qualcosa, no? Mi pare tu non sappia più che cosa
fare..."
Arthur le lanciò uno sguardo torvo; incrociò
le braccia contro il petto ed il suo silenzio, invitò la
sorella a continuare.
"Ti ricordi la sera della prima festa?"
domandò lei, aspettando un suo cenno di assenso prima di
proseguire, "Cerchiamo di concentrarci sulle persone che
frequentano il college. Escludiamo per un attimo l'ipotesi che possa
trattarsi di un infiltrato. Ipotesi tra l'altro meno probabile della
prima. Comunque, se ci soffermiamo solo sulla cerchia di studenti
iscritti ed ipotizziamo che io abbia avuto ragione, nel supporre che
si sia trattato di un ragazzo... ricordi forse l'assenza di qualcuno,
quella sera?"
Il biondo abbassò lo sguardo e si sforzò
di ricordare i volti che aveva incrociato il giorno del misfatto.
Leon, Gwaine, Valiant... altra gente che conosceva ma di cui non
ricordava bene il nome...
"Morgana, c'era un sacco di gente
alla festa, come pretendi che possa aver notato l'assenza di
qualcuno?! Tra l'altro dopo un certo punto i miei ricordi diventano
abbastanza vaghi"
La ragazza sospirò con insofferenza
e roteò gli occhi chiari verso il soffitto.
"Arthur,
ti ho chiesto di provare a ricordare. Non potresti metterci un
po' più di impegno, prima di lasciar perdere così?"
Anche
il fratello sbuffò sonoramente e stropicciò le palpebre
con le dita, mettendoci un po' più di impegno, gne
gne gne.
Poi, all'improvviso, gli venne in mente un
dettaglio.
Gwaine.
"Ehy, Arthur, hai per caso visto
Mordred?" domandò Gwaine, caracollando verso di lui nel
suo costume da Gandalf, "Voglio che mi faccia da secondo nella
gara di bevute, nel caso dovessi morire nel tentativo di vincere"
specificò, sorridendo di un sorriso smagliante.
"No,
non l'ho visto" biascicò, già oltrepassandolo per
andare a prendersi qualcosa dal tavolo delle bevande, "Prova in
dormitorio" concluse e, ancora una volta, scandagliò con
attenzione i costumi di tutte le ragazze che gli capitarono a tiro
d'occhio.
Morgana dovette scorgere qualcosa sul suo viso,
perché si tese verso di lui come una corda di violino; lo
scrutò con attenzione e con le sopracciglia arcuate. Per la
prima volta in tutta la sua vita, Arthur ebbe l'impressione che
finalmente fosse la sorella a pendere dalle sue labbra, anziché
il contrario.
"Chi è?" soffiò lei,
indagando nei suoi occhi alla ricerca di un nome.
Pendragon
Maschio sbatté le palpebre piuttosto scioccamente e masticò
un Mordred così poco convinto, che Morgana ebbe
l'impressione di non averlo sentito parlare affatto.
Non aveva
messo in conto che Arthur sarebbe stato il primo a fare il nome di
quell'imbecille ma, ehi: quando il destino decideva di metterti
davanti occasioni così ghiotte e servite su un piatto
d'argento, sarebbe stato da veri maleducati rifiutare. Morgana non
poté credere alla fortuna che le stava capitando e
rimescolando mentalmente le carte dei suoi piani, colse la palla al
balzo.
"Mordred?!" ripeté, con tono più
chiaro, ottenendo uno scialbo, disorientato assenso da parte di suo
fratello. Mostrandosi piuttosto colpita da quella rivelazione, si
tirò indietro ed appoggiò la schiena contro la
spalliera della sedia. Allargò gli occhi, dando l'impressione
di star analizzando l'informazione ed all'improvviso, schioccò
la lingua contro il palato come avesse appena scoperto la via per il
Valhalla.
"Vuoi vedere che la sera della seconda festa mi ha
baciata soltanto per attirare la tua attenzione?!" commentò,
simulando un tono di voce così sibillino e fremente di
indignazione, da risultare praticamente genuino. Arthur, se
possibile, apparì ancora più frastornato. La guardò
come fosse impazzita ma infondo agli occhi azzurri, c'era l'ombra del
panico.
Morgana avrebbe preso quell'ombra e l'avrebbe clonata
all'infinito.
"Arthur, pensaci, deve essere per forza così!
Dopo quell'avvenimento non mi ha neanche più rivolto la
parola! E tu gli sei saltato praticamente addosso! Quel piccolo
bastardo! Sapeva che lo stavi guardando! Non ha fatto altro
che usarmi!" sbatté con veemenza un pugno sul
tavolo, sottolineando la sua presunta ira funesta. Cercò gli
occhi di suo fratello, che la stava guardando con un tale terrore da
farla quasi tentennare. Quasi.
Si sporse verso di lui con
aria agguerrita, da vera donna ferita nell'orgoglio e gli artigliò
la maglia con le unghie perfettamente smaltate.
"Ascoltami
bene, Arthur. C'è un solo modo per scoprire se Duirvir
effettivamente ha preso in giro entrambi. E' diventata una questione
personale, che potrebbe riguardare anche me. Tu che hai accesso
libero nel dormitorio dei Camelot, vai in camera sua. Se ha veramente
indossato i panni della ragazza dal vestito verde, il costume dovrà
per forza essere ancora lì!"
*
Arthur non
poteva crederci. La sua mascella avrebbe toccato il pavimento, se
solo fosse stato umanamente possibile. Li aveva trovati. Li aveva
trovati per davvero! Nascosti malamente dietro l'armadio, aveva
trovato gli abiti della ragazza in verde!
Mentre vagava senza una
meta per i corridoi dell'università, cercò di capire
come diavolo era stato possibile arrivare a quel punto.
Mordred
l'aveva baciato.
Mordred l'aveva baciato e lui aveva pure
ricambiato!
Dovette appoggiarsi contro il primo muro disponibile,
per non cedere alla portata di quella rivelazione.
Ma porco
cazzo!
Assecondando il bisogno che aveva di continuare a
muoversi, uscì nel cortile interno della scuola e si lasciò
crollare su una delle panchine vicino la fontana. Il sole era quasi
calato del tutto ed i lampioni si erano già accesi per
illuminare l'edificio di pietra. Arthur abbandonò mollemente
le mani sulle gambe e fissò l'acqua zampillare pacificamente
dagli erogatori.
Morgana aveva avuto ragione.
Del resto,
ammise una parte di lui che assolutamente non gli apparteneva, sua
sorella aveva sempre ragione.
Che cazzo, è peggio di un
oracolo della madonna. E' una strega. Ed io la odio.
Nonostante
avesse appena declamato la sua avversità per la diabolica (non
sapeva neanche quanto) consanguinea, restava il fatto che Mordred
l'aveva baciato.
E che a lui era piaciuto.
Scosse le spalle e
scacciò un intenso brivido di puro disagio.
A lui era
piaciuto.
No, doveva esserci qualcosa di sbagliato. Qualcosa
che non andava.
Ricordava, che gli fosse piaciuto. Ma la sua
lucidità in quel momento era pesantemente alterata. Era
ubriaco, strafatto di luci stroboscopiche e di grida festose. Era
stato lui, ma non era stato lui. Non era stato in sé, quella
sera. A partire dal primo bicchiere di whiskey.
Se lo baciassi
adesso sono sicuro che mi farebbe schifo. Ma schifo forte. Talmente
schifo che la zuppa di verdure che mi rifila Mary in mensa ogni
sacrosanta volta, mi sembrerà caviale.
A quel
punto, capì che cosa doveva fare.
Si alzò in piedi
con aria un po' meno depressa e prese la via verso la mensa.
Era
quasi ora di cena, l'avrebbe sicuramente pescato lì seduto a
qualche tavolo, impegnato a mangiare.
Mentre si immise nel
corridoio di destra, cercò di spiegarsi come avesse potuto
Mordred guardarlo in faccia per tutto quel tempo senza tradire la
minima colpa, la più piccola vergogna od il minimo
imbarazzo.
Che razza di essere umano è?
Svoltò
un angolo ed in quel momento, vide l'oggetto dei suoi pensieri
camminare poco distante da lui, in compagnia di un amico.
Ah, così
era anche meglio.
"Duirvir!" esclamò ad alta
voce, superando un paio di aule vuote. Il ragazzo si girò
verso di lui e quando lo riconobbe, Arthur notò un certo
irrigidimento.
"Posso parlarti?"
Mordred si rivolse
all'amico: "Vai Vince. Ti raggiungo subito, tienimi il posto"
commentò, piuttosto quieto.
Quando Vince si fu allontanato,
Mordred infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si
avvicinò con lentezza ad Arthur, mantenendo lo sguardo
basso.
Ah, la faccia del colpevole! pensò subito
Pendragon Maschio, cominciando a costruire castelli per aria. Morgana
sarebbe stata fiera di vedere come stesse facendo, da solo, tutto il
lavoro sporco.
"Senti Pendragon" esordì il moro,
evitando per ovvi motivi il suo sguardo, "Mi dispiace per quello
che è successo l'altra sera. Non so che cosa mi sia preso,
devo aver bevuto troppo. Non avevo cattive intenzioni nei confronti
di tua sorella..."
Arthur lo squadrò con un cipiglio
piuttosto serio, lasciandolo parlare. Il piano del buon stratega era
semplice: prima l'avrebbe baciato, per accertarsi che la sensazione
di schifo totale si sarebbe verificata. Poi l'avrebbe gonfiato di
botte come una maledetta mongolfiera, per aver taciuto tutto quel
tempo e per aver messo le mani addosso a sua sorella, con il solo
obiettivo di usarla.
Mordred sbirciò la sua espressione con
cautela e raggrumò le labbra.
D'accordo, forse è
arrivato il caso di ammetterlo ad alta voce.
"Senti, a me
tua sorella pia-"
"Piantala con questa commedia"
Il
ragazzo, dopo essere stato bruscamente interrotto, avvertì un
leggero senso di smarrimento.
"Scusa...?"
"Lo so
che sei stato tu, Mordred. Mi dispiace solo che tu non sia venuto da
me a parlarne, piuttosto che guardarmi diventare matto giorno dopo
giorno. Ero convinto che per te la nostra amicizia valesse di più.
Pensi davvero che non avrei saputo riderci sopra?"
"Credo...
credo di non capire...?" Mordred corrugò la fronte,
sicuro di essersi perso qualche pezzo per strada. Di cosa stava
parlando Arthur? Aveva scoperto che era stato lui, ad aver messo in
giro le foto di Morgana?
No, impossibile. Sarebbe venuto a
stringermi la mano, non a farmi il terzo grado.
"Ah, non
capisci?" rispose l'altro, con sferzante ironia, "Lascia
che ti spieghi allora"
Senza neanche dargli il tempo di
capire cosa diavolo stesse accadendo, Mordred avvertì le mani
di Arthur afferrare bruscamente il suo volto e poi, in una confusione
generale di occhi e capelli, poté scoprire l'esatta
consistenza che avevano le labbra di Pendragon Maschio.
Duirvir
sgranò gli occhi a palla, restando praticamente congelato come
uno stoccafisso. La scena era piuttosto comica.
Arthur Pendragon
lo stava baciando e non sapeva cosa avesse fatto per meritarsi un
castigo del genere.
Oh Cristo, no!
Riattivando
in pochi secondi il cervello, con una spinta spiazzata Mordred lo
allontanò da sé e lo guardò come fosse
completamente ammattito (o come avesse appena commesso l'errore più
grande della sua vita). Invece di pulirsi la bocca come un ossesso
però, iniziò a guardarsi freneticamente attorno, come
alla ricerca di qualcosa. O di qualcuno.
Mi ha fregato. Mi ha
fregato, me lo sento. Non la vedo, ma lo so che è qui. Sento
le sue vibrazioni negative a chilometri di distanza! Porca
puttana!
"Grandioso Pendragon, davvero grandioso!"
sbottò, cadendo preda di un lapsus furioso, "Non so come
diavolo tu sia arrivato a fare una cosa del genere, ma lasciati dire
che non stai bene!"
Inspirò profondamente, cercando di
ritrovare la sua caratteristica calma. In realtà un'idea ce
l'aveva, di come diavolo Arthur fosse arrivato a fare una cosa del
genere; o perlomeno, chi ne fosse la causa.
Dal canto suo, il
biondo sfiorò appena le labbra con i polpastrelli e guardo
Mordred come fosse un totale sconosciuto. Lo guardò come non
l'avesse mai visto davvero.
"Non sei tu..." sussurrò,
permettendo alle pareti di pietra di assorbire il suo smarrimento.
Fece qualche passo all'indietro e lasciò che il suo corpo
venisse inghiottito da alcune ombre.
"Non sei tu..."
Mordred
non disse niente. Cominciava a capire perché Arthur l'avesse
baciato.
Devo solo scoprire come Morgana sia riuscita a
convincerlo che la ragazza dal vestito verde fossi io.
"Che
cosa ci facevano i suoi vestiti in camera tua?
La domanda che gli
pose, mandò in confusione anche lui. Cercò di studiarne
l'espressione, ma Arthur si mantenne volutamente nell'ombra.
"Arthur,
di nuovo, ti dico che non so di cosa tu stia parlando! Quali
vestiti?"
Non ci posso credere, li ha davvero ficcati in
camera mia! Ma è diabolica! Oh Dio vorrei baciarla. Vorrei
baciarla proprio adesso, per la miseria. E' meravigliosa!
Ma
Pendragon non lo ascoltava più. Gli aveva voltato le spalle e
mormorava tra sé.
"Devono averceli messi... deve
essere così... ma chi?"
Mordred gli si avvicinò
silenziosamente di qualche passo, per cercare di capire cosa diamine
stesse dicendo.
Abbiamo fatto ammattire del tutto Pendragon.
Adesso parla anche da solo, nascosto tra le ombre come il peggior
malvagio che un cartone animato potrebbe mai avere.
"Qualcuno
che può aver accesso ai dormitori maschili dei Camelot. Quindi
deve essere per forza un maschio. Ed un Camelot. Ma chi?"
Arthur
si voltò soltanto quando sentì un tocco gentile sulla
spalla. Lasciò vagare distrattamente gli occhi sul volto di
Mordred, con l'aria di qualcuno che si stava perdendo dentro.
Poi,
all'improvviso, qualcosa di doloroso e pesante si abbatté con
una certa determinazione sulla mascella del moro.
Colto
impreparato, Mordred barcollò all'indietro e finì
spalle al muro.
Ma che diamine?! Prima mi bacia e poi mi
picchia?!
Toccò con incredulità il punto
offeso e piantò gli occhi chiari sul volto di Arthur: "Si
può sapere che diavolo ti prende?!" ringhiò,
avvertendo già un certo prurito alle mani. D'accordo che
Pendragon era stato astutamente manipolato e raggirato, ma a tutto
c'era un limite! Se voleva fare a botte, era il benvenuto!
Arthur
si massaggiò le nocche della mano e gli rivolse uno sguardo
glaciale.
"Questo era per aver baciato mia sorella. Sono un
fratello protettivo Duirvir, che cosa ci vuoi fare?"
Senza
aggiungere altro, il biondo lo superò, continuando la sua
marcia verso la mensa.
Ovviamente non avrebbe mangiato niente, lo
stomaco gli si era accartocciato tutto su se stesso come un foglio di
carta che brucia.
Mordred restò per un paio di minuti con
le spalle appoggiate contro la parete; poi, quando non riuscì
a cogliere nessun movimento nei dintorni (aveva aspettato addirittura
che Arthur si fosse allontanato di un bel po'), decise che continuare
ad aspettare di coglierla sul luogo del misfatto sarebbe stato
inutile.
Il domani era l'unico ad avere risposte in grembo.
NOTE
DELL'AUTORE: Questo capitolo è un po' più corto
degli altri ma accadono un po' di cosine carine, dai <3 ve lo
aspettavate questo tiro da Morgana? Ma quanto è machiavellica
questa ragazza? Vi giuro che mi spaventa, non ha limiti XD Ed avete
capito perché Mordred è un disadattato sociale? Più
lei lo maltrattata, più lui si sente stimolato a fare peggio!
Meno male che ho messo l'avvertimento 'demenziale' per questa storia,
altrimenti avrei dovuto dare serie spiegazioni per tutto questo
delirio XD Come al solito vi ringrazio per le innumerevoli bellissimi
fantastiche splendide eccetera eccetera recensioni! La cosa più
bella è aver conosciuto molte di voi anche fuori dall'ambito
di EFP :D Approfitto di questo spazio per rinfrescarvi la memoria:
Morgana è sempre stata la proprietaria del vestito verde, nel
primo capitolo viene specificato che lei ha prestato il vestito a
Merlin perché Merlin ha perso una scommessa. E' riuscita ad
introdursi nel dormitorio dei Camelot semplicemente perché
essendo la sorella di Arthur ed avendogli sempre portato gli appunti,
sapeva che la sua presenza lì non avrebbe destato sospetti :D
Come è riuscita ad entrare in camera di Mordred? Probabilmente
ha doti nascosti di scassinatrice, prima o poi mi farò
spiegare da lei questo dettaglio. C'è da dire che dalla mia
esperienza inglese, ho appreso che molti inglesi non hanno
l'abitudine di chiudere la porta a chiave. Pessima, pessima usanza
ù_ù In questo periodo sono piuttosto impegnata, chiedo
perdono se aggiorno lentamente. Ma so che mi vorrete bene lo stesso
u.u Le note sono insolitamente poche stavolta! (Una sola):
(1)
Taibhse, dal gaelico vuol dire fantasma. Nel ciclo arturiano Ginevra
era definita come fata o fantasma bianco. Mi serviva un cognome.
Questo è il suo cognome.
Vabbé, finisco di ammorbarvi sul serio u.u mancano 4 capitoli eh e_e DICO QUATTRO!
Ciao u.u