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Autore: Give_me_only_kiss    27/04/2013    5 recensioni
Lui non era niente. Era nero. Questo pensava un piccolo Scorpius di appena undici anni, fissando le gocce di pioggia che bagnavano il vetro della finestra di camera sua. Si alzò sbuffando e si mise davanti allo specchio, scompigliandosi i capelli con la mano destra.
Tutto quello che vide fu la luce più assoluta: capelli biondi, quasi bianchi, da angelo e carnagione lattea, labbra sottili e lineamenti taglienti, occhi azzurro lucente eppure slavato, con picchiettature grigie.
Assomigliava ad un angelo.
Scorpius ghignò, ricordandosi un detto che aveva letto in un libro babbano.
L’apparenza inganna.
Perché per quanto Scorpius fosse bello fuori, dentro era marcio. Nero.
Genere: Dark, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Draco Malfoy, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 11

 

Cinque anni dopo….

Scorpius cercò lo sguardo Albus in mezzo alla folla che circondava l’Espresso per Hogwarts.

Era al suo sesto anno ad Hogwarts. Non credeva che ci sarebbe mai arrivato completamente illeso come aveva fatto. Certo, tralasciando la media di almeno sette risse l’anno- quattro delle quali le aveva generalmente con suo cugino Paul - e quella volta in cui Albus lo coinvolse in uno dei suo stupidi scherzi troppo Grifondoro per i suoi gusti e rischiò l’espulsione…

-Scorp! – appunto. Parli del Diavolo e spuntano le corna. Corse dal suo amico e lo abbracciò. Albus era cambiato moltissimo dall’ultima volta che l’aveva visto. Era cresciuto e ormai doveva sfiorare almeno il metro e settantacinque, si era irrobustito e i suoi tratti si erano fatti più marcati. Strizzando gli occhi, Scorpius poteva perfino intravedere un’ombra di barba sul viso dell’amico di sempre.

Al si staccò improvvisamente da lui e lo guardò da capo e piedi con aria corrucciata. Scorpius inarcò un sopracciglio, nel suo modo di chiedere spiegazioni, e Al colse al volo.

-Bè, ecco Scorp… - iniziò, grattandosi la nuca, come se non sapesse da dove cominciare – in poche parole, sei uguale a cinque anni fa. Sei solo cresciuto in altezza. Non ti incuriosisce questa cosa?

Eccome se lo incuriosiva. Se ne erano accorti tutti. Hermione, che ormai passava da loro quasi tutti i giorni, per chiacchierare con suo padre, che ormai era cotto di lei. Rose, che veniva almeno due volte la settimana. Suo padre e perfino il padre di Albus, nelle poche e rare volte in cui era andato a trovarlo a casa sua.

Anche le persone che gli stavano intorno – quelle che non facevano finta che non esistesse – se ne erano accorte, ma non ci voleva un genio per capire che in Scorpius qualcosa non andava.

In parole povere, non cresceva. Gli altri ragazzi si irrobustivano, cambiavano voce, i loro lineamenti si facevano più marcati e sul volto si incominciava a intravedere un’ombra di barba.
Scorpius, invece, era sempre lo stesso. Stessi lineamenti fanciulleschi, stessa pelle eternamente eterea e liscia, stessa corporatura gracile, anche se era cresciuto molto in altezza e ora sfiorava il metro e ottanta. Anche dentro era sempre lo stesso: un pozzo nero di rabbia pronto a esplodere.

E la sua unica medicina era sempre lei, che comparve proprio in quel momento in mezzo alla folla.

Scorpius sorrise. La sua rosa era una donna, ormai. I suoi lineamenti si erano fatti meno paffuti e più aggraziati. Era sempre molto magra, ma aveva tutte le curve al punto giusto, che compensavano il fatto che fosse alta non più un metro e sessanta.

I capelli rosso fuoco e leggermente ondulati le ricadevano morbidi sulle spalle, incorniciandole il viso in cui spiccavano i pozzi di cielo che aveva per occhi e le sue labbra rosse e carnose, in contrasto con la pelle bianca e ancora leggermente spruzzata di lentiggini.

Solo tre cose erano rimaste immutate in quei cinque anni: i suoi occhi, per cominciare. Erano sempre le pozze di cielo illuminate da quella luce ottimista, come se niente potesse scalfire la loro purezza.

Secondo, la rosa che le aveva regalato Scorpius. La portava sempre con sé, o nella borsa o a mo’ di fermaglio.

Terzo, il suo profumo. Perché per Scorpius Rose avrebbe sempre profumato di rose.

Avevano praticamente passato tutte le estati insieme, giocando e chiacchierando. E Scorpius si sentiva più leggero ogni volta. Ogni suo sorriso era come un’esplosione di benessere dentro di lui, che dichiarava guerra all’eterno nero che aveva sempre abitato in lui.

Ma poi a scuola lei faceva finta di non conoscerlo. E gli faceva male. Tanto. Rose si era scusata mille volte con lui per quella mancanza e lui l’aveva perdonata, in un certo senso. Sapeva perché lo faceva:
Rose era pur sempre la figlia di due eroi di guerra e non poteva certo andare in giro con il figlio Serpeverde di un ex-Mangiamorte, per di più il ragazzo più impopolare della scuola.

Ad Albus questo non importava, ma Scorpius sapeva che Rose ci teneva all’opinione di tutti. Inoltre, aveva capito che Rose era considerata il “gioiello” e Albus la “pecora nera” della famiglia a causa della sua appartenenza a Serpeverde e di suoi innumerevoli atteggiamenti che lo portavano a essere molto spesso arrogante e maligno.

E così a scuola Scorpius riceveva solo occhiolini repentini e sorrisi di sfuggita, che doveva farsi bastare. Anche se avrebbe tanto voluto urlare al mondo che erano migliori amici, che la conosceva in tutte le sue sfumature: conosceva i suoi sogni, ogni sua più piccola espressione, ogni sua insicurezza, ogni sua paura. Avrebbe voluto urlare al mondo che Rose Weasley era la sua rosa e che lui era…

No, non ne era innamorato. Ne era attratto inconfutabilmente e inevitabilmente ma non ne era innamorato, no. Rose era la sua droga.

Ne aveva bisogno a ogni ora del giorno e della notte, aveva bisogno di lei, dei suoi occhi, del suo profumo. Aveva bisogno dei suoi sorrisi e dei suoi abbracci, per allievare il suo dolore, la sua rabbia. Forse era un egoista, ma il benessere che gli procurava stare in compagnia di Rose gli faceva dimenticare anche i sensi di colpa.

Rose era dall’altro lato della stazione. Gli sorrise, poi, senza farsi vedere da cugini e parenti vari, gli mandò un bacio e gli mostrò sorridente la rosa bianca che portava al polso, legata a un bracciale.

Scorpius ricambiò il sorriso e raccolse al volo il bacio – sì, quando voleva sapeva essere un Don Giovanni come suo padre – poi le fece l’occhiolino e salì sul treno, mentre la rossa arrossiva lievemente.

Il biondo raggiunse Albus nel loro solito scompartimento e si sedette.

E ancora non sapeva che da quell’anno la sua vita sarebbe stata completamente sconvolta.
 

Intanto, dall’altra parte della stazione due adulti si rincorrevano giocando come due bambini spensierati. Draco aveva tolto di mano l’ennesimo libro che Scorpius aveva prestato a Hermione, e ora stava correndo tra la gente con il libro in mano, ridendo, mentre la riccia lo rincorreva.

-Dray! Molla il libro! Sono arrivata a un punto cruciale, per favore! – lo pregava la donna con il respiro affannato per la corsa. Draco si appoggiò a una colonna e alzò il braccio, tenendo fuori il libro dalla portata di Hermione e ridendo.

-Per favore Herm! Stai attaccata da quel libro da questa mattina, tra un po’ te lo sposi – replicò, mentre osservava divertito la riccia che saltava cercando di raggiungere il libro.
La gente intorno a loro li osservava, chi ridendo, chi scuotendo la testa. Erano proprio due bambini. Due bambini innamorati l’uno dell’altra che ancora non lo sapevano.

-Ehi Potter – Hermione approfittò del momento di distrazione di Draco per saltare e afferrare il libro, aprendolo alla pagina dove era arrivata, mentre il biondo la guardava scuotendo la testa e andando incontro alla famiglia Potter.

-Potter, che tu sappia, c’è un modo per farla staccare dai libri? – chiese sarcastico, mentre Hermione sbuffava, pur continuando a leggere. Harry sorrise e scosse la testa.

-Ahimè, sono anni che sono suo amico Malfoy, ma non ho mai trovato il modo – rispose, con aria  fintamente melodrammatica. Hermione sbuffò ancora e chiuse di scatto il libro, agitando le braccia.

-Ecco, contenti?! – Draco le si avvicinò e la baciò sulle fronte, facendola arrossire.

-Moltissimo – sussurrò il biondo con le labbra a un centimetro di distanza dal viso della riccia. Hermione arrossì e sorrise, poi si allontanò, schiarendosi la voce e rimproverando con un’occhiataccia Ginny e Harry, che si stavano evidentemente trattenendo dallo scoppiare a ridere.

Ginny tossicchiò e diede una gomitata al marito, che annuì e tornò serio:

-Senti Malfoy, Hermione.. – iniziò, sorridendo – sabato è il compleanno di Ginny e volevamo chiedervi se vi andava di venire a farci un salto.

-Sarà una festa in grande stile! – intervenne Ginny, con gli occhi che brillavano – mi aspetto abito da sera e niente libri – Draco rise, mentre Hermione alzava gli occhi al cielo.

-Per me va bene – acconsentì l’ex-Grifondoro, guardando il biondo accanto a lei.
-Anche per me, ma siete sicuri che il resto della famiglia Weasley accetterà la mia presenza? – chiese. Harry si strinse nelle spalle mentre Ginny sorrideva.

-Non preoccuparti. È la mia festa e decido io – disse – e poi, ci vuole proprio una distrazione in questi tempi di bufera, no?
E parlando di bufera….
 

-Ragazzi, un attimo di attenzione per favore! Silenzio! – Scorpius sollevò lo sguardo dal suo piatto, giusto in tempo per schivare un Frisbie Zannuto proveniente da James Potter e vedere la Mc Granitt che sbraitava per avere silenzio.

Lanciò uno sguardo di fuoco a sorriso-da-deficiente e rivolse la sua attenzione alla preside, che finalmente aveva ottenuto il silenzio.

-Bene, finalmente – sospirò la vecchia insegnante di Trasfigurazione – studenti, vi sarete accorti che negli ultimi anni ci sono stati parecchi problemi nel mondo magico.
In effetti Scorpius sapeva, avendo un padre Auror, che delle creature magiche avevano portato parecchio scompiglio nel loro mondo, ma credeva che il problema fosse stato risolto.

-Quello che mi aspetto che voi non sappiate è che questi problemi sono stati causati da alcune delle creature più potenti e temibili del mondo magico, i Demoni – Scorpius s’irrigidì – gli Auror non riescono a
fermarli e in pochi mesi potremmo ritrovarci in piena guerra..

-Ma perché gli Auror non riescono a fermarli?! – chiese Lorcan Scamandro, dal tavolo dei Corvonero.

-Perché i Demoni hanno poteri che noi maghi non abbiamo, ci sovrastano e non possiamo combatterli – rispose grave la preside. Un mormorio concitato percorse i tavoli delle Sala, mentre Albus e Scorpius si scambiavano un’occhiata preoccupata.

-Per questo noi abbiamo chiamato… - continuò la Mc Granitt, che però venne interrotta dal rumore del portone che si spalancava. Gli sguardi di tutti si posarono sulla figura maschile che camminava tra i tavoli con aria sicura e spavalda, fino al tavolo dei professori.

Aveva lunghi capelli castani che teneva raccolti in un codino basso all’altezza della nuca, con qualche striatura di grigio, lineamenti marcati e volto spigoloso. Aveva la carnagione scura e gli occhi azzurri. Non come quelli di Rose o di Scorpius, però. Era un azzurro spento, come un cielo pieno di nuvole scure.

Indossava una lunga veste nera, che sul petto aveva un’immagine di una spada rivolta verso il basso a cui era intrecciata una rosa bianca, che comunque lasciava intravedere i muscoli ben delineati delle braccia.

Fece un piccolo inchino quando fu davanti al tavolo dei professori e poi si voltò verso gli studenti, incrociando le braccia, mentre i suoi occhi svettavano da un tavolo all’altro.
La Mc Granitt sorrise e scese dal suo tavolo, mettendosi accanto all’uomo.

-Ragazzi, salutate Fen, detto l’Emerita o Colui che Cammina da Solo. Lui ci aiuterà a scoprire se tra di voi ci sono alcuni maghi particolari, gli… - la preside si bloccò e si voltò verso Fen, facendogli cenno di continuare.

Del canto suo, l’uomo scoppiò a ridere.

-Credevo che le mia creature avessero conquistato la fiducia dei maghi anni fa, Minerva. E invece perfino tu hai paura del loro nome. Che poi è un nome talmente comune che assume questo aspetto minaccioso solo se collegato alle mie creature- aveva una voce tonante e ammaliatrice da cui tutti rimasero incantati, Scorpius compreso.

Fen riprese in seguito il suo contegno da guerriero e si rivolse a tutta la Sala Grande:

-Le mie creature sono l’ultima speranza per questo mondo, e sento che tra di voi ce ne è una, particolarmente potente – il viso stanco della Mc Granitt s’illuminò.

-Chi è? – chiese, ansiosa. Fen scosse la testa, sconsolato e allo stesso tempo divertito.

-Non posso dirlo con certezza. Sento la sua presenza, e in passato avrei potuto dirti nome e cognome, Minerva cara, ma adesso i miei sensi si sono affievoliti e non riesco nemmeno a capire da quale tavolo proviene – spiegò – ma riesco a scorgere alcune caratteristiche del suo carattere: è un ragazzo, questo è certo, e ama le sfide. Perciò per individuarlo… io sfido tutti voi in un duello magico!

Tutti i ragazzi in sala cominciarono a parlottare. Poi si sentì un brusio sempre più forte provenire dal tavolo dei Grifondoro e James Potter si fece avanti, accompagnato da un applauso scrosciante e da fischi.
Fen lo osservò attentamente, mentre sorriso-da-deficiente si avvicinava spavaldo all’Eremita.

-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – chiese, estraendo una bacchetta dalla manica della tunica. James fece lo stesso.

-James Sirius Potter – rispose quello. Fen aggrottò la fronte alla vista della bacchetta e abbassò la sua.             

– Vai a sederti, Potter – ordinò, teso. Sorriso-da-deficiente lo guardò confuso e chiese spiegazioni. L’uomo si limitò a indicare con il mento la bacchetta.

-Le mie creature non hanno bisogno della bacchetta per combattere – spiegò brevemente. James strinse i pugni e imprecò sottovoce, ma tornò a posto.

-Allora, c’è qualcuno così temerario da volermi sfidare senza la propria bacchetta? – chiese Fen con voce tonante. La sala restò in silenzio, nessuno si faceva avanti.

Scorpius strinse i pugni. Lui aveva più volte compiuto magie senza bacchetta, perfino senza pronunciare l’incantesimo, ma non credeva di essere una delle creature di cui Fen parlava per un semplice motivo: quelle magie che aveva compiuto erano avvenute per puro caso, lui non le aveva mai volute. Era sempre stata quella forza dentro di lui ad agire per suo conto. Probabilmente semplice magia accidentale.

Il silenzio venne rotto da un improvviso stridio, il tipico suono di una panca che si sposta. Scorpius si voltò verso la fonte del rumore e sbiancò.

-Il tuo nome, ragazzo? Per intero, possibilmente – ripetette Fen, brandendo la bacchetta.
-Albus Severus Potter, signore – rispose Al, con la sua solita e impeccabile educazione – ma non voglio sfidarla. Al contrario, volevo proporre una persona – disse. Fen inarcò un sopracciglio.

-Vedo grandi poteri in te, giovane Potter. Tu sei Colui che Parla alle Creature della Terra, vero? – chiese l’Eremita. Un mormorio incerto percorse la sala, mentre Albus annuiva. Fen sorrise, forse lieto che i suoi poteri non si fossero affievoliti tanto da non potersi più permettere di riconoscere Colui che… ma come cavolo aveva chiamato Al?

-Allora, Venerabile – disse Fen con un inchino –lasciate che vi porga i miei più sentiti saluti – Albus si fece avanti, mentre tutta la scuola non aveva occhi che per lui. Scorpius sgranò gli occhi.

Perché Fen si rivolgeva ad Albus con tanto rispetto? Perché l’aveva chiamato Venerabile? C’era qualcosa dell’amico che lui non conosceva?

-Mi scusi, Minerva – disse Fen, rivolto alla preside – forse era la presenza del Venerabile quella che ho avvertito, e non quella di una delle mie creature. Ne sono desolato – Albus lo interruppe alzando la mano.

-Non così in fretta, Camminatore Solitario. Quella che hai avvertito era davvero la presenza di un Angelo.

Tutta la sala rabbrividì a quel nome, pronunciato con tanta disinvoltura dal secondogenito Potter. Quest’ultimo si voltò verso Scorpius, che lo guardava a bocca aperta, e gli sillabò “Ci vediamo nell’ufficio della preside”. Poi tornò a rivolgersi a Fen e alla Mc Granitt e li condusse fuori dalla Sala Grande, mentre tutti gli studenti lo guardavano sbigottiti, compreso Scorpius.

Mezz’ora dopo, Scorpius bussò alla porta dell’ufficio della Mc Granitt. Venne accolto da un brusco avanti e da sguardi increduli, escluso quello luminoso di Albus che sorridente annunciò:

-Camminatore Solitario, ecco a te il tuo Angelo.

Questo è il capitolo più importante, insieme al prossimo.
Vi avverto: rallenterò un po’ il ritmo, ho il blocco dello scrittore. È terribile: sto interi minuti davanti al computer ma non riesco a scrivere niente, è come avere un tappo sulla fantasia. Brr… comunque, spero che questo capitolo vi sia piaciuto tanto da lasciare un piccolo commento.
Un bacio, Selenakilla89
  

 
  
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