Capitolo
56.
The bitterness inside
Is growing like the new born
Estrasse le chiavi di
casa dalla tasca dei jeans scuri, vecchi e sdruciti sul fondo a forza
di
camminarci sopra con le scarpe.
Era affezionato a quei
pantaloni, non c’era una ragione in particolare, del resto
era molto legato a
qualsiasi capo che andava a creare il suo eccentrico guardaroba.
Aveva cominciato a
vestirsi in maniera più consona da quando ottenne la
cattedra da insegnante di
musica, e quel paio di pantaloni facevano parte della categoria di
vestiti
sobri che aveva posseduto da sempre.
E inoltre a Kim
piacevano molto.
Le infilò nella
serratura e le girò mezza volta: significava che qualcuno vi
si era già
intrufolato dentro.
Non ne fu colpito, era
stato lui stesso a dirle di trovarsi direttamente a casa sua.
Infatti, non appena
accese la luce del soggiorno, vide la ragazza distesa sul divano, tanto
per
cambiare.
Era sdraiata sul fianco
destro, il braccio destro a farle da cuscino le premeva contro la
guancia, mentre
il sinistro era disteso sopra la testa.
Aveva spogliato le
scarpe, le quali al momento giacevano inermi esattamente sotto di lei,
sul
tappeto tra il divano e il tavolino in vetro.
Le gambe erano piegate,
mantenute strette il più possibile al ventre, probabilmente
per trattenersi il
calore addosso, che tendenzialmente comincia a scemare quando stai
sdraiato in
quel modo.
I lunghi capelli che le
coprivano il volto, erano stesi in direzione opposta rispetto al suo
corpo,
facendo quindi capolino dal bordo del divano più vicino alla
sua testa.
Il fatto che fosse così
distesa, con la luce e televisione spenta poteva lasciar immaginare che
stesse
dormendo.
Ciononostante, il modo
in cui l’indice della mano sinistra si attorcigliava una
ciocca di capelli già
ondulata, gli fece intendere che fosse sveglia.
Senza dire niente,
l’uomo sorrise rumorosamente, appoggiando i suoi effetti
contro la parete
subito accanto alla porta, e si incamminò verso il divano.
Una volta raggiunto, si
sedette sul tappeto, proprio di fronte al viso della giovane.
Il respiro flebile le
smuoveva le ciocche di capelli davanti al viso. Jared si
avvicinò fino ad
appoggiarsi con un gomito sulla superficie del divano, e con
l’altra mano prese
a liberarle il volto.
Quando questo emerse,
lui non poté fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso
affettuoso.
-Ehi..- disse in un
sussurro.
Gli occhi pece
incontrarono subito i suoi, nella quale però Jared vi
riconobbe quell’aria
tormentata che era solito trovarvi nelle ultime settimane.
Erano passati 15 giorni
ormai dall’incontro a sei occhi con Max Danes… per
qualche motivo però Kim non
riusciva a darsi pace, malgrado tutti gli sforzi del professore per
farle
capire di non avere colpe.
L’occhiata che gli
rivolse, gli fece intendere che si trovasse ancora in piena pena per
quanto
riguardava la minaccia del padre nei confronti di Jared.
-Per quanto tempo vuoi
continuare con questa storia?- le domandò, il tono per
niente alterato. Era
intenerito da questo atteggiamento.
-E tu per quanto
fingerai che non ti interessa?- disse di rimando la ragazza, la voce
esprimeva
chiaramente il suo stato d’animo.
-Non sto fingendo
Kimberly.- rispose il professore, cominciando a giocare a sua volta con
i
capelli folti della ragazza, facendoseli passare tra le dita a
mo’ di pettine.
–Certo sono dispiaciuto, ma non ero davvero convinto di poter
diventare
qualcuno a ormai 40 erotti anni. –
Lei chiuse gli occhi,
sospirando. –Sono mortificata, Jared.-
-Lo so.- alzò gli occhi
al cielo. –Sono due settimane che me lo ripeti.-
-Avrei potuto fare
qualcosa!- disse lei, col tono di voce leggermente più alto.
La responsabilità
di tutto l’accaduto era totalmente sua, ne era consapevole.
-Kim, ho 20 anni più di
te, davvero, credimi, non ho bisogno che tu mi difenda.-
chiosò con un ché di
presuntuoso. Non comprendeva tutto questo lagnarsi della giovane, per
quanto
gli suscitasse tenerezza, dall’altra parte non riusciva a
capire: il SUO sogno
era stato infranto e lei si comportava come se la vittima fosse lei.
-Piuttosto, l’hai più
sentito?- le chiese poi, continuando a passare le dita tra i capelli di
Kim.
Erano davvero setosi, per un momento gli venne in mente quando il solo
pensare
di toccarglieli lo faceva rabbrividire.
Lei scosse piano la
testa. – Mi ha chiamato per i due giovedì
seguenti, ma non gli ho risposto.-
confessò mordendosi il labbro inferiore.
Jared strabuzzò gli
occhi. –E perché? Se non erro eri terrorizzata
dall’idea di non sentirlo più!-
-E’ vero.- confermò
Kimberly. –Il problema adesso è che non voglio
sentirlo io. Ho scoperto un lato
di lui che mi ha fatto malissimo, non avrei mai sospettato potesse
essere una
persona tanto crudele.
C’ho provato, Jared,
credimi. Quando ho visto che il mittente era lui però, non
sono riuscita a
rispondere, proprio non ce l’ho fatta.-
Il professore si
inumidì le labbra, gli occhi carichi di comprensione.
–Posso immaginare come ti
senti Kim e capisco tu possa essere arrabbiata con lui.. ma
è tuo padre e tu
devi giudicarlo solo in quanto essere padre.
So che al momento non
riesci a separare l’immagine dell’uomo che mi ha
fatto star male dal padre
affettuoso di cui mi hai sempre parlato.. ma è questo che
devono fare i figli.
Questo lato di lui non
ti riguarda, e non è giusto nei suoi confronti tenergli il
muso.-
Obiettivamente, aveva
ragione. Questo aspetto ragionevole della sua personalità
cominciava ad
infastidire l’alunna, la quale capì immediatamente
di essersi comportata male
nei confronti di suo padre.
Però ripensandoci, se
adesso la chiamasse, non esiterebbe ad ignorare il cellulare. Il lato
orgoglioso
del suo carattere non riusciva a placarsi e finché era
così, non ci sarebbe
stato modo per affrontare la situazione lucidamente.
-Hai ragione.- ammise
subito però, convinta di quello che diceva.
-So che è difficile, e
non dico di chiamarlo seduta stante.. solo la prossima volta, quando
sarai
pronta, non evitarlo. Sono
convinto che
gli stai causando un dolore che non riusciamo neppure ad immaginare.-
Touchée
pensò
colpevole Kim. Questo uomo aveva
un potere straordinario.
-Com’è che sei bravo in
tutto?- gli chiese poi, nel volto si aprì un sorriso carico
di riconoscimento.
Lui scrollò le spalle.
–Sei tu che mi ispiri.- si giustificò.
–Tu mi fai venire voglia di essere un
uomo buono, un uomo migliore.-
Kimberly sporse il
labbro inferiore. –Che bella cosa mi hai detto.- si
alzò su un gomito e si
chinò sul volto del professore, lasciandogli un dolce bacio.
–Grazie, Jared.-
-Domani è Pasqua, tutti
devono essere più buoni.- spiegò lui con un
sorriso ammiccante.
-Quello è il Natale,
Jared. A Natale si è più buoni, a Pasqua ci si
riempie di uova di cioccolato e
basta!- disse lei ridendo di gusto.
La suoneria del
cellulare di Kim, purtroppo, interruppe quell’atmosfera
magica.
La ragazza si lanciò
sull’oggetto. Lo schermo non presentava nome, solo un numero
che Kimberly non
tardò a riconoscere.
Presa dal panico si
sollevò dal divano e raccolse il telefono interrompendo la
chiamata.
-Ho già visto da
qualche parte quel numero.- sentì dire da un Jared pensoso,
alle sue spalle.
–Solo che non ricordo dove.-
Presa alla sprovvista
si sentì dire –E’ il numero
dell’operatore incaricato di sottoporti al
questionario per quanto riguarda il servizio degli autobus. Ti chiede
di
giudicare in una scala da 1 a 7 come trovi gli orari, la pulizia, il
personale.. è tutta settimana che mi chiamano.-
spiegò molto velocemente Kim,
aggiungendo
più dettagli possibile.
Appena vide che Jared
stava per contraddirla, con quell’aria confusa negli occhi,
si picchiò un palmo
sulla fronte. –No! Che sbadata! Mi sono appena ricordata di
avere una guida
importantissima tra un’ora! Sai manca poco
all’esame finale.- esclamò,
avvicinandosi a lui e raccogliendo le scarpe, per poi infilarsele.
-Tu invece hai quelle
commissioni da fare, giusto?- continuò rivolgendosi a lui,
mentre si stava
infilando la giacca, il tutto sotto gli occhi dubbiosi del professore.
-S-sì.- confermò lui,
incerto. La ragazza si stava comportando in modo strano, come se stesse
macchinando qualcosa a sua insaputa. –Tutto bene?- le
domandò quindi, gli occhi
apprensivi.
Quelle “commissioni”
come le definiva lei, avevano detto che le avrebbero fatte insieme.
Possibile che se lo
fosse dimenticata? Non che la sua presenza fosse necessaria per
comprare delle
tende nuove o degli aggeggi elettronici di cui non si interessava
minimamente,
e anzi, trovasse assolutamente “pallosi”;
però ritenne strano come sembrava
convinta di non ricordarselo.
Probabilmente però
erano tutte sue paturnie e stava lasciando correre un po’
troppo la fantasia.
-Certo.- rispose lei
sicura. Si avvicinò a lui, gli prese il volto tra le mani e
avvicinandolo al
proprio, in modo che i due nasi si toccassero. –Tu?-
Decise di fidarsi, e
con una scrollata di capo fece uscire quelle idee bizzarre dalla mente.
–Sì,
tutto bene.- affermò con un sorriso.
Accarezzandogli il naso
col proprio, Kimberly uscì dall’appartamento, con
un sonoro –Ci vediamo
stasera!-
Rimasto solo, l’uomo
sorrise nella penombra della stanza.
Senza perdersi d’animo,
andò in camera sua a cambiarsi, indossando una vecchia e
consunta t-shirt al
posto della camicia che aveva tenuto tutta mattina. Sapeva troppo di
scuola,
non la poteva reggere per il resto della giornata.
Solo quando ormai si
trovava fuori dall’appartamento, Jared si rese conto che la
ragazza gli aveva
mentito.
Too young, too young
Soulless is everywhere
e nonostante sia tirata coi tempi e i capitoli di riserva stiano finendo, ho deciso di lasciarvi questo pensierino. E' corto, ma ha un suo senso ;)
Trovo molto bello il discorso che Jared ha fatto a Kim riguardo al padre; è una lezione che è stata insegnata anche a me anni fa, perchè si sa, i genitori non si scelgono. Sbaglio?
Vorrei condividere con voi questa lezione di vita quindi, può non riguardarvi per niente o può esservi utilissimo: bisogna giudicarli solo per il loro essere genitori. Il resto non è affare nostro, per quanto sia difficile farsene una ragione. Quando si scoprono determinate cose riguardo a loro magari si arriva a vederli sotto un'ottica completamente diversa, arrivando ad ignorare la cosa fondamentale: ci vogliono più bene del bene che noi potremmo mai immaginare (o potremo solo in futuro).
Forse per voi sarà una cosa banale e siete maturate 100 anni prima di me. Forse ora come ora mi direte "cazzonevuoisaperetu" ma poi col tempo, quando vi si presenterà l'occasione, capirete.
Forse sto solo cercando di autoconvincermene, per l'ennesima volta ;)
Eh.
Alloooora, cosa nasconde Kim??? Da cosa ha capito Jared della menzogna? Chi era al telefono??
Cosa ha architettato questa volta, il mio neurone? (A proposito, si chiama Petronilla, non starò a raccontarvi perchè e per come abbia un nome tanto idiota; sappiate solo che è fierissima di fare la vostra conoscenza XD)
Se state attente potreste chiudere qualche cerchio, per altri, ahimè, solo io posso saperlo ahaha. Ripensate a tutte le questioni in sospeso che ci sono e ci arriverete ;)
La canzone è MERAVIGLIOSA ed è New born dei Muse quando ancora spaccavano i culi (jk ;))
Non c'entra nulla ma boh, tanto a voi non interessa che sia in tema col capitolo, cosa sto a scervellarmi ogni volta, lo so solo io :)
L'amore per quello che nascondi
l'amarezza che hai dentro
sta crescendo come un neonato.
Quando hai visto, hai visto troppo
troppo giovane, troppo giovane
i senza cuore sono ovunque