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Autore: Redwood_L    27/04/2013    1 recensioni
Una promessa è una dichiarazione con cui ci si impegna a compiere un certo compito o mantenere un dato comportamento. Un obbligo morale, una consapevolezza, uno scambio di fiducia. Ma sono tutti in grado di rispettare le promesse date? Sono tutti in grado di portarle a termine?
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La promessa



-Tornerai.-
Mi dice, rassicurando sia me che lei stessa.

Le rispondo che è okay, che deve fare in modo che io non le manchi. Che non si preoccupi. Che anche se questo è il mio lavoro, per lei potrei lasciarlo, se questo comporta il troncamento della sua sofferenza. Sto male anch'io, sapendo il suo dolore. Compierò la mia ultima missione e sarò di ritorno, qui da lei. Gliel'ho promesso.

-Mantengo sempre le mie promesse, Delilah.- 
Le accarezzo la sua guancia umida dalle lacrime precedentemente versate.
E' la mia Afrodite, così bella. Ma anche intelligente, cosa che mancava alla somma Dea. Magari lei è la mia Dea umana, Delilah.

-Baciami.-
Mi sussurra, disperata. Le sue lacrime iniziano a scorrere.
Oh Delilah, non soffrire così. Tornerò, te l'ho promesso.

-Fai in modo che le mie labbra non ti manchino. Ma non baciarti nessuno.-
Lei ride, guardandomi con rimprovero.
Non lo farebbe, ne sono sicuro.

-Cuídate.-
Mi tiene stretto a sè e io ricambio.

Chiamano il mio volo e mi dirigo vicino ai miei compagni di squadra, anche loro distrutti di lasciare i propri cari. 

Dopo esserci sistemati nei nostri posti assegnati, noto un mio compagno piangere silenziosamente. Lo capisco, ma piangere non risolve le cose. L'ho sempre detto anche a Delilah, ma lei preferisce dar sfogo ai suoi sentimenti. Così mi avvicino a lui e con me altri due compagni.

-Amico, torneremo presto da loro.- 
Gli dico, dandogli una pacca di conforto sulla spalla.

-E' quello che vogliamo, Chad. E' quello che vogliamo sicuramente. Siamo pienamente consapevoli di voler questo, no? Ma siamo realmente consapevoli di ritornare a casa, dai nostri cari,  sani e salvi?-

-E' pur sempre il nostro lavoro.- 
Gli contesta uno di noi, seduto al suo fianco. E' molto sicuro di quello che dice, si sente dalla prontezza nella sua voce. 

-Lo so, questa è un'altra consapevolezza.-
Si asciuga una lacrima e si raddrizza sul comodo sediolino.

-E' la tua prima missione, vero? La prima missione di tutti noi è filata liscia. I meno esperti li lasciano al sicuro, vedrai.-
Mi irriggidisco subito; quelle parole non facevano certo bene a noi altri. Era stata una pessima scelta da parte di John. 
John dice sempre quello che pensa, non dando conto alle conseguenze. 
Lo conosco bene e lui conosce bene me. Siamo amici di infanzia, come due fratelli.
E' uno di famiglia, anche Delilah lo considera tale.

Il nostro Capo, dopo esser piombato con una certa fermezza davanti ai nostri occhi e rassicuratici tutti, ci ha lasciato varie riviste da sfogliare. Ci ha sempre raccomandato di svagare la nostra mente, in aereo. Ci ha sempre detto che quando siamo in un altro Paese per la nostra missione, dobbiamo pensare al nostro obbiettivo. Solo e unicamente al nostro obbiettivo. Il pensiero dei nostri cari lo dobbiamo lasciare fuori, possibilmente all'aereoporto. 
La nostra direzione è l'Afghanistan. Ci siamo già stati, nella mia seconda missione. Solitamente non torniamo in una nazione più volte, perciò credo che questa sia una faccenda importante. Non ci spiegano i particolari, non ai soldati comuni. Ci affidano la missione e si aspettano che la compiamo, tutto qua. 
Riflettendo, non è questo il lavoro che vorrei che i miei figli facessero. Soffrirebbero, anche i loro cari. Magari potrebbero diventare artisti. 

-Afghanistan, precisamente nel distretto di Daychopan. Siamo alla ricerca di nostri guerriglieri tenuti prigionieri.-
Il nostro Capo, Herrera, scruta attentamente il volto di ognuno, poi sospira pesantemente.
-Stavolta dovete farvi coraggio. Ovviamente, prima finiamo l'operazione, più presto tornerete a casa. Io mi fido di tutti voi, e lo sapete. Sapete anche che oggi avrei comunicato chi sarebbero stati i due soldati a rimanere per dodici mesi. Ebbene ho deciso, con l'aiuto del Vice Harris, che i due soldati saranno Morris Nelson e Parker John. Mi aspetto il meglio da voi. Da tutti.-
Pausa.

Scruto il mio caro amico John, impietrito.
Annuisce deciso, nascondendo le emozioni che gli trapassano in volto.
Poi adocchio a Nelson. 
Lo conosco da qualche mese e sembra simpatico. Anche lui cerca di rimanere concentrato sulle parole del Capo.

-Penseremo ad informare i vostri parenti, al nostro ritorno.- 
E va via, lasciandoci riflettere. Nessuno si azzarda ad aprire bocca, quindi decido di farlo io.

-Come funziona per mangiare? Non ci sono hostess? Il mio stomaco brontola.-
Assumo un espressione disperata, tastandomi lo stomaco e tutti ridono, dicendo d'esser d'accordo con me.
 

 
27 Febbraio, Afghanistan

Ci siamo posizionati nelle nostre stanzette e sistemato i bagagli. Ho persino rincontrato due uomini conosciuti nella mia vecchia missione. Quest'aria è sempre così secca, non mi piace per niente. 

"Prima finiamo l'operazione, più presto tornerete a casa."
Mi ricordo.

-Soldato Mitchell, soldato Turner e soldato Evans? Vice Harris vuole comunicarvi qualcosa.-
Ci informa uno dei superiori.

Nella mia stanzetta ci sono due tizi molto simpatici, Frank e Scooter. John e Nelson sono stati messi in una stanza apparte, insieme agli uomini che hanno una missione a lungo termine. Ci rechiamo nella stanza fatta a studio dove si trovano anche altri soldati e alcuni dei superiori.

-Dobbiamo iniziare un operazione d'urgenza, adesso. Abbiamo delle piste da seguire su uno dei guerriglieri. In tutto sono quattro. Il guerrigliero prigioniero è Jackson.-
Ci informa Vice Harris, mostrandoci la sua foto.

-Vi dividerete, seguirete tutte le informazioni dettagliate dall'autotrasmittente e porterete qui l'obiettivo, intesi?-

-Sissignore.-
Rispondemmo convinti.

-Bene, il soldato Morris sarà il vostro supervisore per questa missione.-
Ci da le uniformi con gli appositi attrezzi e armi, poi colgo l'occasione per sussurare qualche parola di conforto al mio nuovo supervisore che sembra andare in panico.

-Andate.- 
Annuncia Vice Harris.

Saliamo sul grosso fuoristrada militare e affrontiamo il viaggio di circa 150km. Dovrei concentrarmi sull'operazione, sul guerrigliero da portare alla base, ma quest'aria secca mi ricorda Delilah alle prese col caldo. Sono più che sicuro che detesterebbe questo clima, proprio come me. 

-Soldati, mi sentite?-
La voce del mio supervisore Morris proveniente dall'autotrasmittente mi giunge alle orecchie.

-Sissignore.-
Rispondo, sfuggendo ai miei pensieri.

-Posizionatevi dietro le cime delle colline. Soldato Mitchell e soldato Evans, voi siete incaricati di entrare nella capanna. Siamo sicuri al 99,9% che uno dei guerriglieri è lì dentro, ma meno sicuri del trovare qualcun'altro.-

Frank ed io ci incamminiamo nella capanna con i mitra tra le mani ben saldi, poi la voce di Nelson ci giunge nuovamente nelle orecchie con insicurezza.

-E' un operazione di qualche minuto. Se voi altri sospettate qualcosa di negativo siete autorizzati ad intervenire, senza però rimanere le colline scoperte da soldati.- 

Entriamo e la visione si fa raccapricciante: il nostro guerrigliero, con l'uniforme a malapena intatta, legato su una sedia rovesciata a terra. Non si muove, temo che non respiri. Setacciamo la capanna, zero nemici. Informiamo il nostro supervisore di aver trovato il soldato Jackson e ci ordina di portarlo sulla jeep.

"I paramedici faranno il loro dovere."
Ci ha detto, dispiaciuto e sollevato allo stesso tempo.

Una volta tornati alla base e consegnato il guerrigliero ai paramedici, tutti si mostrano sempre fieri dei soldati che sono riusciti a compiere uno dei loro obbiettivi. E così si dimostrava il nostro supervisore Morris, il Capo Herrera e il Vice Harris. Mi sarebbe piaciuto comunicare a Delilah che uno dei nostri quattro obbiettivi era stato recuperato e che se le cose sarebbero andate di questo passo, sarei ritornato al più presto da lei. Ma le comunicazioni erano vietate, potevano esserci interferenze con il nostro campo di base e i nemici potevano scoprirci. E questo rendeva le cose ancora più complicate.
 

 
6 Marzo, Afghanistan

Sono passati sette lunghi giorni dalla nostra prima operazione.
Il Vice Harris è disperato; sapeva che ci sarebbe voluto un po' di tempo, ma è troppo preoccupato per la vita degli altri tre guerriglieri. Soldato Jackson sta meglio, ha una contrazione muscolare alla gamba, ma i paramedici hanno detto che potrà tornare alla base ben presto. E' molto simpatico, Jackson Martín. Il suo accento è buffo, forse sarà perchè ha passato metà della sua vita in Costa Rica. Vorrei che Delilah lo conoscesse.
In questi giorni la penso spesso, mi manca così tanto. Al ritorno della mia missione, ho intenzione di chiederle di sposarmi. Sono sicuro che mi renderà l'uomo più felice di tutti i pianeti, e io farò altrettanto.
 

 
9 Marzo, Afghanistan

Cara Delilah,

ci è stato concessa una breve lettera per aggiornarvi. 

Le cose si fanno dure, ma io sto bene. Il nostro obbiettivo non è ancora completato, non sappiamo con sicurezza quanto ci vorrà. Il nostro compito è di salvare altri tre guerriglieri. 

Il primo, Martín, è davvero molto spiritoso. Lo conoscerai.

John ha il compito di rimanere dodici mesi... Mi dispiace per Becky. Stalle vicino, per favore.

Non vedo l'ora di abracciarti, mia Delilah. Mi manchi così tanto.

Aspettami, stammi bene. Cuídate.

Tuo Chad
 

 
10 Marzo, Afghanistan

Vice Harris ci ha assicurato che le lettere sono arrivate in America. Mi sento decisamente più tranquillo, ora.
Ci hanno appena comunicato di aver trovato una pista da seguire, anche se scarsa. Non demordiamo, stavolta non lasceremo che ci scappi quest'indizio.

Tutti noi soldati siamo posizionati intorno ad una capanna. Una volta fatta eruzione, notiamo che i cinque nemici sono scappati da un rifiugio sotterraneo, ma il nostro nuovo supervisore ci sconsiglia di seguirli. 
Errore fatale.
A Nelson Morris, due giorni dopo, gli viene revocato l'ordine di supervisore. I nemici avevano istallato una bomba a pochi km dalla base. Ovviamente, facendo saltare anche le uniche traccie che potevamo seguire: il rifiugio sotterraneo. Ma intanto, il secondo guerrigliero è stato salvato. Lui è ridotto in condizioni migliori, fortunatamente. Anche dopo la distruzione degli indizi, i superiori si stanno dando da fare per cercare i nostri soldati. Delilah ammirerebbe la loro determinazione.

Ci informano di prepararci per una missione notturna, anche se pericolosa. E' rischioso affrontare i nemici di notte, ma il Capo Herrera dice che potremmo girare la carta a nostro favore cogliendoli di sorpresa. 
E così è stato.
Facciamo eruzione in un'altra capanna, mimetizzata con il fango. Dentro ci sono parecchi nemici, tredici con esatezza. Il nostro nuovo supervisore, ci ordina dall'autotrasmittente di sparare a tutti, tranne il nostro obbiettivo da portare in salvo. E' sempre difficile ammazzare qualcuno, anche se questo comporta un pericolo per tutti. 

"Sono pur sempre umani, no?"
Diceva Delilah.

Vedo che un nemico spara al nostro guerrigliero, un solo colpo. Ad occhio si direbbe mortale, ma non ne sono sicuro. Qualcuno grida: 

-Rosso!-,
 il codice che indica che la nostra missione è apparentemente fallita. 
E in risposta riceviamo un secco "tabula rasa", uccidere i nemici presenti.
Decido di obbiettarmi, ma non mi ascoltano. Magari il terzo guerrigliero potrebbe essere ancora vivo, potrebbe avere ancora una speranza. Potrebbe tornare di nuovo dai suoi cari. Mi precipito sul suo corpo, facendo da scudo. Cerco di trascinarlo fuori, ma qualcosa me lo impedisce. Qualcosa di doloroso ormai infilzato nella mia gamba. Un proiettile. 
E poi un altro, sulla spalla. 
Sento che il mondo stia crollando... No, sono io a crollare.
Mi si appanna la vista, ma devo tenere duro. Devo portare il guerrigliero in salvo. Il mio corpo crolla a terra, senza mia volontà. Sento delle urla provenienti dai miei compagni, imprecazioni. E una rapida risatina esce dalle mie labbra. Sono sempre così seri che non ho avuto il tempo di stare con loro in momenti come la disperazione. O il divertimento. Non ho avuto il tempo per dire a Nelson quanto fosse stato in grado di svolgere il suo lavoro, nonostante le conseguenze. Quanto io fossi stato contento di averlo come supervisore. Non ho avuto il tempo di fare una chiacchierata "uomo a uomo" con John, come di solito usavamo fare. Non ho avuto il tempo di congratularmi con lui e Becky, per il neo bimbo che cresce nella sua pancia. Per dirgli di quanto ero fiero di loro, di lui. Il mio piccolo grande amico. Non ho avuto il tempo di stringere i miei genitori e dire loro quanto amore nutro nei loro confronti. Non ho avuto il tempo di chiedere la mano alla mia adorata Dea umana, nè di chiederle se le sarebbe piaciuto avere una famiglia tutta nostra, nella nostra nuova casa. Magari in Colorado. Non ho avuto tempo di dedicarle la mia vita. E ora, abbandono tutto? Lasciarmi trasportare dal buio, dal dolore, dovrei? 
No. Mantengo sempre le mie promesse. Ho una vita da vivere. 
Chiudo gli occhi, combattendo. Le mie ultime parole vengono fuori come un dolce lamento.

-Tornerò.-

 
 
12 Marzo, Afghanistan

Sento un rumore fastidioso, seguito da un vociare. I paramedici. 
La luce del giorno mi acceca, costringendo ad aprire gli occhi lentamente.

-Finalmente, soldato Evans. E' il secondo giorno che dormi beato. Qui c'è del lavoro da svolgere.-

Capo Herrera.

-Tranquillo, hai tutto il tempo per rimetterti in sesto. Ma ti avverto che la prossima volta che cercherai di fare l'eroe, rimarrai con gli altri cadaveri.-
Rabbrividisco a quel pensiero; non è serio, non può esserlo.

-Sono felice anch'io di rivederla.-
Rispondo.

-Non fare troppo l'ironico.-

Entra una seconda persona che non ricordo di aver mai visto. Poi lo riconosco.

-Grazie di aver salvato la mia vita, Evans. Te ne sarò per sempre grato.-
Mi abbraccia goffamente e io ricambio. Quando cerco di alzarmi dal letto, la mia gamba sinistra non risponde ai miei comandi.

-Devi stare a riposo.- 
Interviene subito il Capo.

-Che succede?-
Dico io, in preda al panico.
-Che succede? Voglio alzarmi, ora!- 
Grido disperato.
Entrano due paramedici, rassicurandomi. Mi dicono che la mia gamba guarirà presto, ha solo bisogno di riposo ed esercizi. Non ho subito niente di grave. 
Ma io non sono qui per starmene steso su un lettino mentre i miei compagni combattono, no decisamente.

-Allora la prossima volta seguirai i nostri ordini, soldato Evans.-
Mi rimprovera severo, dopo un mio piagnucolio.

In giornata vengono a trovarmi tanti, ormai, amici.
John, Nelson, Frank e Scooter, i miei compagni di stanza. Anche i due guerriglieri salvati. Poi si scatena il caos, un'altra traccia è stata trovata grazie ai soldati-pattuglia che perlustravano la zona. Questi aspettano i rinforzi, ma a quel punto i nemici erano già scappati. Trovano il quarto e ultimo guerrigliero morto, con una spada conficcata all'altezza del torace e con una scritta vicino alle pareti:

موږ به په خپله د نوي 
Ci rivedremo
 

 
15 Marzo, aereoporto

Sono felice di poter ritornare a casa. 
A Nelson gli è stato dato l'incarico ufficiale di supervisore e John sarà il suo collaboratore. Dopo il messaggio lasciato dai nemici, sono sempre più in allerta. Mi è dispiaciuto lasciarli, però. So che se la caveranno, sono in gamba. L'ho detto a tutti e due. Una telefonata veloce per informare i nostri cari del ritorno e ci imbarchiamo. Mia Delilah, mantengo sempre le mie promesse.
 

 
16 Marzo, aereoporto - America

Ci avviciniamo al ritiro delle valigie, saluto i miei compagni e mi avvio all'uscita. Ed eccola lì, con il viso che splende di felicità. Ma anche di stanchezza, chissà da quanto tempo mi aspetta.

-Chad!-
Dice contenta, soffocando il pianto. 
Mi corre incontro e salta tra le mie braccia, aggrappandosi a me.
-Sei tutto intero. E sei tornato da me.-
Si assicura.

-Mi sei mancata molto. Come stai?-

-Bene, adesso.-
Oh Delilah, sei così bella.

-Non ti lascerò più. Voglio vivere la mia vita con te, al tuo fianco. Voglio formare una famiglia con te. Vivere nella nostra bella casa, con te. Voglio sposarmi, con te. Sposami, Delilah. Fa che io possa renderti la donna più felice. Sposami.-

I suoi occhi luccicano, poi tante lacrime iniziano a scorrere. Mi stringe, mi tiene stretto a sè. Non andrò da nessuna parte senza di te, mia Delilah.

-Sì.-
Riesce soltanto a dire, unendo le sue labbra alle mie in un dolce e appassionato bacio.
  
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