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Autore: Sofiaa__    28/04/2013    2 recensioni
Dal primo capitolo: Sento il mio corpo fermo sotto la pioggia.
Riesco ad intravedere l’ombra di un ragazzo.
Sento i suoi singhiozzi.
Non capisco cosa stia succedendo.
Poco dopo arriva un’ambulanza e mi carica su una barella.
Arriviamo in ospedale.
Poi buio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
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Capitolo 6: La mia lametta
 
Justin’s point of view
 
La voce continuava a parlare al telefono, a chiedere, io ero immobile….Mio padre, mi aveva chiamato, non ci credevo….Lui mi odiava e mi ha incitato a tornare a casa.
Ora non sarei di certo tornato.
Mio padre…Mi ha detto di tornare ma io non ho intenzione di ascoltarlo.
Ho causato fin troppo dolore.
Dopotutto cosa può fare di buono un “errore” mio padre forse aveva ragione.
Non sono il figlio che avrebbe voluto mia madre.
O forse lo ero fino a quando non ho preso in mano quella roba.
Cominciavo a sentirmi male.
Mi mancava la droga.
Ero senza da sole poche ore ma già mi mancava.
Subito dopo mi addormentai su quella panchina.
Mi svegliai, guardai il cellulare, erano le 7.30 probabilmente se qualcuno è passato qua avrà pensato che fossi ubriaco.
Stavo peggio di ieri sera, mi serviva una bustina e subito, non ce la facevo più.
Mi squilla il telefono, è di nuovo un numero privato.
J:“Pronto?”.
X: “Justin, ti avevo detto di andare a casa da tua madre!”..
J: “Ah ancora tu….”
X: “Senti ragazzo non ho tempo da perdere con te  o vai da tua madre o ci saranno conseguenze…”
In quel momento mi uscirono delle parole fredde, tenute dentro per davvero troppo tempo.
J: “Non ti è bastato avermi chiamato errore ed aver abbandonato me e la mamma? Jeremy o forse dovrei dire PAPÁ?
Oramai le lacrime rigavano il mio viso, le asciugai in fretta.
Je: “….Justin….”
J: “Perché cazzo mi hai chiamato?! Non ti è bastato avermi rovinato la vita quando te ne sei andato? Eh? Conseguenze ptf! Cosa vorresti fare uccidermi? Perché mi faresti un favore”.
Je: “Lo sapevo sei un inutile debole”.
J: “Rispondi alla mia domanda”.
Je: “Me l’ha chiesto tua madre…Io l’ho accontentata”.
J: “Bene ma non c’era bisogno”.
Attaccai, ormai le lacrime avevano bagnato il mio viso completamente.
Le asciugai, non devo piangere io sono forte.
Cercavo di convincermi.
Da oggi non avrei pianto.
Piangere è per i deboli ed io non lo sono.
Mi alzai dalla panchina ed iniziai una lunga camminata.
Avevo solo bisogno di distrarmi.
Ma questa volta non avevo la droga.
Come avrei fatto?
Mi venne in mente che con me avevo sempre la mia lametta.
Se non avevo la droga per fuggire avevo la mia lametta.
Misi le mani in tasca in cerca di quell’oggetto che avevo promesso di non toccare più.
La trovai, era da tanto che non la prendevo in mano.
Stavo quasi tremando, alzai il mio polso pieno di cicatrici sia di buchi che tagli procurati anni prima dalla lametta.
Mi sedetti a terra.
Presi la lametta e l’affondai nel polso stringendolo.
Il dolore mi invase.
Non ricordavo facesse così male.
Ma il dolore mi aiutava a fuggire, a non pensare a tutti i problemi.
La ferita decise di smettere di sanguinare.
Subito dopo mi procurai un altro taglio.
La serata finì con me che avevo ricominciato a tagliarmi.
E mi sentivo ancora peggio di prima.
Il mio polso dopo anni si ritingeva di rosso.
Nessuno sapeva che avevo ripreso a tagliarmi.
Nessuno ha mai saputo che mi tagliavo.
Tranne Allyson e mia madre.
L’hanno scoperto così, per la droga.
A me nessuno mi vuole.
Non ho nemmeno degli amici.
Chaz e Ryan mi credono un assassino.
Non ci credono che io e Jasmine abbiamo fatto un’incidente.
Pensavano che io avessi pianificato tutto.
Perché io ero vivo e non lei.
Quella notte dovevo essere io a morire.
Lei aveva ancora motivi per vivere.
Io no, non ne ho mai avuti.
Poi è arrivata lei e per un po’ la mia vita ha trovato un senso.
Poi è morta….
La mia vita è inutile.
Ammettiamolo mio padre ha ragione.
Sono debole, anche un perdente, uno che si abbatte così facilmente.
L’unica cosa che sapevo fare era scrivere.
Scrivere canzoni.
Incominciai ad intonare un pezzo di Down to earth.
I never thought that it be easy
Cause we both so distance now
And walls are closing in on us
And we’re wondering how
No one has a solid answer
But just walking in the dark
And you can see the look on my face
It just tells me apart
So we fight (so we fight)
Trought the hurt (trought the hurt)
And we cry (and cry and cry and cry)
And we live (and we live)
And we learn (and we learn)
And we try (and try and try and try)
So its up to you and its up to me
That we meet in the middle on our way back down to earth
Down to earth
Down to earth”

Non finii la canzone.
Era doloroso cantare questa.
Parlava di una situazione così difficile.
I miei genitori separati.
Una lacrima mi rigò il viso.
L’asciugai in fretta.
Non devo piangere.
Sono stanco, di tutto.
Cerco tanto di apparire forte ma..
Ma….Non lo sono affatto.
Mi faccio pena da solo.
Sono giovane eppure ne ho passate.
Cosa dovrei fare.
Mi rende solo triste il fatto di non sentirmi come gli altri.
Mi sento diverso.
E questo non mi piace.
Mi si piazza davanti un ragazzo sui 18 anni, comincia a parlarmi di qualcosa di strano.
Io lo ascolto e subito dopo lo seguo.
 
-Spazio autrice-
Ho cancellato i capitoli 6 e 7 perché facevano davvero schifo.
Leggete e spero che vi piaccia il nuovo capitolo 6, scusate se ci sono degli errori ma non ho tempo di ricontrollare.
-Sofy
 
 
 
 
   
 
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