Questa fanfiction partecipa al concorso 100 Prompt indetto dal forum Fanfiction contest- Collection of Starlight
Vanilla
avenger
Tic. Tic. Tic.
Un
picchiettio insistente, nevrotico quasi, riecheggiava
indisturbato tra le mura in pietra dei sotterranei.
Si
spandeva tra i corridoi angusti e freddi, intrisi disgustosamente
dell’odore acre e acido della muffa che aveva prolificato in
quel luogo dimenticato da Dio.
Le
finestre erano pressoché inesistenti e l’aria
ristagnava ammorbando i polmoni di chi vi entrava.
Il
rumore sordo delle unghie perfettamente laccate in nero scandiva i
minuti, i secondi, propagandosi dalla pietra scura e grezza della panca
rettangolare.
La
schiena eretta, la testa alta.
Una
regina nera tra quegli straccioni rinchiusi con lei.
Gente
che non aveva avuto nulla da perdere a finire lì dentro, che
non aveva speranze per il proprio futuro.
Niente
sogni, niente progetti.
L’orologio
in platino e diamanti da borsa, segnava le sei del pomeriggio, aveva
appena perso l’appuntamento con la sua manicure.
Ma
lei ne aveva davvero progetti, sogni?
Li
aveva forse perduti senza neanche rendersene conto.
Il
rumore di alcuni passi le giunse dal fondo.
Un
soffice aroma di vaniglia carezzò le sue narici facendola
sorridere amaramente.
Gli
altri prigionieri non si interessarono neppure di quella nuova presenza.
L’indifferenza
era l’unica arma che restava a quei condannati per Azkaban,
che attendevano nei sotterranei bui del Ministero, prima di
intraprendere il proprio ultimo viaggio.
L’unico
modo per non pensare alla morte, all’orrore dei Dissennatori.
Lo
scalpiccio era forte.
Non
veniva solo, questo era chiaro. Non lo era ormai da tanto tempo.
Un
cigolio precedette il suo ingresso nella cella.
-E’
in onore dei vecchi tempi?-
La
sua voce suonava provocatoria, cadenzata, studiata in ogni singola
modulazione.
-Immagino
di no…-continuò senza attendere una risposta.
Le
mani affusolate afferrarono la tazza colma di caffè
aromatizzato alla vaniglia, portandolo lentamente alle labbra vermiglie.
Le
schiuse, senza mai smettere di guardarlo dritto negli occhi.
Profondi
come abissi inesplorati.
E
neri..
Come
il velluto scuro di una notte in tempesta
Come
il mantello della Signora eterna.
Come
il dolore.
Due
perle nere che senza esitazione intrappolavano le proprie vittime, le
invischiavano nella propria pece scura.
Gli
occhi plumbei di Draco corsero sulla la figura della donna perduti nei
ricordi, intenti a ricercare una traccia di ciò che lui
stesso era stato.
Bella
e glaciale, come un fiocco di neve stretto in un abito in pizzo e tulle
nero, stile gotico.
La
scollatura a fascia mostrava senza pudore il seno generoso, nel cui
incavo mille fili scuri si facevano strada.
Lucidi
e curati. Profumavano di mirra. Né troppo dolce,
né troppo acre.
Piegò
le labbra di geranio nel sentire addosso quello sguardo.
-Cosa
cerchi? Ti sei perduto?- disse socchiudendo le ciglia come un gatto
assonnato
Ti
sei perduto…
Shackelbot
Kinglsey, avvolto nel suo abito blu damascato,
poggiò scostante una mano sulla spalla di Malfoy.
Un
folto gruppo di Auror accompagnava il rampollo biondo
dell’ormai decaduta famiglia di purosangue.
Venduto.
Si
era venduto al Ministero per la salvezza beata della propria coscienza,
pensò Lady Zabini senza mezzi termini.
La
principessa altezzosa di Serpeverde invece era rimasta fedele a se
stessa.
Alle
proprie origini.
Al
proprio sangue, puro come mille miniere d’oro splendente.
Come
quello che ancora impregnava le sue mani sottili e col quale aveva
imbrattato la tazza chiara di caffé.
Denso,
si era infilato sotto le sue unghie, le era colato sulle braccia,
mentre si beava della propria vendetta.
Il
suo vecchio compagno di casa scosse la testa vigorosamente, mentre
Scrimgeour gli bisbigliava qualcosa all’orecchio destro.
La
guardò di nuovo.
Non
c’era disprezzo. Pena, compassione.
L’Auror
Malfoy la guardava con pietà.
Pansy
Parkinson rise senza umanità a quella scena surreale.
Una
risata piena, convulsa, arrabbiata.
Infame
come un urlo, le si strascicò tra le corde vocali, stridendo
nella gola e poi nell’aria circostante.
Investendo
gli spettatori che oltre le sbarre la osservavano come un animale allo
zoo.
L’incarnazione
dell’odio, del rancore, che aveva allevato nel grembo per
giorni, settimane, anni.
Che
aveva portato sangue rubino alle sue mani.
-Siete
voi a farmi pena…i buoni!- un'altra risata leggera si
librò come uno stormo di corvi dalla sua bocca
Le
labbra carnose di Lady Zabini si piegarono gelidamente agli angoli,
formando due pieghe sulle guance pesantemente truccate.
Lasciò
andare lentamente indietro la testa corvina, senza mai smettere di
studiare ironica gli Auror che le stavano di fronte.
-Signora
Zabini…-
-Parkinson,
prego…- corresse il Capo del Dipartimento con voce irritata
-Signora
Parkinson, lei verrà trasferita per ordine supremo del
Winzegamot alla prigione di Azkaban, e sotto richiesta della famiglia
di suo marito, verrà sottoposta alla pena di morte dai
Dissennatori, una sua eventuale istanza di grazia verrà
esaminata dai membri della Corte Superiore visto che il
crimine…-
-Da
lei perpetrato non è solitamente sottoposto a tale genere di
pena- scimmiottò con le moine di una bimba viziata.
La
voce di Scrimgeour continuò vuota ad elencare particolari
che conosceva già alla perfezione.
Certamente
meglio di quel gruppo di buonisti senza speranze.
Evidentemente
la credevano così stupida da non aver valutato rischi,
conseguenza, pene, prima di agire.
Perdenti.
La
bella favola del cattivo messo in gabbia per un passo falso, potevano
anche chiuderla a chiave in uno di quei bei cassetti che facevano la
loro figura nell’ufficio di Sua Maestà il Ministro
della Magia.
Sapeva
perché era lì. Sapeva cosa l’aspettava.
E
sinceramente non gliene poteva importare di meno.
Impassibile
tornò a fissarsi le lunghe unghie squadrate.
L’unico
errore era stato non anticipare l’appuntamento con
quell’incapace della manicure, ma tanto si sarebbero rovinate
comunque.
-Possiamo
andare anche subito…- mormorò senza esitazione-
non mi importa richiedere la grazia…non ho bisogno di
scappare- replicò incastonando le
proprie iridi ossidiana in due pozze argentee a lei tanto conosciute.
Che
si agisca nella luce del Bene o nell’oblio stordente del
Male, la convinzione è ciò che conta.
E
Pansy Parkinson non aveva dubitato un attimo.
Non
aveva provato il minimo scrupolo nel compiere il
proprio…dovere.
Sì,
come una missione, una strategia, che aveva accuratamente pianificato
per anni.
La
vendetta è come un vino pregiato, una buona vecchia annata
di Bordeaux.
Purpurea
per il sangue che aveva fatto scorrere, lenta da degustare per poterne
assorbire ogni aroma, ogni sfumatura.
Adatta
solo a quegli eletti che sanno bearsene e apprezzarne
l’essenza.
Aveva
atteso cinque anni prima di affondare un pugnale nelle carni di quel
maledetto.
Senza
fretta, senza incostanza.
Lentamente,
per non perdersi neanche un mugolio, un grido di dolore, di sofferenza
del caro consorte, nel sentirsi lacerare dalla lama affilata.
Avrebbe
potuto ucciderlo in un momento qualsiasi.
Ma
nulla Pansy aveva voluto lasciar al caso.
Voleva
essere sicura che il merito di ogni sua supplica le fosse dovuto e
concesso.
Appagata
dall’ebbrezza dei suoi occhi scuri dilatati e sempre
più spenti.
Aveva
atteso un lustro intero al suo fianco prima di coglierlo alle spalle e
freddarlo come meritava.
Strisciando
per anni, lussuriosa tra le spire del tradimento.
Poi
finalmente aveva scelto.
Gli
aveva inferto la prima ferita ad arte per non ucciderlo.
Si
era accasciato sulla poltrona in pelle nera che tanto adorava, dove
mille volte l’aveva costretta al sesso.
E
lei si era lasciata andare, simulando gemiti ricchi di
un’eccitazione inesistente.
Sorridendo
ad ogni amplesso solo nell’immaginare il suo cadavere riverso
in una pozza di sangue.
La
lama era passata più e più volte sul suo torace
ferendolo appena, poi con fendenti sempre più profondi.
Infine
la gola.
Vi
aveva adagiato il pugnale, mentre comodamente stava sdraiata su di lui
e macchiava la propria veste in raso verde smeraldo.
Aveva
accarezzato la barba leggermente sfatta col metallo luccicante, mentre
Blaise in preda alle convulsioni traboccava sangue dalle proprie labbra
violacee.
-Finalmente
riesci a farmi godere Zabini, ce ne hai messo di tempo…-
aveva sussurrato maligna sul suo viso atterrito.
Paura.
Il maledetto aveva paura.
La
supplicava.
Le
chiedeva di ragionare.
Chissà
se suo padre aveva implorato pietà quando si era trovato
davanti ai Dissennatori.
Tradito
dal proprio genero. Lo aveva venduto per salvarsi la pelle.
Un
taglio netto alla carotide aveva finalmente chiuso quella storia. Per
sempre.
Si
era alzata facendo scivolare sul pavimento la sottoveste verde.
Aveva
indossato quel bel vestito nero fasciato.
Poi
paziente aveva atteso le urla. Le minacce.
L’arrivo
degli Auror.
Seduta
tranquillamente sulla poltrona di fronte a quella preferita dal caro
consorte.
Uxoricidio.
Pansy
scostò gli occhi dal soffitto annerito per
l’umidità che le era parso più
interessante dello sproloquio inutile di Scrimgeour.
Lo
posò irriverente su Draco.
Almeno
Blaise era rimasto fedele agli Slytherin, sempre e comunque.
Nel
tradimento. Nella morte.
Due
giovani Auror scortarono Miss Parkinson al di fuori dei sotterranei del
Ministero, senza manette, come Draco era riuscito a farle concedere.
Alta
e fiera come una Regina dei dannati falcò
l’ingresso dell’immensa prigione di Azkaban.
Alle
19:00 in punto di quello stesso giorno, Pansy Parkinson fu sottoposta
al Bacio del Dissennatore su insistenza di Lady Zabini, la madre di
Blaise.
Nessuno
sentì urla, lamentele, compassionevoli suppliche.
Rigida
come una statua di ghiaccio affrontò la propria morte, il
proprio supplizio.
Risentì
le grida del genitore quando aveva subito la stessa pena per colpa
dell’uomo che lei poi aveva ucciso.
-Buonasera
padre…-sussurrò appena.
Poi
si accasciò senza vita al suolo.
Una
raffica di vento attraversò il cortile desolato della
prigione dove il silenzio regnava sovrano, portando con sé
un ultimo alito di vaniglia e mirra oltre l’oceano di
quell’isola di morte.
“Di inganno periremo così come uccidemmo” Coefore, Sofocle
Inoltre ne approfitto per ringraziare tutte coloro che hanno recnesito o messo nei preferiti le mie shot, visto che non scrivendo long-fic, non ho altro modo per farlo^^
Una breve carrellata, visto che senz'altro questo è il luogo meno adatto:
Fritty, White_shadows, Lotus86, Potterina88, Alexandra_potter, meli_mao, Cassandra85, JPIloveyou, Leandra, Mati, Munyforever, HermyKitty, Vikyfra, Aeris_chan(che finalmente abbiamo accolto come L&L^^), Ladyhawke, Alessandra, seablack, miky, alexandraroses, roxelle, _s4kur3lla4_, the dark prince, ladynight88, Vanialove(anche tu novizia L&L^^) , morgana85, polvere di stelle, vinny , hwl, nevr8tika, reven, seall, _dana_, ashara, josephine antoniette, lilybalck 90, shine93, darklily.
nonche le mitiche Alexiel Mikawk(ceci!!!) e Selene87(socia cerca di tornare in vita!)
baci, Angela