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Autore: MikiBarakat96    28/04/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonaseraa :)

Scusate sempre per il ritardo >< ma purtroppo ho avuto un po' da fare e un po' da studiare D: per fortuna però sono riuscita a postare prima che inizi una nuova settimana. Il titolo di questo capitolo stranamente non è preso da una canzone degli ATL, ma di Avril Lavigne per due motivi u.u : 1. non riuscivo a trovare nessuna canzone degli ATL o Simple Plan che potesse andare bene per questo capitolo e 2. in quel periodo ero fissata con Keep Holding on e quindi la dovevo per forza mettere da qualche parte xD
Spero vi piaccia :)
Passate una buona settimana :*

A presto! :D

Miki*


Keep holding on
 ‘Cause you know we’ll make it through, we’ll make it through
 Just stay strong
 ‘Cause you know I’m here for you, I’m here for you”.
 
<< E se non ci sono? >>, chiesi rivolta a Jack. << Magari sono andati dagli zii ed è stata una pessima idea venire qui… avremmo dovuto prenotare in un albergo così nel caso mi avessero cacciato avrei saputo dove andare >>.
<< Non fare la polla! >>, mi rimproverò guardandomi storto. << Non dirmi che ora che siamo arrivati fin qui ci hai ripensato e non vuoi dire più nulla a mamma e papà >>.
Mi strinsi nelle spalle. << Forse >>, sussurrai.
<< Non ci provare proprio Stella! Siamo venuti fin qui per cercare di mettere ordine nella nostra vita ed è quello che faremo >>, disse in un tono così serio e deciso che mi sorprese visto che non glielo avevo mai sentito usare.
Annuii. << Si, hai ragione, ormai ci siamo non posso farmi prendere dal panico >>, concordai.
<< Pensalo come un allenamento per quando dovrai dire della gravidanza ad Alex >>.
Mi si serrò lo stomaco solo al pensiero di trovarmi davanti Alex e dovergli dire che aspettavo un bambino da lui perché come due idioti ci eravamo dimenticati di usare il preservativo. << Dirlo alla mamma sarà una passeggiata in confronto >>, dissi.
<< Mmm… >>, assunse un’aria pensierosa, << io non ne sarei così sicuro >>.
Lo guardai allarmata, ma prima che potessi dirgli qualcosa, lui suonò il campanello della nostra piccola casa. Eravamo arrivati a casa da più o meno cinque minuti e di questi cinque ne avevamo passati quattro a guardare la porta senza fare nulla perché improvvisamente io mi ero ritrovata spaventata e piena di dubbi su come avrebbe reagito la mamma e anche papà.
Jack si girò verso di me e mi sorrise. << Sii coraggiosa! >>, mi incoraggiò.
Appena il taxi si era fermato davanti al palazzo in cui abitavamo, Jack aveva cambiato subito umore il che mi aveva resa davvero felice perché voleva dire che la magia di Roma funzionava ancora, quel posto aveva ancora la capacità di farci sorridere, di farci sentire a casa.
<< Hai intenzione di raccontargli che hai litigato con Zack? >>, gli chiesi.
<< Non sei l’unica che è venuta qui per farsi consigliare >>, rispose.
Annuii.
La porta si aprì e sulla soglia spuntò la mamma, con l’aria di una persona che si stava annoiando a morte, i capelli ricci più indomabili del solito e una palla di pelo in braccio che riconobbi solo dopo una lunga occhiata essere un volpino dal color del pelo sopra arancione e sotto bianco. Be’ questa si che era una sorpresa!
Ci guardò con gli occhi sgranati, come se avesse visto due fantasmi.
<< Sorpresaaaaa! >>, esclamammo io e Jack all’unisono sorridendo a trentadue denti.
Rimase a guardarci per qualche altro secondo, poi, lasciando il cane a terra, ci si avvicinò e ci strinse entrambi in un abbraccio affettuoso di quelli che sono una mamma ti può dare. Durante tutto l’abbraccio non fece che ripetere “oh mio Dio” e “non posso credere che siate qui” o ancora “questo è un sogno!”.
<< Avanti mamma, non siamo mica morti, non c’è da meravigliarsi così tanto >>, disse Jack rovinando il momento di gioia.
Scossi la testa guardandolo storto. << Sei incorreggibile >>.
<< Concordo con tua sorella >>, disse la mamma. << È così che si saluta la tua mamma dopo tutto questo tempo che siete state lontani?! >>, chiese verso Jack rivolgendogli un’occhiataccia.
Jack le sorrise dolcemente e l’abbraccio di nuovo. << Mi sei mancata tanto, mamma >>, le disse. Solo in quel momento mi resi conto di quanto Jack fosse alto rispetto alla mamma, faceva quasi paura per quanto la superava.
<< Oh, anche tu Jack >>.
Le piccola palla di pelo che prima mamma aveva tra le braccia, mi venne ad annusare scodinzolando e abbagliando, così mi accucciai per accarezzarlo e quello come se gli avessi dato l’invito, si fiondò tra le mie braccia iniziando a leccarmi tutta la faccia. << È un piacere conoscerti anche per me piccolino >>, dissi accarezzandogli il morbido pelo.
<< È una femminuccia >>, mi informò la mamma sorridendo alla cagnolina. << Si chiama Pesca >>.
<< Pesca? >>, chiese Jack sorridendo sotto i baffi.
<< Il colore del suo pelo rispecchia molto quello delle pesche >>, disse la mamma.
<< Io avrei detto più arancia >>, ridacchiò Jack.
Cambiato o no il suo umorismo rimaneva sempre lo stesso.
<< Venite, andiamo dentro >>, ci disse aiutandoci a portare le valigie all’interno della casa dove avevo passato tutta l’infanzia. Quel luogo era così pieno di ricordi, così pieno di profumi, di suoni che mi erano familiari e mi davano un senso di sicurezza enorme, conoscevo quel posto come le mie scarpe e in un certo senso mi sentivo come se lì non potesse succedermi nulla di male.
Anche se era tutto come lo ricordavo, non potei fare a meno di guardarmi intorno, mentre dalla porta d’ingresso passavamo accanto al salotto, poi vicino al corridoio con le camere da letto per dirigerci alla cucina blu dove ogni mattina, quando andavo a scuola, facevo colazione in modo lento e pigro con le palpebre quasi del tutto chiuse per il sonno. Quanto non mi mancava quella parte della scuola.
<< Andate a posare i vostri bagagli e a rinfrescarvi un po’, il viaggio deve essere stato lungo, io intanto vi preparo qualche panino, sarete affamati vista l’ora >>, disse la mamma.
Ne io ne Jack avevamo fame visto che in America erano ancora le sette del mattino, ma nessuno dei due voleva rifiutare la proposta della mamma anche perché era da tanto che non mangiavamo qualcosa fatto da lei, così annuendo ci dileguammo verso le nostre camere portandoci dietro i bagagli e anche il cagnolino, che probabilmente mi aveva presa in simpatia o forse sentiva solo addosso a me l’odore di Sebastian.
Rientrare nella mia camera fu strano e allo stesso tempo emozionante; strano perché non ero più abituata a quella piccola stanzetta tutta disordinata ed emozionante perché in quel posto c’era tutta la roba che avevo lasciato, tutti i miei cd, tutti i miei libri di scuola, i film, i peluche e anche il mio fedele microfono mezzo rotto con il quale mi ero esibita davanti ad un pubblico invisibile per tanti e tanti anni.
Mi buttai sul letto ridendo tra me e me. Era bello essere tornata, era bello rivedere quell’ambiente familiare, mi sembrava quasi di essere tornata indietro nel tempo ed era proprio quello che avevo desiderato intensamente negli ultimi gironi. Dopo qualche minuto, mi alzai dal letto e mi tolsi il cappotto che avevo tenuto fino a quel momento, poi uscì dalla camera per dirigermi verso il bagno dove mi diedi un “rinfrescata” prima di andare in cucina ansiosa di parlare con la mamma –non della gravidanza ma di come andavano le cose lì-. Quando arrivai, Jack era già seduto al tavolo che mangiucchiava un panino con il prosciutto crudo mentre la mamma metteva dei croccantini nella ciotola di Pesca.
<< Dov’è papà? >>, chiesi andandomi a sedere vicino a Jack.
<< È ancora a lavoro, tornerà nel tardo pomeriggio >>, rispose la mamma.
 Annuii poi spostando lo sguardo verso Pesca chiesi: << Come mai avete comprato un cane? >>.
La mamma sorrise e si strinse nelle spalle prima di sedersi sulla sedia di fronte a quella di Jack. << Questa casa era troppo vuota senza voi due e così per sentirci meno soli abbiamo comprato lei >>, sorrise alla cagnetta che si stava leccando i baffi.
<< Be’… è stata una buona idea e poi mi sembra molto tranquilla come cagnolina >>, commentai pensando a Sebastian che era una vera peste, Peyton almeno era calmo e se ne stava quasi sempre per le sue.
<< Infatti è davvero un amore >>, disse la mamma rivolgendo un’ultima occhiata affettuosa a Pesca. << Ma non parliamo del cane, raccontatemi di voi, so per certo che è successo un pasticcio >>.
Io e Jack ci lanciammo un’occhiata. << Che ne sai? >>, le chiese lui guardandola tra il sorpreso e il perplesso.
La mamma non rispose, si alzò scomparendo nel salotto, lasciando me e Jack a guardarci perplessi e a chiederci perché se ne fosse andata senza dire nulla. Qualche minuto dopo tornò stringendo tra le mani un giornale di gossip, lo posò sul tavolo e ce lo avvicinò per farci vedere la copertina ma soprattutto il titolo in prima pagina. La copertina illustrava una foto degli All Time Low, una foto di molti anni prima in cui facevano gli stupidi, Rian aveva una cresta come capelli, Jack aveva le mesh bionde, Zack era molto più biondo e Alex… era sempre Alex; la foto era stata modificata e ai lati di ognuno dei ragazzi erano state fatte delle specie di crepe che andavano a simboleggiare la rottura del loro gruppo infatti il titolo diceva: “è arrivata anche la loro ora, gli All Time Low si sono separati”.
Be’ ci era andato giù pesante quel titolo.
<< ”è arrivata anche la loro ora”?! Non siamo mica morti! E poi cosa diavolo vuol dire?! >>, sbraitò Jack visibilmente adirato.
<< Vuol dire che come molte altre band, vi siete sciolti anche voi >>, disse la mamma con voce calma cercando di non farlo arrabbiare ancora di più.
<< Noi non ci siamo sciolti! >>, protestò Jack.
Lo guardai. Nonostante non avessero mai detto precisamente: “il gruppo è sciolto”, ormai con la partenza di Rian e Zack era sott’inteso che non stavano più insieme come gruppo, che la loro amicizia era finita e così anche la loro carriera come band.
<< Non abbiamo mai detto ufficialmente di esserci sciolti >>, riformulò la frase Jack vedendomi non molto d’accordo con la sua affermazione. << Come diavolo fanno i giornali a saperlo? Soprattutto quelli italiani! >.
<< Penso sia normale >>, dissi, << come chitarrista famoso e per metà italiano penso che i giornalisti di qui si interessino ad avere notizie su di te >>.
<< E poi queste notizie fanno presto il giro del mondo, i giornalisti non aspettando altro che scoop come questi >>, disse la mamma scuotendo la testa per esprimere il suo dissenso.
Jack si appoggiò allo schienale della sedia. << Non ci posso credere, pensavo non lo sapesse nessuno e invece… lo sa tutto il mondo! >>.
<< E si sa anche della vostra rissa >>, disse la mamma aprendo il giornale ad una pagina piena di foto degli ATL e un articolo nel quale ad una riga che mi indicò c’era scritto che secondo alcune fonti, Jack e Zack si erano presi a pugni nell’albergo in cui stavano, il perché era ancora un mistero ma molti pensavano fosse perché Jack avesse bevuto troppo oppure perché Zack avesse dato di matto o ancora perché Zack era segretamente innamorato di Alex ed era geloso della sua relazione con Alex.
I giornalisti non si davano assolutamente un freno.
<< Appena sei arrivato ho notato subito quell’orrendo livido che hai intorno all’occhio e subito ho pensato alla rissa di cui parla il giornale >>, disse la mamma.
<< Quello almeno è vero >>, commentò Jack.
<< Questo è l’articolo con le idee più assurde che io abbia mai letto >>, commentai guardandolo disgustata.
Jack sospirò. << Almeno Debbie non viene nominata >>.
In effetti era una fortuna che i giornalisti non fossero venuti a sapere della verità, perché se no avrebbero iniziato a cercare Debbie per mare e monti, avrebbero iniziato a scrivere cose su di lei… forse anche brutte e non sarebbe stata più lasciata in pace almeno finché non sarebbe arrivato un scoop più succulento.
<< Già, meno male >>, dissi.
La mamma spostò lo sguardo perplesso da me a Jack, poi chiese in tono incredulo. << Debbie? >>, spostò lo sguardo verso di me, << la tua amica Deborah? >>.
Annuii e poi mi strinsi nelle spalle per rispondere alla sua domanda silenziosa che mi avevano posto i suoi
occhi. Non volevo risponderle, perché non sapevo se Jack volesse dirle il vero motivo dello scioglimento
degli All Time Low, quindi preferì tenere lo sguardo basso e aspettare che Jack dicesse qualcosa.
Jack scelse di dire la verità come era giusto, alla fine alla mamma non puoi mai mentire, ti conosce meglio di quanto tu conosca te stesso!
<< La nostra band si è sciolta… perché io e Debbie stavamo insieme >>, disse in tono amaro Jack; glielo leggevo in faccia che dentro stava soffrendo.
<< Ma… Debbie stava con Zack… giusto? >>, chiese la mamma.
Annuii.
<< Oh! >>, esclamò la mamma iniziando a scuotere la testa. << Jack, ma che cosa hai combinato?! >>, gli chiese.
Scossi velocemente la testa suggerendole di non iniziare così il discorso perché se no l’avrebbe fatto arrabbiare, ma lei ignorò il mio gesto lanciandomi un’occhiataccia che voleva dire: “non ti intromettere”.
<< Assolutamente nulla mamma, mi sono solo innamorato >>, rispose Jack con aria abbattuta.
<< Di una ragazza già fidanzata e per giunta con uno dei tuoi migliori amici, ma come ti è venuto in mente di tradirlo? >>, sospirò, << E a Debbie, come diavolo le è venuto di stare con te mentre stava ancora con Zack?! >>.
<< Senti mamma non sono qui per farmi dire che ho sbagliato! >>, sbottò Jack. << Lo so già da solo che ho sbagliato e di sicuro non volevo combinare tutto il casino che è successo ma ho avuto le mie buone ragioni e tu dovresti cercare di comprenderle invece di giudicare solo come hanno fatto Zack, Rian e gli altri >>.
La mamma annuì. << Scusami tesoro, hai ragione, non dovrei giudicarti >>, si scusò. << Quindi, raccontami bene la faccenda >>, lo incitò.
<< Io sono innamorato di Debbie da… sempre, mamma >>, iniziò Jack fissando il tavolo, << ma non ho mai avuto il coraggio di dichiararmi perché era più piccola di me e avevo paura che non potesse ricambiare >>.
La mamma rise. << Io mi sarei sentita molto lusingata di piacere ad uno più grande >>.
Jack alzò un sopracciglio e rimase a guardarla perplesso per un po’ prima di dire: << Non è di questo che stiamo parlando >>.
<< Oh si, scusa >>.
Jack riprese a parlare, raccontando alla mamma che quando era partito per l’America pensava di dimenticarsi di Debbie, di trovare un’altra ragazza, ma non l’aveva mai trovata e quando era ritornato a Roma insieme agli altri e l’aveva rivista si era accorto di essere ancora innamorato di lei, ma non era comunque uscito allo scoperto perché a lei piaceva Zack e così aveva lascato perdere preferendo la felicità dell’amico e decidendo di rinunciare a quell’amore impossibile che nutriva per lei almeno fino all’inizio di quell’anno, quando ha iniziato a stare male e l’unica che se ne era preoccupata era stata Debbie che lo aveva consolato e gli era stata accanto facendolo riaccendere i sentimenti che lui aveva cercato di sotterrare; l’amicizia con Debbie poi era diventata così forte da diventare molto di più per entrambi e finalmente Jack le aveva rivelato i suoi sentimenti tornando ad essere felice nonostante sapesse che fosse sbagliato stare con Debbie.
<< E ora lei è tornata qui a Roma… per riflettere >>, pronunciò quell’ultima parola come se fosse stato un insulto. << Deve scegliere tra me e Zack perché a quanto pare lui dopo essersi arrabbiato e dopo aver fatto tutta quella sceneggiata l’ha perdonata e ha capito di amarla ancora e di volerla tutta per sé >>.
<< Capita che quando si è arrabbiati si dicano cose che non si pensano >>, disse la mamma. << Probabilmente la rabbia non gli aveva fatto capire di amare ancora Deborah >>.
<< A me sembra solo stupido il fatto che prima faccia un casino e poi voglia ritornare con lei! >>, sbottò Jack che giocherellava nervosamente con le sue mani senza alzare mai lo sguardo, forse per non farci scorgere le lacrime che gli avevano fatto tremare la voce per tutto il racconto.
<< A te sembra stupido perché vuoi che lei stia con te >>, lo corresse la mamma.
<< Certo che lo voglio! Dannazione! >>, esclamò battendo un pugno sul tavolo facendoci sobbalzare. << Lui non se la merita! Non la ama come la amo io e per me non ci sarebbe nulla da scegliere, perché io non le avrei mai urlato in faccia come invece ha fatto Zack, l’ha anche spinta e chissà cos’altro avrebbe potuto farle! >>.
Jack si era alzato e stava sbraitando dimenando le mani e andando avanti e indietro per la stanza. La mamma si alzò e lo raggiunse, gli posò le mani sulle spalle cercando di calmarlo. << Jack, tesoro, non puoi essere sicuro che Zack non ami Deborah come la ami tu e non puoi pretendere di essere tu la scelta giusta, perché quella è una cosa che deve decidere lei, tu devi solo prendere atto delle sue parole e decidere cosa fare di conseguenza >>.
Parlò con calma accarezzandogli dolcemente le guance per tranquillizzarlo, ma i metodi calmi della mamma non funzionarono, Jack era ferito e per riprendersi aveva bisogno di tempo, aveva bisogno di capire da solo, di riflettere e di farsi coraggio.
<< Non capisci! >>, esclamò allontanandosi di un passo dalla mamma. << Non posso accettare che lei stia con Zack, non di nuovo! Mi sono già fatto indietro una volta, ma ora non lascerò che lei mi scivoli di nuovo via dalle mani, io la amo come non ho amato mai nessuno e ho bisogno di lei, ho bisogno dei suoi incoraggiamenti, della sua dolcezza, dei suoi dolci sorrisi, della sua risata armoniosa >>, si asciugò una guancia eliminando una lacrima che gli era appena iniziata a scendere dall’occhio. << Mi dispiace per quello che ho fatto, mi dispiace che la band si sia sciolta, non volevo che succedesse, io volevo solo essere felice come gli altri, volevo provare anche io cosa significa essere amati e se mi sono innamorato della ragazza del mio migliore amico, non è colpa mia, non ci ho potuto fare nulla… anche perché sono arrivato prima di Zack! >>.
La mamma trattenne a stento un sorriso. << Non è una gara a chi arriva prima, non funziona così l’amore, quello te lo devi guadagnare >>.
<< Oh be’, allora non mi sceglierà di sicuro visto che sono un disastro ambulante! >>.
<< Non sei un disastro! >>, ribattè la mamma.
<< Ti prego! Non ne faccio mai una buona, ho il pallino fisso del sesso, mi piace ubriacarmi, faccio le capriole nudo dopo essermi fatto la doccia, dico sempre cose idiote anche quando non ce n’è bisogno… insomma sono uno che non si controlla, uno senza regole… uno sregolato! Un pervertito! Un… >>.
<< Questi sono solo i tuoi difetti >>, lo interruppe la mamma con un sorriso dolce. << Sei molto più di questo e il fatto che tu ami davvero tanto questa ragazza dimostra quanto grande sia il tuo cuore, quanto dolce e tenere in realtà dentro tu sia >>.
Jack fece una smorfia. << Dolce e tenero sono aggettivi che non mi caratterizzano affatto >>.
<< E invece si >>, sorrise radiosa la mamma, << te ne accorgerai presto e allora mi verrai a dire che avevo ragione >>.
<< Si, certo >>, commentò sbuffando.
<< Comunque, tornando a parlare del problema, l’unica cosa che puoi fare adesso è aspettare la decisione di Debbie e… approfitta di questo tempo che ti dà per convincerti che potresti non riaverla, che potresti doverla rivedere con Zack e, a quel punto, se vuoi davvero che la band torni insieme ,devi accettare la scelta di Debbie >>, disse la mamma tornando seria.
Jack spostò lo sguardo verso dalla finestra dalla quale si vedeva la strada affollata di macchine. << Non credo che accetterò mai una cosa del genere >>, sentenziò. << Se Debbie scegliesse Zack io mi sentirei… perso, quasi morto >>.
<< Poi ti riprenderesti, troverai qualcun’altra >>.
Jack scosse velocemente la testa. << Non ce ne sarà un’altra! >>, esclamò. << È già un miracolo che ci sia lei! >>.
Pensai per un attimo a come sarebbe la mia vita senza Alex e tutto quello che ottenni fu un profondo dolore al petto. Capivo cosa intendesse Jack con il sentirsi quasi morto, se Alex avesse scelto un’altra ragazza la mio posto mi sarei di sicuro sentita malissimo, non avrei avuto più il coraggio di fare nulla, mi sarei sentita inutile, sola e una totale nullità.
<< Io la amo con tutto il cuore e non permetterò mai a nessuno di portarmela via neanche a Zack >>, disse Jack con gli occhi che scintillavano avvisandoci che le lacrime stavano pericolosamente salendo ai suoi occhi. << Sono stanco di rinunciare a quello che voglio, sono stanco di stare da solo, di non essere preso sul serio di essere visto come quello che si diverte sempre e che non prova emozioni, perché non è vero! Non voglio più essere triste, voglio avere anche io il mio momento di felicità, qualcuno che mi ami per quello che sono, non dovrei meritarmelo anche io? >>. Ormai le lacrime erano uscite a cascate dagli occhi di Jack ed io mi sentì completamente inutile perché non avevo idea di come poterlo tirare su.
<< Ma certo che te lo meriti tesoro! >>, rispose la mamma con espressione addolorata.
<< Allora perché sono di nuovo a terra? Perché mi sento di nuovo uno schifo dopo… i migliori giorni della mia vita? >>.
<< Perché devi dare il tempo a Debbie di riflettere e lo devi accettare, altrimenti continuerai a starci male >>.
Jack annuì distrattamente, poi borbottando qualcosa di incomprensibile, se ne andò dirigendosi verso la sua camera sbattendo la porta dietro di sé, chiaro segno che non volesse essere seguito o disturbato.
Iniziamo bene!
Pensai per poi rimproverarmi perché dopotutto sarebbe potuta andare molto peggio.
<< Neanche siete arrivati che già uno dei due si chiude nella sua stanza arrabbiato… devo essere una mamma terribile >>, disse la mamma cercando di scherzare, ma vedevo perfettamente dalla sua espressione che ci era rimasta male.
<< Non ti preoccupare mamma, è un periodo un po’ storto per tutti, non è colpa tua, ha bisogno di rimanere un po’ da solo >>, dissi sorridendole.
Annuii rimettendosi seduta al suo posto. << Lo so, deve essere davvero dura per lui, prima la separazione della band e poi Debbie che se va… anche gli altri ragazzi della band ci staranno malissimo >>.
Mi strinsi nelle spalle. << Alex si, ne è molto dispiaciuto, gli altri due non ne ho idea, hanno chiuso i ponti sia con Alex e Jack sia con tutti i loro amici o parenti >>.
<< Zack non ha tutti i torti ad essere arrabbiato, però >>, disse a bassa voce.
<< No, ma… potrebbe anche cercare di capire, di chiarire con Jack… per il bene della band, per la loro amicizia >>.
<< Il problema è che probabilmente Zack si sentirà tradito e molto arrabbiato nei confronti di tuo fratello, così arrabbiato da pensare che ormai tutta la loro amicizia sia finita >>, sospirò, << bisogna solo aspettare che sbollisca >>.
Sbuffai. << Bisogna aspettare per tutto >>.
<< Le cose si sistemano con il tempo, non da un giorno all’altro >>.
Mi strinsi nelle spalle.
<< Allora, ora è il tuo turno >>, disse sistemandosi comoda sulla sedia rivolgendomi uno sguardo curioso che mi fece chiudere dolorosamente lo stomaco. << Come va con Alex? >>.
<< Nonostante la brutta situazione va tutto bene, stiamo benissimo insieme e io… lo amo davvero, è un ragazzo fantastico ed è molto dolce con me >>, risposi sorridendo spontaneamente al ricordo di Alex. Oddio già mi mancava da impazzire… possibile che non potessi stargli lontana un giorno senza sentire la mancanza della sua voce, dei suoi sorrisi, dei suoi baci e del modo dolce in cui pronunciava il mio nome?
La mamma allungò una mano sul tavolo fino ad arrivare a prendere la mia che strinse forte. << Sono felice per te Stella, davvero, si vede che ne sei molto innamorata, spero solo che anche lui lo sia >>.
<< Oh certo, se il nostro amore non fosse stato sincero non staremmo ancora insieme con tutti i mesi che siamo stati separati >>.
<< Si, hai ragione, ma spero di rivederlo presto, neanche me lo ricordo più per quando tempo è passato dall’estate in cui sono venuti tutti e quattro a Roma >>.
Tra un po’ forse non avrai così voglia di rivederlo.
Pensai.
<< Tranquilla, presto te lo porterò >>, le promisi.
Era arrivato il momento di rivelarle cosa bolliva in pentola o meglio, cosa bolliva nella mia pancia, uno dei principali motivi che mi avevano spinta a tornare a Roma. Era arrivato il momento di prendermi le mie responsabilità.
<< Mamma… c’è una cosa che ti devo dire >>.
<< Lo so, è da quando Jack se n’è andato che sei diventata pallida come uno straccio e se ti conosco so perfettamente che questo vuol dire che sei agitata o meglio, hai paura >>. Mi osservò attentamente curiosa.
<< Già… infatti… è una cosa un po’… difficile da dire e… potresti arrabbiarti >>, balbettai nervosa con lo stomaco che mi si contorceva facendomi venire voglia di vomitare.
<< Non farmi preoccupare Stella, dimmi che cosa succede >>, mi ordinò in tono duro ma preoccupato.
<< Ehm… nulla di grave, non ti agitare è… >>, cercai di temporeggiare.
<< Stella! >>, esclamò con un moto di irritazione.
<< Okay, Okay, sputo il rospo >>, dissi. << Ma prima che tu sappia questa cosa devi sapere che non è stata colpa mia, io non lo volevo, è stato un incidente e mi dispiace davvero, probabilmente sarò una delusione per te e papà perché penserete che non mi avete insegnato nulla, ma in realtà mi avete insegnato bene… si è trattato solo di un errore stupido che… >>.
<< Arrivi al punto per favore? >>, mi chiese guardandomi storto. << Più ci giri intorno più mi fai innervosire >>.
Feci un bel respiro cercando di rimanere tranquilla… oppure sarei dovuta scoppiare a piangere? Con le lacrime forse le avrei ispirato pietà e allora non mi avrebbe cacciata fuori di casa a calci nel sedere.
Avanti Stella, un po’ di coraggio, non fare la polla, sii forte e tutto andrà bene.
Alzai lo sguardo verso di lei che continuava a guardarmi impaziente di sapere e stringendo le mani a pugno per darmi forza dissi: << Sono incinta >>.
Gli occhi di mia madre si sgranarono così tanto da diventare quasi come quelli dei pesci e rimase impalata a fissarmi senza muovere un muscolo; se non fosse stato per il suo petto che si alzava ed abbassava avrei detto che fosse morta per lo sconcerto.
Non avevo il coraggio di aggiungere nulla e lei continuava a guardarmi come se mi fossi messa a ballare nuda sul tavolo cosa che, a dirla tutta, non l’avrebbe sconvolta affatto, tante erano le volte che lo aveva fatto Jack da piccolo… c’era anche una foto che lo dimostrava, chissà se la mamma ce l’aveva ancora… quello però non mi sembrava proprio il momento per chiederglielo, sembrava una statua! Era davvero una cosa così scioccante sapere che tua figlia è rimasta incinta? Forse sì, se ha solo diciannove anni.
Finalmente gli occhi della mamma tornarono alla normalità e lei si alzò di scatto facendomi sobbalzare. Ora arrivava la parte in cui mi faceva volare fuori di casa?
Iniziò a camminare avanti e indietro come aveva fatto Jack ma, a differenza sua, la mamma non sembrava affatto arrabbiata, sembrava… pensierosa e io non sapevo se fosse un bene o un male.
<< Di quanto? >>, mi chiese continuando a camminare avanti e indietro.
<< Un mese e una settimana >>, risposi.
Il conto lo avevo fatto proprio prima di partire.
Spostò improvvisamente lo sguardo verso di me. << È di Alex, vero? >>, mi chiese preoccupata.
Annuii. << Certo che si! >>.
Scosse la testa. << Mio Dio… mi sembra impossibile >>, mormorò risedendosi pesantemente sulla sedia con la testa appoggiata ad una mano.
Era successo, avevo deluso mia madre e nonostante l’idea di essere cacciata di casa mi avesse spaventata fino a quel momento, sarebbe stato meglio  che rimanere lì, seduta su quella sedia a fissare mia madre che non era assolutamente il ritratto della futura nonna felicissima dell’arrivo di un nipotino.
<< Era… l’ultima cosa che mi sarei mai aspettata >>, disse continuando a scuotere la testa. << Come… è successo? Insomma… non siete stati attenti? >>.
<< Si, ci siamo scordati di usare le precauzioni… ma… è successo solo una volta, non l’abbiamo fatto apposta >>, cercai di giustificarci anche se con frasi davvero stupide. “è successo solo una volta”?! Ma come mi era venuta quella frase?! Non mi stupì affatto la risposta dura della mamma: << Una volta è bastata e avanzata! >>.
<< Mamma… ti prego, non ti arrabbiare, io non volevo, è stato un errore a cui vorrei poter rimediare ma… ormai sono fregata e ti giuro che ho passato giorni d’inferno quando l’ho saputo perché non so assolutamente come fare ad essere una madre, sono completamente inesperta ed ho un lavoro che comporta lo spostarsi da una città all’altra quasi ogni giorno >>, feci un bel respiro cercando di mandar giù il groppo che mi si era formato in gola. << Sono venuta qui perché… ho bisogno di aiuto, perché non sono affatto pronta per tutto quello che verrà in questi nove mesi e anche dopo… non ho idea di come affrontare tutto questo, non so come continuare a cantare e… non so come dirlo ad Alex >>.
La mamma sgranò di nuovo gli occhi. << Lui non lo sa? >>.
Scossi la testa lentamente sentendomi malissimo. << No, non ho avuto il coraggio di dirglielo, come potevo dargli questa notizia scioccante con tutto quello che sta passando? >>.
La mamma sospirò ma non disse nulla.
<< Io ho tanta paura >>, ammisi. << Ho paura di come potrebbe reagire Alex, ho paura del giorno in cui dovrò tirare fuori questo bambino dalla pancia, ho paura di dover rinunciare alle cose che mi rendono felici per questo bambino, ho paura di non essere all’altezza >>. Tirai su con il naso. << Ho diciannove anni e non vorrei mai dovermi occupare di un bambino, ma ormai è fatta, non posso tornare indietro e forse… alla fine anche tra qualche anno sarei sempre nella stessa situazione di impreparazione e di paura… per questo mi serve il tuo aiuto mamma, io ho bisogno di qualcuno che mi insegni cosa fare, qualcuno con molta più esperienza di me >>.
Il suo sguardo si posò su di me, ma non riuscì a capire cosa stesse provando, la sua faccia sembrava una maschera rigida e questo non fece che aumentare la mia ansia e le mie preoccupazioni. Mi vedevo già fuori dalla porta, abbandonata, senza neanche una valigia!
Okay, magari stavo un po’ esagerando forse per colpa dei tanti film che avevo visto riguardanti adolescenti rimaste incinta, ma l’espressione che aveva sul viso mia madre non mi comunicava nulla e non gliel’avevo mai vista in faccia prima, quindi facevo bene a preoccuparmi e ad immaginarmi il peggio… così almeno se fosse successo davvero sarei stata preparata.
Per fortuna quelle paranoie non si rivelarono la realtà, infatti con mia sorpresa, la mamma dopo aver sospirato nuovamente, mi raggiunse dall’altro capo del tavolo e mi abbracciò stratta a sé, come quando era piccola. Un po’ per il sollievo e un po’ per la paura che avevo per quel misterioso e oscuro futuro che mi attendeva, scoppiai a piangere come una fontana, affondando il viso nel profumo dolce di mia madre, che accarezzandomi i capelli mi sussurrava all’orecchio parole di conforto cercando di placare il mio pianto a dirotto.
Sciolse l’abbraccio e mi iniziò a togliere i capelli davanti alla faccia per assicurarsi che la guardassi bene in faccia. << Tesoro, io non posso insegnarti nulla, perché per diventare madri non ci vuole un manuale d’istruzione o qualcos’altro >>, rise, << è una cosa che viene da sé, è una cosa che imparerai a fare vivendo la gravidanza e ti assicuro che non c’è niente di cui avere paura, so per certo che sarai una fantastica mamma e io lo so perché ti conosco bene e adesso è normale che tu sia spaventata e ti senta impreparata, ma queste sensazioni spariranno presto, perché non appena il bambino nascerà tu saprai esattamente cosa fare senza che nessuno te lo dica >>.
Mi asciugai le lacrime. << Sei sicura? >>, le chiesi.
<< Sicurissima, ci sono passata prima di te! >>, sorrise.
Ricambiai il sorriso anche se con uno piccolo e debole. << E con la carriera, come faccio? >>, chiesi. << Come faccio ad accudire il bambino mentre giro il mondo? Soprattutto se anche Alex gira per il mondo… finirebbe che io non avrei il tempo per badare a lui e lui vedrebbe il padre solo una volta al mese quando va bene >>.
<< Prima di occuparci di questo… >>, disse attirando la mia attenzione. << Sei sicura che vuoi tenere il bambino? Se proprio non ti senti pronta puoi sempre farlo adottare >>.
Scossi la testa. << No, se lo devo portare nella pancia per nove mesi sarà perché alla fine della gravidanza io lo tenga con me, non voglio assolutamente darlo a qualche sconosciuto >>, risposi convinta al cento per cento di quella mia scelta che Pierre mi aveva aiutato a compiere.
<< È bello sentirtelo dire, vuol dire che ci tieni >>.
Mi strinsi nelle spalle. << In realtà non lo so ancora se ci tengo >>, ammisi. << Creerà talmente tanto scompiglio nella mia vita che non so se io riuscirò mai ad essere felice di essere rimasta incinta a quest’età >>.
<< Tranquilla, lo sarai quando avrai deciso cosa fare con la carriera, quando lo avrai detto ad Alex… quando tutto si sarà aggiustato >>.
Sbuffai. << Allora sarò felice tra molto, molto tempo >>.
Mi guardò storto. << Non dirlo neanche per scherzo, non appena tornerai in America tu lo dirai ad Alex! >>, mi ordinò. << Lui a quest’ora dovrebbe già saperlo, non riesco a non immaginare come sarà furioso una volta che glielo dirai >>.
La guardai preoccupata. << Perché dovrebbe essere furioso? >>.
<< Perché lui sarebbe dovuto essere il primo a saperlo e invece ancora ne è all’oscuro… quante persone lo sanno? >>, mi chiese per sfidarmi.
Mi morsi un labbro. << Uhm… lo sa… Jack, Debbie, Matt… Cassadee… la mia band… il mio staff… la casa discografica… i Simple Plan… >>.
Scosse la testa guardandomi male. << Ti rendi conto che lo sanno tutti tranne Alex?! >>.
<< Ma non è stata mia intenzione non dirglielo è che… con tutto quello che è successo non volevo farlo preoccupare e… oddio ora ho ancora più paura di dirglielo visto che mi hai detto che si arrabbierà! >>, le lanciai un’occhiataccia.
<< Avanti Stella, non sarà così difficile, dovrai essere coraggiosa come lo sei stata adesso con me >>.
<< Non lo so… ho… >>.
<< Stella, ti sei sempre fatta fregare dalla paura, fin da quando eri piccola, anche con il canto, avevi paura di cantare in pubblico e guardati adesso, sei una cantante famosa e canti ogni sera davanti ad una folla! Hai superato la tua paura del canto, ora devi superare quest’altra paura, perché tu sei più forte e so che sei coraggiosa >>.
<< E perché io non lo so? >>.
<< Perché tu non hai fiducia in te stessa e pensi troppo alle conseguenze… buttati! Non è detto che Alex si arrabbierà potrebbe anche non farlo e prenderla bene, chi lo può sapere! >>.
Sospirai.
<< Sii coraggiosa e vedrai che andrà tutto bene >>, disse stringendomi una mano tra le sue.
<< E con la carriera? >>, chiesi.
<< Dimmi tu >>, mi guardò sorridente, << cosa vuoi fare? >>.
<< Non… lo so >>, risposi incerta.
<< Pensaci un attimo e dimmelo >>, mi incitò.
Feci come aveva detto e iniziai a pensare a quanto amavo cantare, a quanto mi piaceva trasmettere le emozioni alle persone attraverso la mia musica, pensai al vuoto allo stomaco che avevo ogni volta che stavo per salire sul palco, pensai alla folla urlante, ai miei amici, alla mia band che avevo conosciuto all’inizio di quell’avventura che mi aveva portata a vendere tantissimi dischi e a girare il mondo… proprio come avevo sempre sognato.
Pensai a tutte quelle volte in cui mi ero ritrovata a piangere nel letto perché sentivo la mancanza di Alex che era sempre troppo lontano da me, pensai a come mi sentivo a casa quando ero con lui e con Jack, pensai al giorno in cui Cassadee mi aveva detto che non dovevo scegliere tra Alex ed il canto. Chissà perché un’altra volta ero a quel bivio dove dovevo scegliere cosa era più importante, se Alex o il canto.
Potevo davvero rinunciare al mio sogno più grande per occuparmi del bambino? E se mi fossi pentita della mia scelta? Come avrei potuto lasciare i ragazzi della band? Come avrei potuto mollare tutto dopo che l’avevo aspettato per tanti e tanti anni?
<< Io non voglio smettere di cantare >>, dichiarai. << Ho aspettato troppo il giorno in cui sarei stata famosa per lasciar perdere tutto, cantare per me è come vivere, non potrei mai stare senza, è il modo migliore che ho per esprimere le mie emozioni e non ci rinuncerei mai >>.
<< Allora non devi per forza farlo, nessuna cantante madre l’ha dovuto fare perché dovresti farlo tu? >>.
<< Perché… è difficile! >>.
Scosse la testa. << Devi trovare solo il modo di conciliare le due cose >>.
<< E come? >>, le chiesi sperando in una risposta.
Mi pizzicò una guancia. << Sta a te trovare la soluzione >>.
Nulla di più semplice!
 
<< Oh qui è il primo giorno di scuola di Jack! >>, esclamò la mamma emozionata. << Era così carino! >>.
La foto ritraeva Jack da piccolo, con i capelli corti e le orecchie a sventola che sorrideva emozionato alla macchinetta con stretto nelle mani il suo nuovo zainetto pronto per andare a scuola a conoscere nuovi amici.
<< Questa invece è la gita in montagna che avevamo organizzato con i nonni quando Jack aveva cinque anni >>, disse indicandomi la foto successiva che ritraeva Jack seduto su un tronco con un bastone in mano che sorrideva come uno scemo.
<< Oh mio Dio! >>, quasi urlò facendomi prendere un colpo. << Qui siete assolutamente adorabili! >>.
La foto ritraeva Jack a undici anni con i capelli a caschetto che mi teneva in braccio seduto sul divano di casa. Entrambi sorridevamo ed eravamo l’uno la fotocopia dell’altro se non per il fatto che io avevo i capelli un po’ più lunghi ed ero decisamente più carina.
Continuammo a sfogliare le foto dell’album d’infanzia mio e di Jack, anche se mooolto lentamente visto che la mamma si fermava ad ogni foto per commentare oppure per urlare emozionata cosa che mi costò un orecchio, ma che mi fece anche molto piacere; mi piaceva vedere come la mamma tenesse a noi e come si ricordasse di ogni nostro giorno importante con tutti i dettagli che desideravi conoscere.
Speravo di diventare come lei: dolce, comprensiva e allo stesso tempo severa e forte. Chissà se anche io come lei tra molti anni avrei guardato le foto d’infanzia con il bambino che aspettavo e sarei stata così felice nel rivivere i ricordi dei suoi primi passi, del suo primo giorno di scuola, della sua prima parola…
mi sembrava ancora così assurdo il pensiero che io stessi per diventare madre, era come se il mio cervello non avesse ancora accettato l’idea e forse era perché il solo immaginarmi con un pancione o a cambiare pannolini mi faceva venire voglia di ridere a crepapelle fino a perdere il fiato, perché sembrava… troppo impossibile per essere vero e invece lo era e io dovevo affrontare al più presto la realtà, dovevo al più
presto dirlo ad Alex e organizzarmi sul mio futuro.
<< I giorni della nascita di Jack e della tua sono stati quelli più felici della mia vita, perché finalmente potevo vedervi, potevo abbracciarvi… nonostante il parto doloroso quei giorni sono stati bellissimi e non li scorderò mai >>.
Le posai la testa sulla spalla.
<< Vi voglio un mondo di bene, siete la cosa più cara che ho… a parte vostro padre >>, finì ridacchiando.
<< Mi vuoi bene anche se sto per darti un nipotino? >>, le chiesi
<< Certo! >>, esclamò. << E in questo momento ti voglio doppiamente bene visto che ormai siete in due là dentro >>.
Sorrisi.
<< Vedrai che diventare mamma sarà un’esperienza che ti cambierà la vita >>.
<< In modo positivo spero >>, sospirai.
<< Ovviamente >>.
Dopo aver finito di guardare le foto, di comune accordo, ci dirigemmo verso la camera di Jack per cercare di consolarlo. Arrivate sulla soia della porta chiusa, sentimmo le dolci note di una chitarra che veniva suonata. Non mi ci volle molto per riconoscere la canzone nonostante non fosse cantata, era Keep Holding On di Avril Lavigne. Quella canzone l’avevo ascoltata e cantata talmente tante volte quando ero triste che l’avrei riconosciuta da per tutto e quel giorno la trovai perfetta per la situazione in cui eravamo io e Jack.
Sentire le note di quella stupenda canzone mi rincuorò e quasi senza accorgermene iniziai a cantare mentre entravo nella stanza di Jack seguita dalla mamma che mi guardava sorridente.
Jack sussultò spaventato nel vederci entrare, ma non smise di suonare e mentre io gli dedicavo il primo verso della canzone guardandolo negli occhi, lui mi sorrise lievemente ricambiando lo sguardo.
 
You’re not alone
 Together we stand
 I’ll be by your side
 You know, I’ll take your hand
 When it gets cold
 And it feels like the end
 There’s no place to go
 You know, I won’t give in
 No, I won’t give in”.
 
La mamma mi prese una mano e cantò con me il ritornello armonizzando perfettamente la sua voce alla mia mentre il sorriso di Jack si ampliava sempre di più e le sue dita scorrevano veloci sulle delicate corde della chitarra.
 
“Keep holding on
 ‘Cause you know we’ll make it through, we’ll make it through
 Just stay strong
 ‘Cause you know I’m here for you, I’m here for you
 There’s nothing you could say
 Nothing you could do
 There’s no other way when it comes to the truth
 So keep holding on
 ‘Cause you know we’ll make it through, we’ll make it through”.

Se mai mi avessero chiesto da chi avessi ereditato la voce che avevo io avrei risposto: dalla mia fantastica mamma; era lei che mi aveva trasmesso la passione per il canto e per la musica, era lei che mi aveva insegnato tutti i trucchi su come riuscire a cantare bene e per me lei era sempre stata come un modello da seguire. Aveva una voce stupenda e io l’ammiravo moltissimo, l’avevo sempre ammirata fin da piccola e mi ero sempre detta che un giorno sarei diventata brava come lei e finalmente lo ero diventata.
 
Hear me when I say, when I say I believe
 Nothing’s gonna change, nothing’s gonna change destiny
 Whatever is meant to be
 Will work out perfectly, yeah yeah yeah yeah”.
 
La mamma canto l’ultimo pezzo della canzone e l’ultimo ritornello, spronando me e Jack a tenere duro, ad affrontare la vita e i suoi problemi perché alla fine tutto sarebbe andato bene… e lei era con noi e lo sarebbe sempre stata per sostenerci e per aiutarci.
Ero fiera di avere una mamma così buona  e ora che le avevo confessato cosa bolliva nella mia pancia mi sentivo molto meglio, più leggera e forse anche pronta per affrontare la gravidanza… si, ce l’avrei fatta, perché non ero da sola, c’era la mia famiglia con me e loro mi avrebbero sempre sostenuta e aiutata in ogni situazione.
Alla fine della canzone, Jack posò la chitarra sul letto e si alzò per abbracciarci forte.
Papà arrivo qualche ora dopo, la mamma mi aiutò a dargli la notizia e stranamente, a differenza della mamma, lui non subì nessuno shock, non rimase immobile per svariati minuti, no, appena appresa la notizia corse ad abbracciarmi e con mia sorpresa scoppiò in lacrime sussurrandomi che lui mi avrebbe aiutata, che lui ci sarebbe stato per qualsiasi cosa e che era tanto contento di diventare nonno anche se non pensava così presto.
Alla fine tutte le mie preoccupazioni si stavano rivelando nulle… sperai che anche quelle per Alex lo fossero.
 
 
 
 
  
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