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Autore: Rox    17/11/2007    6 recensioni
Benjamin Price, portiere affermato, non aveva idea di cosa fosse la morte. Mai qualcosa di così forte e devastante aveva colpito la sua vita.... fino a quel giorno. E sicuramente la visita inattesa di una donna con un segreto, non può che accrescere la sua frustrazione... Se poi in questo quadro ci inseriamo una testamento con una clausola particolare, ecco che la situazione diventa veramente complicata
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ok sono due annic he non aggiornola mia ff anche perchè devo essere sincera avevo avuto un pèo

ok sono due anni che non aggiorno la mia ff anche perché devo essere sincera avevo avuto un po' di paura nel continuare dopo tutti i casini che si erano venuti a creare dopo la mia uscita un po' così....

Vorrei precisare che lascerò così come l'ho scritta la mia ff e non cambierò nulla di ciò che ho già pubblicato.... rileggendo le recensioni i sono resa conto che qualcuno diceva che ognuno può scrivere ciò che vuole ed è per questo motivo che non cambierò nulla.....

sperando che torniate ad apprezzare la mia ff anche se l'ho lasciata nel cassetto per la bellezza di due anni, torno a scrivere il mio quinto capitolo....

sperando che vi emozioni.

Rox

 

CAPITOLO QUINTO

 

Benji si era praticamente distrutto.

Era arrivato molto prima degli altri ed aveva quindi deciso di chiamare Oliver per sessione straordinaria sui rigori e l'amico, ben felice della proposta, l'aveva praticamente sfiancato.

Ma il nervosismo e l'inquietudine non erano scomparsi e si era stupito sentendosi chiedere a Marshall una seduta speciale di potenziamento, con il risultato di arrivare a fine allenamento completamente stremato.

Mark Lenders però se ne era accorto e non volendo perdersi neppure un'occasione per riuscire ad umiliarlo, lo aveva sfidato ai rigori.

Alla fine di tutto si era trovato talmente stanco da non avere nemmeno la forza di dirigersi agli spogliatoi per una doccia, ma si era rintanato nella sua macchina e come una furia si era diretto verso casa.

la cosa che però lo faceva infuriare era che però l'inquietudine e il nervosismo non erano per nulla scomparsi dal suo animo.

Anzi, da stanco, vedeva i problemi ancora più grossi di come gli erano sembrati la mattina.

La visione del cancello della sua villa che si apriva e del domestico che aspettava solo che li gli desse la borsa degli allenamenti, lo rincuorò un poco e quando finalmente riuscì a infilarsi sotto la doccia calda, gli sembrò di essere ritornato al mondo come nuovo.

Era appena uscito dalla doccia con addosso solamente un asciugamano attorno ai fianchi, quando la porta della sua camera da letto si aprì di colpo, lasciando entrare una donna dai lunghi capelli scuri e stava letteralmente sbraitando in tedesco.

Il giovane portiere rimase interdetto tanto che l'asciugamano rischiò pericolosamente di scivolargli via e solamente con una mossa felina riuscì a riagguantarlo.

Stava giusto giusto per mandarla al diavolo quando la donna si voltò e lo guardò in una maniera assolutamente sconvolgente.

Benjiamin si rese conto che doveva aver sbagliato stanza essendo molto presa dalla discussione al telefono, ma la cosa che più lo turbo fu vedere la sua espressione mutare da completa sorpresa alla bramosia.

Arrossì di botto e come una furia chiuse di scatto il telefono lasciando il suo interlocutore sicuramente sorpreso.

"Penso che tu abbia sbagliato stanza..." le disse sorridendo maliziosamente "la tua è la porta dopo di questa"

La guardò annuire mentre sempre sogghignando le indicò il telefono.

"Ci sarà rimasto male dopo che gli hai chiuso il telefono in faccia... Chi era?" chiese con velata curiosità mentre si fissava meglio l'asciugamano attorno ai fianchi.

Ginevra si schiarì la voce nel tentativo di ritrovare un po' di contegno, ma la voce che le uscì risuonò comunque più stridula del solito.

"Oh, nulla di che... ecco... era solo una chiamata di lavoro..."

Ma l'uomo inarcò le sopracciglia mentre un sorriso malizioso gli si formava sulla sensuale bocca...

"Mi chiedo che razza di lavoro tu svolga se devi parlare con un tuo collega della lingerie che indossi..."

La donna arrossì di nuovo rendendosi solamente conto ora che il suo futuro marito aveva vissuto in Germania per molto tempo e quindi conosceva alla perfezione il tedesco. Mandò una maledizione silenziosa al suo ex fidanzato che l'aveva cacciata in questa situazione chiedendole che tipo di biancheria indossasse in quel momento.

Lei si era arrabbiata moltissimo e aveva inforcato la stanza sbagliata.

Decisa a non lasciarsi sottomettere si piazzò le mani sui fianchi e alzò la testa:

"Nessuno ti ha mai detto che non è buona educazione ascoltare le telefonate degli altri?"

Ma l'uomo scoppiò a ridere:

"francamente se urli il quella maniera, nella mia stanza, è veramente difficile non ascoltare e poi non è con me che devi prendertela se un  fantomatico cliente ti chiede che lingerie indossi e lo sbraiti per tutta la casa in una lingua che conosco bene."

Lui guardò gli occhi di lei velarsi di rabbia e la mano stringersi sempre di più sul telefono portatile.

"Comunque sia, ti chiedo scusa per essermi introdotta nella tua stanza. prometto che non capiterà più"

Raddrizzò le spalle e si voltò verso la porta mentre la risata argentina di lui le scuoteva le viscere:

"Sarà meglio, Ginevra, perché la prossima volta che entrerai in questa stanza potrei anche decidere che mi piacerebbe vederti anche nel mio letto e ti assicuro che ti ci troveresti anche bene.

Ti aspetto per cena così finalmente potrai mostrarmi quei prospetti a cui mi accennavi" e prima che lei potesse rispondergli, si infilò di nuovo nel bagno lasciandola a morire dalla vergogna e dalla consapevolezza che quelle parole avevano colpito nel segno.

 

Arrivata nella propria stanza Ginevra si lasciò ricadere sul letto e buttò il cellulare da parte guardando con fare circospetto l'orologio.

La cena sarebbe stata servita esattamente alle otto e lei sapeva benissimo che prima delle nove e mezza non sarebbe finita, considerando la flemma del padrone di casa.

E tra caffè e sherry avrebbero sicuramente iniziato a lavorare non prima delle dieci di sera.

Sbuffando si alzò con uno scatto dal letto e scosse la testa per tentare di dimenticare il fisico asciutto e potente del suo futuro marito.

"maledizione!" e dopo essersi alzata si diresse in bagno avendo intenzione di restituirgli il favore di averla messa in imbarazzo con gli interessi.

 

Benjiamin Price sapeva perfettamente di non reputarsi una persona paziente.

Era pignolo, preciso, e sempre perfettamente in orario.

E odiava la gente che era sistematicamente in ritardo sopratutto quando doveva incontrarsi con lui.

Molte volte aveva lasciato i giornalisti ritardatari a bocca asciutta, andandosene via ancora prima che questi avessero il tempo di chiedere scusa per il loro ritardo anche di soli cinque minuti.

Si era infatti guadagnato la fama  di essere un super preciso e fanatico della puntualità e lui ne andava fiero.

A differenza di chiunque era stato educato fin da piccolo che se si voleva perseguire uno scopo importante bisognava mettere quel traguardo al di sopra di ogni cosa.

La puntualità e la precisione, la sua pignoleria erano i minimo indispensabile per raggiungere quella forma perfetta che avrebbe fatto di lui una macchina fredda e precisa sul campo verde.

L'unica persona che aveva osato sfidarlo giungendo puntualmente in ritardo e gliel'aveva sempre concesso, era stata Katarina.

L'aveva amata e con lei aveva pensato veramente a costruirsi una famiglia.

L'aveva sempre fatto aspettare, fin dalla loro prima uscita e lui quando l'aveva vista scendere le scale dell'hotel dove lei faceva la modella, non aveva avuto il coraggio di muovere un solo muscolo.

Era decisamente bella quella sera.

E lui le aveva sempre concesso qualsiasi capriccio, che andassero dalle pellicce o a ritardi infiniti e capricci d'ogni genere.

Ne era innamorato follemente e la ferita era stata profonda quando si era accorto che lei lo usava solamente per soddisfare qualsiasi suo vizio e l'aveva tradito.

Aveva chiuso immediatamente la relazione e da quel momento aveva odiato ancor di più le persone ritardatarie, perché le ricordavano lei che con tutti quei ritardi lo facevano morire di impazienza e angoscia.

E ora mentre guardava l'orologio e si rendeva conto che le otto erano passate da già ben dieci minuti e lui era ancora appoggiato al camino a sorseggiare il suo martini, si rese conto di provare ancora un po' di quell'impazienza e angoscia e ciò lo irritava in una maniera oltre misura.

Appoggiò il bicchiere al camino e fece per dirigersi verso il tavolo quando alzò gli occhi e rimase abbagliato.

Stava scendendo le scale e non lo stava degnando nemmeno di uno sguardo e senza nemmeno scusarsi del ritardo si sedette a tavola e iniziò a servirsi il delicato antipasto.

Indossava una tubino rosso fuoco decisamente scollato sul seno che aderiva alla sua pelle in una maniera che qualcuno avrebbe dovuto dichiarare illegale.

Seguiva in modo armonioso, come una seconda pelle, ogni singolo centimetro del corpo della donna e oltre la scollatura vertiginosa sul davanti, la gonna lunga fino al ginocchio si apriva con uno spacco vertiginoso su per la coscia sinistra.

Guardandola con ammirazione servirsi gli antipasti, si sedette al capo opposto della tavola e le sorrise maliziosamente:

"Certo che Ginevra, se ti presenti così ogni volta che vai a un colloquio o un appuntamento di lavoro, non ti può poi arrabbiare se qualcuno ti chiede cosa indossi al di sotto.... anche perché mi verrebbe da pensare che tu sotto di quello difficilmente potresti avere qualcosa!"

Lei alzò gli occhi da gatta dal piatto e gli sorrise maliziosamente, spostandosi con le dita laccate di rosso un ciocca dietro l'orecchio.

"Chissà, potresti avere ragione."

Benjiamin  Price sapeva di non essere una persona paziente, ma sapeva di essere una persona controllata.

Eppure quella donna lo stava letteralmente facendo impazzire.

"Sia ben chiaro che non amo i ritardi. La cena era alle otto.

Non ho più nessuno intenzione di aspettarti" disse appoggiando la forchetta su piatto.

Le lo guardò dritto negli occhi e gli sorrise increspando le labbra cremisi.

"non mi pare di avertelo chiesto. Potevi benissimo iniziare a mangiare. D'altronde anche se pranziamo e ceniamo sullo stesso tavolo, non significa che stiamo pranzando o cenando assieme."

Alzò il bicchiere di vino e gli fece un brindisi silenzioso prima di bere.

"comunque, visto che io finisco sempre prima di te di mangiare, non vedo perché tu non possa iniziare prima di me. D'altronde come a te non piace aspettare, nemmeno a me piace molto.

Sopratutto se non si è a una cena galante.

Bisogna parlare di affari? Perfetto, tu inizia pure a mangiare con la tua solita flemma e calma, io posso anche fare a meno della tua compagnia."

 

Ginevra si rese conto di essersi spinta troppo in là.

Vide gli occhi del portiere scurirsi e una brivido di paura le salì lungo la schiena.

"non mi importa un accidente di quello che tu pensi di me. Sei un'ospite in casa mia, ricordatelo e quindi se ti dico di scendere a una cert'ora, mi aspetto che ciò venga rispettato. Abituati in fretta perché tra poco sarai mia moglie!"

Ginevra appoggiò la forchetta sul bordo del piatto e con calma si alzò dal suo posto guardandolo, per la prima volta dall'alto in basso.

"chiariamo una cosa, Price, io non sono una proprietà di cui puoi disporre a tuo piacimento. Terrei anche a precisare che anche nel caso in cui io diventassi tua moglie, tu non avresti nessun diritto su di me o sulla mia vita.

Il nostro è un semplice accordo d'affari e io non ho intenzione di cambiare nemmeno un singolo attimo della mia vita per venirti incontro.

E visto che la mia presenza in questa casa non è gradita, domani mi cercherò un albergo."

Detto questo voltò le spalle al padrone di casa  e fece per andarsene, ma l'uomo le aveva già artigliato un polso, dimostrandole una velocità sicuramente invidiabile.

Voltandosi la donna si ritrovò a guardare delle pozze nere che splendevano di rabbia repressa.

"hai finito Ginevra? Ora ti dico io cosa penso di te e del fatto che tu non sia una mia proprietà.

non so con che mezzucci tu sia riuscita ad appropriarti di qualcosa che mi apparteneva di diritto, la Price Corporation, ma dal momento i cui indosserai la mia fede nuziale, tu sarai mia, proprio come la società."

Ginevra lo guardò arrabbiata e tentò di liberarsi dalla stretta possessiva dell'uomo che però non mollò la presa.

"lasciami immediatamente, razza di imbecille. Io non sarò mai tua, mi hai sentito?!"

Ma l'uomo sogghignò di una risata talmente sensuale che la scosse nel profondo.

"Scommettiamo che mi basterebbe toccarti una sola volta per farti capitolare ai miei piedi?"

e prima che lei potesse solamente ribattere qualcosa, alzò la mano ancora libera e fece scorrere un dito sul limite che la scollatura del vestito poneva tra il suo corpo e il tessuto quasi impalpabile.

Il petto della donna incominciò subito ad alzarsi e abbassarsi al ritmo irrefrenabile del desiderio che le scuoteva le viscere.

E lui se ne accorse e prima che lei potesse trovare il modo per reagire, abbassò la testa e iniziò a baciarle e stuzzicarle ciò che le dita avevano accarezzato esattamente un secondo prima.

Mentre la sua bocca e la sua lingua le stuzzicavano la parte iniziale del seno, la sua mano ancora libera scese, con una lentezza estenuante, verso la coscia della donna che piegò e gliela fece appoggiare al suo fianco, mentre con un colpo di reni la spingeva contro il tavolo.

Le strusciò la propria coscia contro l'inguine di lei e a quel movimento lei cedette con un ansito.

Liberò la sua mano dalla stretta possessiva di lui e gliela appoggiò sulla nuca mentre lui, data la sua capitolazione, le faceva scendere la zip dell'abito fino alla base che con un movimento leggero e frusciante, si raggomitolò sui suoi fianchi, lasciandole finalmente il seno libero da ogni costrizione.

E lui glielo baciò.

Ginevra ormai stava impazzendo dalla voglia di una bacio furioso e penetrante e con uno sforzo sovrumano gli alzò la testa con entrambe le mani offrendogli le labbra.

Lui le sorrise e si avvicinò a quelle dolci e scarlatte protuberanze sempre di più lasciando che lei potesse respirare il suo respiro.

Ormai le non desiderava altro che baciarlo e assaporare la sua bocca.

Le loro labbra si sfioravano a malapena e lei ormai tremava di desiderio.

"Benji..." lo chiamò lei e lui la guardò da testa a piedi e il suo sorriso malizioso si tramutò in un ghigno di vittoria.

La mollò di scatto e il vestito cadde a terra lasciandola completamente nuda, se non per le mutandine di pizzo.

E lui le rise in faccia.

"ecco qui la donna che fino a pochi minuti prima aveva detto che mai sarebbe stata mia. Mi sarebbe bastato rovesciarti sul tavolo per avere completo accesso dentro di te. Grande orgoglio non c'è che dire"

La donna si nascose allora il seno con le braccia e chinò la testa coprendo alla vista di lui gli occhi coperti di lacrime.

Lui rise ancora più forte e dopo aver raccolto da terra il vestito glielo gettò letteralmente addosso.

" e ora vattene. di donne come te ne ho conosciute fin troppe"

E ritornò a sedersi tranquillamente al suo posto continuando a mangiare il proprio antipasto.

 

Ginevra era ormai in lacrime e con l'ultimo briciolo di dignità rimastole si diresse verso le scale tentando di coprirsi il più possibile con l'abito.

Aveva ormai raggiunto in penultimo gradino quando la voce perentoria di lui la raggiunse:

"Domani alle dieci ti voglio al campo da calcio. Per quanto tu non valga molto, ti presenterò ai miei amici. vedi di essere presentabile, non voglio essere messo in imbarazzo da una come te."

E con quest'ultima staffilata al proprio cuore e al proprio orgoglio, le annuì e si richiuse nella propria stanza.

  
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