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Autore: frenci piuggi    28/04/2013    3 recensioni
La vita che hano condiviso è racchiusa in una piccola pagina di diario. Nulla di che, ma grazie alla passione sfrenata per i garofani da parte di uno dei due, si può conoscere l'evolversi di un prezioso sentimento.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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La nostra vita è come un piccolo garofano.

 
All’età di quindici anni, ti trasferisti. Originariamente ci detestavamo a vicenda, troppo presi a competere su ogni minima cosa; poi diventammo inseparabili: litigavamo spesso, ma alla fine ci prendevamo sempre cura l’uno dell’altro.
Anche quando dicesti di esserti innamorato di me, non mi allontanai, perché ti volevo troppo bene per farlo. Prima però che potessi far luce sui miei reali sentimenti, tuo padre fu obbligato ad andare all’estero. Tua madre ovviamente, non voleva che la famiglia si rompesse e tu t’imposi di accettare qualsiasi decisione ti fosse stata annunciata.
Rammento tuttora di come lo annunciasti alla classe: solito sorriso bonario e con gran gioia dipinta sul viso solo per non far preoccupare gli altri, anche se sapevamo entrambi che appena suonata la campanella della ricreazione, saresti scappato nel giardino sul retro a piangere.
Consolarti fu l’unica cosa che riuscì a fare e ti chiedo scusa per quell’adolescenziale stupidità.
Una settimana dopo e tu partisti; ti sporgevi dal finestrino, in mano quel piccolo garofano giallo cui ti regalai qualche istante prima insieme ad un breve bacio, a salutare tutti.
– Non te ne scordare Sas’ke! Fra dieci anni davanti alla statua! – gridavi, mentre la macchina si allontanava e dai tuoi occhi cielo continuavano a sgorgare impetuose lacrime amare.
I giorni seguenti furono i più pesanti: in classe si respirava un’aria cupa ed ognuno rimpiangeva la tua allegria contagiosa. Nei momenti difficili, chiudevo gli occhi ed il tuo sorriso ricompariva nei miei pensieri. La magra consolazione era che ogni dì trascorso era un giorno in meno al nostro ritrovo, rafforzando in me la poca forza per continuare a vivere al meglio ogni momento.
 
Più trascorrevano gli anni e più quel tuo sorriso sbiadiva. Ero convinto di aver dimenticato tutto, persino il dolore legato alla tua lontananza; quanto mi sbagliavo. Nonostante i rapporti occasionali, le compagnie e il frenato divertimento, continuavo a cercare un po’ di te intorno a me.
Ad una settimana dall’incontro, il panico s’impossessò della mia routine: all’università sbirciavo costantemente fuori della finestra, al lavoro sbagliavo le ordinazioni e nemmeno gli amici riuscivano a distrarmi.
– Calmati. – mi ripetevo. – È una promessa fatta dieci anni fa ad uno stupido ragazzino. Sicuramente se ne sarà già scordato. –
Il decimo anniversario della partenza di Naruto, mi ritrovai a vagare senza una meta ben definita per le strade di Konoha. In mano stringevo un piccolo garofano rosa, acquistato qualche oretta prima dal fioraio all’angolo.
A causa della mancanza d’acqua e della presa ferrea, il piccolo fiore iniziava a dare i primi segni d’indebolimento, ed io senza nemmeno accorgermene, finì proprio davanti alla statua.
– Stupida mente contorta ed insulsi ricordi inutili, ma soprattutto insensato lato Uchiha romanticone! Giuro sul mio onore che mi vendicherò; da oggi mai più fiori in casa! – mi ripromisi.
Aspettai un’ora seduto su quella panchina verde sbiadito: il gambo del garofano si era afflosciato sulle mie dita fredde e cominciava a perdere qualche petalo.
Ogni cinque minuti mi alzavo, deciso a tornarmene a casa, sbuffavo e poi mi risedevo, attirando i mormorii divertiti dei passanti.
– Dannate coppiette: perché non andate a limonare da qualche parte invece di fissarmi? Anche tu idio… – il pensiero fu interrotto non appena misi a fuoco la figura che mi si stagliava davanti.
Un ragazzo alto, con un’insolita zazzera bionda scompigliata, possedeva gli occhi celesti più belli che avessi mai visto ed aveva stampato sul viso bronzeo un sorriso nostalgico.
– Sas’ke…– disse il ragazzo di fronte a me.
Da quanto non sentivo il mio nome storpiato in quella maniera? Nessuno a parte lui mi chiamava così. Non vi erano dubbi: quel ragazzo era Naruto.
Il mio cuore omise un battito e spalancai la bocca in cerca di maggior aria. Anche se non lo avrei mai ammesso, mi ritrovavo lì solo per rivedere quei denti bianchissimi contornati dalle labbra morbide tirate all’insù, in un’espressione di pura gioia.
Senza accorgermene balzai in piedi e lo fissai sbalordito: quel dobe non aveva dimenticato la nostra promessa.
– Usura…tonka…chi? – domandai basito.
Lui rise per quel piccolo soprannome e mi si buttò letteralmente addosso, stringendomi a se in un caldo abbraccio. Accantonai qualsiasi pensiero e lo abbracciai a mia volta, inondandomi del suo dolce aroma di fiori d’arancio.
Solo allora me ne resi conto: non sarei più riuscito a vivere senza quel calore. Ci staccammo poco dopo, specchiandoci negli occhi dell’altro e ci lasciammo andare ad un piccolo incontro di labbra.
In quel momento mi feci una promessa: non avrei più permesso a nessuno di separarci.
Naruto mi parlò della sua vita, delle conquiste e degli obiettivi per il futuro; continuò a parlare finché non si fece notte ed ognuno fu costretto a tornare verso casa, ma con il patto di ritrovarci in quello stesso luogo la mattina dopo.
Andò avanti così per un mese intero: lui si era già laureato in meccanica e cercava impiego. Mi raccontò di come aveva quasi rischiato di morire non appena aveva annunciato ai suoi genitori la scelta di tornare in Giappone per lavorare; sua madre lo aveva appoggiato, capendo la vera ragione per la quale lo stesse facendo, mentre suo padre si era fermamente opposto. Kushina però lo aveva persuaso del contrario dopo un mese d’astinenza. Naruto continuava a parlarmi con il sorriso sulle labbra, guardandomi nello stesso modo in cui mi guardava da ragazzino ed io, questa volta, ricambiai ogni sua occhiata con un sorriso.
 
Qualche tempo dopo ci mettemmo insieme: annunciarlo ai nostri fu la parte complicata. Kushina e Minato si limitarono ad urlare al telefono quanto fossero entusiasti per lui. Quando passammo a comunicare la notizia ai miei, mia madre quasi svenne alla vista di Naruto, mio padre approvò con un impercettibile cenno del capo, mentre tentava di sorreggere Mikoto, e mio fratello ci abbracciò fiero.
– Era ora otouto. – mi soffiò all’orecchio.
Sapere quanto le nostre famiglie tenevano a noi, incrementò il nostro amore; ero felice di averlo nuovamente accanto a me, baciarlo, fare l’amore con lui, scambiarci piccole carezze: ero nato solo per stare con lui.
Poco dopo, Naruto trovò impiego in un’officina, non era soddisfatto di quel lavoro, ma era solo per guadagnare qualche soldo in più. Se litigavamo, ci riappacificavamo immediatamente con qualche umido bacio: il resto era pura complicità.
Spesso mi chiedevo come avessi fatto a vivere dieci anni senza di lui. Quest’uomo che era la parte migliore mai entrata nella mia vita e che rendeva ogni giorno indimenticabile; davvero non saprei.
Al nostro primo anniversario gli regalai un garofano rosso, il quale Naruto accettò donandomi il sorriso più bello di tutti e, quando pensai di non poter essere più felice di così, mi chiese di sposarlo.
Accettai immediatamente baciandolo con un impeto tale da spaventare persino me stesso.
 
Il matrimonio lo celebrammo su una spiaggia delle Hawaii e fu splendido: le nostre famiglie in prima fila ci guardavano orgogliose. Le nostre madri abbracciate singhiozzavano dalla felicità, tuo padre che rodeva dalla gelosia nei miei confronti, il mio che si guardava attorno perchè non vedeva l’ora di tornarsene a casa, ed Itachi che fotografava ogni mio sorriso ed i tuoi sguardi.
Al momento dello scambio delle fedi, presi a tremare come una foglia: cercavo di tener stretto quel gioiello in oro bianco con lo stemma di un garofano ed infilartelo al dito. L’agitazione e l’imbarazzo per poco non mandarono a monte tutto quanto; notasti il mio disagio e mi aiutasti in quel piccolo gesto, prendendomi la mano con amore.
Quando fu il tuo turno sembravi così sicuro di te stesso da farmi balzare il cuore in gola: probabilmente avevi provato chissà quante volte ad infilare l’anello ad un immaginario me, tanto le tue mosse erano meccaniche. La parte più rilevante fu certamente quella delle promesse.
Ricordo come con poche e semplici parole riuscisti a riassumere la nostra storia: – Ti amo Sas’ke. Probabilmente dalla prima volta in cui ti vidi, ma eravamo bambini e l’amore non era un qualcosa che riuscivamo a capire. Crescendo imparai ad accettarlo ed allontanandomi da te, ne compresi il peso cui portava. Quando ti rividi capii di averlo nutrito ancor di più e ti chiedo scusa per avertelo trasmesso ad ogni nostro tocco. Sono felice di essere la persona che hai scelto per rimanerti accanto fino alla fine dei nostri giorni. Grazie per avermi dato questa possibilità e cercherò di non deluderti mai. –
Ad ogni tua parola il mio viso assumeva diverse sfumature di rosso: andando dal rosa fino al bordeaux. Non fu per le parole imbarazzanti, ma tanto per l’intensità dei sentimenti che spiegasti.
La mia risposta fu un sorriso, un “ti amo” sussurrato sulle tue labbra ed un garofano bianco.
Lo accettasti con un sorriso abbagliante; ancora mi domando se sapevi qual era il suo significato.
 
Gli anni passarono, tuttavia il nostro amore cresceva con noi e quando decidemmo di adottare, arrivammo all’apice della gioia. I primi tempi furono un dramma: quella bambina, dai tratti simili ai miei, ma dalla tua stessa vivacità, mi esasperava. Più volte tentasti di calmarmi assicurandomi che la nostra piccola sarebbe diventata una ragazzina educata e posata, perciò dovevo solo aspettare che si calmasse da sola. In quei giorni volevo ucciderti; credevi davvero che le tue supposizioni mi avrebbero calmato? Mi faceva venir solo voglia di prendere Yumi e rinchiuderla in casa, solo per evitare di vederla crescere e fidanzarsi con qualche altro cretino.
Ne avevo già uno da sopportare ventiquattrore su ventiquattro: non ci tenevo ad averne un altro come figliastro. Tuttavia vederti giocare assieme alla piccola mi riempiva il cuore di un amore impossibile da raccontare in queste memorie.
 
Arrivò il giorno più brutto di tutti: Yumi arrivò a casa tutta felice per annunciarci del suo fidanzamento. Non appena vidi il ragazzo alle sue spalle, un moto di rabbia mi assalì e tu dovesti stringermi a te per evitare inutili spargimenti di sangue.
Il matrimonio fu interminabile; proprio non ce la facevo a star fermo su quella sedia a vedere la mia piccola sposarsi con un completo idiota. Ora so perfettamente cosa provò tuo padre vedendoti sull’altare assieme a me. Ti chiedo scusa Minato per non averlo capito prima.
Il primo nipotino arrivò presto, ma ci mancò poco che castrassi il padre. Come si era permesso quello di mettere incinta nostra figlia? Ancora fatico a rimanere calmo. Il secondo fu una benedizione: Yumi non poteva averne altri a causa del suo utero troppo debole perchè potesse concepire una nuova vita. Gli anni da nonni furono splendidi: nonostante l’età avanzata continuavi a ridere e giocare come quando eravamo piccoli. T’invidiavo talmente tanto da amarti sempre più.
 
Quelli della vecchiaia furono i più tristi. Iniziasti a rallentare ogni tuo passo ed io con te, tuttavia eravamo sempre insieme.
 
Mi dispiace Naruto di non essere stato presente al tuo funerale, ma sono troppo stanco per muovermi dal nostro letto. Spero solo di raggiungerti presto amore mio.

 

Naruto e Sasuke vi ringrazio infinitamente per la vita meravigliosa che mi avete dato.
Ho badato a seppellirvi insieme, così che potreste condividere anche i piaceri della morte.
Siete stati i migliori genitori che potevo mai chiedere di avere; Sasuke ho deciso di portar avanti la tua mania per i garofani, ogni settimana provvedo affinché siano cambiati.
Uno rosso ed uno bianco. Solo ora ne comprendo il significato.
Mai avrei pensato che fossi così romantico, ti voglio bene papà.
Custodirò questo diario e lo passerò alla piccola Mikoto, la figlia di Yuri.
Vi amo tanto. Mi mancate tantissimo.
Un bacio, la vostra Yumi.

 
 
Garofano = simbolo di virtù, nobiltà e dignità.
Garofano giallo = indecisione ed incertezza nei propri sentimenti in una scelta particolarmente impegnativa.
Garofano rosa = messaggero di pensieri teneri ed affettuosi.
Garofano rosso = amore ardente e passionale, ma anche lutto (per questa ragione la donna lo espone).
Garofano bianco = proclamazione di fedeltà eterna.

 
 

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Sinceramente non so come sia potuta venirmi in mente una storia del genere.
Navigavo su internet in cerca di qualcosa che potesse lenire l’ignoranza legata ai fiori e ho letto i loro significati: personalmente ho sempre amato il biancospino ed il glicine.
Il garofano non mi piace molto come fiore, ma i significati legati a quel fiore sono davvero splendidi.
Spero vivamente che la storia vi sia piaciuta e grazie per averla letta. :)
°non mi dispiacerebbe se ci fosse un fiore con il significato di “sei un’idiota”, lo regalerei ad un mucchio di persone° 
   
 
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