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Autore: KcherryB    29/04/2013    4 recensioni
Questa ff è il seguito di "Noi siamo per sempre..." .
Non ho idea di come proseguirà, di quanti capitoli avrà... so solo che dovevo scriverla...
E poi... Kate it's ready ....
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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WUTHERING HEIGHTS

 

  

 
 
 
Sei pronta?” le chiese Castle, prendendola per mano.
Kate prese un bel respiro profondo, trovando il coraggio nei profondi occhi blu del marito ed annuì.
“Ok, andiamo..” disse lo scrittore, spingendo la porta d’entrata dell’Old Haunt.
Era passata una settimana da quando avevano ricevuto la notizia della morte della madre della piccola Jasmine.
Avevano parlato l’intera notte su tutti i pro e contro di avere una bambina, per essere sicuri al duecento per cento di quello che stavano per fare.
Ed ogni contro che trovavano riuscivano sempre a cancellarlo con almeno tre pro.
Avevano chiamato il medico che seguiva Jasmine, che si era subito messo in contatto con l’ambasciata e grazie anche ai contatti di Castle erano riusciti a farsi accordare l’affidamento della bambina.
I servizi sociali li avrebbero monitorati per un anno, dopo il quale se tutto fosse andato bene, avrebbero potuto adottare ufficialmente Jasmine.
Entrambi erano convinti di avere tanto tempo per organizzarsi, per digerire la cosa, per parlarne con amici e familiari. Le adozioni sono lunghe, specialmente quelle internazionali, ma il medico, il dr. Jefferson, li aveva chiamati quella mattina, informandoli che i documenti erano stati spediti due giorni prima e che loro non dovevano far altro che firmarli ed inviarli all’ambasciata.
La piccola Jasmine sarebbe stata accompagnata in America da una dottoressa che tornava a casa dopo un anno di missione in Uganda e che loro dovevano presentarsi all’aeroporto il 2 giugno, esattamente due settimane dopo.
I servizi sociali sarebbero venuti a controllare la bambina una volta a settimana per il primo mese e poi una volta al mese, per tutto il seguente anno.
Erano felicissimi di poter stringere così presto la piccola Jasmine, ma erano allo stesso tempo letteralmente terrorizzati. Specialmente Kate.
Castle aveva già avuto Alexis, aveva esperienza con pannolini, pappette, ciucci e poi con i capricci e le crisi adolescenziali.. Kate no.
Quando il dr. Jefferson aveva chiamato aveva avuto una crisi di panico.
Chi era lei?
Una donna a cui era stata uccisa la madre quando lei era appena diciannovenne, che era diventata un detective della omicidi con orari impossibili.
Le uniche esperienze che aveva avuto con i bambini erano state quelle da ragazza, quando andava a fare da babysitter al figlio dei loro vicini. E quei bambini avevano già cinque anni!
Una neonata.. così piccola, fragile, che dipende completamente da te. Aveva paura di romperla. Una paura matta.
Lei era così … sbagliata, come le era venuto in mente di adottare una bambina? Come le era venuto in mente di diventare madre?
Castle se n’era accorto immediatamente. L’aveva stretta forte tra le sue braccia finchè Kate aveva smesso di tremare.
“Andrà tutto bene Kate ok?”
“Ma..”
“No, niente ma amore.. Faremo un passettino alla volta ok?”
“Ok..” aveva mormorato, ringraziando ancora una volta il cielo per quell’uomo meraviglioso che le stava accanto.
Così avevano deciso che era il momento di dirlo agli altri.
Ad Alexis , Martha e Jim, ma anche a Ryan ed Esposito, ed ovviamente anche a Lanie, Jenny e la Gates.
Così li avevano invitati tutti all’Old Haunt, per una serata tra amici.
Kate era nervosissima: come avrebbero reagito? Come avrebbe reagito suo padre? Come avrebbe reagito Martha? E soprattutto come avrebbe reagito Alexis?
Erano tutti seduti ad un tavolo appartato, in fondo al locale.
Stavano ridendo perché il figlio di Ryan, Robin, si era appeso al naso di Esposito e non aveva intenzione di mollarlo.
“Ehi ragazzi!” salutarono avvicinandosi.
“Castle, Beckett, finalmente!” esclamò Lanie, “Qui stiamo tutti morendo di fame!” aggiunse Martha, mentre Alexis ed i bro annuivano convinti.
“Robin, tesoro, ora dovresti proprio lasciare il naso dello zio Esposito..” disse Jenny, rimproverando dolcemente il figlio.
“Ok mamma.. cusami tato tio esposito …” disse il piccolino, mollando la presa.
Esposito si massaggiò il naso rosso : “Tranquillo piccolino, è tutto apposto..” lo rassicurò.
“Allora Kate come stai? E’ da più di una settimana che non vieni a trovarci giù al distretto!” disse Ryan, porgendo alla coppia due bottiglie di birra.
“E non sei passata nemmeno all’obitorio!” precisò Lanie, scrutando attentamente l’amica.
Kate non riusciva a stare ferma, si torceva le mani nervosamente e agitava le gambe sotto il tavolo.
Ed aveva la nausea.
Afferrò la bottiglia di birra e bevve un lungo sorso, cercando di calmarsi.
“H-ho..” aveva la gola secca “… ho avuto da fare..”.
Ma poi perché era così nervosa? Quella era la sua famiglia!
Forse perchè temeva la reazione di Alexis .. quella ragazza era come una figlia per lei, e non voleva che il loro meraviglioso rapporto si rovinasse.
Magari perché aveva paura le dicessero che lei non era capace di essere una buona madre, che non poteva adottare Jasmine ..
O era quello che lei voleva le dicessero??!
“Calmati..” le sussurrò Castle, mentre le lasciava un bacio tra i capelli.
“Mm.. e cosa hai avuto da fare?” incalzò Lanie, lanciandole un’occhiata maliziosa.
Kate la fulminò, mentre la nausea si era trasformata in crampi allo stomaco, come le succedeva sempre quando era nervosa.
Come faceva a dirglielo?
Esposito notò l’occhiata assassina che la detective aveva rivolto alla sua migliore amica e decise che era il momento di intervenire.
“C’è stato un omicidio sulla 76th oggi.. un uomo sulla cinquantina.. l’hanno appeso ad un palo a testa in giù ed…”
“indossava solo i boxer …” concluse Ryan.
“E dovevate vedere che succhiot…” un’occhiata assassina da parte di Ryan e Jenny zittì Esposito.
Il piccolo Robin guardò incuriosito il detective: “Che cot’è un tucchiotto tio Javi?” chiese innocentemente il bambino, smettendo di giocare con la sua macchinina e fissando intensamente Esposito.
“Ehm .. ecco..” balbettò Esposito, allentandosi il colletto.
“Sì, zio Javi, cos’è un succhiotto??” chiese Lanie, ridendo.
“E’.. un … ecco.. un ..”, balbettò il detective, deglutendo vistosamente.
All’improvviso Kate si alzò dal tavolo e si diresse verso il  bagno a grandi passi.
Dopo un paio di secondi di sorpresa Castle si alzò e le corse dietro.
Ma cosa le prendeva?
“Kate? Kate stai bene?” le chiese entrando nel bagno delle signore, pregando che non ci fossero altre donne all’infuori della detective all’interno.
“Sì, sì sto bene.. dammi solo un secondo Castle..” biascicò la detective da dietro una porta.
Dopo pochi secondi uscì, asciugandosi le lacrime con un fazzolettino.
Castle fu immediatamente di fronte a lei: “Ehi, ehi.. è tutto apposto.. sono la nostra famiglia, saranno felicissimi per noi!” la rassicurò.
“Lo so, non è questo .. ho paura di sbagliare tutto .. voglio essere una brava madre per Jasmine.. voglio leggerle le favole della buona notte, prepararle i pancakes per colazione, aiutarla con i compiti, pettinarle i capelli .. ma ho paura che a causa del mio lavoro non potrò farlo ..”
“Kate, Kate respira! Non ce ne dobbiamo preoccupare ancora per due anni, finchè tu non ritornerai al distretto a tempo pieno. E non sei la prima donna poliziotto con figli. Basterà non fare straordinari, come ogni altro detective andrai al distretto alle nove e tornerai alle cinque. Andrà tutto bene, vedrai..”
“Me lo prometti?” sussurrò la detective.
“Te lo prometto ..” rispose, baciandola dolcemente sulle labbra.
Kate espirò rumorosamente: “Ok, torniamo di là e diciamoglielo..”.
Uscirono dal bagno mano nella mano, dirigendosi verso il tavolo dove i loro amici li aspettavano preoccupati.
“Ehi tutto bene??” chiese Alexis preoccupata.
Kate annuì, sorridendole.
Poi si voltò verso Castle, cercando coraggio nei suoi occhi blu.
E come sempre lo trovò.
“Dobbiamo dirvi una cosa..” incominciò Beckett, stringendo forte la mano del marito.
“Abbiamo adottato una bambina ugandese, Jasmine, arriverà qui a New York il 2 giugno..” dissero insieme, trattenendo poi il respiro, in attesa delle reazioni degli altri.
Ci furono dei secondi di silenzio scioccato, poi Alexis cacciò un gridolino di felicità e corse ad abbracciare il padre e Kate.
“Oh avrò una sorellina!!” esclamò, con le lacrime agli occhi.
All’abbraccio si unì anche Martha: “Avrò un’altra nipotina!! Jasmine? Oh che bel nome!!”.
“Avete una foto?” domandò Jenny, sorridendo radiosa, mentre il piccolo Robin batteva le manine gridando: “Jamine!! Jamine!!” “Quanto tempo ha??” chiese eccitata Lanie, stringendo forte Beckett.
Victoria Gates abbracciò forte Beckett, quella donna meravigliosa che ammirava tanto, congratulandosi.
Ryan ed Esposito avevano un sorriso enorme stampato sul volto, mentre si congratulavano con Castle e cercarono di nascondere le lacrime dicendo di essere stati entrambi colpiti da un improvviso attacco di allergia.
Jim Beckett rimase in disparte, finchè tutti gli altri si allontanarono da Beckett per congratularsi anche con Castle.
Si avvicinò alla figlia: si guardarono negli occhi, verde nel verde, per alcuni momenti.
Poi con un singhiozzo la strinse forte al petto, come quando era bambina.
Jim Beckett scoppiò in lacrime, quelle lacrime che volevano uscire dalla morte della moglie, ma che erano sempre state chiuse a doppia mandata nel suo cuore. Lacrime di dolore mischiate a quelle di felicità ed orgoglio.
“Shh papà, va tutto bene..” sussurrò Beckett, nascondendo la sua testa nell’incavo della clavicola del padre.
“Sì, va tutto bene piccola … è tutto perfetto … sarai una mamma stupenda!! Johanna sarebbe così orgogliosa di te..” mormorò, abbracciando forte la figlia.
 
Kate si infilò sotto le coperte, assonnata.
Avevano festeggiato all’Old Haunt fino a mezzanotte: era stato bello. Tutti erano così entusiasti, suo padre, i bro, la Gates, Lanie e Jenny, Martha ed Alexis.
Le avevano fatto mille domande, su Jasmine, su come l’avevano conosciuta, su cosa fosse accaduto …
Era andata bene, nessuno era arrabbiato, proprio come le aveva detto Castle.
Perché aveva ancora quel peso sullo stomaco?
E quella stretta al cuore?
In fondo all’anima lo sapeva. Sapeva cosa le mancava.
Le poche volte che da ragazzina aveva immaginato di avere figli, il suo sogno comprendeva sempre sua madre.
Johanna sarebbe stata felicissima di scoprire di stare per diventare nonna, l’avrebbe aiutata a dipingere la cameretta, avrebbe tenuto la piccola per lasciare a lei e Rick modo di stare un po’ da soli, sarebbe andata a prenderla all’asilo e poi alle scuole materne …
Ma tutto quello non sarebbe mai potuto accadere.
Perché sua madre era morta. Uccisa a coltellate in un vicolo. Troppo presto. Così ingiustamente.
Non avrebbe mai conosciuto la piccola Jasmine. Non avrebbe mai potuto vedere Kate diventare madre.
Oh le mancava così tanto.
Più la sua vita andava avanti, più lei era felice con Castle, più sentiva la mancanza della madre.
Come nel giorno delle sue nozze.
Se l’era sempre immaginata in prima fila, con un grande cappellino giallo sulla testa ed un fazzolettino tra le mani, con gli occhi arrossati dalle lacrime ed un ampio sorriso sul volto.
Ma Johanna non era lì quel giorno.
Non sarebbe stata lì quando Jasmine fosse arrivata. Né quando le fosse spuntato il primo dentino.
E nemmeno quando fosse cresciuta e si sarebbe innamorata.
Non era potuta esserci nemmeno quando era successo a Kate.
Beckett strinse forte il cuscino di Castle al petto, inspirando il suo profumo, mentre aspettava che il marito uscisse dal bagno e venisse a letto con lei.
Voleva sua madre, la voleva al suo fianco ora più che mai.
Sentiva la sua presenza accanto a lei, ma avrebbe voluto abbracciarla e vedere il suo bellissimo viso sorridere ancora una volta.
“Mi hai rubato il cuscino..” constatò Castle infilandosi sotto le coperte.
“Mm – mm..” mugugnò Beckett, restituendoglielo.
Castle la strinse a sé, facendo aderire la schiena di Beckett contro il suo petto.
“Ti manca vero?” sussurrò contro i suoi capelli.
Come aveva fatto? Le leggeva il pensiero?
“Sì, tanto ..” rispose Kate, sentendo una lacrima scivolarle calda lungo la guancia.
Da quand’è che era diventata così emotiva? Era la maternità?
“Vorrei che fosse qui .. per conoscerti, sareste andati molto d’accordo e vi sareste alleati contro di me..” Kate rise, al pensiero.
“Vorrei fosse qui per vedere quanto mi fai felice, vorrei fosse qui per conoscere Jasmine, per aiutarmi, per ascoltarmi e rassicurarmi. Avremmo fatto lunghe passeggiate al parco, spingendo la carrozzina di Jasmine, mentre lei mi rassicurava che se per sbaglio avevo fatto sbattere la testa della bambina contro lo stipite di una porta mentre avevo le braccia cariche di biberon e pannolini, non le avevo causato un danno grave, che lei me l’aveva fatta sbattere tante volte ed io sono cresciuta benissimo . Vorrei fosse qui per aiutarmi quando la piccola avrà le coliche e piangerà ed io andrò nel panico. Vorrei fosse qui per vederti giocare con Jasmine e leggerle le storie della buona notte. Se fosse viva si sarebbe sicuramente unita a voi per giocare a laser tag ed io sarei impazzita tornando dal lavoro e trovando il loft sottosopra e la piccola Jasmine appesa a testa ingiù sul soffitto, con la faccia dipinta da indiano con il mio rossetto rosso, mentre urla: “Oh oh oh oh sono tarzaaaaaaaaaaaaaaan”.
Vorrei .. vorrei che quel maledetto 9 gennaio non fosse mai esistito, che lei fosse ancora qui, accanto a me .
Mi manca .. tantissimo ..” mormorò Beckett, in lacrime.
Castle la obbligò a girarsi verso di lui per baciarla.
Kate adorava quella posizione, come se niente potesse ferirla, quelle braccia forti non l’avrebbero mai lasciata cadere. Mai.
Incastrò la testa nell’incavo della clavicola, che sembrava disegnato apposta per lei.
Amava quell’uomo . Dio come lo amava!
“Però so che è sempre qui accanto a me, anche se non la vedo ..” disse, stringendosi forte al marito.
“E non ti lascerà mai ..” mormorò Castle, intrecciando le loro mani.
Si sentiva così completo con Kate vicino. Quando il prete li aveva sposati aveva detto “finchè morte non vi separi”, ma lui sapeva che le persone che si amano come si amavano lui e Beckett non possono venire divise nemmeno dalla morte.
“Promettimi che non mi lascerai mai ..” supplicò la detective.
“Te lo prometto .. Non potrei mai .. ‘Non posso vivere senza la mia vita .. non posso vivere senza l’anima mia!’” le giurò, citando Heathcliff di Wuthering Heights.
Se tutti quanti morissero, e non restasse che lui, io continuerei ad esistere; se tutti gli altri restassero in vita, e lui venisse annientato, l’universo mi diventerebbe completamente estraneo: non me ne sentirei più parte” disse Kate, prendendo le parole pronunciate da Catherine.
Odiava Wuthering Heights, un libro così tragico e triste .. ed odiava i personaggi di Catherine ed Heathcliff, presi singolarmente. Erano totalmente sbagliati. Egoisti, violenti, capricciosi. Non era mai riuscita a trovargli nemmeno una qualità positiva.
Ma insieme .. oh loro insieme erano una cosa meravigliosa. O meglio, sarebbero potuti essere meravigliosi.
Perchè Catherine, la causa della loro fine, scegliendo Linton, a causa del suo egoismo si era uccisa ed aveva ucciso anche Heathcliff.
Ora mi fai capire quanto sei stata crudele, crudele e falsa. Perché mi hai trattato con disprezzo? Perché hai tradito il tuo stesso cuore, Cathy? Non ho nessuna parola di conforto per te. Te lo se meritato. Ti sei uccisa da sola. Tu mi amavi, e allora che diritto avevi di lasciarmi? Perché non avrebbero potuto separarci né la miseria, né l’umiliazione, né la morte, né nessun’altra cosa che Dio o Satana avrebbero potuto infliggerci, niente: sei stata tu, di tua volontà, a farlo. Non sono stato io a spezzarti il cuore, l’hai spezzato tu; e insieme al tuo, hai spezzando anche il mio. Peggio per me, che sono forte. Se voglio vivere? Che vita sarebbe, quando tu .. oh Dio! Piacerebbe, a te, vivere quando la tua anima è chiusa in una tomba?”.
Così scriveva Emily Bronte.
E per quanto Wuthering Heights fosse un libro che aveva sempre profondamente detestato, Kate ci trovava una verità fondamentale della sua vita.
Lei sarebbe potuta essere Catherine. Era stata Catherine, mentre stava con Demming e Josh.
Aveva rischiato di uccidere Castle e sé stessa.
Per fortuna, per chissà quale miracolo aveva messo da parte il suo egoismo e si era lasciata andare tra le braccia della sua unica e vera anima gemella: Richard Alexander Rodger.
Ed era la scelta migliore che avesse mai fatto in tutta la sua vita!
Ora poteva stare lì, al calduccio sotto le coperte, abbracciata all’uomo che era la sua vita, la sua anima.
“Ti amo Rick, ti amo con tutta me stessa.. Ti amo con il cuore, ti amo con lo stomaco, ti amo con gli occhi, ti amo con le mani, ti amo con i polmoni e con il cervello.. ti amo con tutta la mia anima .. ti amo, ti amo, ti amo..” sussurrò, baciandolo.
“Ti amo Kate.. Always..”.
 
 
Angolo dell’autrice:
Credo che questo sia il capitolo più lungo che abbia mai scritto ..
Non sono madre quindi non ho la più pallida idea di cosa significhi restare incinta o comunque avere un figlio, o adottarne uno .. ma credo che oltre ad essere bellissimo, terrorizzi a morte..
Sapere che una creatura dipende totalmente da te.. bè a me spaventerebbe ..
Così ho pensato di mettere in mostra le paure di Kate . Ci sono riuscita?
Fatemi sapere!
A presto, spero xP
Un bacione
S.
 
  
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