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Autore: cup of tea    29/04/2013    2 recensioni
[Endgame!Klaine]
Blaine Devon Anderson, promettente neolaureato in medicina, ha di fronte a sé una brillante carriera ma si è sempre sentito una persona particolarmente sola. Dopo aver incontrato quello che sente essere l’amore della sua vita, scopre che strane circostanze e inquietanti personaggi armati di agende e cappelli eleganti tramano per tenerlo lontano da Kurt e impedire il loro rapporto.
Cosa devi fare quando il destino ti è contro?
FF liberamente tratta dal film "I Guardiani del Destino" (The Adjustment Bureau) basato a sua volta su un racconto di Philip K. Dick, "Squadra riparazioni".
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WHY DO WE FALL IN LOVE SO EASY, EVEN WHEN IT’S NOT RIGHT?
Capitolo 3

 
 
 
Uscito dall’ospedale, Blaine salì sul taxi che aveva chiamato perché lo portasse al campus dell’università, dove si era dato appuntamento con Sam per pranzare insieme.

Era solo mezzogiorno e mezzo, ma si sentiva come se fosse stato ininterrottamente sveglio per giorni; non era sicuro che sarebbe riuscito a prendere i mezzi pubblici e arrivare sano e salvo a destinazione, senza crollare a metà strada. Non ora che gli tremavano ancora le gambe per gli strambi e spaventosi avvenimenti di quella mattina.

Non poteva parlarne con nessuno, se lo ricordava bene, eppure aveva una disperata esigenza di farlo. Era pazzo? Si era immaginato tutto? No, non poteva essere tutto solo nella sua testa, perché altrimenti avrebbe ancora avuto il foglietto per ritrovare Kurt. Invece era stato ridotto in cenere in quel dannato parcheggio. Certo, a meno che anche Kurt fosse stato solo un’invenzione della sua mente e del suo cuore bisognoso di condividere la vita con qualcuno. Ma Sam li aveva visti in quel bagno, giusto? Perciò Kurt doveva essere reale. Proprio come quel ragazzo col borsalino, o il donnone i cui modi di dire sarebbero stati davvero comici se non fosse stato per l’assurdità degli avvenimenti, e anche la loro squadra di… Guardiani? E’ così che si erano definiti? Sarebbe stato meglio BruciaCervelli, o qualcosa di ancora più macabro.

Mentre osservava dal finestrino gli ingenui abitanti di New York, si appuntò nella mente di seguire l’avvertimento minaccioso della Beiste – il nome è tutto un programma! – e decise che, quali che fossero le sue angosce, non ne avrebbe fatto parola né con Sam, né con nessun altro. A pranzo, avrebbe mantenuto la conversazione su un livello molto più superficiale e si sarebbe concentrato sulla narrazione del suo incontro con Schuester.

Sì, è l’unico modo.

Arrivato all’ingresso del campus, trovò Sam già lì ad aspettarlo. Lo stava salutando con un sorriso disegnato dalle sue enormi labbra, ma neanche il calore amico che emanavano poteva dissipare l’inquietudine che sentiva dentro di sé. Anzi, il fatto che Blaine non riuscisse a rispondere con un sorriso altrettanto sereno era un problema, e Sam se ne sarebbe di certo accorto.
Si sforzò di piegare all’insù gli angoli della bocca, anche aiutato dalla parola “Ciao”.
Forse bastò quello a non destare sospetti, perché Sam aveva risposto con entusiasmo per poi iniziare a parlare della biondina con cui stava uscendo da un po’ di tempo, e si stava incamminando verso il bar dove avrebbero pranzato. Blaine lo affiancò e ascoltò in silenzio aneddoti su di lei e la sua gatta, Lady Wilelmina. Possibile che Sam si innamorasse sempre dello stesso tipo di ragazza? Da come la descriveva assomigliava molto a Brittany, il suo amore dell’ultimo anno di liceo. Blaine ovviamente non l’aveva mai conosciuta, ma Sam gliene aveva parlato molto, insistendo soprattutto sul fatto che nonostante fosse stata lei a lasciarlo per una ragazza (sì, una ragazza!) non riusciva ad avercela con lei, perché Brittany non conosceva l’odio e di certo non era stata sua intenzione fargli del male - così diceva lui. Sapendo molte cose su di lei, quindi, gli fu facile notare dei punti in comune tra lei e questa nuova biondina. Doveva essere proprio simpatica, pensò, mentre Sam parlava della loro passione comune per i quadri con la pasta e sperò che questa volta andasse meglio per il suo amico.

Si sedettero a un tavolino dopo aver ordinato e ricevuto i loro panini.  Sam aveva una luce negli occhi che Blaine non gli aveva mai visto. Diceva che aveva finalmente trovato la ragazza per lui, quella che era capace di capirlo e che non si sforzava di seguire i suoi deliranti ragionamenti quando partiva per la tangente, perché la verità era che lei viaggiava esattamente sulla stessa lunghezza d’onda. Solo Brittany c’era riuscita, prima di lei. Cosette, quello era il suo nome, non era neanche lontanamente bi-curiosa e adorava perfino le sue imitazioni.

“Le adoro anche io!” disse Blaine, con una punta di gelosia. Sam era uno dei pochi amici che aveva, e sentì all’improvviso una vocina malvagia, da qualche parte nella sua testa, che gli diceva che per quanto Cosette potesse essere deliziosa, glielo avrebbe portato via. Ma forse era solo perché la giornata era partita male e lui vedeva tutto nero.

“Lo so, amico. Ma sai, lei mi ha preso sul serio quando ho detto che il mio nome da spogliarellista era Cioccolato Bianco e quello da supereroe è Camaleonte Biondo. Capisci? A proposito, le piace anche il tuo, Nightbird, anche se non capisce se nasconde un doppio senso velato.“ Disse, sporgendosi con fare cospiratorio verso Blaine, seduto di fronte a lui.

“Certo, capisco…” rispose lui, incrociando le braccia e sforzandosi di essere meno scontroso, sebbene il fatto che l’avesse messa al corrente dei loro nomi da supereroi gli disse alquanto fastidio. La BLAM funzionava perché quelle erano identità segrete!

”Ehi Blaine, cos’è quella faccia? Oggi al telefono eri così contento! Non hai rivisto quel ragazzo? Perché non stai saltando dalla gioia?”
Perché un branco di malati di mente mi ha minacciato di non cercarlo più, o mi inceneriranno la memoria.

“Io ho… ho perso il suo numero. N-non lo rivedrò mai più.” Sentì le lacrime pungergli gli occhi.

“Oh. Mi dispiace, B. Davvero.” E calò un pensante silenzio riempito solo dal rumore dei panini addentati e dell’acqua versata nei bicchieri di plastica. Se non si teneva conto del vociare del resto dei clienti del bar e della radio che suonava in sottofondo, ovviamente.

“Raccontami del tuo colloquio!” Esclamò Sam, con l’entusiasmo di chi ha trovato finalmente qualcosa con cui cambiare discorso.

“Dunque…” cominciò Blaine, e si passò il tovagliolo sulla bocca per prendere tempo. Doveva stare molto attento a ciò che poteva o non poteva dire.

“Sono arrivato nel Reparto Ustionati, dove si trova l’ufficio di Schuester. Lui mi ha fatto accomodare mi ha fatto qualche domanda di routine… ha guardato il mio curriculum, ha preso qualche appunto… e mi ha detto che il periodo di prova è stato allungato a due mesi invece che uno.” E scommetto che c’è lo zampino di quei BruciaCervelli. Mi chiedo solo cosa ci guadagnino. “E così prima di cominciare a lavorare seriamente sarò costretto a scrivere ricette e fare noiosissime attività ambulatoriali. Scommetto che Schuester mi passerà tutti i casi che non vorrà abbassarsi ad affrontare. Comincio domani, comunque. Ora devo solo trovare il modo di dire ai miei che il loro figlio prodigio non è poi tanto migliore degli altri ragazzi della sua età.”

“Cavoli, amico. Non è proprio la tua giornata.”

“Non sai quanto hai ragione.”

***


Rimasto da solo al tavolo, una volta che Sam lo ebbe salutato per tornare al campus e quindi a lezione, Blaine prese una grande decisione. Perché avrebbe dovuto avere paura di quegli energumeni? Ci mancavano solo degli emeriti sconosciuti a dirgli come vivere la sua vita. Voleva rivedere Kurt? Certamente, e più di qualsiasi altra cosa. E allora avrebbe trovato il modo.
Tirò fuori dalla borsa un foglio da un blocco notes e una penna – la stessa penna che aveva usato Kurt. Si fermò ad ammirarla.

Patetico. Comincia a metterti a pensare.

E scarabocchiò.

Kurt

34 73 655?

34 37  566…(656?)

43 73…?

Lavanderia “Bolle di sapone”? “Gocce di sapone”? “Acqua e sapone”?

Setaccerò ogni lavanderia, se necessario.

E uscì dal bar, più determinato che mai.
Passò il pomeriggio salendo e scendendo da autobus di linee diverse, entrando e uscendo dalle lavanderie di ogni parte della città, compresi i lavasecco e quelle all’interno dei centri commerciali. Spuntò da un elenco che si era preparato quelle che aveva già visitato senza successo. Aveva perfino chiesto ai proprietari di ciascuna se avessero visto un ragazzo alto, pallido, curato e ben vestito, ma nessuno di loro gli diede speranza. 
Continuò così per giorni, uscendo il prima possibile dall’ospedale per continuare la sua ricerca.
Ma dopo due settimane, ancora nessun risultato. Kurt sembrava come scomparso nel nulla.
A quel punto, un pensiero si era infiltrato nella sua mente: e se l’Adjustment Bureau - invece di cancellargli la memoria come avevano minacciato di fare - avesse cambiato le idee a Kurt? Se l’avessero paralizzato come con Schuester e lo avessero lobotomizzato con quell’aggeggio infernale? Inorridì al solo pensiero. Non se lo sarebbe mai perdonato, perché sarebbe stata colpa sua. Forse doveva gettare la spugna.

Perché ci si innamora così facilmente, se poi non è giusto?
 
Quel giorno, a tarda sera, aveva cominciato a piovere, e così, sconsolato, Blaine tornò al suo appartamento, senza che il suo cervello gli desse tregua.

Nonostante il fatto che si rendesse conto che, se fosse davvero successo qualcosa a Kurt, lui ne sarebbe stato responsabile, continuava a pensare e rimuginare e riflettere e ripercorrere mentalmente il tragitto che aveva percorso durante quella prima giornata in cui si erano incontrati. Cercò anche di ricostruire la mappa della città e delle linee degli autobus, cercando di capire in quale zona potesse abitare Kurt. Se era fortunato, non abitavano poi così distanti l’uno dall’altro, considerato che quella mattina si erano incontrati sullo stesso mezzo. Se invece era sfortunato - e temeva fosse proprio così - Kurt abitava dall’altra parte della città, e quell’autobus era solo uno della lunga serie di mezzi pubblici che doveva prendere per raggiungere Manhattan. Le rotelline continuavano a girare incessantemente, al punto che desiderava che un po’ del gel che gli intrappolava i capelli penetrasse nella cute e raggiungesse quei meccanismi e li incollasse. Almeno così avrebbe avuto un po’ di pace e si sarebbe potuto concedere il riposo di cui aveva bisogno.

Girò la chiave nella porta ed entrò nel bell’appartamento pagato dai suoi genitori come regalo di laurea. Giurò a sé stesso che appena ne avesse avuto le possibilità l’avrebbe rivenduto e se ne sarebbe comprato uno davvero suo.

“Non riuscirai a ricordarti il numero.”

Blaine alzò la testa, sentendo una voce parlare con lui. Nel buio, afferrò il vaso di ceramica appoggiato sul tavolino dell’ingresso. Era l’unica arma di difesa disponibile.

“Chi va là?!” Disse, cercando di sembrare il più sicuro possibile. “Ho un vaso che potrebbe spaccarti la testa.” Ma l’Upper West Side non doveva essere una delle parti più “in” di New York? Pensavo fossero altre le zone pericolose… Tastò la parete con la mano libera, finché non raggiunse l’interruttore della luce e lo pigiò.

 E poi realizzò.

“TU! Tu sei uno di quegli squilibrati di quella mattina!”Era il ragazzo più giovane, quello che lo aveva sedato. Solo, non indossava il bel completo elegante della prima volta che l’aveva visto, ma una giacca di pelle, dei pantaloni color verde militare e degli anfibi. Non indossava il borsalino con la stessa eleganza di quella volta: al contrario, il cappello era scivolato all’indietro e lasciava intravedere una cresta di capelli scuri su una testa rasata. Con un’aria da  strafottente incallito, stava comodamente seduto sul suo divano ancora ricoperto di cellophane. Se si fosse mosso velocemente, pensò Blaine, magari sarebbe riuscito a colpirlo con il vaso.

“Ehi! Non fare così! Sono qui in veste amichevole.”

Blaine non riusciva a credere alle proprie orecchie, né tanto meno a rilassare la presa e riappoggiare il vaso al suo posto.
“Sono intenzionato a ritrovarlo. Non mi importa di cosa mi farete.”

“La realtà come la conoscevi è stata completamente stravolta, e tu pensi a un uomo? Anche se riuscissi a ricordarti il numero, può sempre succedere qualcosa. Cellulare rotto, nuovo numero… e se anche dovessi riuscire a rincontrarlo per puro caso, potrebbe sempre accadere un imprevisto, un incidente… qualsiasi cosa per fermare l’Effetto Onda. Mi chiamo Puckerman, a proposito. Puck, se preferisci.”

“No, ci risiamo con i vostri discorsi senza senso… Effetto Onda? Andiamo… voi avete bisogno di bravo psichiatra, questa è la verità. Ora se ne vada, o chiamo la polizia.”

“Non credo sia una buona idea.” Si alzò e si avvicinò a Blaine, che stava ancora vicino alla porta. “In ogni caso,” riprese, “se vuoi delle risposte e dare un “senso” a quello che tu credi sia solo frutto della nostra presunta pazzia, raggiungimi a questo indirizzo, domani alle sedici.” E gli allungò un biglietto. Per la prima volta da quando era entrato, Blaine staccò gli occhi sospettosi da quell’uomo e li abbassò sul foglietto di carta.

Brooklyn Bridge

Ingresso al sentiero pedonale, lato di Manhattan

 
“Dovresti liberare quel divano dal cellophane, sarebbe nettamente più comodo.” Lo sentì dire.
“Aspetta, perché vuoi aiutarmi?” Disse Blaine, alzando lo sguardo verso Puck, ma lui non c’era più.
 

***

 
Il giorno dopo, Blaine uscì dall’ospedale in fretta e furia e si recò al luogo dell’appuntamento, ma apparentemente non c’era traccia di Puckerman.

“Sei Blaine Anderson?”

Blaine si girò verso la voce. Era il grasso e unto proprietario del carretto ambulante degli Hot Dog parcheggiato su quel lato della strada.

“Sì?” rispose titubante.

“Ti ho riconosciuto dal gel e dal papillon. Il tuo amico aveva ragione riguardo alla sua aria da damerino.” Ridacchiò inopportunamente, provocando a Blaine un senso di disgusto sulla lingua.

“Il mio amico?”

“Sì, quello che dovevi incontrare qui…” Rispose quello, grattandosi la pancia. “Ha detto di raggiungerlo sul traghetto delle sedici e trenta.”

“Ok, la ringrazio per la sua cortesia.” E accennò ad andarsene.

“Ehi aspetta, damerino! Quale cortesia?! Ora tu devi comprare uno dei miei hot dog!” 
Blaine ci pensò un po’ su e poi di controvoglia lo accontentò. Gemette quando la salsa di senape appena spalmata sul wurstel  scivolò sulle dita già sporche di quell’uomo che se le leccò senza riguardi per poi passargli il suo panino.
Pagò e fuggì.

***

Possibile che non ci sia un cestino neanche a piangere? Pensò, mentre saliva sul traghetto.

“Oh, che tenero! Mi hai comprato un hot dog!” Puck era comparso alle sue spalle e gli stava strappando il panino dalle mani.

“No! Aspetta! Non…” Provò a metterlo in guardia sulle scarse norme igieniche del carretto che glielo aveva venduto, ma era troppo tardi. Puck lo stava già divorando.

Oh, e chissenefrega. Infondo questo ragazzo se ne va in giro a bruciare i cervelli delle persone. Un mal di stomaco non gli farà male.

Si sedettero su due sedili su un lato del traghetto e aspettarono in silenzio che Puck finisse di fagocitare la sua merenda e che il traghetto partisse.

“Risponderò alle tue domande finchè posso.” Disse poi Puck.

“Ok… ehm. Che cosa avete fatto a Schuester?”

“Abbiamo modificato le sue idee riguardo al tuo periodo di prova.”

“Perché?”

“Questo non ti riguarda.”

“Non mi riguarda?! Voi! Voi paralizzate le persone, fate il lavaggio del cervello perché funzioni come volete voi! Siamo… i vostri
burattini?!” Ora Blaine sentiva che tutta la rabbia che aveva represso in quelle settimane sarebbe esplosa da un momento all’altro.

“Noi facciamo solo in modo che voi seguiate i percorsi pensati per voi dal Presidente.” Puck invece era calmo come l’acqua su cui stavano navigando.

“Il Presidente?”

“Noi lo chiamiamo così… voi utilizzate diversi altri nomi.”

No, ti prego.

“Noi percepiamo quando voi state compiendo una scelta. Quando dovete prendere una decisione, vagliate tutte le possibilità e noi ci assicuriamo che prendiate quella che dovete secondo il Piano. Siamo autorizzati a fare solo questo.”

“E ti permettono di dirmi queste cose? Non ci stanno seguendo, adesso?”

“Dobbiamo monitorare il mondointero. Non abbiamo il potere di seguire tutti in ogni istante. E no, in questo momento non sanno che stiamo avendo questa conversazione. C’è qualcosa nell’acqua che non ci fa vedere il vostro Albero delle Decisioni.” Blaine vide Puck fissare le onde oltre la ringhiera.

In effetti, pensò, quello poteva avere senso. La sera prima pioveva, quando si era ritrovato quel ragazzo in casa. L’acqua formava una specie di scudo?

“Tu sei un angelo?” Chiese.

“Qualcuno ci chiama così. Ma andiamo, amico, mi hai visto bene? Puck-zilla non può essere uno di quelli…! Chiamami Guardiano!” E gonfiò i bicipiti con fierezza.

Ok, Kurt è decisamente più angelo di te.

“Perché vuoi aiutarmi?”

“Ho le mie ragioni.”

Blaine annuì. Forse doveva cominciare a fidarsi di lui, se voleva capirci qualcosa. “E perché non posso stare con Kurt?”

“Quello che posso dirti è che, stando alle risorse che hanno usato, per loro è molto importante che voi non stiate insieme.” Fece una pausa, mentre Blaine sprofondava nuovamente nel vortice dei ragionamenti su come ritracciare Kurt.

“Lo cercherai comunque, non è così?” Disse Puck, con una punta di compassione nella voce. Blaine odiava quel tono. “Non puoi trovarlo. Non te lo permetteranno. E anche se non cercassero di fermarti, questa città ha nove milioni di abitanti. Non lo troverai mai. Dimenticalo. La vita continua.“

Non credo proprio.

 






 
La tavola di cup of tea
Ok, ho una confessione da fare… in origine non esisteva nessuna Cosette. Alla prima stesura, Sam era felicemente fidanzato con Brittany, ma per ragioni di trama ho dovuto separarli… E’ stata una scelta ultrasofferta (i BRAM sono il mio guilty pleasure – confessione n2) e niente, volevo solo rendervi partecipi del mio dolore e di quanto mi sono odiata.
Detto ciò, vi passo una tazza di tè e vi saluto <3
A lunedì prossimo
cup of tea

 
   
 
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