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Autore: Cicciopalla    29/04/2013    2 recensioni
Un uomo dal cielo che cerca la sua scatola blu.
Due fratelli che cacciano demoni mentre cercano di scoprire una cura per l’Angelo al loro fianco.
Un dottore che risolve crimini insieme al detective più geniale, finché i crimini non si svelano più di semplici atti umani di violenza.
Tutto inizia a cambiare.
Niente è come sembra.
Moriarty è reale, e ha i suoi piani.
[SUPERWHOLOCK]
Genere: Avventura, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Help is on the way

Il vento era freddo e violento, la pioggia come piccole goccioline di ghiaccio. Non faceva così freddo quando erano ritornati nell'appartamento, ne era sicuro, ma forse era solo la sua immaginazione.

 

Erano tutti silenziosi, le facce erano lugubri. eccetto per quella del Master, che sembrava essere molto più stabile degli altri.

 

Nessuno osò proferire parola quando entrarono nel magazzino vuoto, cercando di fare meno rumore possibile mentre si muovevano nell'edificio abbandonato. Castiel era l'unico capace di muoversi senza far scricchiolare le assi del pavimento sotto il suo peso, ma solamente perché era un angelo. Doveva reprimere la sua Grazia, così Murmur non l'avrebbe percepito. Il suo volto era troppo pallido nell'oscurità e i suoi occhi erano offuscati senza lo splendore della sua Grazia.

 

La presa di Dean attorno al suo fucile era stretta e i suoi occhi guizzarono su Sam, che gli diede un'occhiata interrogatoria di rimando. Sei sicuro che sia una buona idea?, il suo sguardo sembrava chiedere. Certamente non lo era, ma non c'era stato tempo per organizzare un piano migliore.

 

Si vedeva un piccolo bagliore di luce tenue, che li guidò verso il centro della rimanente ala. Tuttavia, non si sentiva niente, e ciò era leggermente preoccupante. 

 

Gli occhi di Eleven erano spalancati mentre esaminava tutto attorno, il verde dei suoi occhi brillava alla luce del suo cacciavite sonico mentre il suo volto era illuminato dal verdastro bagliore vacuo. C'era qualcosa di alieno al riguardo, attorno a lui, e forse in quel momento Dean realizzò che lui non era affatto umano, anche se assomigliava molto ad uno di essi.

 

Dean ci era abituato, a cacciare qualcosa non sapendo cosa aspettarsi, e ovviamente anche Sam e Castiel ci erano abituati. I Signori del Tempo erano un po' tesi ma non quanto il povero John, che aveva paura che il suo migliore amico fosse già morto.

 

Erano più vicini alla luce adesso, il corridoio conduceva in una grande stanza, e Dean si voltò per premere un dito sulle labbra: fate molto silenzio ora. Gli altri annuirono e il Master roteò gli occhi al cielo.

 

Gli occhi di Castiel erano seri quando incontrarono lo sguardo di Dean, e Dean seppe che aveva pensato la stessa cosa: Murmur era un angelo, e l'unica maniera per uccidere realmente un angelo era con un pugnale angelico. Perciò era Castiel che doveva ucciderlo.

 

A Dean non piaceva quell'idea.

 

Non voleva che Cas combattesse contro il duca dell'Inferno, caduto o no, era ancora pericoloso e probabilmente più vecchio e forte di Cas. Ma d'altronde Cas era un soldato, e sapeva come combattere.

 

Quindi, tutto ciò che dovevano fare gli altri era distrarre Murmur.

 

Che, ovviamente, era più facile a dirsi che a farsi. Murmur era sveglio, forse anche più di Sherlock.

 

Dean si premette contro il muro poroso, cercando di rimanere nell'ombra mentre camminava verso la luce.

 

C'erano tante cose che si aspettava di vedere, ma niente di tutto questo.

 

Si era aspettato di vedere Sherlock parlare a Murmur.

 

Si era aspettato di vedere Sherlock ferito.

 

Si era addirittura aspettato di trovare il detective morto sul pavimento.

 

Quello che non si era aspettato, però, era vedere Sherlock Holmes in piedi di fronte due quasi identiche cabine telefoniche blu, un libro nelle sue mani mentre i suoi occhi erano fissi sulla pagina iniziale.

 

Non si era neanche aspettato di sentire due sospiri scioccati alle sue spalle.

 

« La mia TARDIS! » fu quello che disse Eleven, la sua voce un mix di sollievo ed eccitazione, prima di uscire di corsa alla luce.

 

« Dannazione! » imprecò Dean, la sua mano libera si allungò per agguantare Eleven dalla manica del suo tweed, ma era già troppo tardi: erano stati scoperti. Dean era sicuro di aver sentito il Master grugnire. « Buono a sapersi, sei rimasto stupido. » Ten grugnì solamente ma non rispose.

 

« Perché sta correndo verso le cabine blu? » chiese Sam, le sopracciglia corrugate in confusione. « E cos'è una TARDIS? »

 

« TARDIS significa Time And Relative Dimension In Space. » spiegò Ten. « Beeeeh… sono entrambe una sua versione… La più vecchia è la mia, ovviamente. Potresti dire che è la mia… ehm… nave spaziale. »

 

Nave spaziale? Che cazzo…

 

Non c'era ancora nessun segno di Murmur quando Eleven si fermò all'improvviso, incapace di muoversi più avanti. I suoi occhi si spalancarono in sorpresa. Sherlock alzò la testa prima che Eleven potesse dire qualcosa, e i suoi occhi scivolarono sulle figure nell'ombra.

 

Non disse niente.

 

« Sherlock. » La voce di John era fievole e i suoi occhi guizzavano in giro alla ricerca del familiare volto di Moriarty. « Stai bene? » Fece qualche passo avanti verso il detective con cautela.

 

« È tutto una bugia, John. » disse il detective, la sua voce profonda fredda e il suo volto senza espressione. 

 

« Che intendi? » chiese Ten, la faccia preoccupata. « Sherlock, cosa ti ha detto? »

 

Sherlock sospirò profondamente mentre chiudeva il libro. « Io. » disse, la sua voce tesa. « Sono una bugia. Mi ha raccontato quello che Castiel non ha detto. »

 

Immediatamente tutte le teste si voltarono verso Castiel; l'angelo era appoggiato con la schiena al muro, i suoi occhi blu opachi nell'ombra.

 

« Cas? » chiese Sam, il suo sguardo interrogatorio. Lo stomaco di Dean si strinse e i suoi occhi si fecero più piccoli quando un'improvvisa fitta di tradimento lo trafisse. « C'è qualcosa che devi dirci? » abbaiò il cacciatore perché non riuscì a contenersi.

 

Castiel sussultò leggermente alla rabbia nella voce di Dean e i suoi occhi si spalancarono; sembrava un piccolo bambino spaventato dall'ira dei suoi genitori. « No! » disse l'angelo, la sua voce ferma nonostante il linguaggio del corpo fosse tutt'altro che quello di un uomo forte. « Non so cosa Sherlock voglia che io vi dica! » Era quasi disperato e Dean sentì il nodo al suo stomaco allentarsi. Cas avrebbe parlato se avesse saputo qualcosa. Lo avrebbe fatto, dopo tutto quello che era accaduto. Giusto?

 

« L'unica cosa della quale ero al corrente, della quale sono al corrente, è l'anima di Sherlock, e non sarebbe cambiano niente se lui lo avesse saputo o meno. » disse Castiel, la sua voce esortante gli altri a credergli.

 

« Cosa intendi con 'sapevi della sua anima'? » chiese John, i suoi occhi guizzavano avanti e indietro tra il detective immobile e l'angelo nervoso.

 

Castiel si morse il labbro inferiore con frustrazione. Non era quello il momento adatto per spiegare le cose. « La sua anima è… speciale… » Gli occhi di Castiel erano fissi su Sherlock, che incrociò il suo sguardo senza emozione sul volto. « È difficile da spiegare, e non c'è tempo per farlo! Non adesso! »

 

Gli occhi di John si strinsero e il corpo di Castiel si agitò. « Per favore. » disse l'angelo, scegliendo cautamente le parole. « Devi credermi, non avevo intenzione di tenere questo segreto ma non c'è stato tempo per spiegare dell'anima di Sherlock a nessuno di voi, incluso lui. »

 

Era vero; erano successe troppe cose e a mala pena c'era stato il tempo per superarne alcune. Castiel era stato occupato ad occuparsi di Lucifero, e dopo quello aveva dovuto essere attorno a Dean e Sam. Non c'era davvero stato tempo per parlare, non per Castiel, perché era stato o occupato o incosciente. 

 

Quindi, questa volta non è sua la colpa.

 

« Devo concordare. » disse Dean infine e tutte le teste si voltarono verso di lui. « Cosa? » chiese, infastidito dello sguardo sorpreso di tutti. « Siamo stati occupati con altre cose, giusto? Ognuno di noi. »

 

« Ma deve esserci tempo per le cose importanti! » disse John, arrabbiato perché quello riguardava Sherlock, il suo amico. Dean era sicuro che anche lui stesso si sarebbe sentito arrabbiato, se si fosse trattato di qualcosa riguardante Sam o Cas. Ma non lo era. E Dean conosceva Castiel, e sapeva che Castiel gli avrebbe detto qualsiasi cosa sapesse, se rilevante al caso. Perciò doveva aver pensato che era meglio restare in silenzio a proposito dell'anima di Sherlock perché avrebbe causato solamente altro caos non voluto, o forse aveva creduto che non avrebbe fatto nessuna differenza se lo avesse detto o no. O, Dean pensò, non c'era davvero stato tempo per parlarne.

 

Nessuno dei due era capace di esprimere i loro pensieri al riguardo perché all'improvviso una risata riempì l'aria. « Sei così adorabile, Castiel. In effetti, tutti voi lo siete. »

 

Moriarty, adesso meglio conosciuto come Murmur, era al fianco di Sherlock, la sua testa inclinata nella maniera in cui Castiel la inclinava. Gli occhi quasi neri dell'angelo caduto li osservavano con interesse, le sue mani nelle tasche dei pantaloni mentre alzava le spalle, un ghigno sul volto. « Mi spiace interrompere la vostra piccola chiacchierata ma mi sento trascurato. »

 

« Murmur. » La voce di Castiel era grave e profondo e i suoi occhi stretti, il suo corpo si agitò ancora di più, pronto a combattere.

 

Murmur ridacchiò, gli occhi neri non battevano ciglio mentre un sorriso si faceva strada sulle labbra. « Quindi, le voci sono vere: sei davvero cambiato… Come se la passa Lucifero? »

 

Un brivido percorse il corpo di Castiel, a malapena individuabile, ma Dean lo notò comunque. Il malessere era chiaramente visibile nel contorno del corpo di Castiel, ma l'angelo cercò di non darlo a vedere. « Giù nella gabbia, dove appartiene. »

 

Il Master e Ten si scambiarono uno sguardo interrogatorio ma nessuno di loro osò dire niente. Persino il Master era silenzioso.

 

Il sorriso di Murmur crebbe. « Ceeeertooo…. » Si voltò un po' per guardare Eleven, che era fermo a qualche passo da Sherlock e Murmur ed era ancora incapace di muoversi. « Devi aver davvero sentito la mancanza della tua cabina. »

 

Dean era certo di non aver mai visto nessun altro così incazzato come Eleven in quel momento. « Se hai fatto qualcosa - »

 

« Calmati, selvaggio. » Murmur alzò le mani in difesa e roteò gli occhi. « Non ho toccato la tua Signora. »

 

L'angelo caduto si stiracchiò la schiena. Gli occhi di Castiel si strinsero ancora di più, e Dean si domandò cosa Castiel potesse vedere che gli altri non potevano. Ali, fu la prima cosa che venne in mente al cacciatore.

 

« Ma, non adesso. » La mente criminale sorrise e Dean strinse la presa al manico della pistola finché le nocche della sua mano divennero bianche. Sparargli non sarebbe servito a niente, in effetti avrebbe solo ferito il tramite.

 

Dannazione! 

 

Il tramite… Adesso che Dean ci pensava, non significava che c'era un'altra anima nel corpo? Qualche stupido idiota che aveva detto 'sì' senza sapere quale caos l'angelo caduto avrebbe causato con l'aiuto del suo corpo…

 

« Non siamo qui per parlare di meeee, o teeeee… » La testa di Murmur dondolò da parte a parte. « Siamo qui perché è tempo che Sherlock prenda una luuuuuunga ritardata decisione. »

 

Il corpo di John si agitò e fece qualche passo avanti nella luce verso Sherlock. « Sherlock, che intende dire?! »

 

Il dottore militare venne fermato quando Murmur alzò la mano sinistra per fermarlo. « Ah ah! Non abbiamo bisogno di interruzioni. »

 

Dean non poté vedere la faccia di John, perché John gli dava la schiena, ma poté sentire la disperata preghiera nella sua voce mentre parlava ancora. « Sherlock, non osare stare a sentire a qualsiasi cosa stia per dire! »

 

Sherlock era stranamente silenzioso. In effetti, non c'erano emozioni sul suo volto, neanche una contrazione di muscoli. Era semplicemente fermo lì, il libro nelle sue mani, osservando John con i suoi occhi verdi grigiastri blu. Erano troppo pallidi per quel volto, quegli occhi, troppo pallidi per appartenere ad un umano, e un brutto presentimento divagò dentro Dean.

 

Ovviamente.

 

Avrebbero dovuto notarlo.

 

Tutti loro avrebbero dovuto notarlo.

 

Qualcosa riguardo Sherlock che era andata via sin dall'inizio.

 

Qualcosa di tutto quello era andato via sin dall'inizio.

 

Dean abbassò lo sguardo sul libro nelle mani di Sherlock, e nella tenue luce riuscì a leggere il titolo: Sherlock Holmes.

 

Anche Sam l'aveva notato, i suoi occhi spalancati quando incontrarono lo sguardo di Dean. Quindi, era di quello che stavano parlando, ecco perché aveva detto di essere un falso. 

 

Il libro. Doveva averne letto alcune parti. Murmur doveva avergli raccontato del personaggio di fantasia chiamato Sherlock Holmes.

 

E adesso lentamente tutto si fece più chiaro, di fronte agli occhi interni di Dean.

 

Murmur aveva preso l'identità di Moriarty per una ragione.

 

E Sherlock, il furbo Sherlock, il freddo Sherlock, era stato il perfetto detective, troppo perfetto, eccetto per una cosa: mostrare emozioni.

 

Quindi, la sua anima era speciale? Sherlock doveva prendere una decisione?

 

Adesso, dopo l'apertura della Pandorica?

 

Adesso, che sapeva degli angeli e degli esseri sovrannaturali?

 

Ovviamente, gli angeli, loro erano stati una parte di ciò, altrimenti Murmur non avrebbe detto che Castiel ne sapeva qualcosa la prima volta che aveva visto l'anima di Sherlock.

 

« Tu hai detto che Gabriel ti ha ordinato di nasconderti dentro la Pandorica per proteggere l'amuleto, giusto? » chiese Dean ad alta voce nella stanza, i suoi occhi si spostarono dal ghigno compiaciuto di Murmur.

 

Eleven, che ovviamente sapeva che la domanda era diretta a lui, voltò la testa per guardare Dean, annuendo lentamente. « Sì… »

 

Gabriel aveva saputo, allora. Gabriel aveva saputo che i suoi fratelli avrebbero cercato Sherlock, perché proprio ora, perché il detective era così importante per Murmur, adesso che la Pandorica era stata aperta… Doveva esserci una correlazione, Sherlock e l'amuleto…

 

« L'amuleto… » borbottò Sam, lentamente. « Dentro l'amuleto… »

 

Il ghigno di Murmur divenne più ampio.

 

Certo Sam avrebbe capito. Certamente Sam avrebbe saputo.

 

« La sua anima, non è mai davvero stata nel suo corpo, vero? Non… non tutta, almeno… »

 

Murmur scoppiò in una risata, i suoi occhi neri brillavano di gioia. « Sono impressionato… Mi era stato detto che qualcuno di voi era piuttosto… rimbambito. » Lo sguardo di Murmur vagabondò sui volti arrabbiati finché i suoi occhi si soffermarono sul volto del Master. « Bei compagni hai lì, Master. E hai detto che sarebbe stato facile. »

 

Cadde un silenzio tombale quando tutti nella stanza si voltarono per guardare il Master.

 

Malessere era visibile sul volto del Signore del Tempo ma velocemente fu rimpiazzato con arroganza e caparbietà. Non disse una parola mentre contraeva le labbra in un broncio.

 

« Master…? » chiese Ten, e la sua voce era così rotta che fece sobbalzare Dean di compassione. Quegli occhi marroni erano così spalancanti e scuri e fissavano il Master increduli. « Che cosa - »

 

« Oh smettila con questo patetico lamento! » sbottò il Master e schiaffeggiò via la mano del Dottore, che aveva raggiunto la sua spalla. « Hai creduto onestamente che avrei lavorato insieme a te? Dopo tutti questi anni? Oh Dottore, Dottore, sei così ingenuo! »

 

C'erano ferite dipinto sul pallido volto del Dottore, i suoi grandi occhi marroni pieni di dolore causato dal tradimento della fiducia.

« Ma… perché? » chiese, la sua voce quasi un sussurro. Era una domanda onesta, come se il Dottore non fosse capace di comprendere come il Master potesse fargli ciò.

 

« Dopo tutto questo tempo ti chiedi ancora perché? » Il Master scosse la testa mentre passò davanti Sam e Dean, entrambi i fratelli troppo confusi per fermare il Signore del Tempo che camminava verso le cabine blu. « A CAUSA DI QUESTO! » Il Master roteò su se stesso e puntò alle cabine blu.

 

Il volto del Dottore impallidì, le sue labbra si strinsero ancora di più e i suoi grandi occhi si riempirono di lacrime di rabbia e delusione non versate.

 

« Ovviamente… » borbottò, le sue spalle crollarono in avanti a causa di tutta la tensione rimasta nel suo corpo, come se avesse accettato il fatto che il Master li aveva traditi, lo aveva tradito. Ancora una volta. « Ovviamente… Che stupido sono stato… » Rise seccamente e senza umorismo.

 

La facciata da duro del Master scivolò via per qualche secondo, e ci fu qualcosa simile alla compassione sul suo volto, i suoi occhi quasi tristi.

 

« Avrei dovuto saperlo che non eri cambiato. »

 

L'espressione del Master divenne rigida nuovamente, tutta la comprensione abbandonò i suoi occhi, che erano ora freddi e pieni di disprezzo. « Sì, avresti dovuto. »

 

« Da quanto? » Fu Eleven a chiederlo, i suoi occhi dilatati ma l'espressione calma, molto, molto più calma di quella di Ten. Però il suo sguardo lo tradirono, mostrando tutto il dolore che provava.

 

« Sin dall'inizio. » rise sinistramente Murmur. « Davvero pensavate che fosse all'Inferno? Davvero? Pensi che sarebbe ancora così dopo l'INFERNO? OHHH nooo, no! È venuto da me, sai? Cercava aiuto perché era rimasto da solo, risucchiato in una luce bianca… Ha chiesto aiuto e io l'ho sentito! E OHHH, sai, avevo un piano! E lui desiderava il TARDIS, oh lo voleva! Essere capace di volare attraverso l'Universo ancora una volta, oh gli sarebbe piaciuto quello! E perciò decidemmo di lavorare insieme, e così facemmo! Tutto ciò che doveva fare era condurvi alla Pandorica così tu - » Murmur puntò a Ten, che stava ascoltando con occhi spalancati, seri. « - l'avesti aperta! Perché TU eri la chiave! La chiave per quest'anima preziosa! » Murmur sorrise a Sherlock prima di voltare il capo di nuovo verso Ten. « E gli hai creduto, ogni parola, perché è il tuo amico d'infanzia, perché lo ami, lo hai sempre amato, ed è stato coooooooosì facile per lui fingere, così facile da indurti nella trappola! E il futuro te stesso, oooh, Eleven, non sapevi niente! Come potevi? Gabriel non ti ha detto niente perché temeva che avrei preso te e l'anima nelle mie mani! Perciò è rimasto in silenzio e ti ha rinchiuso! 

L'unico modo per aprire la Pandorica era attraverso le tue stesse mani, ma dall'esterno! Una serratura di sicurezza! Ohhh, e Gabby pensava che non l'avrei saputo, pensava di essere furbo con i suoi stupidi trucchetti ancora una volta! » gongolò. « E non era tutto, giusto? Ho trovato anche i vostri TARDIS! Che coincidenza, è quasi divertente, vero?! » Murmur voltò la testa verso il Master, un sorriso radioso sulle labbra. « Devo ringraziare te, Master, è stato un piacere lavorare con te! »

 

Cadde un'atmosfera gelida nella stanza. Entrambi i Dottori erano silenziosi. Era Ten a sembrare ferito. Davvero ferito. La sua faccia era una maschera di nessuna emozione, ma i suoi occhi, i suoi occhi erano pieni di dolore, così sbiaditi dal dolore, e il Master non riusciva a guardarlo. Sorrise, il Master, oh lo fece, sorrise come lo stupido coglione che era, ma era un sorriso forzato, e Dean poté vedere che ogni parola che Murmur aveva detto sul loro lavoro insieme lo faceva trasalire interamente, come se lo imbarazzasse, come se se ne pentisse. Tuttavia, sembrava essere troppo orgoglioso per ammetterlo. E adesso non si poteva tornare indietro. Non più.

 

« È troppo tardi… » iniziò Eleven, la speranza riempiva la sua voce, e sembrò giovane, più giovane di quanto Dean lo avesse mai visto prima. C'era un scintillio infantile di speranza ad illuminargli il volto. « …potresti ancora - »

 

Il Master grugnì e si voltò, roteando gli occhi. « Perché dovrei? » chiese, arroganza in ogni fibra del suo corpo. « Per te? Neanche per idea! »

 

« Figlio di puttana. » sibilò Dean attraverso i denti stretti. Il Master sorrise solamente, freddo. Non c'era nessuna traccia di trionfo nei suoi occhi, però.

 

« Questo… questo sta davvero sfuggendo di mano… » borbottò John. E diamine se aveva ragione!

 

Murmur ridacchiò ancora e si stiracchiò il collo. « Beeeeeeeneee. » disse, lentamente. « Penso sia tempo per le cose importanti adesso. » L'angelo caduto fece un cenno con il mento verso Sherlock, leccandosi le labbra in eccitazione.

 

« E io? » chiese il Master furiosamente, comportandosi come un bambino piccolo che faceva capricci. « Voglio dire, ho fatto il mio lavoro, giusto? Quindi dov'è la dannata chiave!? »

 

Murmur premette le labbra insieme pensieroso e alzò le spalle. « Non lo so. Non ho la chiave. »

 

Un brivido di rabbia percosse il corpo del Master e i suoi occhi si volsero verso Eleven, poi verso Ten. « Ovviamente! » sibilò.

 

Beh, almeno c'è UN beneficio, pensò Dean e non riuscì a nascondere il sorriso amaro che apparve sulle sue labbra.

 

« Non ti avvicinare. » disse Sam a Ten con una voce seria, facendo roteare gli occhi del Signore del Tempo perché era ovviamente una cattiva idea andare vicino al Master, specialmente se aveva la chiave della desiderata nave spaziale nella tasca del cappotto, e non importava quanto disperatamente il Dottore desiderava essere capace di aiutare il suo vecchio amico, a fargli cambiare in qualche modo idea, non avrebbe corso il rischio di avvicinarlo, non adesso.

 

« E adesso, che ne facciamo di te, Sherlock? » sussurrò Murmur, il sguardo fisso era intenso e non batteva ciglio. « Sono certo che hai visto abbastanza? » L'angelo caduto inclinò la testa. « Non prenderai una decisione adesso? »

 

Dean desiderò di poter fare qualcosa, ma sapeva che non poteva.

 

Murmur era solo un angelo, un angelo caduto, e doveva essere facile batterlo. Era solo un angelo, non un dio.

 

Ma, gli angeli erano figli di puttana, giusto?

 

E Murmur, quel furbo bastardo, sapeva che loro non potevano fare niente: si trovava vicino a Sherlock, toccava quasi la spalla del detective con la sua, e in nessun modo loro potevano fargli del male, non così, perché un movimento di Murmur e la pallottola sarebbe passata attraverso il petto di Sherlock invece che nella spalla di Murmur.

 

Il Master non era nessuna minaccia: il fottuto traditore era troppo occupato ad pensare agli affari suoi.

 

Dean voltò il capo verso Castiel: l'angelo era silenzioso, quasi si fondeva con l'ombra e la parete dietro la schiena, i suoi occhi osservatori fissi su Murmur. Era immerso nei pensieri, cercando di scoprire un modo per aiutare Sherlock.

 

Poi i suoi occhi si rivolsero verso il decimo Dottore: l'uomo aveva un'espressione seria sul volto, le sue sopracciglia erano leggermente corrugate e le sue labbra premute insieme, le mani nelle tasche del cappotto. Dean non sapeva dire cosa stesse pensando, nemmeno se avesse un'idea per uscire vivi da quel posto, e perciò il cacciatore volse lo sguardo verso il fratello.

 

Sam incontro lo sguardo di Dean, ma questa volta anche lui era senza idee.

 

L'unico modo per uccidere quel cazzone era infilzare con forza la spada degli angeli nel suo corpo, o attraverso il suo corpo. Quello, tuttavia, non era così facile come avrebbe potuto essere stato se Sherlock non fosse stato sotto il controllo di Murmur.

 

« Sherlock… » la voce di John suonava persa, anche se lui cercava di rimanere forte.

 

Gli occhi di Sherlock iniziarono a focalizzarsi su John, erano stati su John tutto il tempo, ma adesso sembravano vederlo. Apparve un sorriso triste sulle labbra del detective mentre gettò il libro per terra. Stava ancora piovendo, notò Dean, attraverso il grande buco sul tetto che non aveva identificato prima. Le gocce che colpivano il pavimento crearono un continuo suono di sottofondo.

 

« Non ti interessa realmente di me, John, per quanto possa sembrare triste. »

 

Dean era certo che gli occhi di John erano spalancati con shock. « Perché dici così? » chiese il biondo, e non era solamente scioccato ma anche arrabbiato. Ovviamente era arrabbiato, chi non lo sarebbe stato, dopo tutto quello che aveva passato… Dean immaginò che quelle parole dovevano ferire, perché ci rimani un po' fuori pista quando qualcuno a cui ci tieni dice che non ti importa di loro.

 

« Non è colpa tua, John. » sospirò Sherlock. « Gli angeli lo hanno fatto. » Dean poté quasi sentire Castiel sussultare accanto a lui.

 

« I… cosa? » Le sopracciglia di John si corrugarono in confusione, il suo sguardo cercava Castiel, che non incontrò lo sguardo perso di John.

 

« Che cosa significa? » John si rivolse nuovamente a Sherlock, le mani strette a pugno sui fianchi. « Sherlock, dimmelo! »

 

Murmur ridacchiava felice, le mani strette sotto il mento mentre guardava la scena svolgersi di fronte ai suoi occhi.

 

« Mi è stato detto che sono stato creato sulle forme di un personaggio romanzesco chiamato Sherlock Holmes, e che gli angeli hanno fatto il lavaggio del cervello a tutte le persone intorno a me così la mia anima si sarebbe formata nel ruolo che dovevo giocare… »

 

John grugnì, scuotendo la testa rabbiosamente. « Sei serio? È questo ciò che ti ha detto lui, vero? » Gli occhi di John guizzarono su Murmur per lanciargli un occhiata d'odio. « Vero?! »

 

Sherlock annuì solamente, non toccato dalla rabbia di John.

 

« Sherlock! Lui è Mo… Lui è Murmur! Un angelo caduto! Gli credi davvero?! Di tutte le persone?! »

 

Sherlock non rispose, e John si massaggiò la testa con le mani, incredulo che Sherlock considerasse quello come vero.

 

« Questo è ciò che vuole! Questo è esattamente ciò che vuole! »

 

Dean annuì, concordando. Un'espressione sincera sul suo volto. « È vero, amico! Sta cercando di portarti dalla sua parte! »

 

Murmur sbatté le palpebre docilmente. « Ne sei certo? »

 

No, ovviamente non potevano esserne certi. Probabilmente aveva ragione, ma non potevano concordare, non adesso, non quando Sherlock stava per unirsi al team di Murmur perché l'angelo caduto gli aveva detto al verità.

 

Sherlock, intelligente com'era, sapeva che le parole di Murmur erano vere. Era abbastanza sveglio da notare quando le persone mentivano, e non importava quanto convincente potevano essere Dean e gli altri, Sherlock avrebbe sempre visto attraverso di loro.

 

Il detective abbassò lo sguardo sulla mano, e Dean poté vedere di sfuggita l'amuleto che Sherlock teneva stretto in pugno.

 

« Sherlock, non farlo! » implorò John. « Per favore, Sherlock, non stai pensando lucidamente! »

 

Qualsiasi altro normale essere umano avrebbe preso in considerazione il fermare le proprie azioni, in quel momento, dopo aver sentito il proprio migliore amico urlare disperatamente per fermarli. La voce di John era una preghiera disperata e anche se Dean non poteva vedergli il volto, era certo che era pieno di preoccupazione.

 

Tuttavia, Sherlock non era un normale essere umano, non in quel momento almeno, ed era quello il motivo per cui continuava a guardare al suo pugno senza neanche notare la disperazione di John. Murmur doveva aver incasinato parecchio la sua mente perché quello non era lo Sherlock Holmes che Dean aveva conosciuto pochi giorni prima.

 

« Non sai quello che stai dicendo… » borbottò quasi Sherlock, i suoi occhi si stavano alzando per guardare John nuovamente, le dita giocavano con l'amuleto. Era ancora sensibile come la pietra. « Non dici così, non ti sentì così perché ti piaccio, cerchi solamente di fermarmi perché è quello che vogliono gli angeli. Questo è il motivo per cui sei stato creato. »

 

Dean sbuffò cupamente. « Sì, certo! » Sam alzò le sopracciglia, silenziosamente chiedendo a Dean cosa stesse per fare, ma Dean continuò.

 

« Pensi che a lui tu piaccia perché non è quello che vuole? Perché qualche angelo bastardo gli ha detto che dovevi piacergli? Beh, potrebbe essere così, se è quello che vuoi credere, ma guardati! »

 

Sherlock sbatté le palpebre, lentamente, le sopracciglia corrugate.

 

« TU stai dando retta a lui! » Dean puntò la pistola contro Murmur, che non trasalì neanche. L'angelo caduto aveva la testa che oscillava, un piccolo sorriso compiaciuto sulle labbra.

 

« Lui è un angelo, okay? Caduto o no, chi se ne frega! E TU gli credi, ogni parola che dice! Ti ha fatto rivoltare contro il tuo migliore amico e non hai neanche messo in dubbio le sue intenzioni! » Dean emise un profondo respiro di rabbia. « Ti sta manipolando. Quindi, sì, ottimo, adesso anche tu sei la puttana di un angelo! Ma puoi fermarlo! Adesso! Basta che cambi idea e la smetti con questi capricci! E forse poi tu e John potete risolvere tutta questa merda sulla tua anima - insieme! Con il nostro aiuto! »

 

John si voltò verso Dean con meraviglia negli occhi sbarrati. Apparentemente non aveva pensato che Dean potesse dire qualcosa del genere. Il dottore militare fece al cacciatore un piccolo cenno, un segno di ringraziamento per le parole che aveva detto, prima di fronteggiare il detective ancora una volta.

 

« Ha ragione, Sherlock! Io… non posso garantire che le parole di Murmur non siano vere, ma posso garantirti che sarò sempre tuo amico, che voglio essere tuo amico, e non importa se mi era stato ordinato o se lo voglio, perché alla fine siamo ancora amici, e il tempo trascorso con te, tutti quei stupidi casi di omicidi, è stato uno dei migliori della mia vita! »

 

John prese un respiro profondo e si raddrizzò la schiena, la testa trattenuta alta mentre parlava. « Siamo amici, Sherlock! E non mi interessa se era stato scritto dagli angeli, o meno. »

 

Un piccolo sorriso lampeggiò sulle labbra di Sherlock, e Dean ebbe la sensazione che il suo sguardo si fosse addolcito, quasi come se il ghiaccio che Murmur aveva creato attorno al suo cuore si stesse sciogliendo grazie alle parole che aveva sentito. Non le parole di Dean ma quelle da parte del suo unico e vero amico, John Watson, erano state chiare abbastanza da mettere in dubbio le parole di Murmur.

 

« Molto molto carino! » Murmur fece qualche passo avanti verso Sherlock. « Ma io penso che Sherlock adesso sappia cosa è giusto e cosa è sbagliato. »

 

Dean poté udire l'improvviso fruscio di ali e un lieve soffio di vento danzò sulla sua pelle. Gli occhi di Dean si voltarono di lato, solo per vedere… niente. Cas era scomparso dal suo posto vicino al muro.

 

« Dove diavolo… » borbottò Dean, ma un ansito improvviso di Sam rispose alla sua domanda.

 

Castiel era apparso dietro Murmur, il suo pugnale angelico in mano, pronto a infilzare l'arma nel corpo sottile dell'angelo caduto, i suoi occhi divampanti di fuoco blu nell'ombra del suo volto pallido. Doveva aver aspettato questo momento di distrazione, dove Murmur era troppo occupato a cercare di avere la presa su Sherlock.

 

Forse ci sarebbe riuscito.

 

Forse, se fosse stato più veloce.

 

Ma Murmur fu più veloce, si voltò in un repentino movimento prima che Castiel fosse capace di alzare abbastanza il pugnale, afferrò l'angelo più giovane dalla gola con così tanta forza che Castiel iniziò a soffocare. La lama d'argento cadde sul pavimento quando Castiel alzò la mano verso il suo collo, cercando di liberarsi dalle mani attorno alla sua gola.

 

« Cas! » Dean non ci pensò due volte: il suo corpo si mosse da solo mentre si lanciava verso Murmur. « Lascialo andare, brutto figlio di ofurghfh  - » Dean si fermò, la sua mano liberà volò verso la gola come se l'aria venisse spremuta fuori dal suo corpo.

 

C'era una tensione nella sala che rese chiaro che Murmur era al comando.

 

Un atmosfera malvagia sembrava incombere sopra di loro, circondandoli mentre aspettava di colpire al momento giusto. Sembrava che l'esercito infernale di fantasmi e demoni di Murmur fosse in agguato nelle ombre, invisibile all'occhio umano. Almeno quello avrebbe spiegato i brividi che correvano attraverso il corpo di Dean mentre i suoi occhi sbarrati guardavano le ombre dietro Murmur. Era certo di aver visto qualcosa galleggiare nell'oscurità dietro l'angelo caduto e Castiel, ma forse era solo la sua immaginazione e la mancanza di aria.

 

« Sei divertente. » Murmur inclinò la testa mentre osservava Dean, che stava cercando freneticamente di riottenere aria nei polmoni, la mano dell'angelo caduto ancora attorno alla gola di Castiel. Il volto di Castiel era una maschera di dolore, però probabilmente era a causa delle dita attorno alla gola che quasi perforavano la soffice pelle piuttosto che il non poter respirare. Gli angeli non avevano bisogno di respirare.

 

« Dean! » Il corpo di Sam si contorse ma non si mosse, sapendo fin troppo bene che Murmur lo avrebbe fermato se avesse osato avvicinarsi a Dean. Punti neri iniziarono a danzare di fronte gli occhi di Dean e la sua gola era asciutta, i suoi polmoni bruciavano dolorosamente a causa della mancanza di aria.

 

« Per favore! » Fu Eleven ad alzare la voce, implorando Murmur di smetterla. « Possiamo parlare di ques- »

 

Il Master, che era stato troppo silenzioso l'intero tempo - si stava probabilmente godendo lo show - grugnì divertito. « No, non fermarti! Voglio vederli - » puntò a Eleven, poi a Ten « - supplicare sulle loro ginocchia prima! »

 

Entrambi i Dottori sibilarono in rabbia, ma Dean non poté dire cosa succede dopo perché la sua vista si annerì completamente e sentì la testa diventare sempre più leggera, finché le sue ginocchia non colpirono il pavimento bagnato. 

 

Ansimò in shock, adesso in ginocchio, e i suoi occhi erano sbarrati mentre ingoiava aria. I suoi polmoni quasi urlarono di gioia mentre si riempivano di nuovo ossigeno. Dio, la sua testa faceva male!

 

Il cacciatore alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere Murmur scaraventare Castiel per terra, a pochi passi dalle cabine blu. L'angelo tossì e rimase sul pavimento, le sua lunghe dita avvolte attorno alla sua gola, mentre lanciava uno sguardo d'odio a Murmur. « Smettila di guardarmi così. Dovresti essere grato, visto che non ti ho ucciso. » Murmur roteò gli occhi.

 

L'urgenza di Dean di uccidere quel bastardo era forte, e la sua mano andò a tentoni sul pavimento bagnato alla ricerca della pistola. « Mi fermerei se fossi in te. » Il Master, che era pericolosamente vicino a Dean, ghignò nel suo malvagio sorriso. Il Signore del Tempo non aveva armi in mano, ma Dean non dubitò che fosse abbastanza forte da combattere senza.

 

« Dannazione! » borbottò sottovoce, i suoi occhi alla ricerca di quelli di Sam: suo fratello aveva le labbra premute assieme in una linea sottile e il fucile abbassato. Una ciocca dei sui lunghi capelli penzolava davanti al suo occhio destro, ma Sam non si preoccupò di tirarsela indietro. Il giovane cacciatore aveva gli occhi fissi su Murmur, ma Dean era certo che fosse ben consapevole della sua veloce occhiata verso di lui.

 

« Non dovresti cercare di turbarmi. » lo avvisò Murmur. Era completamente calmo ma la sua voce era affilata, tagliava l'aria come un coltello. « Perché, in queeeesto momento, sono io al comando. »

 

Si sentì un colpo di tosse, e ogni testa nella stanza si voltò verso Sherlock: il detective era in piedi alto e diritto, la sua mano sinistra chiusa in un pugno mentre la mano destra stringeva forte il manico del pugnale angelico di Castiel.

 

Il suo volto era lugubre e un piccolo sorriso sardonico apparve sulle labbra. « Ne sei certo? »

 

La sua voce era ferma adesso, più forte, e i suoi occhi sembravano essere vivi di nuovo, quasi come se qualcuno avesse riacceso l'interruttore.

 

Le spalle di Murmur si tesero e il suo sguardo si oscurò. « Non oseresti, Sherlock. » Murmur era mortalmente serio. Dean poteva sentire la rabbia dell'angelo caduto e ciò lo fece rabbrividire. Dannazione, non sarebbe finita bene.

 

John, tuttavia, aveva acquisito un nuovo coraggio perché finalmente Sherlock era tornato se stesso. C'era nuova speranza, o così il dottore militare credeva.

 

« Oserei. » replicò Sherlock senza paura, con i piedi per terra.

 

Murmur lo fissò per qualche minuto, poi sospirò, quasi se fosse deluso da Sherlock. Probabilmente lo era, dopo tutto aveva cercato di tirare Sherlock dalla sua parte. La pazienza dell'angelo caduto, tuttavia, aveva vita breve, il suo temperamento cambiava più velocemente del tempo.

 

Alla fine, accadde tutto velocemente e senza preavviso.

 

Murmur e il Master si mossero allo stesso momento.

 

Murmur saltò verso Sherlock, la mano si allungò per schiaffeggiare via il pugnale angelico. Dean poté vedere Sherlock alzare la spada argentata, pronto a colpire, ma poi udì il sorpreso strillo di Eleven.

 

La testa di Dean si voltò giusto in tempo per vedere il Master spingere Eleven per terra, la sua mano nella tasca del tweed.

 

Ovviamente!

 

La chiave!

 

Un urlo da dietro di lui e Dean si voltò: Sam stava urlando qualcosa come: « Dottore, no! », quando Ten corse verso il Master, che si stava dirigendo di corsa verso le cabine telefoniche. Le gambe lunghe di Ten gli permisero felicemente di attraversare il pavimento e presto fu vicino al Master.

 

« Sherlock! »

 

Il capo di Dean si voltò ancora, i suoi occhi spalancati perché era troppo sopraffatto dalla situazione. Si sarebbe dovuto muovere molto tempo prima.

 

Dannazione! 

 

« Dean! » Sam gli afferrò il braccio, riportandolo in piedi. La sua pistola gli fu premuta nelle mani. « Li dobbiamo fermare, ora! »

 

Sì, giusto!

 

Si voltarono, le loro pistole nelle mani, pronti ad aiutare Sherlock.

 

Era troppo tardi, però.

 

Prima Dean pensò che Sherlock ce l'avesse fatta: la lama d'argento era seppellita in profondità nella spalla di Murmur, l'angelo caduto trasalì di dolore quando la sua grazia imputridita iniziò a gocciolare fuori dal suo corpo, e le labbra di Sherlock erano curvate in un sorriso amaro. Alzò gli occhi per incontrare lo sguardo di John: il dottore militare era pallido ma sollevato che Sherlock fosse ancora vivo.

 

Dean stava per abbassare la pistola quando un movimento improvviso afferrò i suoi occhi: la mano di Murmur si mosse vertiginosamente, afferrando il polso di Sherlock e voltandolo. Il detective sussultò di dolore, lasciò andare la lama - e l'amuleto, che era ancora tenuto nel pugno.

 

Il pezzo di bigiotteria cadde sul pavimento, e sembrò cadere in slow motion, come se tutto avesse iniziato a rallentare solamente per guardarlo cadere. Ci fu un tonfo appena udibile quando colpì il pavimento e si ruppe.

 

Dean poté ricordare il sorriso trionfante di Murmur e gli occhi spalancati e shoccati di Sherlock prima che la luce bianca illuminasse la stanza e li inghiottisse tutti.

   
 
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