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Autore: SilviAngel    29/04/2013    4 recensioni
Era piccolo piccolo, con gli occhioni grandi e luminosi spalancati e mai fermi, Derek pensò che lo stessero fissando concentrato – non sapeva che appena nati i bambini seguissero perlopiù udito e olfatto – le mani chiuse a pugno e la bocca aperta intenta a emettere ancora quegli squittii acuti e singhiozzanti.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Buonasera!
Come anticipato in altre ff, la settimana prossima sarò in viaggio e i preparativi (e soprattutto i postumi)mi impediranno aggiornamenti almeno fino al 15 maggio.
Spero di ritrovarvi al mio ritorno.
Buona lettura.
 
Cap. 9
“Deve stare bene”
 
Mentre guidava la Jeep sgangherata di Stiles, Derek si rese conto che non poteva di certo riportare il ragazzo a casa del padre e sfilando il cellulare dalla tasca dei jeans si mise in contatto con Scott, urlandogli contro di farsi trovare davanti allo studio del veterinario dove lavorava entro dieci minuti.
“Perché mai dovrei fare ciò che mi dici?” sbottò dall’altra parte dell’apparecchio.
“Non è per me. Stiles… lui è, lui è stato, Peter ha perso il controllo e”
“Cazzo. Potevi dirlo subito. Una manciata di minuti e sono lì”
 
Quando Derek svoltò nel piccolo parcheggio di fronte allo studio medico, trovò il beta ad attenderli. Non appena la portiera del passeggero venne spalancata, l’odore forte del sangue colpì le narici del liceale che correndo verso l’auto non poté che osservare il corpo apparentemente senza vita del suo migliore amico essere sollevato e preso in braccio dal moro.
“Ora mi spieghi cosa”
“Non c’è tempo. Apri quella dannata porta” ringhiò lasciando libera la sua natura ferina e mutando il colore degli occhi.
Stiles era ora disteso su quell’asettico e freddo tavolo di metallo, mentre i due licantropi lo privavano della felpa e della maglietta, constatando così quanto fosse profonda la ferita delle zanne dell’Alfa.
“Ora cosa facciamo?” si ritrovò a chiedere il compagno di scuola del moribondo senza forze e con il terrore dipinto in volto.
“Non possiamo fare molto: ripulirlo dal sangue e sperare che sopravviva al morso”
“Perché il mio migliore amico sta lottando tra la vita e la morte?” sbottò Scott.
“Ritengo sia colpa mia. Penso fosse venuto alla riserva per parlare con me, ma ha trovato quel pazzo”
“Ma perché morderlo?”
“Io e te non siamo sufficienti” e davanti allo sguardo smarrito dell’altro beta, Derek continuò “il numero minimo di lupi per poter essere davvero un branco e poter fornire un potere stabile al proprio Alfa è di tre lupi. A ciò bisogna poi aggiungere la paura di mio zio che Stiles riuscisse ad allontanarmi da lui e a farmi riconsiderare il mio appoggio al suo personale metodo di azione”
“Vaffanculo” si sfogò il ragazzo tirando un pugno all’antina di un mobiletto piegandone la lamiera.
“Vedi di rimetterla a posto prima di andartene”
I due lupi si voltarono verso la porta vedendo avanzare, con il suo solito mezzo sorriso sulle labbra, meravigliandosi di non averlo sentito arrivare, il veterinario che senza scomporsi troppo domandò “Chi è stato?”
“Stiles era nel bosco e… ed è stato attaccato da un animale” borbottò l’apprendista sperando che l’uomo gli credesse.
“Scott, non insultare in questo modo la mia intelligenza. Allora chi è il lupo che lo ha morso? Spero per lui fosse un Alfa”
Gli occhi verdi di Derek schizzarono a legarsi a quelli scuri dell’uomo di colore “Come fa a”
“Per molto tempo il mio compito è stato aiutare e sostenere la tua famiglia Derek Hale”
“È stato mio zio” rispose, rassegnato a doversi per il momento fidare di quelle poche parole, e riportando poi lo sguardo su Stiles.
“Peter? Mi aveva sempre insospettito il suo stato vegetativo. E così si è risvegliato con la forza dell’Alfa nelle vene” disse tra sé e sé prendendo, da un paio di cassetti, quanto necessario a ripulire le ferite e il sangue “Da quanto tempo è stato morso?”
“Circa mezz’ora” comunicò Derek.
“E i suoi segni vitali, battito e respiro per intenderci, sono sempre stati come ora?”
“Sì, sempre deboli ma stabili”
“Allora penso che un nuovo lupacchiotto sia appena nato” sospiro in parte sollevato il dottore.
“Come fa a dirlo con così tanta sicurezza?” si mosse il suo aiutante affiancandosi alla testa dell’amico.
“Il morso se non ti trasforma, ti uccide in modo molto rapido. Penso di poter dire che Stiles è fuori pericolo, ma non sarà più umano”
“Non penso lo volesse” bisbigliò Scott.
“Il morso è un dono” si irrigidì Derek, portandosi esattamente di fronte al beta.
“Per chi lo vuole, ma né io né Stiles lo abbiamo mai desiderato”
Il moro strinse i denti e trattenne ogni altra parola, venendo poi distolto da ogni intenzione belligerante dal veterinario stesso.
“Scott si sta facendo tardi, penso che dovresti tornare a casa e se potessi trovare una scusa per lo sceriffo, così che io possa tenere Stiles sotto controllo qui da me fino al suo risveglio, sarebbe perfetto”
“Come posso fare?” prese ad andare avanti e indietro il ragazzo “Non è in grado di chiamare il padre e dirgli che si ferma da me”
“Prima di venire qui” suggerì Derek senza distogliere lo sguardo da Stiles “ho raccolto da terra il suo cellulare, non sarebbe sufficiente un sms?”
“Possiamo provare e sperare che allo sceriffo non venga voglia di chiamarlo”
“In questo caso dovresti tenerlo tu l’apparecchio e all’evenienza inventarti qualcosa” concluse il mannaro allungandogli il telefono e andando poi a prendere una sedia spostandola al capezzale del piccolo e sedendosi accanto a lui.
 
Rimasti soli, dopo la partenza di Scott, Deaton si portò al fianco di Derek “Allora è giunto il momento di fare due chiacchiere”
“Non ora. Ho mille domande da porle e penso anche lei a me, ma ora l’unica cosa che mi interessa è che lui sia bene. Stiles deve stare bene, altrimenti io”
“Non capisco il motivo per cui tu ti senta tanto legato al piccolo Stilinsky. Sei sempre stato molto taciturno e solitario, come mai ora sembra che tu voglia diventare il migliore amico di uno dei ragazzi più – e lo dico con affetto – insopportabili di tutta la città?”
“Perché lui” sollevando una mano e posandola sui capelli di Stiles in una morbida carezza “è il mio umano”
“Come può essere lui”
“È irritante e spesso ti verrebbe voglia di fermare l’auto e lasciarlo lì, pur di non sentire per qualche minuto la sua vocetta petulante, ma questa sera quando l’ho visto in un lago di sangue e come se mi avessero strappato il cuore dal petto. Ne sono sicuro è lui e ora non capisco cosa succederà. Il legame si instaura tra lupo e umano, ma se lui diventa come me”
“Da quanto sai che è lui?” chiese sorridendo l’uomo.
“Lo so dal momento in cui l’ho conosciuto, ma l’ho realizzato solo quando mio padre mi ha parlato per la prima volta di come si formasse la componente umana di un branco”
“Allora non penso ci saranno problemi. Tutto è successo quando era umano, ciò che è accaduto dopo è, per il legame, completamente indifferente”
In quel momento un sottile gemito si levò dal corpo steso sul metallo e Derek scattò in piedi, piegandosi in avanti osservando con preoccupazione i minimi movimenti del viso.
 
Stiles aprì gli occhi dopo alcuni altri borbotti senza senso, trovando a una distanza del tutto inappropriata quelli verdi del lupo, e incapace di controllarsi, gli gettò d’istinto le braccia al collo, tirandolo a sé e stringendo forte.
“Stiles, mollami. Mi stai facendo male”
“Male? Ma che diavolo dici, tra i due mi pare sia tu quello grande e grosso” lo contraddisse allentando l’abbraccio, ma senza permettergli di andarsene dalla sua stretta.
“Cosa ricordi?” lo spinse a riflettere il moro legando i loro occhi e rimettendosi seduto, mentre in silenzio il veterinario levava il disturbo, tornando al proprio appartamento al piano di sopra, ricordando loro di spegnere poi le luci.
“Sono venuto a casa tua, volevo parlarti, ma tu non c’eri. Poi tuo zio ha iniziato a sbattermi contro i muri e infine, Oh mio Dio! Mi ha morso, quello stronzo di tuo zio mi ha morso” finì con l’urlare “ma aspetta: mi ha morso e sono vivo. Quindi sono… oh per la miseria sono diventato un licantropo. Ora sono come te e Scott”
“Sì, mi spiace” esordì Derek posando la sua mano sulla guancia del piccolo.
“Certo, non mi sono mai soffermato a pensarci troppo. So che ha Scott ha portato solo casini, ma forse non è un male”
“Come non è un male? Non sei più umano, dovrai iniziare a mentire a tuo padre”
“Più di quanto già non faccia, intendi!” cercò di alleggerire i toni il castano.
“Non è uno scherzo” gridò il maggiore.
“Lo so che non è uno scherzo, ma forse potrei essere più utile. Senti, vuoi che sia sincero? Bene. Se avessi potuto decidere forse avrei detto No, grazie, sono a posto così ma non sono stato interpellato, quindi tanto vale far buon viso a cattivo gioco. Posso aiutarti a tenere a bada il tuo zietto psicopatico”
“Ora lui è il tuo Alfa, non sarà facile resistere al potere che ha su di te, figuriamoci sperare di fermarlo”
“Scott alla fine ce l’ha fatta. Tu e lui dovete solo spiegarmi come fare e poi saremo tre contro uno”
Il sorriso contagioso di Stiles spinse Derek a rilassarsi un poco e a distendere le spalle che neppure si era accorto di aver irrigidito.
“È buio, penso sia meglio che io” propose, scendendo dal tavolo e accorgendosi di essere a torso nudo.
“Scott ha detto a tuo padre che avresti dormito da lui, anzi, dovresti chiamarlo e dirgli che stai bene”
“Ok, ma usciamo di qui, l’odore di disinfettante mi sta dando alla testa” scontrandosi per la prima volta con i suoi sensi da lupo.
 
Non appena misero piede fuori dallo studio veterinario, entrambi si bloccarono.
Peter era in piedi accanto alla Jeep e sorridente iniziò ad avvicinarsi.
“Stiles non hai idea di quanto io sia felice che tu stia bene. Ho dovuto rischiare, ma dannazione, mi riempie di gioia averti in famiglia adesso”
Derek non trattenne l’odio profondo che sentiva crescere nel petto e ringhiando si portò davanti al liceale come se fosse ancora necessario preoccuparsi della sua incolumità.
“Nipote, per favore non rompere le palle” e aprendo le braccia, sfoderò il suo potere di Alfa, a cui non aveva mai fatto completo ricorso con Scott, e lo chiamò a sé “Forza piccolo Stiles vieni da me”
Per la prima volta gli occhi castani del liceale assunsero una sfumatura sovrannaturale, mentre il primo passo verso l’uomo veniva coperto.
“No, Stiles, no!” cercò di trattenerlo, serrando le mani sulle sue braccia “guarda me, ti prego. Resisti e guarda me” a nulla valsero però le parole di Derek e Stiles si ritrovò ben presto avvolto da un sinistro abbraccio.
Il piccolo si voltò solo una volta e il moro vide i suoi occhi, innaturalmente tinti da trame dorate, vuoti e privi della vivacità che li contraddistingueva e che aveva imparato ad amare.
“Bene, noi ora andiamo. Devo istruirlo per bene e il tempo stringe. Se volete unirvi a noi, tu e Scott” rivolgendosi all’altro beta “sapete dove trovarci” e senza lasciare la presa sulle spalle del liceale, Peter si allontanò ed entrambi vennero inghiottiti dal buio al limitare del parcheggio.
Derek ringhiò alla falce di luna che aveva fatto capolino da dietro una nuvola e ripromise a se stesso che lo zio l’avrebbe pagata cara.
Stiles era suo, solo e soltanto suo.
   
 
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