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Autore: compulsive_thinker    29/04/2013    1 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA:
Ciaoooo!!
Nuovo capitolo, fresco fresco per voi... Finalmente la Compagnia parte!!! *squilli di tromba e rullo di tamburi* La nostra povera Edorel si ritroverà tutta sola soletta, senza il suo Umyen: se la caverà? ;)
Un grazie di cuore a chi recensisce, segue o semplicemente passa a dare un'occhiata a questa ff!
Besos
C.


Capitolo 8
 
 
Un sole roseo si faceva lentamente strada attraverso il cielo terso quando la Compagnia si radunò alle porte di Imladris per iniziare il viaggio. A salutarli, l’intera corte di Elrond: una miriade di Elfi scintillanti nei loro splendidi abiti, ma con i volti incupiti, come di chi si prepara per dare l’estremo saluto a un caro amico.
Di fronte a quella moltitudine di Elfi, con le spalle all’imponente portone spalancato, stavano gli Hobbit, stretti l’uno all’altro nella speranza di darsi coraggio a vicenda per affrontare quel viaggio di cui non volevano nemmeno immaginare i pericoli.
Accanto a loro stavano da un lato Gimli, che appariva più imponente nella sua pesante armatura e brandiva l’ascia, Legolas dall’altro, splendido e quasi abbagliante nella sua giovinezza eterna. I due parevano il simbolo visibile della distanza ostile che si frapponeva da tempo immemore tra Elfi e Nani, che forse quella missione comune avrebbe finalmente annullato.
Boromir si teneva in disparte, cercando di non mostrarsi per nulla impressionato da quella corte di creature eterne, desideroso soltanto di portare pace e benessere alla sua terra, di cui si sentiva l’unico legittimo difensore.
Gandalf stava ritto accanto a Elrond, di fronte alla Compagnia, e scrutava i volti di ognuno. In tutti coglieva coraggio: per alcuni era più manifesto, altri dovevano ancora trovarne la fonte dentro di sé prima di potervi attingere per dimostrarsi degni del compito che avevano assunto.
Dietro agli Hobbit, quasi a voler essere per loro un sostegno da quel momento in avanti, Edorel e Aragorn erano vicini al punto da potersi toccare, ma entrambi si sentivano altrove. La ragazza teneva gli occhi bassi, guardando di tanto in tanto in direzione di Umyen, sperando e temendo d’incontrare il suo sguardo: non l’aveva più visto dalla sera precedente e avrebbe avuto così tante cose da chiedere e da spiegare. Pensò a tutte le parole che avrebbe voluto dirgli, soppesandole attentamente e godendo del loro suono, quindi le ripose accuratamente in un angolo della propria mente, assieme alla speranza di avere in futuro l’occasione di pronunciarle. L’uomo, invece, aveva gli occhi ben fissi davanti a sé tentando di evitare uno sguardo che si sentiva puntato addosso, carico di orgoglio e aspettativa, non privo di preoccupazione per il suo destino. Non le aveva mai chiesto una promessa, eppure l’aveva ricevuta e l’avrebbe portata con sé fino alla fine della missione. La sua determinazione vacillò per un istante soltanto, sufficiente a fargli voltare lo sguardo quel tanto che bastava ad incrociare quello di Arwen e a illudersi che non l’avrebbe dimenticato mai.
“Affidiamo la vostra missione alla protezione dei Valar, che rivolgano ancora lo sguardo su questa Terra e vi concedano di salvarla dalla minaccia di Sauron.”
L’augurio del Sire Elrond rinfrancò i compagni, ma pure ne accentuò le preoccupazioni: se persino il potente custode di Vilya, l’anello d’aria, invocava l’aiuto dei Valar forse la missione che si preparavano a compiere era davvero senza speranza.
Tutti gli Elfi presenti chinarono leggermente il capo in segno di saluto e Gandalf si portò in testa alla Compagnia, al fianco di Frodo, per guidare i suoi passi. Gli altri li seguirono, quasi in fila indiana. Edorel si voltò un’ultima volta e, finalmente, incontrò gli occhi di Umyen.
L’Elfo la guardava allontanarsi da lui per la prima volta: era preoccupato per la sua salvezza, da cui sapeva che sarebbe dipesa la propria felicità, ma allo stesso tempo si sentiva stranamente sollevato di non dover essere responsabile per lei, di non dover portare quel fardello di aspettative almeno per un po’. Edorel non riuscì a leggere nemmeno un accenno di questo su quel viso immortale, sempre imperturbabile come lucente alabastro, e voltò lo sguardo in avanti, verso il viaggio imminente.
 
Le prime miglia percorse dalla compagnia furono veloci e silenziose: nessuno aveva voglia di parlare, persino gli Hobbit camminavano a testa bassa, guardandosi intorno di tanto in tanto con il timore che le forze del male fossero già lanciate all’inseguimento dei loro passi.
Il paesaggio cambiava lentamente man mano che avanzavano.
Si lasciarono dietro le rive del Bruìnen per avanzare verso Sud-Est, lungo le Montagne Nebbiose. Imladris non esercitava più il suo influsso benefico sulla natura, gli alberi si facevano più sempre più radi e il terreno sempre più brullo. A destra si poteva ancora scorgere il luccichio del fiume che proseguiva la sua placida corsa, mentre a sinistra incombevano su di loro i profili dei monti innevati, circondati alle loro pendici da macchie di alberi che sembravano essersi arresi a colonizzare quei fianchi inospitali. Tuttavia, il cammino procedeva tranquillo e nulla incontrarono sul loro tragitto, tranne forse qualche uccello e qualche volpe spaventata.
Fecero una prima sosta quando il sole era alto nel cielo, per mangiare e riposarsi. Nessuno sembrava voler rompere l’irreale silenzio che li avvolgeva, quasi che ciascuno stesse studiando gli altri, come un lupo diffidente, incerto se fidarsi o meno. Improvvisamente, però, Merry urtò Pipino facendogli cadere di mano la pipa, che riversò il suo contenuto ancora fumante sui calzoni dello Hobbit, da cui si levò una fiammella:
“Dannato d’un Brandibuck! Se non fossimo parenti, ti strangolerei proprio qui!”
I saltelli di Pipino e le sue colorite imprecazioni fecero scoppiare una risata generale. Furono proprio come la prima goccia di pioggia, coraggioso esempio per le compagne ancora arroccate tra le nubi, che scatena un acquazzone.
Sam si lanciò in un’appassionata difesa della famiglia Brandibuck – lontani parenti dei Gamgee, ovviamente! – accompagnato dalle precisazioni di Frodo, che riportava le attendibili ricerche di Bilbo.
“Dove avete preso questi meravigliosi oggetti?”
Gimli si era avvicinato a Edorel e osservava quasi con reverenza il debole scintillio del mithril.
“È stato un Nano a donarmeli, il suo nome è Dursin. È un Incantatore, come me.”
“Non sapevo che tra voi vi fossero dei Nani!”
“Ve ne sono molti, invece. I loro simili li guardano con diffidenza, una volta che vengono a conoscenza dei loro poteri, quindi non hanno altra scelta che andarsene. A dire la verità, è proprio così che sono nati gli Incantatori, esuli malvisti dalle loro stesse comunità.”
“E da chi potevate essere malvista, voi? Non sembrate certo pericolosa!”
La domanda di Boromir, abituato a parlare sempre in modo schietto e quasi irriverente, fece calare nuovamente il silenzio: anche se nessuno lo avrebbe ammesso, molti erano piuttosto curiosi di conoscere la storia di Edorel. Prima che la ragazza potesse rispondere, Gandalf intimò brusco:
“Dobbiamo rimetterci in marcia o non raggiungeremo l’Agrifogliere in tempo.”
La Compagnia si mosse e l’interrogativo fu presto dimenticato o accantonato in un angolo della mente dei più curiosi, che si ripromettevano d’indagare in un’altra occasione. Continuò, tuttavia, a vagare prepotentemente nella mente di Edorel: la risposta stava in ciò che Umyen era così restio a dirle, in ciò che anche Gandalf sembrava conoscere.
“Gli domanderai qualcosa?”
Aragorn si era affiancato alla ragazza e le aveva rivolto la parola, continuando però a guardare davanti a sé.
“Vorrei, spero di trovare il momento.”
“E il coraggio, immagino!”
La sfrontatezza di quelle parole infastidì non poco Edorel, che rispose un secco:
“Fa presto a parlare di coraggio chi non crede nemmeno in quello della propria stirpe.”
Uno strano sorriso increspò le labbra dell’uomo.
“Certo non ti mancheranno le parole adatte, Gandalf lo apprezzerà.”
“Sei piuttosto bravo a sviare i discorsi che non vuoi affrontare, ma così facendo non cambierai mai nulla.”
“Cosa ti fa credere che io voglia cambiare qualcosa?”
“Mi hai chiesto perché mi fossi unita alla Compagnia, ti ho risposto ma non ho avuto modo di rivolgerti la stessa domanda. Non che mi servisse chiederlo, perché credo di conoscere già la risposta. È proprio per cambiare le cose che sei qui.”
Il silenzio stupito che ricevette in risposta le fece capire di aver colto nel segno. Decise di prendersi una piccola rivincita, per il fatto che quell’uomo aveva dubitato di lei. Allungò il passo per raggiungere gli Hobbit in testa alla fila e, superandolo, gli sussurrò:
“Non sei impenetrabile come credi, Aragorn.”
Lo superò ridendo, facendo voltare Gimli, stupito, che colse solo un accenno di sorriso sul volto del Ramingo prima che questi abbassasse gli occhi verso terra, per impedirsi di seguire con lo sguardo il profilo della ragazza che si allontanava.
Passando accanto a Sam e Frodo, sentì quest’ultimo dire:
“Bilbo mi ha parlato dell’Agrifogliere, sai? Una volta si chiamava Eregion e vi regnavano gli Elfi.”
La ragazza ebbe un sussulto e non poté fare a meno d’intromettersi, sperando di non lasciar trasparire il suo profondo interesse.
“Hai detto Eregion? Ne ho sentito parlare qualche volta da Umyen, ma non mi ricordo molto bene… Mi sapresti raccontare qualcosa?”
“Mi dispiace, con tutte le storie che Bilbo mi raccontava ho una tale confusione in testa! Sono sicuro che Gandalf lo sa.”
Edorel sorrise fingendosi noncurante, ma in realtà la sua mente era in subbuglio: già in molti le avevano suggerito di chiedere a Gandalf, probabilmente era giunto il momento di tentare. Accelerò il passo e si affiancò allo stregone, fingendo di guardarsi attorno con aria trasognata.
“Desideri domandarmi qualcosa, Edorel?”
Tutta la spavalderia della ragazza venne meno nel momento in cui la tranquilla voce dello stregone le fece capire che Gandalf sapeva. Mentire non era nella sua natura, quindi la ragazza rispose:
“Vorrei sapere se sai qualcosa di Eregion.”
“Conosco la storia dell’antico regno, chi vi regnò, per quanto e come fu distrutto. Ma non credo che siano queste le nozioni che t’interessano.”
“Sbagli, invece. Mi interessa qualsiasi cosa, dal momento che non so proprio nulla di Eregion!”
Lo stregone parve interdetto, ma si riscosse immediatamente e domandò, sempre guardando la strada davanti a sé:
“Perché, allora, ti interessa proprio Eregion?”
“Sono sincera con te, Gandalf, perché non puoi concedermi lo stesso trattamento? Sai benissimo che è da lì che provengo, lo sai sicuramente meglio di me.”
“Hai ragione, Edorel, ti domando scusa. So che vieni da Eregion e, evidentemente, lo sai anche tu. Dunque cos’altro desideri conoscere?”
“L’ho scoperto appena ieri, per caso, dalle parole di Aragorn!”
Lo stregone sussultò percettibilmente quando il vero nome del Ramingo venne pronunciato da quella ragazza. Nessuno degli altri aveva potuto sentirlo, erano piuttosto indietro a causa della lenta andatura degli Hobbit, poco abituati a quelle marce.
“Come sai di lui?”
“L’ho sentito parlare con Boromir. Sa che il suo segreto è al sicuro con me, e non è di questo che stiamo parlando ora.”
Edorel si sforzava di rimanere calma, ma un bisogno di sapere s’impossessava di lei ogni istante che trascorreva a discutere con Gandalf. Era come essere affamati dopo una giornata di lavoro e trovarsi costretti a guardare una tavola imbandita da dietro un vetro: aveva a portata di mano ciò che desiderava di più, ma non riusciva a raggiungerlo.
“Non è il momento di narrare questa storia, figliola. Molti giorni di cammino ci attendono, ciascuno più difficoltoso del precedente. Ti chiedo soltanto di aspettare.”
La ragazza annuì, abbassando lo sguardo. Sentiva pungere in fondo agli occhi lacrime di rabbia, che inghiottì a fatica. Quei mesi di viaggio che la separavano dalla verità non sarebbero mai trascorsi abbastanza in fretta.

  
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