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Autore: Mamey    03/09/2004    6 recensioni
Mr Potter e Mr Voldemort e la loro dannata guerra. E allora che ci facevo, io, lì? Che centravamo noi comuni mortali, con quei due battibeccanti idioti? Ma io non ci sto più. Voglio semplicemente sapere: Perché? Chiedo forse troppo?
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memento Mori, Signor Riddle

Freddo. Era tutto ciò che sentivo. Un brivido ininterrotto lungo la spina dorsale, una smorfia indecifrabile era l’unica cosa che le mie labbra riuscivano ad articolare, illuminate dalle fiacche torce sospese ai lati del corridoio di fredda pietra. Allora era questa la paura. Una sensazione terribile, la mente vuota di pensieri logici ed illogici, solo puro terrore riempiva i miei pensieri, ghiacciandoli e rendendoli futili e inutili. Vita… morte… verità… che senso avevano in quel momento quelle parole? Vuoti suoni pronunciati troppe volte dalle mie labbra con leggerezza, pensando di scoprire mondi e verità, ambizione di conoscenza ridicola, come tutto ciò che aveva fino a quel momento caratterizzato la mia vita.

Lo spazio mi appariva grigio, non un altro colore, solo grigio… freddo come il terrore e come quel corridoio in cui avanzavo tremando, spinta dal mio carceriere alle spalle, e immobilizzata dall’angoscia del mio futuro. Che mi avrebbero fatto quegli uomini? Cosa mi aspettava, oltre quella fiacca luce che scorgevo a malapena in lontananza?

A risvegliarmi prepotentemente dai miei pensieri provvide la risata acuta dell’uomo ammantato di nero, dietro di me. “Muovetevi, sciocchi mezzosangue!” parole comiche, a sua avviso, a me sembravano soltanto colme di disprezzo e razzismo. Di volgarità aspra e crudele, di disgusto malcelato. Quegli uomini si stavano divertendo con le nostre vite. Questa consapevolezza mi colpì come un pugno dritto sul volto. Eravamo considerati alla stregua di animali, di vermi di terra, di fango… fango seccato al sole. Mi tornarono in mente parole di un vecchio testo della scuola babbana “Per quanto sia sporca, la pietra riluce se colpita dal Sole, ma per quanto sia solido, il fango resta fango, non può diventare pietra. Non può riflettere il Sole.” Questo eravamo noi? Fango solido, simile a pietra, ma indegno di essere baciato dal Sole? Solo semplice e vile fango… ma la nostra vita valeva di più. Molto di più. Eppure perché ero lì, condannata ad una morte inutile e disonorevole?

Diciotto anni, sette anni di Tassorossismo alle spalle, un futuro da libraia davanti a me… o almeno, prima di quel momento.

Come ero finita lì? Come eravamo tutti noi, finiti lì?

Celine Marvels, ex corvonero dall’indubbia bellezza, futura giornalista, vent’anni. Pallida, arrancava a fatica nello stretto passaggio, con le labbra viola e gli occhi gonfi.

Jonhatan Crepty, scrittore trentottenne, passato di grifondoro e di attaccabrighe. Fiero e con il volto proteso verso il cielo. Cosa diavolo volevi dimostrare, sciocco uomo…

Ferdinand Mallory, ladruncolo da quattro soldi, ventinove anni. Il più spaventato di tutti, che si guardava a destra e sinistra, cercando una via di fuga. Inutile speranza.

Marian Wells, piccola e paffuta casalinga dalle chiome nere, quaranta anni e tre figli, tutti corvonero. Al suo fianco Terry, l’ultimo dei fratelli Wells. Piccolo e tremolante. Sedici anni.

Arnold Reinard, capelli neri, occhi color del mare, grifondoro e Auror. Era ancora convinto di poterci salvare. Nessuno ormai gli credeva più.

Cosa avevamo in comune? Sangue babbano e magico nelle vene. Schifoso razzismo che ci aveva condannato a morte, ad una morte terribile, spaventosa e vomitevole.

Vittime di disgustosi mangiamorte, ripugnanti condottieri del nulla, con come scopo il vuoto.

Era la seconda guerra contro il signore oscuro. O meglio, era la prima guerra contro un pazzo senza più un vero scopo. Lord Voldemort era morto quindici anni prima, quando un innocuo poppante lo aveva ridotto a un morto vivente. Ora il suo esercito era guidato da Tom Orvoloson Riddle, un pazzo con come unico obbiettivo vendicarsi dei torti subiti. Vendicarsi di quel poppante che, a quanto pare, ogni anno gli aveva messo i bastoni fra le ruote. Eppure lui è ancora vivo. Siamo noi che moriamo. Quale grande eroe, mister Potter! Cocco di Silente, sopra qualsiasi legge e scusato da tutti perché orfano e oppresso dal cattivone di turno. Idioti. Due fazioni di idioti che combattono fra loro, che si odiano, che vantano obbiettivi inesistenti a destra e a manca. Ma siamo noi, comuni mortali, che ne paghiamo le conseguenze. Siamo noi, erba, che viene schiacciata dal combattimento tra gli elefanti. Noi ci lasciamo la pelle. Non so da dove mi sia venuta tutta questa rabbia, sono una codarda che trema al minimo pericolo. Ma morire per niente, No. Questo non mi va bene. Vaffanculo Riddle. Ora mi ascolterai, pazzo sclerotico al comando di un esercito di babbei. E sono convinta di questo, quando varco il portone illuminato, alla fine del corridoio, e mi trovo in un grande salone, illuminato a giorno.

“I miei ospiti. Ma bene, venite avanti… non siate timidi.” “Lasciaci andare, bastardo!”. Reinard, deficiente. Al servizio della fazione chiamata bene, non può non fare l’eroe, non far sentire la sua voce. Forse è proprio questo il punto: gli piace sentire la sua voce, non collegarla al cervello. E nessuno si meraviglia, quando un uomo in nero lo costringe a terra, con una Cruciatus. “A cosa dobbiamo questo gentile invito?”. Provi a fare lo spavaldo, Crepty? Vuoi provare a fare l’eroe anche tu? Ma voi stramaledetti grifondoro lo avete nel sangue, l’eroismo scadente? O siete solo troppo pieni di voi, per capire quando non è il momento di far gli eroi? E lui ride. Gli occhi di fuoco, lo sguardo folle. Potrebbe incutere timore. Incutere sul serio timore, se solo la sua risata non somigliasse davvero a quella di un pazzo. Gli ho sentiti i racconti su di lui, oh, non le favolette che circolavano sul suo conto, buone solo per spaventare i fessi e farlo chiamare tu-sai-chi, le storie vere. Gente che ci ha combattuto, durante la prima guerra. Gente che lo ha servito. Allora si che era potente e forte! Allora si che aveva uno scopo! E che scopo… uno scopo abominevole, l’ho sempre considerato tale, ho sempre ringraziato il poppante per averlo casualmente fermato prima che scoprisse il modo di bloccare la morte.

Perché con l’immortalità l’evoluzione si sarebbe bloccata.

Non ho tempo adesso per ripensare ai vecchi discorsi sulla morte, sull’evoluzione e sulla selezione naturale. Non ho secondi da sprecare, gli ultimi atti di una vita che fugge, straziata dal dolore di una morte per mano di un folle. Eppure, il concetto non è difficile, non è lungo. Non è neanche illogico: la morte è necessaria, morendo eliminiamo quelle caratteristiche che non potrebbero sopravvivere alla selezione naturale, perché la selezione naturale non è mai gentile, con nessuno. Non si concedono sconti. E chi non ha le caratteristiche adatte per sopravvivere viene eliminato. È per questo che dobbiamo continuare a morire, per poter sopravvivere alla prossima selezione naturale.

Ma questo, quel pazzo non lo capisce.

Quello che mi fa arrabbiare è che non posso infierire su di lui, sarebbe come offendere un assente: Lord Voldemort non esiste più, al suo posto ora c’è un uomo con alle spalle un’infanzia difficile, menomato dal rifiuto del padre per la sua specialità, per la sua magia. Un bambino mai cresciuto, condannato perché nato nel posto sbagliato. Avrebbe dovuto scegliere meglio il luogo ed i genitori, prima di nascere, ma non l’ha fatto. E noi ne paghiamo le conseguenze.

Lo guardo e non posso fare a meno di pensare come tali disgrazie possano accadere solo per mano di un singolo uomo, di una singola folle mente. Le ambizioni di un solo essere umano hanno distrutto milioni di vite di altri esseri umani. Comico, vero? Un novello Hitler… un novello razzismo, nuovi campi di concentramento. Ma ora in più c’è la magia… non so se ci saranno Levi o Frank per raccontare ciò, o conigli rosa o altro…. forse è davvero la fine dell’umanità come la conosciamo. E basta guardare noi sette per capirlo: l’Auror a terra che guaisce, per le troppe Cruciatus lanciategli contro, lo scrittore grondante sangue e chino sulle sue disgrazie e sulla sua boria, il ladruncolo tremante, in ginocchio che chiede pietà, la donna disperata, immobile, incapace di qualsiasi mossa, la madre che stringe il suo piccolo, uccellini in gabbia, che piangono insieme in silenzio, rassegnati all’imminente fine. E io? Io sono terrorizzata, le lacrime mi impongono di liberarle, le mie mani tremano e le gambe non mi sorreggono. A fatica alzo gli occhi sull’uomo, seduto disinvoltamente sul trono di pietra. Il suo sguardo è folle, ma i suoi occhi mi riportano al passato.

Era così terribile, zio Marx?” “Piccola mia… era più che terribile…” l’uomo dai capelli biondi teneva sulle sue ginocchia la piccola dai corti capelli castani. L’ex Auror, che era stato spia tra i mangiamorte, le raccontava della grande guerra contro Lord Voldemort “ma cosa aveva. Perché faceva paura? Era pazzo?” “O no, piccola. non era affatto pazzo, anzi… a modo suo era un genio. Una mente assolutamente geniale.” “E perché era cattivo, allora?” “Non era cattivo! Aveva solo uno scopo, e per raggiungerlo era disposto a tutto. Anche a passare sopra le altre persone. Ed è stata l’unica soluzione che ha trovato.” “Ma non ce n’erano altre?” “Sicuramente, ma lui ha scelto quella.” “Perché?” “Questo non lo so.” “E tu non glielo hai mai chiesto?” “…” “Zio?” “… io… avevo paura…” “Paura?” “Paura… di lui…” “Avevi paura che ti uccidesse?” “No… avevo paura di lui. Non è facile spiegarlo… lui… i suoi occhi… sono i suoi occhi, rossi come il fuoco dei bivacchi invernali, che mettono terrore.” “Ma tu sei un Auror! Non hai paura di niente!” “E chi è che te lo ha detto?” “Papà…” “Tuo padre è uno stupido…” “Ma è il marito di tua sorella…” “Però è uno stupido lo stesso! Tutti hanno paura. E chi non ha paura di niente non è vivo, è un automa senza sentimenti.” “Allora lui non era vivo?” “Oh, no… lui era vivissimo.” “E di cosa aveva paura?” “oh, della cosa di cui si voleva liberare. Il grande Lord Voldemort tremava e urlava nel sonno. E quando si svegliava diceva di aver avuto semplicemente incubi orrendi. In verità, lui aveva paura della morte.”

Ed ora che vedevo i suoi occhi, capivo di cosa aveva terrore zio Marx. Ed anch’io avei avuto paura, se solo lui fosse stato il vecchio Lord Voldemort. Ma quello che avevo di fronte era Tom Orvoloson Riddle. Un piccolo pazzo senza più scopo nella vita. Fu così, che mi decisi a parlare, ricacciando indietro le lacrime e sforzando le mani di smettere di tremare.

“Qual è il tuo scopo?” la mia voce non era che un lieve sussurro, ma il mangiamorte alla mia destra lo sentì. E rise. “Che hai da ridere, Tiger?” “Mio signore… è questa mezzosangue… è spiritosa, molto divertente…” “E perché, di grazia.” “Ha chiesto qual è il vostro scopo. Padrone.” Sentii i suoi occhi rossi fissarmi. Convinta di riniziare a tremare feci per abbassare il volto, quando mi accorsi che quegli occhi, quegli occhi che sarebbero dovuti essere due pozzi di lava ribollente, erano vacue fiammelle cimiteriali. Vaghi fuochi fatui. Sostenni quello sguardo, serrai i pugni e sentii una strana sicurezza salirmi nel cuore. “Qual’è il tuo scopo?” Non un tremolio nella mia voce. “Sicura di volerlo sapere, piccola mezzosangue?” Volevi giocare al gatto e al topo, Signor Riddle? Liberissimo, ma non eri certo all’altezza di Lord Voldemort. Sostenni il suo sguardo. “Io voglio dominare la morte.” Non aveva niente da perdere, per questo mi forniva spiegazioni. Penso anche che gli piacesse, parlare dei suoi obbiettivi. Era un pazzo, amava sbandierare i suoi progetti, i suoi poteri… “Perché?” Mi guardò di nuovo, il mangiamorte alla mia destra, interrogativo. Che mi importava? Semplicemente, se dovevo morire, volevo almeno sapere il perché. “Perché voglio il potere. Regnare incontrastato su tutta la terra, per sempre, annientando tutti i nemici che mi si parano davanti. Non ti sembra un motivo sufficiente? La morte, unico impedimento verso la perfezione del mago, con i miei poteri infiniti e con l’immortalità sarò…” la mia risata riempì la stanza. Non c’era nessuna traccia del vecchio signore oscuro. Nessuna. “Balle.” Forse fu quello, a rendermi così eloquente “tu hai paura della morte.”

Il silenzio cadde nella sala.

I mangiamorte avevano già impugnato le loro bacchette, e lui mi guardava con uno sguardo che voleva incutermi terrore. Babbeo. Solo un grande e grosso idiota. “Come ti permetti di…” “Sognavi la morte, e urlavi, e piangevi nel sonno, e ti disperavi. L’unico tuo obbiettivo era annientare la morte, diventare padrone di quello che ti metteva paura, così saresti stato sicuro di non dovere temere più niente. Ma ora, non sei più capace neanche di ricordarti a che punto eri con le tue ricerche. Eri a buon punto, vero? Godevi già di una semi-immortalità, ma qualche cosa è andata storta, e sei caduto. E ora, l’unico tuo obbiettivo è vendicarti di chi ti ha annientato tempo fa. Sei caduto in basso, Tom Riddle, eri il più grande mago oscuro di tutti i tempi, eri un genio, a modo tuo, e inseguivi senza sosta un obbiettivo. Sbagliato, erroneo, certo. Ma il modo in cui lo perseguivi, il tuo non fermarti davanti a niente ed a nessuno era spregevole, ma invidiabile, e ti rendeva uno dei più grandi e forti uomini del tuo tempo. Ed ora non sei che uno sciocco uomo che vive nei ricordi del suo glorioso passato. Un’ombra senza futuro, che fra non molto verrà annientata perché avrà perso la sua forza antica e i suoi fedeli alleati. Sei destinato a morire, Tom Riddle, e piangerai e urlerai quando la nera signora ti verrà a baciare. Ma non potrai fare niente per impedirlo. Non raggiungerai il tuo scopo. Lo hai perso tanti, troppi anni fa. Ora non sei più il grande Lord Voldemort, il mago di cui si temeva pronunciare il nome, sei solo il povero orfano Tom Orvoloson Riddle, baciato dalla sfortuna e destinato a una morte solitaria…”.

Fu in quel momento che lo vidi. Uno scintillio nei suoi occhi, una briciola di lava fumante, che mi immobilizzò. Eccolo, Lord Voldemort. Allora c’era ancora, sepolto sotto strati di pazzia e vendetta! Ma era troppo debole, troppo in profondità. Non sarebbe risorto. Sorrisi, all’indirizzo di quella scintilla che mi stava lentamente consumando all’interno, e la beffeggiai, ricordandole la sua morta gloria.

Tom Riddle mi puntò la bacchetta contro.

Ecco, era giunta. Era ora. Scoprii che non ero poi così arrabbiata di morire inutilmente. Quello che dovevo fare l’avevo fatto. Non avrei realizzato i miei sogni, forse nessuno si sarebbe ricordato di me, ma avevo avuto la soddisfazione di offender il vero Lord Voldemort, non solo quell’idiota mezzosangue di Riddle.

“Memento mori, Signor Riddle” esclamai, prima di essere raggiunta dalla maledizione senza perdono, e di cadere a terra, con il sorriso sulle labbra gelide mentre la vita, lentamente, abbandonava il mio ormai inutile corpo.

  
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