So, this is the end?
“Le
ruote hanno cominciato a girare.
Con una
forza a cui non
so opporre resistenza.
Tu resti
immobile nello
stesso punto, mentre io vado avanti.
Non
voglio che accada.
Mi fa
male.. mi fa
tanto male..
però
questo dolore è
l’unico legame che mi unisce ancora a te.
Perciò
voglio
custodirlo con ogni cura.”
–Full
moon[i]
Un
vento gelido sferzava le caviglie sottili della donna, mentre
continuava ad
avanzare sotto la pioggia battente.
L’ombrello
le sfuggiva dalle mani per il vento, mentre la pioggia bagnava i lunghi
capelli
color rame.
Eppure
la donna continuava a camminare, mentre i tacchi alti che portava si
infilzavano nel terreno fangoso sotto i suoi piedi.
Il
guardiano le aveva consigliato di passare un altro giorno, evitando una
camminata per quel lugubre posto mentre un vero e proprio acquazzone
scrosciava
dal cielo.
La
rossa non aveva fatto caso alle raccomandazioni del custode, decisa a
raggiungere il suo obbiettivo.
Perché
non avrebbe avuto senso farlo un altro giorno.
Perché
non si sarebbe potuta permettere un altro giorno di debolezza.
Conosceva
bene la strada, praticamente a memoria, quindi i suoi passi avanzavano
sicuri
nonostante il temporale non le permettesse di distinguere chiaramente
il
sentiero.
Il
clima cupo e tetro non la intimoriva, in fondo aveva vissuto esperienze
ben
peggiori di una passeggiata in un cimitero in un giorno di pioggia.
Strinse
a se il mazzo di gigli rossi che teneva in mano, attenta a non
sciuparli sotto
la pioggia.
Si
ravvivò i capelli con una mano prima di arrivare al suo
obiettivo, come se
qualcuno l’avesse potuta vedere.
Si
fermò di fronte ad una lapide e si accoccolò
sulle ginocchia, allungando piano
i fiori per poi posarli sull’erba davanti a lei, in modo
quasi reverenziale.
Aveva
lo sguardo basso, non osava leggere il nome inciso nella fredda pietra
sepolcrale, nonostante sapesse benissimo il nome della persona che
giaceva in
quella fredda terra.
-Questi
erano i tuoi fiori preferiti, me lo dissi te un giorno.-
Sussurrò
la donna con voce talmente flebile che lo scrosciare della pioggia la
ingoiò
non appena uscì da quelle labbra sottili.
-E
sai perché erano i tuoi preferiti?-
Mormorò
ancora, giocherellando con un ciuffo d’erba zuppa, mentre gli
occhi non osavano
ancora guardare la pietra di fronte a lei.
-Perché
avevano lo stesso colore dei miei capelli.-
Uscì
ancora più flebile, spezzato da un singhiozzo.
La
donna si portò una mano alla bocca trattenendone un altro.
-Ti
ricordi? Gli avevamo trovati nell’isola di Ssese e tu mi
dissi che ti piacevano
un sacco perché ti ricordavano me. Ed ora è
strano lasciarli sulla tua tomba.-
La
ragazza alzò gli occhi e lesse quel nome con timore, mentre
dalle sue labbra
usciva un altro sussurro:
-Ed
ora è strano che la tua assassina li lasci sulla tua tomba,
Zoro.-
La
rossa si nascose sotto l’ombrello, mentre i capelli ormai
bagnati le si
appiccicavano alla camicetta azzurra che portava.
Quindi
restò in silenzio, a piangere, mentre il rumore della
pioggia cercava di
sovrastare quello dei suoi pensieri.
Neanche
il rumore di passi sulla ghiaia fece alzare la testa alla donna,
nascosta sotto
il suo ombrello.
Un
uomo con un cappello in paglia le si fermò accanto ed in
silenzio lesse il nome
sulla lapide, nonostante anche lui lo conoscesse bene.
Restarono
in silenzio entrambi per parecchi minuti, mentre la pioggia non
accennava a
diminuire, quindi l’uomo parlò con tono tranquillo:
-Quando
è morto mio fratello io volevo morire, sai?-
La
rossa non alzò la testa, ma l’uomo era sicuro che
lo stesse ascoltando, perché
un brivido la scosse ricordando anche la morte di Ace.
-Pensavo
che tutto quello che aveva fatto, tutto quello che aveva portato nelle
nostre
vite scomparisse con la sua morte, che sarebbe scomparso dalle nostre
vite e
basta. E invece non è stato cosi`. Lui se
n’è andato da quasi dieci anni,
eppure ogni volta che ci penso capisco come sia ancora vivo dentro di
me, nei
miei ricordi.-
Il
moro si infilò le mani in tasca, mentre un sorriso gli
illuminava il volto.
-Nami,
non esiste separazione definitiva fino a quando
c’è il ricordo.[ii]
E i ricordi non spariranno mai. Quindi tutte le persone che ci hanno
lasciati o
che ora sono lontane vivono nei nostri ricordi e quelli sono eterni.-
La
donna alzò la testa, lasciando intravedere da sotto
l’ombrello gli occhi rossi
di pianto e colmi di angoscia.
-Rufy,
ma è stata colpa mia. Io l’ho ucciso.-
La
voce le si ruppe nuovamente, mentre rincominciava a piangere.
Cappello
di paglia le si accoccolò affianco, stringendola in un
abbraccio rassicurante.
-Non
l’hai ucciso te, Nami.-
Sussurrò
all’orecchio della rossa.
-Lui
si è sacrificato per salvarti. Togliti da quella testolina
questa tua
convinzione.-
Nami
sospirò e rispose:
-Ma
se lui non si fosse buttato in mezzo ora sarebbe vivo. E ci avreste
sicuramente
guadagnato tutti se fossi morta io al suo posto.-
Il
capitano si rabbuiò, poi, con sguardo severo, rispose:
-Non
dirlo neanche per scherzo. Lui ha fatto la sua scelta, ha scelto di
salvare la
donna che amava. E doveva essere un sentimento veramente profondo il
suo se è
stato pronto a sacrificarsi per te.-
Quelle
parole colpirono la navigatrice nel profondo.
Quant’era
cresciuto il suo capitano in tutto quel tempo?
Probabilmente
molto più di lei, convinta che continuando a crogiolarsi nel
senso di colpa e
nel dolore l’avrebbe ricordato per sempre.
Il
ragazzo si alzò e le tese la mano per aiutarla a fare lo
stesso.
-Dovresti
smetterla di torturarti. Sono passati sei anni, non pensi sia ora di
perdonarti? Non è continuando a piangere ogni anno alla sua
tomba che tu
onorerai la sua memoria.-
Lei
prese la mano e si tirò su, iniziando ad osservare la tomba
dello spadaccino,
mentre Rufy la stringeva in una sorta di abbraccio.
E
intanto la pioggia iniziava a scendere meno forte.
-Potevate
aspettarci per venire a salutare la zucca verde!-
Esclamò
una voce facendo voltare i due pirati.
Sulle
labbra di Nami scappò un sorriso.
C’erano
tutti.
Nessuno
di loro si era dimenticato di Zoro, erano tutti li, per salutarlo.
Usop,
Brook, Chopper, Nico Robin, Franky e anche Sanji.
Ed
in quell’attimo Nami capì.
In
quel momento un raggio di sole colpì la lapide, rendendola
meno fredda.
Roronoa
Zoro non sarebbe mai morto,
perché avrebbe vissuto in eterno nei cuori della sua ciurma.