Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: moonsun    29/04/2013    1 recensioni
il nostro è solo un mondo a metà, due esistenze parallele irraggiungibili alle quali aspiro, ignorando, forse forzatamente , la realtà in cui vivo. mi piacerebbe ammirare la trasparezza dei tuoi occhi , mi piacerebbe capire quanto in fondo devo scavare per trovare la tua realtà, e io vorrei con tutta me stessa essere lì, in fondo al tuo cuore, e non uscirne MAI. mi piaci, devo solo ammetterlo a me stessa .
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

il sudore era troppo e la musica pian piano diminuiva, effettuai tre pas de bourree, un pirouette e mi fermai, riappoggiando entrambi i piedi su tutta la pianta, rivolta verso Claire, una donna tanto riccia quanto dolce e pignola allo stesso tempo, mi fissava impassibile, con il suo sguardo autoritario che celava quel pizzico di fierezza nei miei confronti,riuscivo a scorgerlo sempre.

Claire: "quando salti, lo sancio deve essere dato da entrambe le gambe, ricordalo".

accennai un sorriso passandomi i polsini sudaticci sulla fronte, salutai la mia insegnante e uscii dalla sala di specchi, il luogo che più di tutti da 13 anni a questa parte chiamavo casa.

con un borsone rigonfio di scarpette e tutù che pesava su una spalla, mi incamminai verso l'uscita dell'edificio, stanca e infreddolita dal tempo invernale. Sentii una gocciolina bagnarmi la cute,indossai il cappello e infilai le mani nella fessura delle tasche del cappotto e aumentai il passo. Mentre percorrevo il marciapiede superai con lo sguardo un gruppo di ragazzi dall'altra parte della strada che , come quasi ogni sera, si radunavano con 4 birre e una ventina di canne in bocca sempre e solo in quel luogo , senza mai spostarsi, su una panchina che forse non conteneva nenache 1/3 di quanti erano loro. Uno seduto all'estremità della panchina con il viso incappucciato, alzò la testa nella mia direzione e ciccò qualcosa che teneva tra l'indice e il medio sull'asfalto sotto di lui,improvvisamete distolsi lo sguardo da quel gruppo caciarone troppo nichilista per i miei gusti e mi affrettai a raggiungere la fermata dell'auto, forse impaurita nel sostenere il suo sgurado, forse solo per paura che scoppiasse un alluvione e io non ero in casa. Il mio era un casale su due livelli, lo aveva costruito mio padre prima del divorzio, "un pastrocchio" , lo definisce ancora mia madre, pieno di crepe e dislivelli , ma per quello che ci era costato ce lo facevamo andare più che bene. Mia madre, Anne, un imprenditrice tutto fare, se così la si può chiamare, era una donnetta con qualche chilo in più sul sedere e una voglia di vivere assurda: erano più le sere che mi chiamava per dirmi di non aspettarla in piedi di quelle in cui veniva a darmi la buonanotte, quando se ne ricordava. nonostante tutto ci volevamo un mondo di bene e io non potevo immaginare di vivere senza i suoi continui rimporveri per il mio disordine o le sue scuse per il pollo bruciato nel microonde, l'unico elettrodimestico che , come da dilettanti, riusciva a gestire.

Anne: "Ronnie, tesoro,come è andata a danza? io esco, la cena è nel frigo".

mi baciò la fronte e per un attimo sentii come l'attrito del muro diminuire a contatto con la porta che distrattamente lo percosse in modo troppo brusco, se ne era andata.

Mi svegliai nella penombra, l'albero che negli anni era cresciuto appena fuori dalla mi finestra , ostacolava la tenue luce del mattino. Stiracchiai le dita dei piedi, pieni di calli per lo sforzo e il continuo utilizzo delle punte e velocemente mi preparai. erano le otto del mattino quando uscii di casa, il sole non spaccava le pietre ma stranamente riuscivo a vederlo. L'auto della mia collega Giulia era parcheggiata puntualmente di fronte al cancelletto di casa mia e mi affrettai per raggiungerla, con un sorriso sulle labbra, uno vero. Giulia aveva un caratteraccio, si irritava spesso e andava molto a simpatia, anche con i suoi pazienti, tuttavia continuavo a ritenerla una persona affidabile e dal retrogusto sexy, insomma quando ne avevo avuto bisogno lei c'era, questo è l'importante.

Ronnie: "è molto che aspetti?"

Giulia: "qualche minuto" accennò un sorriso e mi porse un cappuccino preconfezionato: quando era di buon umore passava al bar di fronte.

Al lavoro oggi c'era poca gente, forse perchè era festivo. Mark mi raggiunse correndo appena mi vide, era sempre una gioia vedere quel bimbo: era molto emotivo e timido,non aveva legato quasi con nessuno, ma con me aveva un rapporto speciale, mi considerava quasi una seconda mamma, e potevo metterci la mano sul fuoco che se non fosse stato un bimbo down gli altri l'avrebbero visto come lo guardo io tutti i giorni: un bimbo con un'anima, una vita e un cuore che batte. Quando mi abbraciò, riuscii a sentire quel cuoricino e in quel momento nessuno per me era più vivo di lui. Molti dall'orfanatrofio se ne andavano, trovavano una famiglia o raggiungevano la maggiore età, ma da quando ci lavoravo Mark è stato sempre e solo mio, forse perchè solo io meritavo di riderci insieme, di imboccarlo e aiutarlo a camminare quando serviva, solo io potevo farlo, ero estremamente gelosa di quel bimbo fuori dal comune e non considerato. Se non fosse stato per la mia giovanissima età, avrei già firmato le carte per averlo, ma i miei 18 anni, purtroppo, me lo impedivano.

A danza quel pomeriggio ballai sulle note del lago dei cigni per più di due ore consecutive, il sangue pulsava dalle caviglie in giù, ma la mente era libera da ogni pensiero, in quel momento dentro di me regnava la calma, la serenità, quello era tutto ciò che in una vita avrei mai desiderato di avere. Claire questa volta non potè giudicarmi perchè era nella sala accanto alle prese con dei mocciosi principianti vogliosi di imparare già dalla prima lezione, più volte approfittai di una pausa per riprendere fiato o solo per contemplare il mio corpo allo specchio, senza riuscire a giudicarlo, un volto impassibile il mio, riflesso su quello specchio quasi del tutto appannato per l'aria calda e soffocante che si era creata.

Tornando a casa le situazioni erano sempre le stesse: un vecchio con ii cane, le serrande dei negozi che alle otto iniziano a chiudersi, i panni che vengono silenziosamente ritirati dagli stendini nei balconcini e io incappucciata fin sopra le orecchie con le mani strette in pugni nelle tasche per il freddo a fissare di nascosto i ragazzi dall'altra parte della strada: questa volta le birre erano di più e l'odore dell'alcool riuscivo a sentirlo anche a dieci metri di distanza. Appena rivolsi lo sguardo verso di loro notai subito un ragazzo leggermente chinato su se stesso in procinto di baciare una biondina alle prese con un bottiglia, ormai vuota. i nostri sguardi si incontrarono per un secondo, ero come ipnotizzata da quel ragazzo che avrei giurato essere lo stesso che mi guardò la sera precedente , riconoscevo il portamento e il fascino, anche a distanza, ma, a differenza dell'altra volta, ora mi sentivo completametne atrraversata dal suo sguardo, come se volesse farmi una radiografia. Riposizionai il borsone sulla spalla in modo da pesarmi meno e mi diressi velocemente verso la fermata dell'auto, diretta verso casa. Quelli erano ragazzi malvagi.
-------aaallora: è la prima storia che scrivo, non so come funziona qui e per essere sincera vorrei sapere se a qualcuno interessa prima di continualre. un baciooooooone <3





 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: moonsun