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Autore: nals    30/04/2013    0 recensioni
Adesso studio, adesso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Uhm.






Quant’è che valgo, eh?
 
Spazzatura
Disegni da scollare e poi sputare, sputare, sputare tutta l’aria ingoiata in fretta. Per sbaglio.
Vomitarti OduesenzaC e COdue sulle scarpe assieme al calcare di pietra che le è germogliato in pancia.
Adesso studio, adesso.
Ha i disegni da scollare. E poi tutto giù, nel cesso.
Quant’è che valgo, eh?
Quant’è che valgo?
Per te.
 
Non voleva averne più di cadaveri ad agitarsi e sbattere sullo sterno, Andrea; non ne voleva più.
Li volevi tu.
Adesso studio, adesso.
Le hai viste le mie radici? Le hai viste le mie radici, stronzo?
Ti si sono ancorate alla manica della felpa in due minuti; siccome pioveva.
Tu ti ricordavi bambino
 – “È importante, per me è importante” –
io respiravo te e me.
“Sono Andrea e ho paura. Ho paura del mondo che non mi abbraccia mai e delle blatte giganti che sogno a zampettarmi sulle gambe tra le lenzuola. E tu?”
Fumavi.
Lei ci ha provato a fumare.
Ci ho provato davvero; non fa per me.
 
 
Quant’è che valgo?
Per te.
Adesso studio, adesso.
Rimesta i giorni passati con le dita, di notte, Andrea. Musica triste in loop a pomparle nel miocardio.
Ibernazione fisiologica e fallimentare, forse. Anestetizzante per non pensare.
EH?
 “C’è questa tizia che scrive, sai? Ogni tanto. E non lo so se è brava. Le fa bene e un po’ no.
Fissa la vita su un foglio con gli spillini per ricordarsene meglio. Vuoi ricordartene assieme a lei?”
Prega che Ipno le rapisca i sogni; rigurgita sillabe monche sul cuscino.
Quant’è che valgo? Per te.
 
 
Inciampa nei suoi lacci, Andrea, trascinandosi  dietro scatoloni sigillati male.
Ci son dentro tutti quei “sì” lasciati a marcire tra gli incisivi e la lingua, poi  infilati nello spazio tra i cuscini del divano in cucina.
Non riesce a respirare più l’Aria, le s’impiglia in gola.  Tutte le mattine.
Felicità compressa da buttar giù senz’acqua.
Cosa mi hai fatto, eh?
Sullivan non scopa e basta. E tu non gli somigli. No, che non gli somigli.
Sullivan muore anche, d’amore. Ma tu non sai un cazzo, tu non sai un cazzo.
Di lui, di lei.
Di me.
 
 
Com’è? Dimmi com’è?
Campare in Aria così.
– bugiebugiebugiebugiebugiebugiebugiebugie –
Com’è?
 
Ha ricordato il tuo odore, Andrea; l’ha ricordato all’improvviso mentre tu ti scioglievi in un abbraccio, al sole. Lontano. Fuori.
Pioveva dal soffitto, invece, dentro.
“Prendi un secchio. Prendi un fottutissimo secchio. Prendi un secchio. Un secchio, cazzo. Un secchio del cazzo. Prendi un secchio del cazzo.”
Niente. Nemmeno un bicchiere, di quelli che la macchinetta ti sputa fuori con un beep a cinque centesimi, vuoto.
Andrea s’è rannicchiata sugli scalini freddi e ha preso a ricucirsi il buco nero che le si era allargato in pancia.
Pezzi di lei son corsi lontano ridendo, in bilico, su due ruote.
 
 
Tieniteli i pezzi che t’ho regalato, tieniteli. Ma prenditi i tuoi. Tutti, tutti, tutti.
Trapanami il cervello – non m’importa – trapanami il cervello, strappami via l’ippocampo, arrotolalo nelle  cartine e fumati anche quello.
Ma trapanami il cervello raccogliti per intero, o a brandelli.
Non ne vuole più di cadaveri a sbatterle sullo sterno, Andrea.
Trapanale il cervello e raccogliti tutto, non ne vuole più,
non ti vuole più.


 
 Adesso studio, adesso.

 
   
 
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