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Autore: Fiamma Erin Gaunt    30/04/2013    3 recensioni
Dorcas ed Evan non si vedono da un anno, ma, quando il ragazzo rimane ferito in uno scontro tra Mangiamorte ed Auror, l'ex Grifondoro non può fare a meno di correre da lui.
Perchè le vere storie d'amore non finiscono mai.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorcas Meadowes, Evan Rosier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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You and I, me and you
 















 
Se glielo avessero chiesto, Dorcas non avrebbe saputo dare una risposta logica al perchè un Auror, e non uno qualsiasi ma la prediletta di Malocchio Moody, fosse finita in piena notte nel giardino di Villa Rosier. Quello che stava facendo andava contro tutte le regole che si era imposta in quegli anni, quando senza grandi successi aveva tentato di togliersi dalla testa lui, il primo e unico ragazzo che era stato capace di farle battere il cuore: Evan.
Non lo vedeva dalla fine del loro settimo anno, circa un anno prima, ed era persino riuscita a convincersi di averlo dimenticato del tutto, ma la notizia che fosse rimasto ferito durante uno degli scontri tra Mangiamorte ed Auror l’aveva gettata nel panico. Non aveva sopportato di starsene a casa senza sapere se stesse bene e, senza stare a pensare all’avventatezza della sua decisione, si era Smaterializzata. Ed ora eccola lì, ferma nel buio a maledirsi per la sua impulsività e a pregare silenziosamente Merlino affinchè fosse solo in casa. Sospirò, incamminandosi lungo il vialetto in marmo bianco, cercando di fare il minor rumore possibile. Aveva appena messo piede sul patio, quando la porta si aprì a mostrare un ragazzo dalla carnagione olivastra, i tratti del volto marcati e un paio di cupi occhi blu che la fissavano con una scintilla della solita ironia.
- Ce ne hai messo di tempo, Meadowes. –
Inarcò un sopracciglio, sarcastica.
- Cosa c’è, sei diventato un Veggente, per caso? –
- Credimi, quando si tratta di te ed Evan serve a poco la Divinazione. È al piano di sopra, terza porta a destra. – aggiunse, indicandole la rampa di scale alle sue spalle.
- Sta… -
- Bene? No, ma si rimetterà. –
Dorcas annuì, sforzandosi di non percorrere i pochi gradini che la separavano da lui di corsa. Insomma, aveva pur sempre il suo orgoglio e non voleva fare la figura della ragazzina spaventata che correva tra le braccia del bel tenebroso di turno. Con la coda dell’occhio vide che Wilkes la osservava, un’ombra di divertimento gli solcava il volto. Se trovava il tempo di divertirsi, Evan non doveva stare poi così male. Bussò lievemente alla porta in noce, facendosi coraggio e varcando la soglia non appena le fu accordato il permesso.
La stanza era identica a come la ricordava: le stesse tende in broccato color smeraldo, che ben si abbinavano al copriletto e alle tendine del letto a baldacchino, e le mura dipinte di un verde pastello. Tra le lenzuola di seta, adagiato su un paio di cuscini dall’aria soffice, giaceva Evan.
Voltò la testa verso di lei, incrociando gli occhi blu ai suoi smeraldini.
- Sei venuta. –
Dal tono si capiva che non lo aveva ritenuto possibile. Lo aveva sperato, certo, come innumerevoli altre volte durante quell’anno, ma aveva sempre pensato che non sarebbe mai tornata sulla sua decisione. Invece eccola lì: le morbide onde dorate e gli occhi verdi, il volto dai tratti leggermente felini e quell’aria imbarazzata che solo lui era in grado di suscitare. Sorrise, lieto nel constatare che nulla era cambiato, era ancora il suo raggio di Sole.
- Allora, come stai? –
- Ora bene. –
Calcò leggermente sulla prima parola, soddisfatto dall’effetto che aveva suscitato in lei. Le guance, di solito rosa pallido, erano improvvisamente avvampate.
- Vi lascio soli, se ti serve qualcosa, chiamami. – intervenne Rico, scambiando un cenno d’intesa con il cugino e tornando al piano di sotto.
- Non pensavo che saresti venuta, mi hai sorpreso. –
- Ho sorpreso anche me stessa. – ammise, esaminando la stanza alla ricerca di qualcosa su cui sedersi.
- Vieni qui. – la invitò, scostandosi leggermente e lasciandole un po’ di letto su cui sedersi.
Lo osservò dubbiosa, avvicinandosi lentamente, come se temesse di non riuscire a tenere sotto controllo le sue azioni.
- Non credo sia una buona idea. –
Evan inarcò un sopracciglio, come faceva sempre quando la sentiva dire qualcosa di divertente o d’ imprevisto.
- Hai paura che ti salti addosso? Credimi, anche volendo, in questo momento non sono nelle condizioni di farlo. –
Se pensava di aver raggiunto il massimo dell’imbarazzo, si sbagliava di grosso. Avvampò ancora di più, certa che le sue guance fossero ormai dello stesso colore dei papaveri. Si accomodò sul copriletto, stando attenta a non scivolare giù.
- Detesto la seta. – bofonchiò, trovando finalmente la posizione adatta.
- A me piace, la trovo gradevole al tatto. –
- Questo perché tu riesci a starci sopra senza scivolare. –
Nel momento stesso in cui lo disse, si rese conto che non era la verità. C’era stata una volta, forse la prima e unica, in cui anche il “grande” Evan Rosier era risultato impacciato ed era finito con il cadere a terra. Ridacchiò leggermente.
- A cosa stai pensando? –
- Al fatto che anche tu sei scivolato una volta. –
Evan sorrise a sua volta, massaggiandosi il mento su cui spiccava una piccola cicatrice. Era poco più di un graffietto, ma per lui era la cosa più cara che avesse. Ricordava con precisione come se l’era procurata.
 
Era l’ultimo mese di scuola e lui e Dorcas si trovavano nella sua stanza, che miracolosamente era stata lasciata vuota dai suoi compagni di dormitorio. Avevano riso e scherzato, baciandosi con sempre più intensità, finchè non erano finiti sul suo letto. L’aveva guardata con lieve curiosità, quasi come a chiederle il permesso di andare avanti, e lei aveva accettato, confidandogli, a voce talmente bassa che per un attimo aveva pensato di esserselo solo immaginato, che quella era la prima volta per lei. A quelle parole, una lieve morsa gli aveva attanagliato lo stomaco e si era ritrovato improvvisamente pieno di dubbi. Era la persona giusta per lei? Avrebbe serbato quel ricordo con gioia o se ne sarebbe presto sbarazzata? Ponendosi tutte quelle domande, che per una volta non avevano nulla a che fare con lui e il suo tornaconto personale, aveva finalmente capito una cosa: ne era davvero innamorato. Lo era al punto che avrebbe messo da parte ogni suo interesse pur di vederla felice. Era stato allora che, troppo preso dalle sue considerazioni, era scivolato giù dal letto, battendo il mento sullo spigolo del comodino.
 
- Già, è stato allora che ho capito che amarti faceva male. – confermò, ridendo al pensiero di quanto doveva essere parso ridicolo, a terra con il mento sanguinante.
- Certo, adesso è colpa mia se eri troppo sovrappensiero per riuscire a non scivolare. –
- Ovviamente. Stavo pensando a te, o meglio, a noi. – si corresse.
Dorcas abbassò lo sguardo, tenendolo ostinatamente puntato sul pavimento.
- È stato tempo fa. –
- Non così tanto, e a quanto pare non è cambiato nulla. – asserì.
Il sorriso arrogante, che per anni la ragazza aveva accostato alla sua immagine, quasi fosse un marchio di fabbrica, lampeggiò brevemente sul volto dai tratti perfetti.
- Sempre questo tono convinto. –
- Sbaglio forse? E se sì, perché sei qui? –
Aprì la bocca per rispondere, ma la richiuse subito dopo. Aveva ragione: perché si era precipitata lì?
- Io… io non lo so. – mormorò, maledicendosi per il tono incerto che le era uscito. Era quello di una bambina spaurita, preda di emozioni troppo forti e complesse per lei, ed in effetti si sentiva così in quel momento, ma non voleva che lui se ne rendesse conto.
- Ho semplicemente sentito che dovevo venire qui, dovevo vederti e sapere che stavi bene. –
Evan le sorrise, accarezzandole una guancia con delicatezza.
- Pensi sia possibile che… ecco, credi che tu possa essere ancora innamorata di me? –
Le aveva posto la domanda cercando di rimanere il più composto possibile, non voleva fare la figura dello sciocco che ci credeva ancora dopo tutto quel tempo, né dell’arrogante che lo dava per scontato.
- Penso che non potrò mai smettere di amarti, indipendentemente da quello che tu faccia o dica. Una parte di me sa che è sbagliato, ho scelto da che parte stare e non posso avere tutte e due le cose, ma a l’altra non interessa, vuole solo essere felice. Sono così egoista. – mormorò.
- Ehy, tu sei la persona meno egoista che abbia mai incontrato. Se lo fossi, non avresti tutti questi scrupoli e faresti ciò che vuoi. – replicò, prendendole la mano e cercando di mettersi seduto. Gli sfuggì un lieve rantolo.
- Rimani fermo, non dovresti muoverti. –
- No, voglio sedermi, dammi una mano. –
- Vuoi sempre averla vinta tu, è? – rise Dorcas, ripensando alle innumerevoli discussioni che avevano avuto durante gli anni di scuola.
- E tu sei la solita Grifondoro insopportabilmente buona e testarda. – concluse, ridendo a sua volta.
- Non mi ameresti se fossi diversa, no? –
Un buffo suono, a metà tra una risata e un colpo di tosse, fu la replica del ragazzo.
- Sai, credo che tu abbia ragione. Mi sono innamorato di te perché sei diversa dalle altre. Hai quel modo di fare sempre così disponibile, anche con i bastardi come me, non giudichi mai nessuno e cerchi di vedere il buono nelle persone. Sei leale, divertente, intelligente e coraggiosa. –
- Nient’altro? – chiese ironicamente.
- Bè, sì, in effetti sei anche un gran bel pezzo di… -
Un’occhiataccia di Dorcas lo zittì.
- Ragazza… stavo per dire ragazza, lo giuro! – concluse, alzando le mani in segno di resa.
La ragazza inarcò un sopracciglio, con l’aria di chi si limitava a far finta di credere alle sue parole ma non ne era del tutto convinta.
- Sentiamo, miss Meadowes, cosa ha trovato in una canaglia come me? –
Dorcas tamburellò con l’indice sul labbro inferiore, nella posa che assumeva quando rifletteva su qualcosa di particolarmente importante o complicato.
- Credo che inizialmente mi sono sentita attratta da te proprio per il tuo essere una canaglia. Sai, tutta la storia delle brave ragazze che finiscono per perdere la testa per gli stronzi. Anche tu eri diverso dai ragazzi che ero abituata a frequentare: cinico, disincantato e con una tendenza piuttosto spiccata alla teatralità e all’egocentrismo. Mi incuriosivi, volevo capire fin dove arrivasse la tua imprevedibilità e non mi aspettavo certo che finissi per innamorarmi dei tuoi comportamenti lunatici o del tuo essere talvolta schivo e misterioso. –
- Sono confuso, mi stai insultando o è una dichiarazione? – scherzò, strappandole una risata.
- Ci stavo arrivando, se gentilmente mi lasci finire il discorso. Conoscendoti ho visto l’altro Evan, quello che sa essere dolce e appassionato, protettivo e con un senso dell’umorismo tutto suo. Mi hai mostrato la tua faccia nascosta, quella che forse solo io e Rico conosciamo sul serio, e mi sono innamorata di quell’Evan, perché è quello che sei realmente. Questa, la facciata del perfetto Purosangue Mangiamorte, non è altro che una recita. –
Si strinse nelle spalle, attendendo la reazione del ragazzo.
- Però, e ci sei arrivata tutta da sola? – commentò, cercando di sdrammatizzare un po’ la situazione.
Dorcas sorrise, lasciandosi attirare verso di lui.
- Ti amo, testarda di una Grifondoro. –
- E io amo te, egocentrico di un Serpeverde. –
Le labbra del ragazzo, fredde e morbide, reclamarono le sue, in un bacio infuocato. Chiudendo gli occhi, Dorcas si rese conto che finalmente sentiva nuovamente le farfalle nello stomaco.








 
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Spazio autrice:

Chi mi segue avrà ormai capito che questo è il mio OTP. Non c'è molto da dire se non che amo questi due insieme, sono tanto amore *__* e che la storia è stata scritta per il contest "Perchè mi ami?" indetto da Sweet Cupcake sul forum.
Fatemi sapere che ne pensate.
Baci baci,
               Fiamma Erin Gaunt

  
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