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Autore: amanda91    01/05/2013    8 recensioni
Elena brama la vita, ma vive di menzogne. Damon è fuggito anni prima. Un incontro inatteso, destinato ad unirli. Due vite destinate ad incontrarsi, due anime destinate ad amarsi.
N.B= Tutti umani
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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POV ELENA

“A cosa serve dell’ananas?” domandò Damon con una buffa espressione interrogativa mentre afferrava il frutto da un mucchio disordinato al suo fianco.
“E’ ottimo da mangiare”
“Non lo avrei mai detto”
Inarcò un sopracciglio perplessa “Stai scherzando? Non hai mai mangiato un ananas?”
“Piuttosto… - sviò scocciato – ricordami perché siamo qui”
Adagiò distratto l’acquisto nel carrello stracolmo.
“Facciamo la spesa?” gli suggerì ovvia con sarcasmo.
“Le zitelle fanno la spesa! Le mogli fanno la spesa! Io non faccio la spesa”
“Preferivi ripulire le interiora del tacchino?”
In risposta scosse la testa disgustato.
“Ecco appunto! Stai zitto e seguimi”
“Ehi ragazzina! Ci stai prendendo gusto a dettare legge?”
Si arrestò a metà della corsia tra i surgelati e le casse. Ora aveva tutta la sua attenzione, lui e il suo broncio esagerato e quel continuo frignare indispettito.
“Veramente è stata Jenna a dettare ordini, è inutile che davanti a lei fai il soldatino di piombo e poi ti lamenti con me!” cacciò la lingua indispettita.
Averlo tra i piedi, discuterci, prendersi in giro, aiutava entrambi a restare lucidi dopo quel bacio e la passione esplosa irrefrenabile. L’insistenza di Jenna, poi, nell’ordinargli quella commissione ai grandi magazzini li aveva convinti dell’inutilità di desistere. Tanto valeva obbedire, sarebbero rimasti perlomeno in un luogo pubblico, impegnati a fare altro, avrebbero tenuto la mente occupata, gli ormoni sopiti e le mani a posto. Ma era così difficile… così difficile dopo aver sentito la passione del suo abbraccio, l’irruente tocco della sua lingua, il desiderio delle sue labbra… così difficile fingere di non volerlo ancora, ogni secondo, mentre battibeccavano come una vera coppia tra gli scaffali di un supermercato, mentre la esaminava con due pozze color cielo vispe e felici come mai, con le guance arrossate dal freddo e l’aria distesa e cristallina.
“E’ vero non ho osato contraddirla, e nemmeno tu!”  le ricordò orgoglioso e impertinente poggiandosi con un gomito sul poggiamano del carrello che lei di tutta risposta afferrò rapida dal lato opposto tirandolo verso di sé. Colto alla sprovvista perse l’equilibrio rischiando di sbilanciarsi in avanti.
Rise di gusto mentre lui scattava indispettito, e nel tentativo vano di sfuggire riuscì a malapena a voltargli le spalle, prima di ricadere prigioniera delle sue braccia.
“Attenta piccoletta – le soffiò all’orecchio – non giocare col fuoco …”
Un brivido caldo la percorse per intero portandola a tremare mentre stretta a lui lo sentì posarle un bacio languido dietro l’orecchio, risalire verso il lobo, lento e ritmato, profondo al punto giusto. Al diavolo il pericolo di essere visti! Incapacitata a reagire si lasciò voltare, mansueta e ad occhi chiusi. Fremeva per averlo, e lui era distante solo un palmo, sentiva il suo fiato incendiarle le labbra, il preavviso di quel bacio tanto agoniato.
Ma Damon era uno stronzo, avrebbe dovuto saperlo.
“… Potresti scottarti”
A quel bisbigliò spalancò gli occhi stizzita ritrovandolo fastidiosamente sorridente e per  niente intenzionato a baciarla.
Si prendeva gioco di lei, lo stronzo. Troppo orgogliosa per prendere lei l’iniziativa sbuffò rumorosamente riprendendo a dedicarsi agli acquisti.
 

Il Natale era arrivato, con il freddo pungente, l’odore di zucchero e noccioline, e i multicolori intermittenti fari nella notte. Percepiva quell’aria di festa dal retrogusto amaro della perdita che in quelle occasioni era più vivo che mai, lo sentiva attutito anche in quel momento, in compagnia dell’uomo che le aveva stravolto la vita, su una panchina in ombra nella piazzetta di Misti Falls. Damon aveva insistito per fermarsi quando passando di lì all’andata avevano notato uno stand di noccioline e lei aveva detto di desiderarle, così al ritorno aveva voluto accostare nonostante le sue opposizioni.
Uno dei suoi tanti volti, quello premuroso e attento, quello più nascosto ma che lei, unica beneficiaria, apprezzava  più di tutti.
“Non c’è qualcosa nel Natale che ti fa sognare di svegliarti sotto un cipresso?” domandò insofferente mascherando con pungente ironia la sua vera inquietudine.
Damon si stiracchiò languido sgranocchiando una nocciolina appena rubatele.
“Cosa c’è che non va?” diretto come suo solito, le fece capire chiaramente di voler andare fino in fondo.
“Questo è il secondo Natale senza di loro”
“Lo so” ammise, comprensivo, regalandole un luminoso sorriso di rassicurazione. Non si impose per un attimo di mantenerlo distante, si accasciò sulla sua spalla con naturalezza, concedendosi un sospiro di sollievo. Era lui il suo sollievo.
“Mia madre adorava il Natale. Era anche peggiore di Jenna – ricordò malinconica – io e Jeremy le dicevamo sempre che esagerava, ma lei ci rimproverava e ci definiva una gioventù apatica – ridacchiò amara – se solo avessimo saputo che il nostro tempo insieme stava per finire … “
Sentì un abbraccio avvolgerle silenzioso le spalle per adagiarla al suo petto ampio, con totale naturalezza, come se non avesse fatto altro per tutta la vita. Rispose a quel contatto umano pieno di calore adattandosi perfettamente a lui, completandolo come fossero due metà di un unico essere.
“Non potevi saperlo”
“Se potessimo vivere con il senno di poi faremmo scelte diverse”
“Ma se potessimo farlo davvero che senso avrebbe vivere? La vita ci sorprende di continuo, in bene e in male … sono i bei momenti come quelli brutti a renderla degna di essere vissuta” evidenziò cauto prendendo a carezzarle dolcemente la lunga chioma libera di capelli al vento.
“Bei momenti come questo?”
“Bei momenti come questo! – confermò amorevole – vieni con me!” proruppe poi, trascinandola in piedi con entusiasmo.
 

“Damon fermati!” gridò in panico, irrigidita, con le gambe malferme, aggrappata con forza alle sue spalle.
Il ragazzo rise della sua espressione praticamente terrorizzata andando a sciogliere l’abbraccio per afferrarle delicatamente le mani.
“Non è possibile che tu non sappia pattinare! Ti facevo più atletica ragazzina! – la prese in giro dolcemente tenendola ferma – potresti anche collaborare eh!”
Erano nel mezzo di una distesa ghiacciata dove Damon l’aveva condotta invitandola a pattinare. Gesto carino, vagamente romantico soprattutto la notte di Natale con un cielo limpido e stellato ad illuminarli d’argento, se non fosse per la sua inattitudine allo sport in questione.
“Io sono atletica! Ero nella squadra delle cheerleader a liceo” gli raccontò risentita.
“In un’altra vita forse”
“Ah ah quanta simpatia!”  sbottò inacidita districandosi dalla sua presa per rimanere immobile e tremolante di fronte a lui.
“Non volevo offenderti! Immagino stessi benissimo in gonnellina” apprezzò ghignando.
L’equilibrio precario su cui si reggeva la abbandonò definitivamente nel momento in cui si allungò a tirargli una sberla, e così in un attimo si ritrovò senza saper come goffamente distesa e dolorante sul ghiaccio.
Damon starnazzava liberamente divertito senza la minima intenzione di soccorrerla, mandandola in bestia.
“Ma vaffanculo! – tentò di rialzarsi con l’unico risultato di ripiombare al suolo – ahi!” si lamentò dolorante.
“Musona!” si decise finalmente ad allungarsi per aiutarla e afferrandole le mani la riportò senza sforzo alla sua altezza.
“Arrogante presuntuoso!”
“Pignola!”
Sbuffò ormai troppo arrabbiata per controbattere e lentamente si voltò insicura nel tentativo di lasciarlo lì e portarsi con sforzo ai bordi della pista, ma si accorse subito di aver perso il foulard e quando fece per tornare indietro a riprenderlo Damon l’aveva preceduta.
“Foulard!”
Lo esibì passandoglielo sorridente dietro il collo, e tirandolo poi per i lembi verso di sé le catturò finalmente le labbra in un gesto inatteso che in un solo secondo mandò in fumo la volontà di sbeffeggiarlo, lasciandole in dono soltanto un sorriso a fior di labbra e un battito impazzito.
“Pensavo non ti decidessi più”
“Non ho pensato ad altro per tutta la sera” le confidò sincero riavvicinandola un attimo dopo, impaziente e smanioso quanto lei.
 

“Cos’è quel sorrisino ebete?”
Sobbalzò presa alla sprovvista dalla voce canzonatoria e priva di tatto di Jeremy che l’aveva seguita in cucina per aiutarla a prendere la cena lasciando in attesa gli altri nel salone, e l’aveva trovata persa nel vuoto di pensieri confusi e felici.
Corrugò la fronte in allerta.
“Nessun sorriso!”
“Si invece … e a giudicare dagli sguardi diabetici di questa sera penso anche di aver capito il motivo … ha forse a che fare con un ospite indigesto lì in salone?”
“Damon!”
“Damon … il fratello di Stefan! Il tuo … ehm … ex?” le illustrò con sarcasmo il giovane passandole delle posate pulite. Cosa rispondergli? Di farsi gli affari suoi per cominciare … di mantenere il silenzio in secondo luogo … di non avere alcuna risposta soddisfacente per lui, né per sé stessa, cosa più importante.
“Jer ascolta … non … – balbettò a corto di giustificazioni arrossendo vistosamente – non dire nulla ti prego. Noi … voglio dirlo io a Stefan” terminò ben consapevole di aver detto tutto e niente, sospetto confermato dagli occhi guardinghi e confusi dell’adolescente.
“Solo … non fare cazzate” pragmatico e apprensivo, ma rispettoso e di poche parole, come sempre. Le concesse un sorriso che riuscì a scaldarle il cuore.
“Grazie … fidati di me”
Corse ad affondare nell’abbraccio familiare di suo fratello, scaldata e coccolata da quell’amore rassicurante che era la sua famiglia. Quel ragazzino era ciò che restava di tutti loro, ciò che nei momenti bui l’aveva tenuta insieme e convinta che sarebbe andata meglio.
“Ti voglio bene”
Perché alla fine della giornata era il calore della famiglia a spingerla ad andare avanti, a darle la forza di combattere. Jeremy era la sua forza.
 

“Finalmente! Pensavamo foste scappati col tacchino!” ironizzò Damon nel vederli tornare, e con lui Jenna e Ric, affamati e già posizionati al tavolo.
“Figurati Damon, non venire a darci una mano!” rimandò l’adolescente affaccendato nel trasportare ciotole colme di insalate varie e piatti puliti, mentre Elena al suo fianco posizionava al centro il vassoio con la pietanza principale.
“Io ho fatto la spesa!”
“Noi abbiamo fatto la spesa” puntualizzò lei pignola.
“Vorrà dire che Damon sparecchierà” decise Jenna, a quel punto, mettendo fine all’acceso dibattito.
“Da che parte stai? Sono io l’ospite!”
“Dalla parte di chi stasera ha cucinato e non intende fare altro fino a capodanno”
“Ah ecco allora cos’era quell’odorino di bruciato … “ la derise il nipote bonariamente, causando in lei un piccolo broncio risentito.
“Damon devi sapere che Jenna e la cucina non vanno molto d’accordo” raccontò Elena in un bisbiglio appena udibile all’uomo al suo fianco.
“Devo difendere la mia fidanzata! Ieri ha preparato una spaghettata deliziosa”
“Si certo come no! Sono andato io a comprarla al Grill” svelò Jeremy sincero con una scrollata di spalle. L’uomo si voltò verso Jenna che rispose con un sorrisetto angelico.
“Devo iscrivermi a un corso di cucina” si giustificò alzando le mani.
“Che Dio ce la mandi buona!”  le soffiò Damon ad un orecchio, approfittando del momento per lasciarle un delicato bacio sulla tempia. Sospirò spiazzata e tremante come ormai accadeva spesso in sua presenza.
“Non penso che Dio possa fare molto”
“Vi sento! – li informò Jenna risentita – e smettetela di amoreggiare!!”
Colti in flagrante schizzarono distanti fingendo indifferenza alle parole della donna, accendendo una risata sincera nel resto dei presenti.
  
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