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Autore: Ammimajus    01/05/2013    2 recensioni
Aveva bisogno di una fiaccola che gli facilitasse il cammino, tuttavia si era ritrovato con un tizzone ardente tra le mani. Sentiva che l’emorragia mai tamponata aveva iniziato a stillare più sangue del solito. Perché quell’attimo di gioia che aveva provato nel vedere la sagoma di Louis, consapevole di essere l’attore del più inusitato gioco del destino, non gli aveva impedito di lambiccarsi il cervello nella speranza di trovare un qualche responso al dolore. 
Ma delle risposte non esisteva nemmeno l’ombra.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Salva me, Patrone!

 
Harry si trascinò ansante lungo l’atrio della casa di Frank Paciock. L’anziano signore era mollemente adagiato su un’imponente poltrona, raggomitolato sotto un plaid di pile ormai sgualcito.
«Frank , c’è Harry» gracchiò la signora Paciock, richiamando l’attenzione del marito, per poi accingersi a salire lentamente le scale, la fatica degli anni che gravava sui suoi arti come il peso di grossi macigni.
Frank, dal basso della sua poltrona del salotto, tossicchiò e allungò curiosamente il capo verso Harry. « Ah, ciao giovanotto ».
Pronunciò quelle parole con il tono più placido che il ragazzo avesse mai udito. E quella pacatezza colpì Harry in pieno petto, infrangendosi impetuosamente come il mare sugli scogli.
«Buongiorno» salutò il giovane, accasciandosi su una sedia poco distante dalla poltrona del signor Paciock.
Si diede un’occhiata intorno, prima di iniziare a parlare. Era tutto in ordine, come sempre. Gli arazzi, raffiguranti figure fantastiche d’ogni genere, cadevano pesanti lungo tutte le pareti dell’atrio e del soggiorno, inviluppando la mente di Harry in un macchinoso senso di oppressione. L’argenteria sembrava rifulgere di vita propria, esposta ai raggi del sole che penetravano dalle finestre. I quadri erano tutti perfettamente dritti, come allivellati. Unica nota dolente erano la credenza fatiscente, il piccolo comò accanto al divano e il tavolinetto di legno su cui la signora Paciock soleva servire il thè, stipati di ogni tipo di volume, in mancanza di spazio sugli scaffali della libreria.
L’odore di lavanda nutriva le narici di Harry come il più letale dei profumi. Louis aveva sempre amato quella fragranza: il riccio riusciva a trascinarlo a casa Paciock –Harry non aspettava altro che vedersi offrire dei pranzi prelibatissimi- anche solo facendovi accenno. Ma non aveva più senso lasciarsi inebriare da quell’aroma, ormai. Non quando Harry rischiava di morirne per ogni alito.
Fu quella l’unica differenza che il giovane Mago poté cogliere in casa Paciock. L’assenza. La mancanza del sorriso beffardo e degli occhi blu che più aveva amato al mondo. La dinamica impotenza di un Babbano che era riuscito a farsi spazio nel mondo della Magia, ad imprigionare nella morsa dell’amore il più risoluto ventenne di tutti i tempi.
« Era da un po’ che non venivi a farmi visita, mio caro » brontolò la voce roca e raschiata del vecchio Paciock.
Un mese, per l’esattezza.
Harry non era nemmeno in grado di comprendere quali forze occulte  lo avessero indotto a sopravvivere per un mese intero senza di Louis. Era come se non riuscisse a scendere da una di quelle giostre Babbane, che ruotano attorno a un perno fino a far girare la testa. Harry non era più in grado di balzar fuori dalla traiettoria compiuta da quella giostra. Si alzava tardi alla mattina, mangiava a stento e poi tornava a dormire. Di rado scriveva. E ormai aveva del tutto rinunciato all’ambizione di ottenere un posto come articolista per la Gazzetta del Profeta.
« Non ce l’avrei mai fatta ad alzarmi dal letto » confessò, più a se stesso che a Paciock. Harry non aveva messo un piede fuori di casa dal giorno in cui quell’automobile –che strano nome da dare ad una delle più potenti armi Babbane- gli aveva strappato Louis dalle braccia, più velocemente di un colpo di bacchetta. Liam, il suo gufo, aveva periodicamente lasciato delle lettere sul tavolo taccato della cucina. Ma Harry non si sentiva ancora pronto ad affrontare l’umile bellezza delle parole, di cui si era nutrito nel corso della sua vita. Leggere era il suo unico diletto? Scrivere era la sua unica vivanda? Bene, l’Amore era la sua anima.
Anima.
Si sentiva come se un Dissennatore gli avesse scoccato un bacio e l’avesse privato di tutta la spensieratezza che muoveva il suo cuore.
Putridume era tutto ciò che in quel momento dimorava nel suo petto.
Harry immaginava spesso come dovesse mutare il corpo di Louis, chiuso nel legno maleodorante di una bara. Vedeva la sua pelle disfarsi, i suoi capelli cadere, il profumo del suo corpo che veniva lentamente assorbito dall’inesorabilità della putrefazione. E alla pari del corpo di Louis, anche il cuore e la mente di Harry avevano iniziato a sgretolarsi sotto la desolante vigoria della Morte.
« Ora stai meglio? » si fece nuovamente strada tra le sue orecchie la voce del signor Paciock.
Harry osservò per qualche istante quel vecchio uomo barbuto che stava scandagliando il suo aspetto. Frank Paciock aveva sempre posseduto la grande abilità di leggere i sentimenti latenti nell’animo delle persone. E l’animo di Harry per lui era proprio un libro aperto, tra i più avventurosi e appassionanti.
Il signor Paciock si saziava dei dettagli che il giovane offriva circa la sua vita, recando in compenso consigli e sollecitazioni. A lui serviva qualcuno che lo facesse tornare giovane; Harry di contro, aveva bisogno di un elargitore di saggezza e ragionevolezza che potesse contrastare la sua impulsività giovanile.
Il ragazzo si chiese come rispondere alla domanda del signor Paciock. Nemmeno lui sapeva ricercare le verità del suo stesso animo e tirarle fuori, nemmeno lui riusciva a scorgere qualcosa oltre la spessa coltre di nebbia che la dipartita di Louis aveva portato con sé.
« No, non sto bene » disse in un primo momento. « O meglio, non riesco a capire se sto bene oppure no » si corresse poi, stringendosi timidamente nel suo mantello scuro.
Quindi prese a camminare in lungo e in largo per la stanza.
Non riusciva a darsi pace, non dopo ciò a cui aveva assistito quella mattina. Una pallida luce argentea. Una figura evanescente, i cui tratti erano impressi a fondo nella mente di Harry. Un sorriso appena accennato e uno sguardo brillante. Louis Tomlinson.
Harry non aveva potuto credere ai suoi occhi.
Quella era una semplice esercitazione per lui. Voleva ricreare l’Incantesimo che più piaceva a Louis e, insieme ad esso, anche il ricordo più bello che avesse del suo amato. 
Si era sforzato con tutto se stesso per evocare un Incanto Patronus che fosse all’altezza delle sue aspettative. Quando la figura si era stagliata davanti i suoi occhi, Harry aveva boccheggiato per qualche secondo. Mai dopo la morte di Louis, aveva pensato di poter provare qualcos’altro, oltre al dolore. Eppure eccolo lì, uno stupore pungente ed esplosivo.
Accanto a Harry Styles non c’era più il solito lupo vorace. Accanto ad Harry Styles c’era un argenteo Louis Tomlinson.
« Signor Paciok, credo di aver bisogno di aiuto » sentenziò alla fine il riccio, incapace di tenere a bada le sue furiose palpitazioni.
Frank Paciock non disse una parola, ma chinò ripetutamente il capo in segno di assenso, poi tornò a guardare Harry con quei suoi occhietti profondi e attenti.
« Mi è successa una cosa strana, oggi » esclamò il giovane. « Io… non so nemmeno come spiegarlo. Ero a casa e… e stavo provando ad evocare un Incanto Patronus. Dovrebbero essere degli animali, no? I Patroni sono sempre animali! » finì ad urlare, tormentando le ciocche ricce con le mani, smanioso di trovare risposte.
Il vecchio tornò a chiudersi nel suo silenzio afflitto. Harry Styles, negli ultimi anni, ne aveva raccontate tante, di cose sconvolgenti. Ma mai Frank Paciock l’aveva visto accasciarsi a terra, immergersi nelle sue stesse lacrime, aggrapparsi al suo mantello e strapparselo di dosso. Mai l’aveva sentito urlare come quella mattina, quasi in preda ad una Maledizione Cruciatus, .
Dov’era fuggito l’Harry Styles spensierato e passionale, ambizioso e ardito? Che fine aveva fatto colui che aveva saputo sprigionare giovinezza da tutti i pori e donarne un po’ al caro vecchio signor Paciock?
« Lei lavora all’Ufficio Misteri! » gridò ancora Harry. « Lei deve sapere cosa sta succedendo! Non se n’è andato! » aggiunse, non accennando a ridurre il tono della voce.
Frank Paciock era sconvolto. « Calmati, ragazzo. Ti prego, calmati » implorò, congiungendo le mani davanti alla bocca, come a voler pronunciare una preghiera.
Dovette attendere qualche minuto perché gli spasmi violenti di Harry si placassero. Con la coda dell’occhio avvistò sua moglie, accorsa sul ballatoio per conoscere il motivo di tanto chiasso. Le fece cenno di andarsene: quella era una questione tra il giovane Harry e lui.
« Io non so come possa essere successo » ansimò il ragazzo. « Volevo evocare il mio Patronus. Sa, quello era l’Incantesimo preferito di Louis. Dopo che ho potuto confessargli di essere un Mago, beh… quello è stato l’Incanto che ho usato per dimostrarglielo praticamente. E lui ne è rimasto affascinato. Ricordo che mi guardava con ammirazione. Non ha mai pensato che fossi un mostro » vaneggiò infine, rimettendosi a sedere sulla sedia.
« Cosa è successo con quest’Incanto Patronus? » domandò il signor Paciock, preparando la sua mente a rielaborare qualche sconcertante confessione.
« Ho evocato Louis. Il mio Patronus non era più un lupo, signor Paciock. Era Louis… » fu la risposta sincopata di Harry, rotta sotto le vergate dei singhiozzi e dell’imbarazzo.
« Lei deve saperne qualcosa, lei lavora all’Ufficio Misteri! »
Frank Paciock si accigliò e con qualche difficoltà si decise ad alzarsi dalla poltrona sulla quale aveva trascorso l’intera mattinata. « Sai bene che non posso rivelare nulla circa le mie mansioni. È tutto segretissimo » mormorò, enfatizzando l’ultima frase.
« Ma io ho bisogno di sapere. Devo capire se sono pazzo oppure no, lei deve aiutarmi » frignò Harry, il viso rivolto verso terra, i ricci riversi sulla sua fronte come reduci da una battaglia.
Frank Paciock gli rivolse le spalle e iniziò a camminare a passo cadenzato verso la credenza, nella quale erano stipati decine e decine di libri. Ne estrasse uno con inusitata lentezza e poi si voltò nuovamente verso Harry. « Ti consiglio di leggere questo libro » comunicò, porgendogli un volume dalla copertina ormai consunta, segno che era stato letto parecchie volte.
« La saetta vincente: come l’amore ha sconfitto il male di Hermione Granger » lesse Harry, facendo scorrere le dita lungo la scritta dorata in rilievo sulla copertina. « Cos’è? » domandò, la voce ancora tremula e intaccata dai singhiozzi.
« Hermione Granger era una Strega molto famosa » partì il vecchio, tenendo un tono di voce leggero, come se stesse chiacchierando davanti ad una tazza di thè. « Immagino che tu conosca il suo nome ».
Harry annuì.
« Combatté durante la battaglia finale ad Hogwarts e contribuì a sconfiggere Tu-Sai-Chi. Chiamiamolo Voldemort, per rispetto ai caduti » aggiunse poi, portandosi le mani dietro la schiena e arrestando il suo andirivieni lungo il salotto. « Era una delle migliori amiche di Harry Potter, di cui tu, tra l’altro, porti il nome. Scrisse questo libro allo scopo di raccontare una parte degli avvenimenti che portarono alla sconfitta di Lord Voldemort. Tra le tante cose si racconta anche di due gemelli, Fred e George Weasley, fratelli del marito di Hermione Granger ».
Harry non la finiva di tormentare i suoi capelli, rigirandosi tra le dita le ciocche spente e sottili. Non vedeva l’utilità di un discorso simile, quando tutto ciò che a lui importava era sapere come gestire la situazione in cui era incappato. Per l’ennesima volta durante quella giornata, l’immagine indistinta del suo amato si ripresentò alla sua mente, seviziandolo. Louis si portò un dito alla bocca e gli fece cenno di stare in silenzio e ascoltare le parole del signor Paciock.
« Quello che sto per raccontarti adesso deriva non tanto dal libro, quanto da un racconto di mio padre, Neville, amico dell’autrice del volume ».
Gli occhi di Harry si fecero di nuovo vispi, bramosi di ottenere delle risposte. Louis era ancora accanto a lui –frutto non di un Incantesimo, questa volta, ma dei dolorosi scherzi della sua mente – e gli suggeriva di ascoltare tutto attentamente, mentre gli accarezzava la schiena e mandava in fiamme le membra di Harry.
« Uno dei due gemelli Weasley fu assassinato durante la battaglia di Hogwarts. George, il sopravvissuto, non riuscì mai a riprendersi dalla morte del fratello. I due erano come legati da un invisibile filo rosso, che era stato reciso violentemente. Ron, uno dei Weasley, confessò a mio padre che George aveva iniziato a soffrire di gravi disturbi psichici. Cercavano tutti di coinvolgerlo in varie attività e di fargli riacquistare l’allegria della quale si era sempre gloriato. Ma nessuno ci riuscì, tanto che George si suicidò circa un anno dopo la morte del fratello. La particolarità della sua storia sta nel fatto che un giorno George evocò un Incanto Patronus. Non ne uscì un animale, ma la figura sorridente di suo fratello Fred. Nessuno avrebbe creduto a quella storia, senonché  quel giorno insieme a George c’era anche Ron. E anche Ron vide quel Patronus e restò basito. Ad ogni modo, l’evento accadde una sola volta e non si ripeté mai più. Per questo finì per piombare nel dimenticatoio ».
Un silenzio contemplativo inghiottì casa Paciock per alcuni istanti. Frank era troppo impegnato ad analizzare le reazioni di Harry, il cui viso si stava paradossalmente aprendo in un sorriso e perdendo colore allo stesso tempo. Harry stava invece lottando con la bestia rabbiosa che gli dilaniava il petto, espressione dei suoi contrastanti sentimenti, mentre tentava di elaborare le informazioni appena ricevute.
« Quindi è già successo » mormorò infine, senza arrischiarsi a guardare negli occhi il signor Paciock. « Non l’ho immaginato. Non sono poi così pazzo! » esclamò.
Frank Paciock rabbrividì nel veder fiorire un sorriso compiaciuto sul volto di Harry. La luce che gli brillava negli occhi era accesa di folli scintille.
« Mi auguro che tu non finisca come George » sibilò il vecchio. Harry non udì mai quelle parole che imploravano pietà. Non percepì la crescente paura che aveva iniziato ad attanagliare l’animo del signor Paciock. Era troppo preso dai suoi spasmi, da quei sentimenti che lo spingevano ora verso l’alto, a toccare il cielo, ora verso il basso, nei gironi più infuocati dell’inferno.
« Quel Patronus, Harry » disse il signor Paciock, reclamando l’attenzione del ragazzo. « Credo che quel Patronus sia simbolo di un legame indissolubile ».
Harry annuì. « Sì, ne è la prova concreta » decretò, senza che quel sorriso malato abbandonasse il suo volto.
Frank Paciock non si azzardò a dire altro, quella mattina.
Avrebbe dovuto rallegrarsi per ciò che Harry stava provando, ma pensieri ben più oscuri stavano avviluppando la sua mente. Harry si era ammalato, tanto quanto quel George Weasley. Adesso ne era cosciente.
La gioia violenta di quel momento avrebbe avuto una fine altrettanto violenta. Frank era sempre cresciuto con la consapevolezza che le cose umane sono effimere e fugaci. Ma eccolo lì Harry Styles, pronto ad impartirgli una nuova lezione.
Il signor Paciock aveva appena compreso l’ineluttabile verità secondo la quale al mondo esistono cose che permangono oltre tutto, oltre la Morte. Cose peggiori della Morte. Come l’Amore.
Quel mezzogiorno, quando Frank Paciock vide uscire Harry Styles dalla sua casa, sapeva che l’Amore gli avrebbe strappato via quel giovane dalle braccia. Per sempre.
 

***
 

« Sai cosa vuol dire patronus, in latino?» così Louis aveva interrogato Harry, dall’alto della sua superiorità di laureando. Gli aveva rivolto uno sguardo complice al di là della spessa montatura degli occhiali, per poi prendersi beffe del suo compagno, che agitava la bacchetta pronunciando formule di incantesimi di cui non conosceva nemmeno il significato.
« No » aveva sbuffato il più piccolo, accasciandosi sul divano rattoppato dell’appartamento di Londra.
« Vuol dire protettore o difensore» aveva esordito Louis, prendendo posto accanto ad Harry e accucciandosi contro il suo petto. « Salva me, Patrone! »
« Questo che vuol dire? » aveva domandato il riccio, lo sguardo perso negli occhi vivaci dell’amato.
« Salvami, protettore! »
« Salvami, protettore! » si era preso gioco di lui Harry, imitandone sapientemente la voce sussiegosa e cristallina.
« Sarai pure un Mago, mio caro Harry, ma io sono stato  in grado di evocare il più potente Patronus di tutti i tempi » aveva sentenziato Louis, lasciando una scia di baci languidi lungo il collo del più piccolo. «Io ho evocato te, mio protettore! »
 
Il vento colpiva il viso di Harry con violente sferzate che gli impedivano di aprire completamente gli occhi e osservare Londra, dall’alto del balcone.
Le parole di Frank Paciock, a distanza di due giorni, risuonavano ancora nella sua mente con grande vigoria.
C’era una cosa che aveva capito. L’Amore aveva strinato con cura maniacale le sue carni e il suo animo. L’Amore lo aveva estasiato poco prima di sferragli il colpo di grazia.
Pensò alla storia dei fratelli Weasley, e si sentì un po’ come George.
Aveva bisogno di una fiaccola che gli facilitasse il cammino, tuttavia si era ritrovato con un tizzone ardente tra le mani. Sentiva che l’emorragia mai tamponata aveva iniziato a stillare più sangue del solito. Perché quell’attimo di gioia che aveva provato nel vedere la sagoma di Louis, consapevole di essere l’attore del più inusitato gioco del destino, non gli aveva impedito di lambiccarsi il cervello nella speranza di trovare un qualche responso al dolore.
Ma delle risposte non esisteva nemmeno l’ombra.
Dentro di lui c’era solo un lungo sentiero impervio, battuto dal vento dell’angoscia. Quello stesso vento che lo incalzava, che estorceva lacrime ai suoi occhi e linfa alle sue membra.
Louis tornò a farsi vivo accanto a lui, lieto e ridente. Poteva udire i suoi passi che battevano sul balcone, mentre il suo uomo incedeva risoluto verso di lui e lo faceva rabbrividire a forza di moine.
Sorrise anche Harry, mesto. Per la prima volta poté percepire sulla punta della lingua il sapore agrodolce di una labile felicità, amalgamata al pungente gusto della malinconia.
Harry non si sarebbe lasciato irretire dalle promesse di nessuno. Poteva tentare di sfuggire al dolore, ma si sarebbe trovato accerchiato repentinamente. Lo sapeva. Non esistevano vie di fuga ai ricordi e all’angoscia.
Persino il vento di quel giorno glielo suggeriva.
Tutto era annientato dall’assenza di Louis. Che senso aveva dunque tentare di vivere nel nulla, al gelo, patendo la fame e la sete? A che scopo pagare un altro giro sulla giostra Babbana della monotonia?
L’oceano era la soluzione, Harry lo sapeva.
La tempesta era passata. La distesa d’acqua che aveva davanti era mare lungo, ormai. Onde regolari che non si frangevano, residuo di una burrasca trascorsa. Era la Morte dell’anima quella: un continuo andirivieni colmo di addolorato languore. Doveva lasciare che il suo corpo prendesse il largo e giungesse laddove le onde non esistevano nemmeno. Verso l’oblio. La sua fuga dimorava nella fine.
Si appigliò all’ultima –l’unica- speranza di salvezza. Si incatenò a quel fioco barlume che da due giorni gli spirava accanto, fermo nel soggiogare il regno del dolore.
Spiegò le braccia e ammainò la bandiera. Era pronto. Lasciò che l’alitare squarciante del vento lo ferisse per l’ennesima volta.
« Salva me, patrone! » ululò infine, chiudendo gli occhi.
 
Pochi secondi dopo, il corpo di Harry Styles era in libera caduta oltre il parapetto del balcone.
Oltre la mestizia.

 

Angolo autrice.
Sono tornata, lalala.
Premetto che l’ispirazione per questa OS mi è venuta in mente parlando con alcuni membri figoni (?) del gruppo facebook sui Larry. Siete l’ammore, ragazzi. E siete pure gnocchi, tutti quanti.
Quando all’inizio ho delineato la trama di questa storia nella mia mente, sembrava molto più figa e interessante di quella che è uscita fuori. Ma calcolate che si è scritta da sola, quindi il mea culpa è relativo, in questo caso.
No scherzo, criticate pure quanto volete, ché con le critiche ci cresco –che filosofa che sono!
Mi piacerebbe leggere qualche recensione e sapere se questo crossover lagnoso vi è piaciuto.
Aww, Harry era cuppycake persino da addolorato/depresso/pazzo suicida.
Spero che abbiate notato che ho trasformato Liam in un gufo. Che Frank Paciock sia il figlio di Neville e che abbia ereditato il nome dal nonno l’ho resa cosa esplicita.
E... sì, ho stravolto la storia di zia Jo, creando un parallelismo tra i Larry e i Weasley, ma era l’unica cosa che il mio cervello malato mi suggeriva di fare.
Harry e Lou erano qualcosa a metà tra una coppia di sposi e dei fidanzatini adolescenti. Mi piace pensarli come fidanzati ufficialmente ad ogni modo, visto che Haz aveva raccontato a Lou del mondo dei Maghi.
Ah, che ne dite di Lou Babbano?
 
Recensite, recensite, che voglio sentire la vox populi (si capisce che sto facendo latino?).
 A presto, babes,
molto probabilmente dopo il concerto dei ragazzi a Verona!
Ciau,
 
Cassie. 
   
 
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