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Autore: compulsive_thinker    02/05/2013    1 recensioni
Umyen era un Elfo piuttosto giovane e nei suoi appena centocinquant’anni di vita non aveva mai visto nulla di così perfetto come quella creatura. Edorel. Si alzò in piedi con un movimento aggraziato, attento a non far dondolare troppo la bambina, e si rivolse di nuovo alla regina:
“La proteggerò a costo della mia vita, ma chiedo di sapere la verità. Chi è?”

Edorel ha trascorso buona parte dei suoi quasi cinquemila anni di vita viaggiando continuamente, protetta dal fedele Umyen, ignorando il segreto delle sue origini. La sua decisione d'intraprendere il viaggio della Compagnia segnerà il suo destino e quello dell'intera Terra di Mezzo.
“Mi dispiace per quello che ha detto Umyen, non credo lo pensasse davvero.”
“Non m’interessa. Mi basta che tu sappia quanto ti sono riconoscente per avermi salvato la vita.”
“Non è stato solo merito mio.”
“Sì, invece. Ma non riuscirò mai a spiegartelo.”
Fece per tornare dagli altri, ma Edorel gli prese la mano e disse:
“Credo di capire. Avrei dato qualsiasi cosa per salvarti.”
“Avrei sopportato qualsiasi cosa per vederti di nuovo.”
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA:
Premessa indispensabile: non odiatemi, please!
Il capitolo è vergognosamente breve (e lo sarà anche il prossimo: lettore avvisato... xD), ma iniziano a delinearsi alcuni fili conduttori del resto della storia. Spero che vi piaccia! Grazie mille a chi legge e recesisce, in particolare la fedelissima Anaire_Celebrindal :)
Godetevi la lettura! :*
C.


Capitolo 9
 
 
Come previsto dallo stregone, il cammino della Compagnia si faceva sempre più lungo e difficoltoso. Sembrava che ad ogni passo l’oscurità penetrasse in ognuno di loro, sottile e aguzza come il vento d’inverno che scava attraverso i vestiti con le sue sferzate gelide. Dopo molti giorni di viaggio, raggiunsero finalmente una prima meta.
“Eccoci nel luogo dove una volta sorgeva il regno di Eregion! Siamo a buon punto nella nostra marcia, presto potremo attraversare la Breccia di Rohan e passeremo attraverso le terre di Re Théoden.”
Il pacato buonumore di Gandalf contagiò tutti mentre si preparavano a consumare una cena frugale e a riposarsi. Stendendo alcune coperte sull’erba umida, Merry domandò:
“Pensate che potremmo arrostire qualche salsiccia?”
“Chiunque vedrebbe un fuoco, da miglia di distanza. Non possiamo permetterci di essere scoperti!”
Le parole di Boromir, per quanto sensate, provocarono un triste sospiro degli Hobbit, che avevano da tempo cominciato a sognare pasti degni della Contea, che certamente non si sarebbero potuti concedere ancora per un bel po’.
Edorel, invece, guardò Gandalf e, ricevuto da lui un sorriso accondiscendente, si mise ad accatastare pietre in cerchio. Vi si mise di fronte e, con un sorriso e un ampio gesto della mano, fece ardere un piccolo fuoco di color verde grigio, che quasi avrebbe potuto confondersi con la brulla terra.
Gli Hobbit, percepito il piacevole calore, si rianimarono all’improvviso.
“Mangeremo salsicce questa sera, Padron Frodo! Per fortuna ho preso anche qualche patata e le spezie del mio Gaffiere, vedrete che cenetta!”
Sam, entusiasta, aveva già cominciato a tirare fuori dal suo fagotto padelle e tegami, affettando e condendo mentre fischiettava. In un attimo, anche Merry e Pipino stavano pelando patate, lamentandosi ogni tanto della mancanza di un po’ di buona birra. Legolas narrava antiche leggende degli Elfi, guardando a tratti il cielo e a tratti il suo ascoltatore più attento, Frodo, che beveva ogni parola sperando di ricordarle per poterne discutere con Bilbo al suo ritorno. In disparte, anche Gimli e Boromir ascoltavano il racconto, fingendosi altrimenti indaffarati.
Tutti erano allegri, o cercavano di sembrarlo, nonostante le circostanze. L’unico che si teneva in disparte dal cerchio era Aragorn, seduto ad affilare la spada su una roccia poco distante.
“Qualcosa turba i pensieri del sire di Gondor?”
L’uomo si voltò verso Edorel e finse un sorriso poco convincente.
“Nulla. Tranne, ovviamente, la prospettiva di varcare i cancelli di Mordor!”
“Come ti ho già detto, non sei impenetrabile a uno sguardo attento. So che qualcosa ti preoccupa.”
Nient’altro che un sospiro provenne dall’uomo e Edorel temette di aver osato troppo con chi, evidentemente, non era incline a condividere i propri fardelli con altri. Poi l’uomo parlò, liberandola dal timore di aver esagerato, ma ponendola di fronte a un dubbio ancor più grande.
“Pensi mai a Umyen?”
Cosa sapeva Aragorn di Umyen? Nulla più di quanto aveva per caso visto qualche giorno prima, certamente, cosa che nemmeno la ragazza era ancora riuscita a spiegarsi.
“Sì, penso spesso a lui. Avrei ancora molte cose da dirgli e non so nemmeno se lo rivedrò.”
“Ne sei innamorata?”
Edorel lo guardò per capire se stesse parlando seriamente. Non l’aveva mai visto in quel modo: una profonda ruga solcava la sua fronte, guardava fisso nel buio davanti a sé come se vi stesse cercando il segreto della propria esistenza. Gli posò istintivamente una mano sulla spalla e lui sussultò a quel contatto. Edorel indietreggiò e fece per lasciarlo solo, ma prima di andarsene disse:
“Umyen era tutto il mio mondo, una certezza. Non posso dire di conoscere davvero cosa sia l’amore, ma so che, quando e se ritornerò da questa missione, sarà di nuovo con me. E mi basta questo.”
Nel momento stesso in cui pronunciò quelle parole, sentì di non credervi veramente. Aveva osservato quell’uomo nei giorni di cammino: era un enigma, un Re che lottava contro il proprio sangue fingendosi qualcosa che non era, e il desiderio di capirlo le faceva ribollire il sangue.
Era come trovarsi sull’orlo di un precipizio a guardare le stelle: fissando a lungo nell’immensità del cielo, questo sembra chinarsi per invitare a lasciarsi cadere nel vuoto. Provare cosa c’è oltre, mettendo a repentaglio se stessi.
Quella medesima sensazione di desiderio e paura s’impadroniva sempre più di Edorel e quasi la fece boccheggiare mentre si allontanava di corsa verso il fuoco, sperando che il calore delle fiamme la aiutasse a giustificare l’improvviso rossore che si sentiva sul viso.
Aragorn la osservò dirigersi verso gli altri e sedersi tra Pipino e Merry. La vide ridere con loro e scompigliare i capelli a Frodo, per distrarre la sua mente dal peso che portava, almeno per qualche istante. Quindi posò la spada e tornò a guardare le stelle, sfiorando con le dita il ciondolo che portava nascosto sotto la camicia domandandosi perché sembrasse perdere di significato per lui ogni giorno che passava.
 

*

 Dopo una cena più vivace e sostanziosa del solito, tutti cercarono di recuperare le forze, dormendo tranquillamente all’ombra delle stelle. Aragorn aveva scelto di fare il primo turno di guardia, poiché sapeva che non sarebbe riuscito a prendere sonno quella notte. Una nuvola di fumo gli annunciò l’arrivo di Gandalf, che si sedette accanto a lui sulla roccia, aspettando con calma una sua parola.
“Chi è lei, Gandalf?”
“Un’Incantatrice di nome Edorel, Aragorn.”
“So benissimo che non è così. Mi credi uno sciocco?”
“No, affatto. Ma ti sei sempre fidato di me e vorrei sapere come mai ora tu non voglia farlo.”
Aragorn non rispose, ma sulle sue labbra spuntò un sorriso involontario. Gandalf lo notò e sorrise a sua volta, ma la sua gioia era velata dalla preoccupazione. Aragorn non conosceva la verità e non avrebbe mai dovuto conoscerla. Poteva permettergli di convivere con una simile menzogna? Per un istante, lo stregone pensò di essersi sbagliato ad accogliere la ragazza nella Compagnia: un simile fardello non doveva essere aggiunto a quello, già pesante, che si erano fatti carico di portare.
Poi gettò uno sguardo verso i compagni addormentati e capì di aver fatto la scelta giusta. Edorel dormiva placidamente, la testa completamente abbandonata di lato, e accanto a lei si erano raggomitolati gli Hobbit. Ciascuno di loro aveva in volto l’espressione di chi sta facendo sogni sereni, di quelli che non si ricordano al risveglio ma lasciano per tutto il giorno una sensazione di pace. Persino Frodo sembrava essere riuscito a liberarsi del suo peso per qualche momento e sorrideva beato, con il volto quasi nascosto contro il collo della ragazza.
Le profezie possono indicarci solo una via, non necessariamente e inevitabilmente quello che ci riserverà il destino. Gandalf ne fu convinto appieno in quel momento, quando realizzò che nemmeno una goccia di male poteva scorrere in quelle vene, che nulla di quanto era stato predetto su di le si sarebbe avverato, che Edorel avrebbe contribuito a distruggere la stessa forza che la aveva generata, in nome del bene in cui credeva.
Sorrise a quella nuova consapevolezza, ma fu presto raggiunto da parole piene di frustrazione:
“Voglio la verità, Gandalf, per smettere di farmi domande. Smettere di pensare a lei.”
“Anche se ti dessi ciò che mi chiedi, non otterresti ciò che desideri.”
“Invece devo.”
Negli occhi dell’uomo che aveva di fronte, Gandalf non aveva visto altro che ombre, sin dalla sua giovinezza. Che fosse proprio quella ragazza ad avere il compito di sapazzarle via per sempre? Ma la lealtà di Aragorn era troppa, non sarebbe mai venuto meno alla promessa fatta alla figlia di Elrond, se non altro per amore dell’Elfo che lo aveva cresciuto come un padre.
“Arwen ti starà aspettando, ma se vinceremo questa guerra non sarà troppo tardi per lei. Altre navi partiranno per l’Ovest e potrà lasciare questa terra con la sua stirpe. C’è ancora speranza per il suo destino di non essere eternamente legato al tuo.”
Aragorn estrasse con rabbia il ciondolo dell’Elfa e lo mostrò allo stregone, dicendo:
“Non sempre si può tornare indietro, Gandalf! Ci sono cose che non si possono cambiare.”
Così dicendo, rivolse di nuovo gli occhi all’orizzonte, relegando tutta la sua confusione dietro gli impenetrabili lineamenti di Ramingo che si era costruito in anni di solitudine.

  
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