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Autore: Aout    02/05/2013    4 recensioni
“Ti amo perché, la prima volta che ti ho incontrata, eri ubriaca fradicia, mi sei ruzzolata addosso e, ad un certo punto, ho temuto seriamente mi avresti lanciato un tacco dodici in fronte.
Ti amo perché sei scontrosa, goffa e isterica come pochi.
Ti amo e non riuscirò mai a ringraziare abbastanza quell’automobilista incapace, sappilo.
Ah, buon San Valentino, comunque.”
Andromeda Black e Ted Tonks.
Dategli una piccola possibilità e, se vi andasse una lettura leggera, non dovete fare altro che fare un salto ed entrare nel loro mondo ;)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black, Ted Tonks | Coppie: Ted/Andromeda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Uno sconosciuto incontrato in un bar di quart’ordine

 
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“Ti amo perché, la prima volta che ti ho incontrata, eri ubriaca fradicia, mi sei ruzzolata addosso e, ad un certo punto, ho temuto seriamente mi avresti lanciato un tacco dodici in fronte.
Ti amo perché sei scontrosa, goffa e isterica come pochi.
Ti amo e non riuscirò mai a ringraziare abbastanza quell’automobilista incapace, sappilo.
Ah, buon San Valentino, comunque.”

 
Andromeda, a quel punto, era sinceramente indecisa se stracciare il bigliettino che aveva in mano e dare un sonoro schiaffo all’uomo biondo che le offriva sorridente un mazzo di rose, oppure baciarlo selvaggiamente.
Neanche troppo a malincuore, optò per la seconda possibilità, abbandonandosi al ricordo del giorno più s-fortunato della sua vita.
 

♦♦♦

 
Faceva freddo. Molto, molto freddo.
Un freddo glaciale, per Morgana, e io non ho nemmeno uno straccio di mantello. 
Con metà dei vestiti fradici, metà roventi e bruciati, infuriata e lievemente isterica, Andromeda continuava ad avanzare in quel paesaggio desolante con un invidiabile sprezzo del pericolo.
Odio Londra, odio le pozzanghere e odio i Babbani.
Beh, non proprio i Babbani, diciamo gli automobilisti.
Magari come quello che l’aveva completamente lavata qualche minuto prima, per fare un esempio a caso.
Rimuginava, rimuginava. Camminava, rimuginava e borbottava lamentele contro la sorte avversa che quella tetra giornata le aveva offerto.
Poi, di certo per ripicca, una fulminea e crudele folata di vento la investì, scompigliandole i capelli castani e provocandole un brivido freddo lungo la schiena.
Avrei dovuto maledirti, stupido essere a quattro ruote! Maledirti!
Non fosse stato per quel piccolo incidente…
Tentando di arginare il disastro, prese un lembo della sottile camicia che indossava e se lo strinse più vicino al collo. Invano, ovviamente, dato che ad ogni passo sentiva un nuovo, piccolo brivido che le attraversava le costole, salendo su, fino alle scapole, e togliendole ogni capacità di ragionamento.
Assideramento. Che morte ingloriosa.
Improvvisamente, fredde goccioline gelate cominciarono ad insinuarsi nel suo sottile colletto.
Con espressione rassegnata, rivolse lo sguardo verso l’alto e si accorse che, sì, aveva anche cominciato a nevicare.
Nevicare.La situazione era riuscita, in modo alquanto sorprendente, a peggiorare.
Oh, dannazione!
Pensò, dopo qualche momento di mute esclamazioni, cedendo al fascino rozzo e
discutibile del pub che la fissava con scherno dall’altra parte della strada.
 
 
Normalmente, avrebbe subito notato l’accoglienza che all’ingresso le era stata offerta, in quanto comprendeva, tra le altre cose, pareti vecchie e incrostate, sedie logore e quel tipico odore di birra stantia che solo locali del genere potevano offrire.
Tuttavia, quello non era un giorno normale.
E il fatto che si fosse ridotta così, dopo aver affrontato ben più di qualche imprevisto, lo dimostrava in modo inequivocabile.
Che una macchina si fosse fiondata su una pozzanghera profonda come un burrone e l’avesse completamente lavata, per buona pace sia delle sue scarpe nuove che della sua messa in piega, si poteva anche accettare. Ma che poi si fosse accorta, quando si era scostata dal marciapiede andando a sbattere contro il muro, che la sua bacchetta si era incuneata in uno strano angolo obliquo, quello no, non era affatto giustificabile.
Ciliegina sulla torta? L’idea di utilizzarla comunque per cercare di asciugarsi il mantello, si era risolta in un piccolo incendio, che no, non aveva attirato l’attenzione di nessun passante, ma aveva avuto il doppio risultato di distruggere il suo mantello preferito e, conseguentemente, rovinare ulteriormente il suo umore.
In sostanza, l’unica sensazione che si permise di provare, entrata in quel pub, fu sollievo, sollievo e sincera gratitudine per quel piacevole calduccio che impregnava, insieme al cattivo odore, l’ambiente.
Dopo essersi goduta quel bel momento, si diresse con passo sicuro verso il bancone.
- Salve. – disse al Babbano rossiccio che, intuitivamente, doveva essere il barista.
Purtroppo, le fu offerto solamente un semplice ma efficacissimo sguardo sprezzante.
Fantastico, ora anche i Babbani mi odiano. Dove dovrei andare a stare, uh? Quel piccolo piantagrane di Sirius ha James da cui rifugiarsi. Ma io? Posso giusto andare in soffitta dai ragni, ecco.
Non che comunque non sia un miglioramento. Tutto purché evitare di trovarsi con mamma e Bellatrix nella stessa stanza…

- Potrei avere qualcosa di… di caldo? – chiese, gentilmente, cercando di ricordarsi che voleva evitare di farsi sbattere fuori, per continuare a godere di quel calduccio, e una rispostaccia non avrebbe certo giovato alla sua causa.
Tuttavia, il tipo rossiccio dietro al bancone, il cui sguardo pareva lievemente vacuo, continuava a guardarla male.
- Bellezza, – cominciò, con voce bassa e roca, e, se già prima non aveva una grande stima di lui, ora represse il fortissimo impulso di trasformarlo in un tenero e dolce scarafaggio.
Non che potrei farlo, considerando lo stato della mia dannatissima bacchetta…  – qui serviamo solo birre. Birre e alcolici forti. – la accusò.
Accusò?
Cos’è, mi consideri male solo perché appartenente al “sesso debole”, è così?
Oh, come si vede che non hai mai conosciuto una Black…

- Whiskey, grazie. – rispose, lanciandogli uno sguardo di fuoco, con una nonchalance ammirevole, almeno secondo lei.
Il barista, la cui espressione combatteva tra la sorpresa e l’odio, allungò una mano verso una bottiglia verde alla sua sinistra, prese un bicchiere da sotto il bancone e le versò qualche dita di un liquido scuro e denso.
Andromeda, non osare chiederti se è sia mai stato lavato nell’ultimo secolo. Non osare.
Con titubanza, lo prese tra le mani e ne assaggiò un sorso.
Immediatamente, un nuovo, piacevole calore le attraversò il petto.
Meglio del tè.
Sì, certo, ma voglio proprio vedermi a chiedere a mia madre se ne abbiamo una bottiglia in casa…
Pensò, ignorando il lieve cerchio alla testa che le era appena insorto e che aumentò considerevolmente al secondo sorso.
Uhm, forse non aver mai bevuto alcolici in vita mia non aiuta…
- Buongiorno. – disse, improvvisamente, una voce allegra alla sua sinistra.
Con lentezza, voltò la testa verso la fonte di quel suono sgradevole. Un ragazzo dai capelli chiari stava seduto sulla sedia vicino a lei e le sorrideva, evidentemente incosciente di aver rovinato un così bel momento.
Lei si limitò a fissarlo, immobile, senza rispondere.
- Come va? – insistette lui, senza smettere di sorridere.
Mai sopportate le persone così smaccatamente felici.
- Ti conosco? – chiese, gentilmente. Sempre per prolungare il più possibile la sosta in quell’assurdo e caldo locale babbano. 
- In realtà, sì. – disse, ancora, allegro - Sono Ted Tonks.
Adesso lo schianto.
Ted Tonks? Ottima strategia di approccio la tua, certo, peccato che io non abbia mai frequentato la Londra babbana in vita mia.
Fra l’altro, temo che nemmeno la mia presenza qui adesso sarebbe particolarmente apprezzata dalla mia nobile casata.  Come minimo, dovrei andare a rifugiarmi da quella rompiscatole di Narcissa e dal suo nuovo maritino purosangue, che, comunque, non credo si opporrebbe particolarmente alla mia riconsegna in posta prioritaria alla famiglia…
- Mai sentito. – disse, cercando di incanalare quanto più disprezzo e sarcasmo possibile in quelle due, semplici parole. Poi, con evidente riluttanza, fece per alzarsi dalla sua sedia, per ritornare inesorabilmente sulla strada dell’assideramento.
- Andromeda Black, no?
Lei non poté fare altro che fissarlo con sguardo perplesso.
- Chi..?
- Sono? Ted Tonks, te l’ho detto. Sono del tuo stesso anno, Tassorosso.
Hogwarts? Strano, quel maglioncino anonimo, quei jeans slabbrati… non aveva proprio l’aria di un mago…
SangueSporco.
Sussurrò, sibilante, la voce purosangue della sua coscienza. Che fosse terribilmente simile a quella di sua sorella Bellatrix, le fece accapponare la pelle.
- Ah… - fu l’unica cosa intelligente che trovò da dire.
Eppure, non l’aveva proprio mai visto… possibile?
- Ma non ti ho mai…
- Sicura? Oh, beh, non sono mai stato particolarmente avvezzo a stare al centro dell’attenzione.
Ed io ero socievole come un Ungano Spinato.
Anni, c’erano voluti, ad Hogwarts, perché i suoi compagni si accorgessero che no, non aveva proprio nulla a che fare con quel tipaccio schizofrenico di sua sorella e che rivolgerle la parola non era poi così pericoloso.
Solo quando Bellatrix aveva finalmente deciso di farsi promuovere e, grazie a Merlino, portare la sua aura maligna da qualche altra parte, era riuscita a farsi qualche amicizia tra le sue compagne. Di tempo o voglia per farsi conoscere o conoscere persone nuove, pronte a giudicarla, ne aveva avuto in verità molta poca.
Carino da parte sua non farmelo notare.
- Uhm… - esalò.
 
- Siamo di poche parole, eh? – le chiese e, visto che non rispondeva e, fra l’altro, continuava a fissarlo come fosse un troll vestito con un tutù, continuò: - Brutta giornata?
Sembra abbia appena attraversato il Lago Nero a nuoto. In pieno inverno. Inseguita da una mandria di Doxy che, visto lo stato di quei capelli, dovevano essere pure particolarmente incazzati… 
Quando l’aveva vista entrare, non l’aveva nemmeno riconosciuta. O meglio, non aveva capito subito che si trattava proprio di lei. Per un attimo, quando l’aveva notata con la coda dell’occhio, aveva creduto si trattasse della sorella Bellatrix.
Uhm… non sarebbe stato particolarmente piacevole incontrarla.
Beh, poi però aveva capito che invece era Andromeda ad essere appena entrata, anche se una sua versione molto più caotica di quanto si sarebbe mai aspettato.
La gonna fino al ginocchio, che probabilmente una volta avrebbe dovuto essere nera, aveva una qualche sfumatura grigiastra, che faceva intuire fosse stata… bruciata?
La camicia, era in condizioni migliori, anche se terribilmente più fradicia. I capelli… i capelli erano… ribelli.
Ma era lei, senza dubbio.
Una lei che continuava a fissarlo senza parlare. Perché non rispondeva?
Che l’orgoglio Purosangue le impedisse addirittura di parlare con lui, un Natobabbano? Mah, poteva anche essere.
Anche se… beh, Andromeda non doveva affatto essere quel tipo di persona.
 
- Intuitivo, da parte tua. – gli disse, continuando a studiarlo.
Ma no, non l’ho proprio mai visto. Per Morgana, me lo ricorderei quello sguardo brillante…
Sguardo brillante? Ma che sto dicendo?
Cavoli, mi sa che sono più ubriaca del previsto…
- Sì, lo so, spesso mi sorprendo io stesso della mia intelligenza. – le rispose lui, senza abbandonare quel sorriso aperto e gioviale.
La pianti di pensare cose carine su di lui, alcolizzata?
- Ehm, immagino. – non sapeva proprio che dire. Che dire? – Ehm… che ci fai qui? Intendo…- aggiunse, visto che la fissava perplesso. Comunque allegro, ma perplesso. – Insomma, in un locale babbano, ecco. – ma perché poi trovare per forza un argomento di conversazione? Era veramente così fondamentale, trovare qualcosa di interessante da dire?
- Oh, non ci vengo spesso. Sto aspettando che un amico finisca il suo turno al San Mungo per andare insieme alla partita delle Harpies.
- Ah… - lei sì che sapeva dire le cose giuste al momento giusto, eh?
Ma si poteva sapere cosa le stava succedendo?
- Già… - e dopo una piccola pausa di silenzio, aggiunse – E tu, che ci fai qui?
- Ehm… - com’è che non c’erano più le parole? – Dunque… - certo, il fatto di dover raccontare di essere una stupida imbecille non aiutava di certo, – un… imprevisto? Sì, imprevisto, ecco.
Ce la siamo cavata proprio egregiamente. Vividi complimenti, Andromeda, maestra di retorica.
- Capisco…
A questo punto, uno sguardo perplesso non glielo levava nessuno.
Capiva? Cosa capiva? Nemmeno lei aveva capito esattamente quello che aveva detto.
Giuro che non berrò mai più una goccia d’alcool in tutta la mia esistenza.
- Nel senso che di certo non ho intenzione di impicciarmi dei tuoi affari. – aggiunse lui. – Anche se, se hai bisogno di un aiuto, se posso fare qualcosa di utile…
Con espressione indignata, spalancò la bocca alla sua direzione, consapevole che quello sguardo castano stava vagando sui suoi vestiti, in quel momento ridotti in pessime condizioni.
Ma chi si crede di essere, adesso?
Bisogno di aiuto? Di aiuto? Una Black? Le Black non hanno bisogno di aiuto!
O meglio, lei non aveva bisogno di aiuto, perché continuasse a nominare la sua famiglia rimaneva un mistero…
E poi, comunque, figuriamoci se avrebbe avuto bisogno dell’aiuto di un… un… uno sconosciuto incontrato in un bar di quart’ordine!
- No, grazie. – disse, cercando di alzarsi velocemente dalla sedia, con la miglior espressione sdegnata che riuscì a fare.
Ecco, “velocemente” non è proprio il modo adatto di fare le cose dopo che ti sei scolata il primo bicchiere di superalcolico di tutta la tua esistenza e hai appena scoperto di avere la resistenza di un agnellino.
No, non lo è per niente e, probabilmente, fu per quello che si ritrovò, un secondo dopo quello stentato tentativo, a crollare di lato, con l’incredibile risultato di andare a sbattere contro il bancone e, subito dopo, arrivare in braccio a un più che sorpreso “sconosciuto incontrato in un bar di quart’ordine”.
- Oh… - disse lui, abbandonando finalmente quel sorriso beffardo.
Andromeda notò che, quando non sorrideva, la fossetta della sua guancia sinistra scompariva completamente.
Come fece a notarlo? Beh, diciamo che era abbastanza vicina per contargli quelle leggerissime efelidi che gli ricoprivano la parte anteriore del naso…
 
- Oh… - aveva detto e l’avrebbe ripetuto volentieri un milione di volte.
Insomma, un attimo prima erano lì a parlare, e il discorso stava pure andando a finire male, per quanto gli era dato di capire, un secondo dopo, lei era sulle sue ginocchia. Altro che “Oh”!
Passarono un intero secondo lì, fermi, ad osservarsi e Ted non poté fare assolutamente a meno di notare che quegli occhi, che gli erano sempre sembrati neri, in realtà era blu, un blu scurissimo, un blu impossibile se non l’avesse visto davanti a sé. Se non l’avesse avuto così vicino…
 
Un attimo, solo una attimo, ci volle perché Andromeda si accorgesse di stare veramente sopra i pantaloni di Ted Tonks. Un attimo e si era già tirata su, velocemente, con la spiacevolissima sensazione di essere più che evidentemente arrossita.
Peccato che, però, l’avverbio “velocemente” continuasse a non essere adatto alla situazione.
Oh porc…
 
Crollata. Era crollata.
Ma quanti bicchieri ha bevuto? Non era uno solo?
- ‘Dromeda, stai bene? – disse, con la voce rotta dalla preoccupazione e dall’incredulità. Era seriamente inciampata sui suoi stessi piedi?
Come situazione era proprio ridicola ma, visto lo sguardo da basilisco che Andromeda aveva sfoderato fino a quel momento, Ted suppose che, farglielo notare, sarebbe stato quantomeno controproducente.
- Uh. Ah. – stentò lei, cercando di tirarsi in piedi. Con poco successo, per altro.
Un po’ impreparato, la aiutò lentamente ad alzarsi.
- Tutto…?
- Sto bene, sto bene, ok!? – esplose, tentando di scostarsi da lui. Poi, coprendosi una guancia con la mano sottile, aggiunse: - Per Morgana, che imbarazzo…
La parte di Ted non impegnata a tenerla in piedi, notò che il modo in cui le si imporporavano le guance era assolutamente adorabile.
- Si può sapere che hai da sorridere, tu? – sbottò allora Andromeda, irata.
Certo che passa dall’adorabile all’intrattabile in tempi brevissimi, peggio di un drago con la spuzzolosi…
- Nulla, davvero… - tentò di giustificarsi.
- Ahh. – esclamò lei, sfuggendo al suo braccio che, fino a quel momento, le aveva impedito di cadere rovinosamente a terra. Poi, con passo piuttosto spedito, si diresse alla porta e uscì.
Ted, rimasto relativamente confuso, la seguì senza pensarci un momento di più.
Quando aprì la porta, una corrente gelida lo colpì violentemente.
Dal cielo plumbeo cadeva la neve.
 
Neve, neve, altro che neve!
Pioggia gelida e sferzante era, quella che cadeva giù in quel momento, inzuppandola ancora più di prima.
Ma Andromeda, che avanzava imperterrita con passo militare, se ne accorgeva appena.
Sono caduta, come una pera cotta! Per ben due volte! Come si fa a cadere due volte di fila?
Pensò e, in quell’esatto momento, scivolò sul marciapiede.
E siamo a tre!
Ma no, non cadde. Il tacco traditore, che era andato così crudelmente a infilarsi in un tombino, si era limitato a rompersi malamente.
Ti odio.
- ‘Dromeda, stai bene? – Ted Tonks l’aveva raggiunta e la fissava con sguardo preoccupato.
Un Tassorosso fatto e finito, eh?
- Prima di tutto smettila di chiedermi come sto. – gli disse, freddamente, mentre intanto cercava di sfilarsi la scarpa. – In secondo luogo, mi chiamo AN- Dromeda, chiaro? Ah. Uh! – esclamò, prima per il sollievo di essere riuscita a togliersi la scarpa, poi per lo slittamento del suo piede sul suolo bagnato.
E quattro, dai che si fa l’en plein!
Ma non cadde, di nuovo. Ciò che attendevano i suoi fianchi furono solo due braccia calde e forti e non l’asfalto freddo che si sarebbero aspettati.
- Vieni, spostiamo dalla strada, – disse Ted Tonks, calmo, - andiamo lontano da occhi babbani a riparare quel tacco.
A quel punto, troppo sorpresa e anche, ormai era ora di ammetterlo, incapace di mantenere l’equilibrio da sola, Andromeda si fece accompagnare sotto al parasole di un negozio lì vicino, sufficientemente isolato.
Quando arrivarono e lei finalmente si staccò, il ragazzo continuava a tenere le braccia in avanti per paura che lei cadesse di nuovo.
Va beh che sarò brilla, ma non sono così maldestra, diamine!
 
Caspita se è brilla. Oppure mostruosamente maldestra.
Magari entrambe… che mix micidiale…
La fissava con le sopracciglia corrugate mentre, staccandosi da lui, Andromeda tentava di appoggiarsi al piccolo davanzale dietro di lei per poi sedersi, crollare, a terra.
Seduta lì, davanti a lui, con il capo abbassato, la ragazza teneva in mano la scarpa rotta e la fissava quasi sperasse si disintegrasse nelle sue mani.
Uhm , forse potrebbe perfino essere più terrificante di sua sorella, se volesse…
Passò qualche secondo, in cui nessuno dei due fece o disse qualcosa.
- Andromeda? – la chiamò poi, incerto.
Con tutta sincerità non riusciva proprio a capire perché non avesse già riparato il tacco con la bacchetta. In fondo, non erano soli, lì?
Poi, visto che non le rispondeva, aggiunse: - Stai… - ma si interrompe subito, notando lo sguardo irato della ragazza adesso rivolto verso di lui e ricordandosi che gli aveva proibito di chiederle come stava - … comoda seduta lì? – rimediò, meglio che poté, sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.
Gli occhi di Andromeda, sempre fissati nei suoi, si fecero ancora più cupi, l’espressione malinconica. Ted ebbe la nettissima impressione che, di lì a qualche secondo, Andromeda sarebbe scoppiata in lacrime.
Per le mutande di Merlino, ma perché le donne devono essere così complicate?
- And… - tentò, sinceramente dispiaciuto e perfettamente inconsapevole dei motivi per cui la situazione fosse degenerata a quel modo.
Poi, così, d’un tratto, come un lampo a ciel sereno, proruppe una risata.
- Ahahah! - rideva Andromeda, con le lacrime agli occhi, fissandolo come avesse fatto la battuta del secolo.
Nemmeno io mi trovo così divertente…
Dopo i primi secondi cominciò a preoccuparsi, era più preoccupato che se si fosse messa veramente a piangere.
Diamine, continuo a non capirci niente.
- Non posso, – disse ad un certo momento la ragazza, alzando la mano con la scarpa rotta verso di lui, senza abbandonare il sorriso, - non posso ripararla, la mia bacchetta si è rotta. Dico, ti rendi conto? Un automobilista mi ha lavato, la mia bacchetta si è rotta e ha pure bruciato il mio mantello preferito! – aggiunse, ricominciando a ridere di gran gusto – Non la trovi una situazione assolutamente ridicola? Ahahah!
 
Non riusciva, davvero, non riusciva a smettere di ridere!
Insomma, tutto quello che era successo era… era talmente improbabile che faceva sbellicare dalle risate, no?
Eppure, Ted Tonks non pareva d’accordo. Era lì, in piedi davanti a lei, con le sopracciglia corrugate e nessun sorriso ad illuminargli il bel volto pieno.
Adesso che rido io, quello triste sei tu?
Poi però si rese conto che, probabilmente, il Tassorosso si stava chiedendo se fosse il caso di chiamare i medimagi del San Mungo e farla ricoverare subito oppure semplicemente scappare a gambe levate.
Oh, suvvia, non tutti i Black sono pazzi maniaci, sai?
Tuttavia, considerando che essere presa per folle non era uno dei suoi sport preferiti, Andromeda si ricompose e, dopo essersi debitamente schiarita la voce, disse: - Scusami, ma ridere mi aiuta a scaricare la tensione. Temo che sia stata una giornata sufficientemente dura da sopportare da trasformarmi in un pazza isterica. – si sorprese di quanto quel tono ironico paresse tranquillo mentre lei, di tranquillo, in quel momento, non aveva proprio niente.
- D’accordo. – rispose lui, circospetto. Per poi aggiungere, ritrovando il sorriso che aveva sfoderato quando l’aveva salutata: - Se vuoi posso riparartelo io. 
 

♦♦♦

 
Con un Reparo era cominciata, la loro tragicomica storia.
Quale inizio più poetico di quello avrebbero mai potuto trovare, loro due?
Poetico, poetico… ad Andromeda faceva sinceramente ridere quella parola, associata al biglietto che aveva appena letto.
- Dai, ammettilo che un ragazzo più romantico di me non riusciresti a trovarlo nemmeno cercando. – disse il biondo, sfoderando un sorriso beffardo.
- Oh, hai ragione, tesoro, sei unico. Fortunatamente, aggiungerei.
E lì, un altro bacio, pensò Andromeda, ci stava proprio.
 

 
 
 
Note: Questa storia avrebbe dovuto partecipare ad un contest che, sfortunatamente, è stato annullato. Non avendo avuto quindi possibilità di avere un commento, se vi andasse di farmi sapere come vi è sembrata, mi farebbe molto piacere ;)

 
 
 
  
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