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Autore: ElderClaud    21/11/2007    3 recensioni
Pein è un Dio per tutti, per i suoi seguaci e per la gente comune. Ma può una divintà voler ritornare ad essere, solo per un momento, un comune mortale ?! Per lei... Solo per lei...
Breve fic sulla coppia Pein-Nuovo personaggio. è un esperimento, quindi giudicatelo come tale ! I commenti sono ben accetti !
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Altri, Pain
Note: Lemon, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Pein

Pein

 

Un uomo, un Dio.

 

Il signore dell’ Akatsuki.

 

Ma non sempre era così. Non per tutti almeno. Era una questione di mentalità.

Se per la gente comune era un mero mortale, per i suoi adepti era una divinità da seguire.

Lo sapeva bene lei, che era il suo angelo custode.

Konan L’arcangelo di carta, lo seguiva ovunque. Confidente silenziosa di segreti fin troppo pericolosi da pronunciare ad alta voce.

Come i suoi incontri.

Perché non c’era un pomeriggio libero dove Pein smetteva i panni del Dio, e tornava ad essere un comune mortale.

E lei come sempre, lo vegliava dall’alto. Come in questo caso.

Sopra il tetto di un bianco palazzo, vegliava sul suo Dio come un falco con i suoi piccoli.

Mentre accanto a lei, un angelo infimo versava fiumi di eresie da quella sua squallida bocca.

“Hun ! Non capisco perché il capo spenda il suo tempo in quel modo ! Va ha trovare di nascosto quella tipa solo per fare due chiacchiere e passeggiare allegramente nel giardino…

Ma non può scoparsela come tutti ?!”

Era chiaro che il biondo artista che gli aveva accompagnati fin lì, non sapeva nulla di Pein.

La donna sbuffò a quella terribile ignoranza.

“Deidara… Pein in una donna cerca molto più che il semplice sesso… Lui cerca la pace…”

Una pace che nel suo regno non si sarebbe trattenuta a lungo. I venti di guerra infatti, soffiavano arroganti appena oltre il confine delle loro terre.

Con lo sguardo seguì le due nobili figure, fino a quando non scomparirono totalmente alla sua vista, rifugiandosi sotto un gazebo.

 

“Hm ?!”

il Dio umano aprì all’improvviso gli occhi color argento, quando una leggera brezza sfiorò le sue bianche membra delicatamente.

Il soffio gentile e profumato di chi gli stava accanto.

“Ah ! Finalmente vi siete svegliato mio signore !” la voce di una fanciulla conosciuta raggiunse educatamente le sue orecchie.

E solo sentendo la sua voce, Pein realizzò dove era finito.

Sopra di lui il tetto di un gazebo di legno gli copriva la visuale di un cielo blu come il mare, mentre il suo corpo era disteso elegantemente su di uno sdraio di vimini.

Tutt’intorno regnava la pace e la quiete.

Accanto a lui una splendida visione lo contemplava in silenzio. I capelli dorati, lasciati liberi sulle spalle e lunghi fino alla schiena. Gli occhi, di un azzurro intenso con venature dorate all’interno dell’iride, sembravano più due gioielli che organi per la vista. E la sua pelle, bianca e morbida, era l’invidia di una Dea.

La sua dama, la sua amante, la sua signora.

L’aveva conosciuta circa un anno fa. Durante un meeting con una tra le più influenti famiglie del suo regno. Influente ma non potente, sia chiaro.

Difatti, il clan della sua signora era in una posizione neutrale riguardo le sue politiche di dominio.

Troppo codardi, per poter prendere una decisione unitaria sulla questione “Pein”.

Ma lei…

Si era dimostrata fin da subito tanto nobile quanto lo era il suo aspetto. E di ciò ne era rimasto fin da subito colpito.

Perché quella donna gli ricordava tanto la sua defunta moglie, sia nell’aspetto che nel carattere.

Una donna che aveva amato con tutto se stesso e che per ottenere potere non aveva esitato ad uccidere.

I loro incontri erano segreti… Anche se quei buffoni dei suoi famigliari sapevano… Erano comunque da ritenere segreti. Appuntamenti galanti e cortesi, dove la parola “sesso” semplicemente non esisteva. Perché lui non cercava questo in lei.

E lei ovvio, non era in cerca di un rapporto carnale con lui. Era giovane, e la sua testa era piena di sogni e speranze. E l’idea di aver trovato il principe azzurro la riempiva di gioia.

Non sapeva nulla di lui. Solo, che era la persona più educata al mondo, e che le sue storie erano a dir poco incredibili ed entusiasmanti.

Era un tantino musone doveva ammetterlo.

Non sorrideva mai e il suo timbro vocale era sempre privo di emozioni. Ma nonostante tutto sapeva benissimo che la sua presenza lo rendeva felice.

E questo le bastava. Anche se…

Alle volte il comportamento di lui la lasciava perplessa e, a volte, un tantino intimorita.

Tempo addietro le aveva regalato un anello. Un gioiello semplice, molto simile ad una fede che ad un pegno d’amore. Segno di fidanzamento.

E succedeva alle volte, ma non spesso, che il suo amante si comportasse in modo strano quando le vedeva il suo dono alle dita.

I teneri baci che si davano si trasformavano in qualcosa di più complesso e sensuale. Le sue mani, che prima abbracciavano affettuosamente il suo corpo, divenivano più audaci. Facendole venire, a volte, profondi brividi.

Come in questo caso.

Si erano rifugiati nel gazebo per sfuggire a sguardi indiscreti, e per poter continuare in santa pace la loro conversazione.

Il suo signore vedeva nemici ovunque.

Poi però, come spesso accadeva, lui si era addormentato. Troppe parole e troppa pace, avevano su di lui l’effetto di una camomilla.

E lei aveva vegliato sul suo sonno. Tenendo la testa appoggiata al suo petto e controllando il suo ritmico battito cardiaco. Finché, stanca di aspettare, non decise di svegliarlo in maniera gentile.

“Mi sono addormentato… perdonatemi mia signora” il suo tono era come sempre, privo di emozione. Ma i suoi gesti, parlavano più di mille parole.

Poiché per ringraziarla e chiederle scusa l’attirò ancor di più a se e iniziò a baciarla.

E lei si sciolse a quel gesto. Perché oltre ad essere una persona educata era anche un gran baciatore.

Poi, lentamente, le prese con la mano destra la sinistra, quella contenente il suo dono, e iniziò a fare una cosa che la principessa conosceva fin troppo bene.

Iniziò a rigirare l’anello tra le sue dita, in un gesto quasi lascivo. Che lei detestava, e la faceva, in un certo modo, paura.

Se ne accorse lui. Se ne accorse appena in tempo. Perché stava per succedere una cosa che lui si era promesso di non fare.

Si stava tramutando di nuovo in Dio.

Si scostò bruscamente da lei, cercando di non guardarla negli occhi. E cercando inutilmente di nascondere il suo evidente imbarazzo.

“Perdonatemi… Ioè... è meglio che vada ! Si è fatto tardi e… Mi dispiace.”

La salutò con un baciamano prima di scomparire definitivamente dalla sua vista. In un lampo.

Lasciandola sola con i suoi pensieri.

“Non… Non importa…” avrebbe voluto che rimanesse, nonostante sapesse bene che si sarebbe fatto vivo anche il giorno dopo.

 

L’uomo era di nuovo tornato ad essere Dio per tutti.

Seguaci e non. E lo dimostrò fin da subito mettendo a tacere il biondo artista che lo aveva accompagnato fin lì a bordo della sua mitica creatura.

“Risparmia il tuo fiato Deidara… Gli interessi di un Dio non sono cose che ti riguardano !”

E non dovevano riguardarlo in nessun modo. Quelli erano i suoi momenti speciali, e quella era la sua donna. Per quanto idilliaci e poco credibili fossero… erano i suoi tesori più preziosi. Che lo legavano ancora al terreno umano.

Essere una divinità era una grande responsabilità. L’avere a che fare con esseri miserabili e tirapiedi incompetenti  tutto il santo giorno lo angustiavano terribilmente.

Senza contare la famiglia di lei. Bigotta e arrogante. Che non si opponeva alla sua relazione con la loro rampolla prediletta, ma che nel profondo lo detestavano con tutto il cuore.

Era come essere di fronte a due fronti separati.

Chi era favorevole alla sua venuta e chi no . A loro bastava non finire nei guai, e poco importa se la loro figliola avesse a che fare con un tipo poco raccomandabile.

L’importante era che la piccola riuscisse a soddisfare per bene il Dio…

E non importava che lo facesse con nobili discussioni… O sotto le lenzuola.

“Vostra figlia non mi interessa signori… Non in quel senso almeno ! Io la trovo una persona squisita… A differenza di voi… è assolutamente perfetta !”

Rispondeva sempre così ai loro perché, ai loro dubbi.

Sporche, squallide creature…

Spesso si chiedeva come avessero fatto quei dannati leccapiedi a creare una creatura così perfetta.

Perché con lei, solo con lei, ritornava ad essere un essere umano. Una creatura fatta di carne e di sangue, con speranze vere e senza deliri di onnipotenza divini.

Lui tornava ad essere uomo, e a farsi incantare da colei che reputava una Dea. Non l’incontrario.

Non era lui, sommo Dio dell’alba, a incantare una comune mortale. Sarebbe stato blasfemo.

Per questo non voleva legarla a se in quel modo.

Perché se l’avesse posseduta nel corpo avrebbe letteralmente varcato quel confine che ancora lo teneva separato dall’essere un uomo e l’ essere un Dio.

Poteva avere tutte le donne del mondo se lo voleva. Poteva scatenare una guerra senza fine se lo voleva.

Ma non poteva generare la pace in maniera così immediata esattamente come faceva con la guerra e la morte. Non poteva avere amore… così facilmente.

Per questo amava stare con lei… perché con lei si ricordava di essere ancora un essere umano.

Anche se…

La sua amante gli ricordava troppo la sua moglie defunta. Davvero troppo. Inoltre, la fanciulla possedeva la stessa età di sua moglie quando si erano conosciuti la prima volta.

Diciotto anni…

Forse era per questo che le aveva donato la fede nuziale appartenuta alla sua vecchia compagna. Era forse un modo per farsi perdonare quel gesto infame.

Ma quello stesso dono si rivelava essere un’arma a doppio taglio. Perché il ricordo di lui che faceva l’amore con la sua sposa era forte. E spesso si rifletteva nei suoi gesti a volte troppo impulsivi.

Una timida carezza sulla guancia si tramutava in una autentica presa. Che con forza la spingeva al suo volto per baciarla con passione. Ben diverso dal casto bacio dato sulle labbra.

E questo turbava la sua amante, ma al tempo stesso la incuriosiva.

Per questo era sbagliato possederla.

Perché lui era pur sempre un essere umano e perché lei, nel bene e nel male, non era sua moglie. Era molto di più. Era una Dea. Andava rispettata come tale.

 

I loro appuntamenti andarono avanti a lungo, sempre uguali, sempre perfetti. Immersi nella pace e nella bellezza di quel giardino curato.

A raccontarsi epiche storie e ad amoreggiare castamente sotto quel gazebo di legno conosciuto.

Più o meno.

Perché l’ombra di onnipotenza era sempre in agguato. L’essere Dio che vuole schiacciare la parte umana.

Come la guerra che questa volta era davvero alle porte. La famiglia di lei lo sapeva.

E la popolarità di Pein si aggravava sempre di più con l’inizio di una lotta intestina all’interno del paese stesso. Non bastavano i paesi confinanti che guardavano in cagnesco il loro regno. Ci mancava solo questa.

E la loro posizione primaria cominciava a vacillare sotto i pesanti colpi della politica.

Essere neutrali non bastava più. O eri con lui… O eri contro di lui. In entrambi i casi Pein avrebbe decretato la fine del loro clan.

Quindi la domanda che si posero fu questa :

Lasciare che continuasse a vedere la loro figliola… oppure di negarli quegli appuntamenti ?

Se avessero sostenuto il Dio umano nella guerra, forse avrebbero vinto. Ma se lui avesse fallito sarebbero tutti morti.

E ovvio, se non lo avessero appoggiato… Sarebbero morti lo stesso.

Che fare quindi ?!

La risposta che arrivò nelle loro menti bacate, era a dir poco assurda.

 

“Mio signore !”

Era andato a trovarla come sempre per la loro consueta passeggiata nel parco, ma era chiaro che questa volta c’era qualcosa che non andava.

“Mia signora… che cosa avete ?! Perché piangete ?!”

Non l’aveva mai vista a piangere. E questo lo turbò, ma non si scompose più di tanto. Il suo tono era come sempre piatto e il suo volto inespressivo.

“La mia famiglia… La mia famiglia… Mi ha voluto dare in sposa ad uno sconosciuto ! sono stata venduta !! Non… Non potremmo mai più vederci !!!

Le sue lacrime erano colme di una rabbia repressa che a stento riusciva a donarle.

Non l’aveva mai vista così triste. Aveva sempre ritenuto che la sua amante portasse rispetto per i suoi famigliari. Ma a quanto pare infondo, non era così.

“Non dovreste preoccuparvi così tanto per me… Anche se andrete in sposa a qualcun altro, potremmo sempre continuare a vederci di nascosto… Certo, senza che anche i tuoi famigliari lo sappiano però…” Non aveva ben realizzato cosa stava succedendo… Non era così semplice.

“M-ma mio signore… Io voglio voi e nessun altro ! Nessuno mi deve toccare ! Solo voi potete ! Perché vi amo !! La prego…”

A quelle parole il Dio umano ebbe veramente un tuffo al cuore. Perché lui non le aveva mai detto quelle parole. Mai, neppure una volta.

E sentì dentro di se, rompersi qualcosa di importante. Qualcosa che andava mantenuto intatto a qualsiasi costo.

Aveva capito il perché di quella rischiosa manovra da parte della sua famiglia. Aveva capito che si erano schierati contro di lui… ma che al contempo, poteva comunque rimanere il suo amante.

Questa volta rischiando grosso però. Che esseri meschini e infami…

Ma ora quelle loro posizioni avevano poca importanza. Perché il problema era un altro ora.

Stava dando retta a quel lato divino che non doveva in nessun modo interferire nella loro relazione.

Il desiderio di possederla aumentava a dismisura. La perfezione di quella relazione si stava frantumando in mille pezzi.

Ma dopotutto… era lei a volerlo. Perché lei lo amava. Non come lui. Che cercava una effimera pace. Si era illuso, e nel farlo, aveva illuso pure lei.

Ma chi vuoi prendere in giro ?! Hai smesso di essere un essere umano molto tempo fa… Il giorno stesso in cui hai ucciso tua moglie !

Prese la sua decisione in quel momento. Non avrebbe permesso a nessuno di portargliela via. Non un’altra volta ! Era sua… Sua e di nessun altro !

Le cinse la vita e l’attirò ancora di più a se. La sua bocca sfiorava il suo orecchio mentre le sussurrava lentamente parole esplicite.

“Vi prego mia signora… Conducetemi alle vostre stanze.

 

E lo fece veramente. Lo condusse davvero al suo letto.

Per tutto il tragitto avevano evitato di guardarsi negli occhi. Imbarazzo, paura e una strana sensazione di sbagliato lacerava i loro animi. E anche ora che erano l’uno di fronte all’altra non riuscivano a guardarsi in faccia.

“Sei davvero sicura…?” domanda che le porgeva spesso da quando lui aveva preso la sua decisione.

E se lei dapprima era convintissima, ora era decisamente più titubante. Si limitò ad accennare un impercettibile “si” con la testa.

Questo era per lui più che sufficiente. E quando iniziò ad accarezzarla non si lasciò intimorire o bloccare dai suoi gemiti spaventati.

La spogliò in un attimo, e quasi sussultò alla vista del suo corpo. Così bello e così perfetto.

Poi la prese in braccio, e la adagiò delicatamente sul comodo letto.

Si prese tutto il tempo del mondo ad osservarla così, nuda ed inerme. In evidente imbarazzo di fronte a lui. Spaventata anche, dai tanti percing che affollavano il suo petto nudo . Lui era un Dio… questo doveva averlo capito ormai anche lei.

Ma allora perché aveva detto che lo amava ?! Nessuno poteva amarlo. Ma forse una Dea…

Le sue labbra sfioravano quasi incosciamente quel corpo inviolato. Troppo preso a pensare ai suoi rimorsi per prestare attenzione ai suoi sussulti e alle sue lacrime. Con rassegnazione sapeva che tanto non si sarebbe fermato. Perché lui era un Dio, e se voleva una cosa l’avrebbe ottenuta.

Anche se nel profondo del cuore non voleva. L’avrebbe posseduta.

Carezzò con tocchi più profondi la sua amante, per tranquillizzarla un poco e per compiacere di più se stesso. Il gesto ebbe l’effetto desiderato perché lei finalmente si rilassò quasi del tutto.

“Mia signora…” sussurrò lui. Voleva avvisarla che era il momento. Le doveva almeno quello.

“Ti amo !” Fu la sua unica risposta, spezzata dall’emozione. Che ancora una volta lo sorprese. E forse, gli dette il pretesto di continuare.

Si slacciò i pantaloni, e con una lentezza esasperante, la violò dolcemente. Decretando così la morte dell’uomo che era in lui. Quell’uomo che forse non era mai esistito. Si era semplicemente illuso.

 

Si dette a lungo.

Dapprima con una timidezza commovente, poi, con una passione sfrenata.

E lei era sempre stata incredibilmente accondiscendete. Da tenera compagna, ad amante insaziabile, la sua trasformazione l’aveva sorpreso. Era come essere di fronte ad una Dea.

L’immagine di sua moglie era totalmente scomparsa dalla sua testa. Lei era solo una comune mortale adesso. Quella che aveva di fronte invece, era autentica perfezione.

Sapeva perfettamente che i suoi famigliari ora sapevano. Perché loro avevano occhi e orecchie dappertutto. Se non fosse stata per quella gentaglia forse la storia non avrebbe preso una piega del genere.

Quel giorno Pein aveva condannato a morte un intero clan. E per punirli ulteriormente, avrebbe portato via loro la figlia che tanto “amavano”.

“Mio signore…” La flebile voce di lei lo riportò alla realtà. Era ritornata a dargli del “voi”. Nonostante poco prima lo aveva spesso e volentieri chiamato per nome.

Girò un  poco la testa per osservarla meglio. Il suo corpo nudo era ricoperto da una leggera patina di sudore, come lo era il suo del resto.

“… Perdonatemi… Vi ho illuso… non posso darvi la pace… Posso solo amarvi…”

Era triste nel dirlo. Sembrava davvero dispiaciuta di ciò che era successo. Non era ciò che voleva veramente. Lei sognava, e nella sua immaginazione il suo desiderio risuonava quasi infantile.

“Non dovete preoccuparvi. Non è stata colpa vostra. Sono io che ho illuso voi. Non sono il vostro principe azzurro…”

No, lui era molto di più, era un Dio !

“Era inevitabile… Che finisse così… Siamo esseri umani ! Non siamo divinità... È normale che ci siamo lasciati andare. Un Dio non si sarebbe mai sognato di fare una cosa del genere…”

Quelle parole lo colpirono duramente. Trattenne il respiro indeciso se arrabbiarsi o meno con la sua amante per la blasfemia appena detta.

La sua testa era nella confusione più totale ora. Avrebbe voluto scappare via e non tornare mai più in quel posto. Ma tanto sapeva che non era possibile, perché era lei il suo dubbio. Aveva cominciato a dubitare di se stesso il giorno stesso in cui si erano incontrati. Erano entrambi in cerca di una divinità quando in realtà ciò non era possibile. Perché sia lei che lui erano dei comuni mortali.

Ma gli riusciva quasi impossibile credere a questa cosa. Perché troppa… troppa gente credeva in lui. E ammettere di essere un essere umano avrebbe decretato la fine del suo regno.

Sorrise lievemente alla fanciulla. Come a rassicurarla dei suoi dubbi. Era la prima volta che sorrideva.

“Non preoccupatevi, Il vostro amore è una scusa più che credibile. Ciò che è successo, è stato dettato dal sentimento amore. Tutto qui. Per cui non dovete preoccuparvi di nulla !”

Poi si chinò su di lei ancora una volta e il loro gioco riprese.

E lei era felice quel giorno. Ma forse fu anche l’ultimo che ritenne tale.

Perché poi le favole finiscono sempre tutte. E si ritorna alla realtà.

Nei giorni seguenti successero molte cose.

La prima, è che il suo amante la rapì e la portò al suo palazzo. Il suo matrimonio a tavolino venne quindi totalmente cancellato.

La seconda novità fu che per lo sgarro meschino fatto dalla sua famiglia, Pein decise di sterminare totalmente sulla faccia della terra il suo clan. Di loro non rimasero neppure le ceneri.

E il cuore della fanciulla si fece nero da dopo quei giorni. E ogni volta che si univa a lui non poteva non guardarlo con una punta di odio negli occhi azzurri. E non riusciva a credere, di averlo amato alla follia.

Ed ignorava il fatto che anche lui in fondo, l’amava. A modo suo… Ma l’amava.

“Mi odi adesso mia signora ?! Capisco… è naturale dopo quello che ho fatto ! Ma allora perché le vostre carezze sono ancora cariche di quella passione che ci ha unito la prima volta ?!”

Lo odiava anche per questo… Perché aveva dannatamente ragione ! Perché lui la induceva ad illudersi. Adesso come in passato. Perché lei non riusciva proprio a non desiderarlo.

( Si illudevano… Si illudevano entrambi. )

 

Perché Pein non era un Dio… Era un mostro.

 

 

 

….. <_<

Che cavolo ho scritto ?! Volevo parlare del delirio di onnipotenza che spesso dilania l’animo umano ma invece mi è venuta fuori questa roba confusa.

Pein, il capo dell’Akatsuki si considera un Dio… Ma in fondo sa che non è così, sa in realtà di essere un essere umano. Ma la gente lo segue e lo venera come divinità scesa in terra. Lui cerca di sfuggire da tutto questo e di tornare ad essere un essere umano tra le braccia di una donna. Una donna che lui considera come divina.

Ma quando percepisce che i suoi attimi di gioia stanno per finire, non esita a tornare ad essere un dio per potersi tenere quegli attimi di effimera felicità stretti tra le mani.

La fanciulla lo ama, ma quello di Pein si può definire amore ?! ho è solo possessione ?!

È una divinità oppure un mostro ?!

 

Questo bene o male è la sintesi di questa one-shot !

Non è delle migliori esistenti al mondo, e personalmente ho scritto di meglio. L’ arroganza e la superbia umana non ha limiti, e il personaggio di Pein mi sembrava adatto all’argomento.

Scusatemi… e per favore siate clementi ! se avete dei consigli non esitate a darmeli !

 

Ps: un ringraziamento particolare a Secchan per tutti i favoriti che fa alle mie fic ^^ !

 

   
 
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