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Autore: Lulyna89    03/05/2013    5 recensioni
Ritrovare qualcosa che si è perso è sempre difficile, soprattutto quando il tempo ha imparato a giocare a tuo sfavore e ha schierato in campo emozioni che non pensavi potessero esistere.
Christine. Vincent. Due presunti sconosciuti con un'attrazione quasi incontrollabile. Cosa li lega? Cosa nasconde il loro passato di così terribile da non poterli farli avvicinare?
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Chiusi il libro e poggiai quelle pagine ingiallite, le cui parole conoscevo già a memoria, sul comodino. Ormai leggere prima di andare a letto era come una tradizione di cui non ricordavo l'inizio e se non lo facevo, se anche non avessi scorso con gli occhi una sola misera riga di un qualunque libro, non sarei riuscita a chiudere gli occhi e a perdermi nel mondo onirico. La pioggia batteva sui vetri e nel silenzio di una casa vuota, quel rumore risuonava come qualcosa di sublime; sembrava una melodia perfetta, composta per rimanere impressa in eterno nelle orecchie di chi l'avesse sentita, le gocce sembravano essere tanti ballerini che si muovevano a ritmo di danza sulle finestre, sui tetti e sull'asfalto.

Spensi la luce e, cercando di farmi cullare da quel suono così delicato, poggiai la testa sul cuscino; la sveglia segnava la mezzanotte ed era decisamente ora di addormentarsi altrimenti l'indomani non sarei mai riuscita ad aprire gli occhi per andare a lavoro.

Chiusi gli occhi e crollai, se non subito, quasi; la mia mente cominciò a vagare attraverso luoghi sconosciuti e, senza che capissi il perchè l'ambientazione stesse cambiando, proprio come avveniva naturalmente durante il sonno, mi ritrovai in un grande salone da ballo. La sala era illuminata da una lunga fila di lampadari di cristallo che scendevano dal tetto altissimo e che si riflettevano negli specchi che ricoprivano tutte le pareti di quella sala, proprio come in una di quelle stanze degli orrori che si trovano nei luna park da quattro soldi. Eppure dimostrava tutto tranne che povertà: era uno di quei saloni che si vedono nei film, quelli in cui re e regine, insieme alla loro corte, hanno passato le serata più indimenticabili della loro vita, a volteggiare finchè non sentivano i piedi fare male. Mi voltai e vidi la mia figura riflessa in quelle pareti che si ripetevano all'infinito: indossavo un vestito magnifico, lungo e dorato, in tema con la stanza e con tutto quello che vi conteneva. Le spalline ricadevano sulle braccia lasciando le spalle libere dal vestito ed una sottile collana dorata con un piccolo ciondolo splendeva attorno al mio collo. I lunghi capelli neri ricadevano sciolti sulle spalle con dei boccoli perfettamente pettinati e con una piccola ciocca, facente parte del ciuffo, appuntata dietro la nuca per non coprire gli occhi, stranamente più verdi e brillanti del solito. Quella riflessa non era la solita Christine che vedevo ogni giorno allo specchio, quella donna, in quella sala, era una principessa.

Ma nonostante il vestito e l'ambiente regale, il mio corpo, il mio istinto, era tutt'altro che tranquillo nel ritrovarsi in quel luogo. Era avvolta da una strana sensazione che mi stringeva la gola, che non mi permetteva di respirare come avrei voluto, che faceva battere il mio cuore più velocemente. Mi voltai alla ricerca di qualcuno, sentivo un paio di occhi puntati su di me ma ero totalmente sola, nessuno mi guardava se non quella mia stessa immagine riflessa più e più volte in quegli specchi.

“C'è nessuno qui?”

Domandai retoricamente, alzando di qualche ottava il mio tono normale di voce: sapevo di essere l'unica persona in quella stanza, ma gli ospiti di quella serata, finita o che ancora doveva avere il suo inizio, dovevano pur essere da qualche parte altrimenti che senso avrebbe avuto quell'abbigliamento e il mio essere in quel luogo? Ad un tratto, uno strano rumore alle mie spalle, catturò la mia attenzione. Mi voltai di colpo, verso la direzione da cui avevo sentito partire quel rumore sordo, ma vidi niente e nessuno esattamente come qualche secondo prima. Poi, una mano calda, forte, si poggiò sul mio fianco. Mi sembrava così familiare quel tocco, come se quella mano mi avesse sfiorato altre volte, come se già sapessi come era fatta, quanto fosse liscia al tocco per tutte le volte che aveva accarezzato il mio viso o si era intrecciata alla mia mano. Eppure non sapevo, non ricordavo, come fosse il volto di quella persona, quali lineamenti avesse, come fosse il suo sorriso o il suo sguardo ogni volta che incontrava i miei occhi. Mi voltai lentamente verso di lui, spaventata ancora per quella sensazione che continuavo a sentire ma, al tempo stesso, desiderosa di conoscere la sua identità, di sapere il perchè lo sentissi così familiare. Eppure, il volto che mi ritrovai davanti agli occhi, non era un uomo, era solamente una strana ombra, come se fosse incappucciato, coperto da uno strano mantello nero che copriva i suoi lineamenti; si notavano solamente i suoi occhi, di un colore così chiaro da risultare in totale contrasto con quell'aura scura che lo circondava, erano talmente belli che non potevano essere reali. Ma nella loro bellezza qualcosa non andava, quell'azzurro così acceso non trasmettevatranquillità ma freddezza, e quello sguardo fisso su di me mi terrorizzava esattamente come la solitudine che fino a pochi istanti prima mi aveva accompagnata in quella sala.

Non riuscivo a muovermi, come ipnotizzata da quello sguardo che sembrava volesse dirmi qualcosa, che sembrava volesse mettermi in guardia da qualcosa, da qualcuno, ma in quella sala non c'era nessuno se non quell'ombra in piedi di fronte a me. Sentivo il bisogno di sfiorarlo, di capire se fosse davvero una persona fatta di carne e ossa o solamente frutto di una mia immaginazione. Quello strano mantello che lo rendeva così scuro lo faceva sembrare inconsistente.

“Chi sei?”

Chiesi avvicinandomi ancora di più a lui, facendo scivolare via quella mano che era ancora appoggiata sui miei fianchi. Ma fu come se quella domanda scatenasse in lui qualcosa di animalesco; da quella sinistra sagoma, cominciò ad uscire uno strano suono, che diveniva sempre più forte. Era un urlo disperato, paura e terrore che si mescolavano insieme. Mi tappai le orecchie ma quel suono era talmente forte che sovrastava qualunque mio tentativo di non sentirlo più; sentivo come se i timpani mi stessero per scoppiare in un numero indefinito di pezzi da un momento all'altro mentre il suono rimbombava, ormai, anche nel mio cervello.

Caddi a terra, in ginocchio, pregando che si fermasse.

Mi svegliai di colpo, madida di sudore con le mani strette al piumone e il respiro affannato. Era stato solo un incubo, ma era sembrato tutto così reale; sentivo ancora quella mano sul mio corpo, quell'urlo nella mia testa e quegli occhi che non si erano staccati neanche per un attimo dai miei come se volessero studiare la mia anima.  


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Ed ecco a voi il primo capitolo della mia storia.
Seppur breve spero sia riuscito a far crescere in voi quella curiosità di cui avrete bisogno man mano che la storia va avanti.
Fatemi sapere cosa ne pensate: aspetto con ansia le vostre recensioni!

 

  
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