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Autore: Dahmer    03/05/2013    2 recensioni
-Mamma, papà! Mi hanno presa! Mi hanno presa!- esultò esaltata.
Rylee era figlia di una graziosa coppietta di Canton, Ohio. La madre era casalinga e il padre un piccolo commerciante. Aveva due fratelli. Il più grande, Derek, impegnato nell’esercito americano da due anni e l’altro Jeremy all’università. Lei era l’unica rimasta con i genitori. Era una ragazza modestamente alta e magra, dalla pelle olivastra che faceva risaltare gli occhi verde smeraldo attorniati da lunghe ciglia nere. I lineamenti del viso erano delicati, il naso era leggermente alla francese e le labbra moderatamente carnose e sul labbro inferiore sfoggiava un piccolo anellino d’argento. Aveva i capelli mossi lunghi fino alle ultime costole e il loro colore noce accentuava gli zigomi alti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-I will love you forever, I promise -

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 Era come un incubo. La situazione era insostenibile. Ry lo guardava perdere lentamente le forze, senza poter fare nulla. C’erano tutti, mamma, papà, Jeremy e anche Oliver. Avevano deciso di staccare la spina, erano passati altri quattro mesi e il dottore era stato chiaro, non c’era più speranza che si risvegliasse.


La madre piangeva, disperata, distrutta, stringendo forte la maglietta del marito, per poter avere conforto, o forse per poter scaricare tutta la tensione e il dolore che stava provando. Rylee non l’aveva mai vista arrendevole, il suo animo era sempre stato fiero e ora si stava lasciando andare, e di certo lei non poteva biasimarla. Stava dicendo addio a suo figlio, consapevole del fatto che non lo avrebbe mai più rivisto bello e sorridente come era abituata. Dentro di sé malediceva il giorno in cui lo aveva lasciato partire, orgogliosa dello spirito patriottico che dominava il suo primo figlio. La situazione era la stessa, lo stava lasciando andare, di nuovo, ma questa volta non sarebbe più tornato indietro. Ricordò ogni suo compleanno, come lo avevano festeggiato tutti in famiglia, sapeva che ora lui non avrebbe più festeggiato nulla con loro. Li stava abbandonando. Aveva paura, tanta, non sapeva come affrontarlo, non sapeva come l’avrebbe superata, come avrebbe reagito a ritrovarsi da un giorno all’altro senza un figlio. Da una parte sapeva di doverlo lasciare andare, non voleva che soffrisse, dall’altra stava uno strazio, avrebbe voluto tenerlo con sé per sempre. Aveva sperato fino all’ultimo e nel profondo sperava ancora che si risvegliasse, che tutto ciò che stava accadendo fosse uno scherzo, un incubo terribile che sembrava non avere fine.

Aaron era impassibile, i suoi occhi avevano perso qualcosa, il suo sguardo aveva perso vita, fissava un punto fisso, con le iridi prive di qualsiasi colore, erano come trasparenti, o almeno così apparve a Ry, dato che riusciva a vedere ogni sua singola emozione percorrergli il corpo e colpire ogni organo per poi annientarlo lentamente. I ricordi lo distrussero, ripensò a quando gli aveva insegnato a giocare a baseball, a quando lo chiamava “Il mio ometto” e a quel giorno in cui gli aveva implorato di smetterla di chiamarlo così, perché lo imbarazzava davanti ai suoi amici. Sorrise, rivedendolo pregare per avere qualche consiglio sulle ragazze. Rimpianse di non averlo abbracciato abbastanza, di essersi dimenticato di dirgli quanto gli voleva bene ogni volta che era stato possibile, la moglie gli diceva continuamente che lui lo sapeva, anche se non se lo sentiva dire. Strinse la moglie, questa volta era lui a dover essere confortato.

Jeremy era in piedi accanto a Rylee, tenendole la mano, saldamente. Per lui Derek non era solo un fratello, era il suo migliore amico. Allungò l’atra mano su quella del fratello. All’improvviso davanti a lui vide una figura, vide se stesso, inginocchiato a terra, dilaniato dalla sofferenza e dall’angoscia, urlava “Uccidetelo e fate finire questo dolore straziante!”, era un’agonia, una situazione insopportabile, cercò di mandare via quell’allucinazione terribile, si sentiva in colpa, non poteva volere la sua morte, no, nemmeno se fosse stato per il suo bene, era un mostro. Strinse ancora di più le mani delle due persone a lui più care al mondo. Si gettò a terra, o forse cadde, prendendo il posto di quella figura fittizia, che scomparve in un’immensa nube che riuniva tutti i più grandi mali della vita. 

-Prendi me …- lo sentì sussurrare Ry. Le sue parole si mischiavano a un freddo fiumiciattolo di lacrime. Jeremy non era mai stato credente e Rylee stentava a credere che lo fosse diventato improvvisamente, allora … chi stava implorando?

La figura era riapparsa, gli sembrò di vedere la morte starsene lì, accanto al corpo inerme del fratello, che non poteva difendersi per non essere portato via. Era una donna, una donna meravigliosa, con dei lunghi capelli biondi che le scendevano sull’abito bianco, più stretto in vita, a delineare una figura snella. I suoi occhi erano l’unica cosa scura, erano neri e risaltavano sulla pelle bianca, esangue. Il gelo l’avvolgeva, in un’immagine di pura fantasia.

Infine Rylee. Era immobile, la mano che non stringeva quella di Jeremy era stretta in un pungo, tremava convulsivamente. La sua pelle al tocco era corrosa dal freddo glaciale della stanza. Ogni secondo stringeva il pugno con una forza sempre maggiore. Non riusciva a piangere, non ce la faceva, non voleva farsi vedere debole. Il suo sguardo percorse più volte il corpo del fratello. Non si capacitava di doverlo lasciare morire. Non era pronta. Non voleva lasciarlo solo e non voleva essere lasciata sola. Oliver le prese il pugno, tentando di limitare il tremore. Questo si sciolse sotto la presa delicata del fidanzato. Ry pensò di essere sul punto di cedere da un momento all’altro, quando fu raggiunta da Max che l’abbracciò cingendola da dietro, poggiandole le mani sul ventre. Lo sguardo di Oliver fu per un attimo preoccupato, ma cercò di non farci caso, non era il momento giusto per ingelosirsi.

- When you cried I’d wipe away all of your tears, when you’d scream I’d fight away all of your fears, and I’ve held your hand through all of these years, but you still have all of me …- la voce di Ry ruppe il silenzio.

Il dottore chiese il permesso di poter porre fine alle sofferenze di quell’angelo, di quel ragazzo tanto coraggioso che stava per perdere la vita per la propria nazione.

La madre non riuscì a rispondere, fu il padre ad assentire. Rylee spalancò gli occhi quando il gesto dell’uomo la costrinse a dire addio a Derek. Si precipitò in avanti, cadendo tra le braccia di Max e di Oliver, che tentarono di sostenerla, e lasciando di conseguenza la mano di Jeremy. Pianse, strillando il suo nome, come se lui la potesse sentire e potesse risvegliarsi sentendosi chiamare. Il suo pianto era distrutto, angosciante. Singhiozzava come una bambina, si credeva più forte. Forse non era solo la madre a continuare a sperare di vederlo riaprire gli occhi. Fu come morire con lui in quel momento. Si accasciò tra le braccia dei due, finendo accovacciata sul pavimento freddo e insensibile.

Il viso della madre si nascose sul petto del marito, il suo unico rifugio, davanti a quell’atroce tragedia.

Jeremy era ancora cristallizzato. Vedeva ancora quella donna. Lei aveva afferrato la mano di Derek, decisa a portarlo via con sé. Nel momento in cui la sua mano toccò il corpo esanime del ragazzo, il suo aspetto mutò. Una lacrima rosso sangue le attraversò il viso, e, mentre questa scendeva sugli zigomi, la sua faccia si deformava, la sua pelle candida si squarciava, mostrando la carne e il teschio bianco sporco. La veste era diventata improvvisamente scura e gli occhi, prima corvini, erano inondati di una strana luce bianca. Gli stava togliendo la vita.

Rylee fu portata fuori dalla stanza dai due, non respirava più, non stava in piedi, non si reggeva più sulle gambe, si sentiva la fragilità fatta a persona. Quando raggiunse il corridoio le sue grida strazianti investirono l’ospedale.

Poco dopo anche la madre dovette uscire per evitare il collasso.

L’unico a rimanere nella stanza fu Jeremy, rimasto immobile senza sapere cosa fare, come impedire a quella donna di portargli via Derek.

-No … no … ti prego … no …- continuava a implorare ostinato la Morte, ma con lei non c’era patto, accordo, non c’era nulla che le impedisse di svolgere il suo compito.

Si fermò, come pietrificato, realizzò di aver vissuto gli ultimi minuti in un’assurda allucinazione effimera. E ora che sarebbe successo alla loro famiglia, cosa sarebbe successo alla salute mentale di ogni membro di essa? Era la fine anche per loro?

Tutto ciò che ci fu in quel momento fu paura. Nient’altro. 
 
 
  
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