Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: distantmemory    04/05/2013    8 recensioni
Heather e Courtney si conoscono da quando sono bambine e odiano i maschi per questioni amorose passate. Cominciano a frequentare le scuole superiori, ma riusciranno a stare alla larga dai ragazzi? E inoltre, qual è il segreto dei loro genitori?
Dal capitolo 20 (Parte III):
«Bè, mi amor, adesso sai che se ti dico qualcosa è solo per avvertirti, perché non vorrei mai che ti succedesse qualcosa. Se ti succedesse qualcosa, non me lo perdonerei mai,» avvicinò le sue labbra al mio orecchio ed abbassò il volume della voce, in modo da non far udire le sue parole al fratello. «perché tu sei la cosa più importante che ho.»
***
E in quel momento l’unica cosa che volevo era Duncan, l’unica persona di cui mi fidassi era Duncan. In quel momento mi dissi che se mi avessero privato di lui, sarebbe stato peggio della mancanza d’ossigeno. Duncan era tutto ciò di cui avevo bisogno.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Nuovo Personaggio | Coppie: Alejandro/Heather, Duncan/Courtney
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La ragazza si scostò le coperte di dosso e si alzò dal letto. Si mise le pantofole e spense la sveglia che stava sul comodino. Scese al piano di sotto e andò in cucina, fece colazione, poi risalì le scale e andò in bagno a lavarsi.
Erano due settimane che lei e Courtney erano tornate a casa. Dopo aver discusso con Alejandro, era andata nella sua camera e aveva cominciato a fare la valigia. Il messicano aveva spalancato la porta e chiesto cosa stesse facendo.
«Preparo la valigia. Torno a casa.» aveva risposto.
Egli aveva ribattuto, le aveva chiesto scusa e le aveva detto che la sua intenzione non era più quella di falla soffrire. E non perché lo aveva scoperto, ma perché… e aveva concluso la sua frase. Heather gli stava davanti, sguardo fisso nel suo con occhi calmi e freddi. Cosa stava dicendo?
«E perché?» aveva chiesto, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ma per il ragazzo non era molto semplice risponderle.
«Niente, lascia stare. Cambieresti idea e rimarresti qui, se te lo dicessi?»
Lei aveva fatto di no con la testa e qualche passo in avanti. Si trovò di fronte ad Alejandro e le diede molto fastidio essere più bassa di lui. Le dava un senso di inferiorità e inadeguatezza. Eppure, lei era molto più forte. O almeno si convinceva di esserlo. Passò sotto al braccio di Alejandro che era poggiato alla porta e fu sorpresa di non essere fermata. Sorpresa e stranamente delusa.
Subito dopo, era andata in camera di Courtney. C’erano lei e Duncan, uno davanti all’altra e la ragazza era furiosa. Lo stava maledicendo nella sua lingua e, probabilmente, l’unico che potesse capirla era Alejandro. Un po’ era gelosa di quella loro piccola parte di intimità… no, ma che pensava?! L’ispanica l’aveva guardata con stupore e il punk si era girato.
«Dove stai andando con la valigia?» aveva chiesto la sua amica.
«A casa. Vuoi venire?» aveva risposto Heather. Le tese una mano come per incoraggiarla, per invitarla. Senza nemmeno pensarci, Courtney aveva annuito. Senza guardare Duncan, aveva girato i tacchi e preso la sua borsa. L’asiatica l’aveva aiutata a mettere i vestiti all’interno di essa. Come Alejandro, il punk non aveva replicato.
Finita anche la sua valigia, Courtney ed Heather erano uscite dalla camera. Ritrovarono i ragazzi nel salotto, stesi sul divano a bere birra e guardare film poco casti in televisione. Solo cinque minuti che erano mancati alla loro compagnia e già avevano reso quella camera un porcile. Le ragazze ebbero un guizzo di nostalgia nel cuore. Forse dovremmo restare. avevano pensato entrambe, senza pronunciare nessuna parola. No, non l’avrebbero fatto.
«Allora noi andiamo.» disse Heather. Gli occhi dei due si posizionarono sulle ragazze.
«Ciao.» aveva detto Courtney.
«Ciao, sorellina.»
«Ciao, mi amor.»

Mentre Courtney ed Heather uscivano dalla porta, i ragazzi già avevano sentito la loro mancanza.

***

Heather ed io ci stavamo dirigendo a scuola. Come sempre, eravamo a piedi. Era incredibile come un mese di scuola fosse già passato così velocemente. Era incredibile anche il fatto che, oltre Dawn, ci fossimo fatte nuove amiche e amici. Zoey, Mike, Geoff, Bridgette… già, purtroppo eravamo le uniche del gruppo ancora single. Goeff e Bridgette erano fidanzati da anni, Zoey e Mike da solo due settimane e Dawn, nonostante non lo ammettesse e non lo facesse sembrare, stava con Scott più o meno dall’inizio di quell’anno scolastico. E noi, come sempre, eravamo sole.
Dawn diceva che avremmo potuto avere una storia anche noi. Sì, se Duncan non si fosse rivelato mio fratello e Alejandro un traditore. Questi dettagli, però, li conoscevamo solo io, la mia migliore amica e i diretti interessati. Da quando avevamo lasciato quella casa, era tornato tutto alla normalità. Solita vita, solito pesante e monotono studio, solite uscite con lo stesso gruppo. Non avevo scambiato una sola parola con mio fratello, nonostante dovessimo dirci ancora molte cose e scoprirne delle nuove. Non sapevamo come comportarci. Stessa cosa era successo ad Heather: voleva sapere di più sulla storia dei suoi genitori, ma non voleva essere la prima ad attaccar bottone con il messicano. Troppo orgoglio e i maschi devono sempre fare il primo passo. Non avrebbe ceduto così in fretta, non gli avrebbe dato questa soddisfazione.
Tutti avevano notato che le cose tra noi quattro erano cambiate. Ero tornata accanto ad Heather, a scuola. Lei aveva persino ricominciato a frequentare Mark, ma non per tornare assieme. Erano solo amici, così lei diceva, ma ogni volta che il ragazzo metteva in discussione Alejandro diventava una furia. Le faceva ancora un certo effetto, e anche Duncan faceva, nonostante tutto, un certo effetto su di me. È ora che lo ammetta, in quel periodo mi stavo decisamente innamorando del punk. Non so dire se dopo aver scoperto che era mio fratello mi piacesse ancora o avessi lasciato perdere, ma mi importava ancora di lui. E tanto, purtroppo. In quel periodo stavo anche scrivendo un diario, tutto per me, per sfogarmi con testi, poesie, canzoni. Non bastava Heather per farmi sentire meglio. Se mia madre l’avesse trovato e letto, sarebbe stato un vero problema. Quelle parole scritte su bianco non le pronunciavo nemmeno alla mia migliore amica.
Divagando con la mente, non stavo dando ascolto alle parole del professore. Non sapevo quale materia fosse quella. Non mi capacitavo nemmeno di essere in classe. No, un momento, ma quello era un altro prof! Cavolo, la campanella era suonata e non me n’ero accorta. Ora in classe c’era il prof. McLaine. Aveva cominciato a parlare già da cinque minuti.
«… e quindi, vi annuncio con felicità un compito a sorpresa su tutto ciò che abbiamo studiato in questo mese. Vi avevo consigliato di ripetere, spero abbiate seguito la mia dritta.» queste furono le uniche parole che udii e mi fecero tornare sulla Terra. Fantastico, io ero distrutta e lui girava contento per i banchi distribuendo un foglio ad ogni alunno. Passò accanto a me e mi diede un foglio. Gli diedi un veloce sguardo. Oh, era facile, almeno. Finì di girare per la classe e si mise a sedere dinanzi alla cattedra.
«Bene, cominciate pure.»
Avevo risposto già a dieci domande su trenta, più o meno, quando mi sentii chiamare. Alzai gli occhi e perlustrai la classe. Chi mi stava chiamando? Solo dopo capii che la voce proveniva da dietro, quindi mi girai assieme ad Heather.
«Che cavolo vuoi?» sputai associando la voce al corpo.
«Sorellina, non rispondermi così.» aveva anche il coraggio di affibbiarmi questo soprannome e con quel tono? Forse era davvero meglio principessa. «Aiutateci e noi vi saremo in debito. Insomma, quest’anno vogliamo passare avanti!»
Fissai incredula Heather. Alejandro aveva chiamato anche lei. «E noi cosa ci guadagniamo?» chiese lei da parte di entrambe.
«Te l’ha detto, potrete chiederci un favore. Tutto quello che volete.» rispose il messicano.
«Anche girare nudi per la scuola?» dissi sarcastica io, ridendo.
«Già fatto.» rispose Duncan. Heather ed io spalancammo gli occhi. «Comunque, ci aiutate o no? Sapete che noi manteniamo sempre le promesse.»
Guardai la mia amica.
«E va bene, ma voi esaudirete qualsiasi nostro desiderio.»

***

Rigirai i fogli tra le mie mani e contemplai, contento, la C che vi era scritta sopra. C+, per precisare. Il voto maggiore che avessi mai preso. E tutto grazie alla mia ed adorabile Heather. No, non era mia, anche se l’avrei voluto fortemente. In quel momento maledetti mio fratello per avermi convinto a farla pagare a quell’uomo, Takashi, facendo soffrire sua figlia. Come aveva detto Heather, lei non centrava nulla, non avrei dovuto far stare male lei. Ma Josè aveva detto e ridetto per anni «La cosa più importante per un uomo sono i propri figli. Soffrono loro, soffre anche lui.» e io ci ero cascato. Se avessi saputo che sarebbe andata così… oh, al diavolo la mia famiglia. Mi ero così deciso a far star meglio mia madre, come se poi in quel modo ci sarei riuscito. E poi loro nemmeno mi volevano bene, mio padre mi considerava un figlio come gli altri, inutile come Josè e Carlos, e nonostante io conoscessi mia madre, lei non mi parlava manco. In sintesi, avevo fatto una cazzata.
Sospirai. Josè diceva sempre «Vorrei essere al tuo posto, tu conosci tua madre». Oh, sì, ma cosa sono per lei? Nulla. Non so nemmeno se ricordi ancora il mio nome.
Mi risvegliai dai miei pensieri udendo la musica ad alto volume provenire dalla camera di Duncan. Da quanto non la sentivo rimbombare per tutta la casa, da quanto non sentivo le lamentele dei vicini! Più o meno, venivano a bussare alla nostra porta dopo mezz’ora di casino. Durante la permanenza di Courtney ed Heather avevamo provato più volte ad alzare il volume della musica ma loro ci avevano sempre rimproverato. I loro rimproveri erano decisamente migliori e più divertenti di quelli dei vicini. Ci divertivamo a farle arrabbiare, vedere le loro faccio furiose od offese. Ma da due settimane le nostre conversazioni erano ridotte.
Bussarono alla porta. Venivano a sgridarci anche prima, quel giorno?
Mi alzai ed andai alla provenienza del continuo bussare.
«Arrivo, e che cazzo!» urlai, non scomodandomi per niente a velocizzare il passo né ad usare un linguaggio consono.
Spalancai la porta. «Dai, è da tanto che non facciamo baccano, perché volet… che ci fai tu qui?!» sbottai allargando gli occhi.
«Oh, Al.» disse, facendomi arrabbiare come sempre. «Pensavo saresti stato felice di rivedermi.»

Il mio sguardo era ostile. Non mi importava se ciò che mi doveva dire era una cosa importante, se se ne sarebbe andato sarebbe stato anche meglio. Stringevo i pugni forte, le nocche erano bianche e facevano contrasto con la mia pelle scura. Io era in piedi mentre lui, comodo come se fosse a casa sua, era steso sul divano e aveva i piedi incrociati poggiati sul tavolino davanti. Nonostante le mie stilettate – abituato a quelle di Heather, ora riuscivo a renderle molto più… terrificanti? – non si muoveva di un centimetro.
«Allora,» interruppi quel fastidioso silenzio. «cos’hai da dirmi?»
Finalmente mi guardò, con il suo strafottente sorriso dipinto sul volto. Era questo ciò che provava Heather quando ghignavo? Bè, se era quello, anch’io avrei avuto la voglia di darmi un pugno sul naso.
«Non ci vediamo da anni e mi dai il benvenuto così. Che maleducato.» disse sarcastico.
«Se hai qualcosa da dirmi, parla, altrimenti ti sbatto fuori a calci nel culo. E no, questa volta non scherzo.» lo precedetti, evitando di fargli raccontare qualche aneddoto che avrei sicuramente odiato.
«Oh, e va bene. Siediti accanto a me.» continuai a fissarlo imperturbabile senza muovere un muscolo. Sospirò e capì che non volevo nemmeno sfiorarlo. «Noto con piacere che siamo di cattivo umore.» sottolineò la parola piacere. «È forse colpa di Heather?»
Deglutii. La mia espressione non cambiò, nonostante il disagio. Non potevo sopportare di sentire il suo nome provenire dalla bocca di qualcun altro, specialmente un uomo disgustoso e spregevole come lui. «Non mettere in mezzo lei.»
«Perché, ti da fastidio se continuo a nominarla? Forse non hai tutti i torti ad essere arrabbiato con me. Ho fatto in modo che litigassi con lei, la ragazza che ami. E non hai nemmeno torto ad esserne innamorato, è così intelligente, bella e…»
«E dì un’altra cosa e, giuro, ti uccido. Ti spacco il vaso in testa o ti metto un coltello nel petto, oppure ti infilo sia il vaso che il coltello su per il…»
«Non essere volgare.» mi interruppe. Feci una faccia disgustata. Lui era quello volgare della famiglia, in realtà, anche se non lo dava a vedere. Le femmine notavano solo la loro bellezza. Lo notavano anche in me e in Carlos, però, ma Josè aveva solo quello di positivo. E forse la furbizia. Non era intelligente ma riusciva a sembrarlo. «Sono qui per parlare civilmente. Allora, cosa vuoi farne di lei?»
«Non dirlo come se fosse un oggetto. E poi che significa? E che ti interessa?»
«Non vuoi un consiglio da tuo fratello? Ti voglio tanto bene, farei qualunque cosa per te, e so come abbindolare qualsiasi ragazza, con il mio aiuto ci riusciresti subito.»
«Heather non è una puttana, i tuoi metodi non funzionano con lei. Nessun metodo funziona con lei.»
«Non credo. Chiunque cascherebbe ai miei piedi.» ghignò. Non voleva farlo di nuovo, sperai. Come se mi avesse letto nel pensiero, continuò a parlare. «Voglio provare anche con lei. Vi ho seguiti ed ascoltati, molte volte, e ho notato la difficoltà con cui riuscivi persino a parlarle. Quindi, questa volta, ti propongo una scommessa. Chi la conquisterà per prima?»
«Lei è innamorata di me, estupido
«Lo so. Ma ancora non state assieme. Chi diventerà per primo il suo fidanzato…» si fermò per un po’. «Anzi, no, chi se la porterà per primo a letto vincerà. Ci stai?»
Sgranai gli occhi. «No, no e no! Non posso nemmeno pensare che perderà la verginità con te! Nemmeno per idea!» urlai così forte da superare il volume della musica assordante che Duncan continuava ad ascoltare.
«Hai paura che io riesca a farlo? Perché sai che ci riuscirò.» lo guardai in cagnesco senza dir nulla. Non ci si poteva parlare, e ancora tutt’ora non ci riesco. «Bene, chi tace acconsente. Quindi… ci stai?» mi allungò una mano perché potessi stringergliela e quindi promettere, ma ciò che volli fu stritolargliela fino a staccarla.
«E va bene.» dissi molto lentamente e a bassa voce. «Ci sto. E sappi che mi impegnerò sul serio, perché non posso immaginare che tu… possa… oh, vattene, non ti voglio più vedere.» Mi girai e mi diressi in camera mia, non degnando di uno sguardo Josè. Sapevo, però, che se n’era andato.

***

Come qualche giorno prima, ero riuscito a scappare di casa scavalcando la finestra della mia camera e arrampicandomi sull’albero lì vicino. Facile, come sempre. Avevo lasciato lo stereo ad alto volume e la porta chiusa. Alejandro avrebbe pensato che volevo rimanere da solo, cosa che volevo sul serio. In quel periodo eravamo entrambi taciturni e solitari. Non eravamo allegri e scherzosi come sempre, non ci sarebbe importato nemmeno se le ragazze non ci avessero degnato di uno sguardo – cosa che, ovviamente, facevano –. O almeno, non tutte. Ci importava solo di due ragazze in particolare. Alejandro ed io avevamo pensato più volte di esserci… oddio, non riesco nemmeno a dirlo… di esserci innamorati, ma era una cosa fuori dal comune, per noi, e assolutamente inammissibile. Noi non avremmo mai amato nessuno.
All’inizio non sapevo dove andare. Non ero sceso per uno scopo preciso. Poi mi venne in mente un’idea.
Cominciai a camminare più velocemente verso quella strada che ormai conoscevo benissimo. In quel periodo l’avevo fatta molto spesso, senza però arrivare fino in fondo e bussarla. Troppo tempo era passato da quando avevamo parlato, l’ultima volta, ma quel giorno l’avevamo fatto e quindi decisi di arrivare fino al suo palazzo. In poco tempo ci arrivai e, ansioso, bussai. Dopo pochi secondi mi rispose lei.
«Chi è?»
«Sono io.» feci una pausa. «Duncan.»
La sentii sbuffare. «Che cosa vuoi?»
«Ho bisogno di parlarti.»
Sbuffò di nuovo ma aprì il cancello. Varcai il portone ed arrivai sulla soglia della sua porta, dopo aver salito le scale. La porta era spalancata ma nessuno era lì per aspettarmi. Sussurrai un permesso nel caso ci fosse qualcuno.
«Non essere così cortese, non c’è nessuno. Ah, chiudi la porta.» mi urlò dalla sua camera. Dopo averlo fatto, andai da lei.
«Che cosa vuoi?» sbottò continuando a scrivere.
«Fai i compiti?» lei annuì.
«Che cosa devi dirmi?»
«Nulla in particolare. Pensavo che potessimo…»
«Duncan.» mi guardò. «So cosa vuoi dirmi. Ciò che mi hai detto già, ma io ti ho risposto che siamo… fratelli,» deglutì. «non possiamo farci nulla.»
«Ma solo da parte di padre…» bisbigliai. Courtney non aveva sentito, aveva abbassato le sopracciglia. «E se non l’avremmo saputo tu cosa avresti fatto? Avresti ammesso i tuoi sentimenti?»
«Io non… non mi sei mai piaciuto, sei tu che eri innamorato!»
Sgranai gli occhi. «Non sono innamorato, né lo ero.»
«E allora perché ti importa tanto? Se sono una ragazza come le altre, perché non te ne trovi una nuova? In fondo, è quello che fai sempre, o mi sbaglio? Io sono tua sorella e da tale mi comporterò, e lo accetto. Sei tu quello che non lo fa, perché? Perché vuoi continuare a darmi fastidio, solo per questo? Mi vedi come un’altra?»
Ero nervoso. Il suo ragionamento era giusto, ma io non mi ero mai innamorato. E pensavo che non ci sarebbe mai stata una prima volta, e invece… oh, no, cavolo, non ero innamorato!
«Anche se non sono innamorato di te mi importa. Ho come l’impressione che mio padre ci stia mentendo. Noi non siamo fratelli, me lo sento, non ci somigliamo nemmeno un po’! Io ho la carnagione chiara di mia madre e il fisico di Roberto, mentre tu assomigli molto a…» lasciai la frase in sospeso e vidi un’espressione sorpresa mista all’orrore sul suo volto.
«Non dirlo nemmeno per scherzo! Mamma non tradirebbe mai mio padre, lei odiava Drew!»
«Lo so, ma lui l’ha stuprata, esattamente 15 anni fa. E tu, quest’anno, quanti anni fai?»
Lei si alzò furiosa e venne verso di me con passo veloce. «Non centra assolutamente nulla!»
«Pensi che sia solo una coincidenza?»
«Sì, assolutamente!»
«Per te non è una speranza? Forse non siamo sul serio fratelli.»
«E anche se fosse? Tu hai detto che…»
«Oh, cavolo, Courtney!» alzai il tono della voce ma non per rabbia. «Non capisci proprio nulla!»
Le cinsi la vita e mi avvicinai, lentamente. Volevo baciarla ma mi fermò con un dito sulle labbra e si scrollò le mie braccia di dosso.
«Senti, Duncan, io avrei un desiderio.» feci una faccia curiosa, quasi felice, ma quel desiderio non era ciò che mi aspettavo. «Esci dalla mia vita.»












Angolo dell'Autrice.
Ciao! Sono ritornata, un po' più tardi, ma sono comunque qui (purtroppo).
Non so se questo capitolo mi convinca oppure no.
Nell'ultima parte potreste riscontrare degli errori perchè non ho riletto.
Comunque, questa storia non è affatto finita. Credo che almeno altri 10 capitoli ci siano, poi probabilmente inizierò una nuova storia basata su loro quattro e forse qualche nuovo personaggio.
In qualunque caso vi ringrazio per avermi fatto arrivare fino a qui. Senza il vostro supporto non avrei sicuramente scritto.
Spero di avervi soddisfatto anche questa volta.
A presto, malec.

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: distantmemory