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Autore: Beads and Flowers    04/05/2013    1 recensioni
Una voce chiama Myrlene sulla montagna, durante le giornate di pioggia. A casa, sua sorella Jehanne l'aspetta in silenzio, pregando Dio di essere perdonata per un peccato che ha segnato la sua nascita.
Le due gemelle, tanto belle quanto odiate, passano le loro giornate ignorando il dolore, i colpi che il padre infligge a Jehanne, la violenza e la paura impressa nei sogni di Myrlene. Ignorano. Ignorano le innumerevoli ingiustizie che sconvolgono la loro vita, i segni che sembrano preannunciare una disgrazia, le terribili visioni che riporteranno alla luce antichi segreti.
Ignorano. Promettono. Pregano.
Ma la segreta volontà dell'Ondina le incatena ad un promessa dimenticata.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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3. La Promessa

 
 

Are we kind or are we vicious?
Nectar poison or delicious?
That, my sweet, you will discover.
Fairy foe, or fairy lover?

 
Gary Stadler, ‘Dance of the Wild Faeries’

 
 
 
 Ogni spirito silvestre era in fermento.
 Il Sole tramontava oltre l’orizzonte, agitato come non mai, tingendo il suolo di una luce sanguinea. La grande quercia sussurrava le ultime novità alle ghiande ed alle foglie, mentre i suoi rami si stendevano fino al massimo per permettere agli scoiattoli di passare con più velocità. Autentici messaggeri della foresta, il loro compito era riferire ad ogni spirito e animale la notizia stupefacente.
 I Tre Saggi si riunivano in consiglio.
 Ciò non accadeva da più di mille anni. La selva era stata mantenuta nell’equilibrio e nella serenità per un periodo che era parso infinito. Ma, recentemente, sempre più spiriti avevano avvertito un cambiamento nell’aria. Un presagio di ferro e fuoco, i segni della catastrofe. Qualcosa stava sopraggiungendo. Era l’avvenire della distruzione.
 “La foresta è in pericolo!” squittivano gli scoiattoli “Una grande sciagura incombe su di noi. Presto! Presto, alla fonte, ad ascoltare le parole dei Tre Saggi.”
 E così, ogni spirito si recava quel giorno alla sorgente, per individuare la causa di quel presentimento oscuro ed estirparlo per sempre. Tutti erano accorsi. Non vi era allora fantasma che, riunito al proprio Saggio, non gridasse al vento il proprio selvaggio terrore. Ogni occhio invisibile era puntato sulle tre grandi entità, in attesa che quelle sacre anime prendessero per prima la parola.
 A capo dei folletti e degli spiriti degli alberi, Doua era il re di tutte le piante ed i fiori di quella terra. Se ne stava comodamente seduto su uno stelo d’erba, guardando in silenzio la sorgente. Le sue minuscole dimensioni non traevano nessuno in inganno, ed il suo aspetto delicato non incuteva meno paura delle altre creature lì presenti. La sua pelle era semplice erba intrecciata, i suoi occhi due splendenti bacche rosse, che brillavano di una luce spettrale. Indossava un’elaborata armatura di corteccia, e la sua corona era decorata da esili spine avvelenate. Un vero Saggio Principe della foresta, il sovrano di ogni filo d’erba e degli alberi più imponenti.
 Sull’altra riva, accovacciato su di un’antica roccia, il Fauno guidava gli animali con il suo feroce ruggito. Era il più adirato tra gli spiriti. Il suo popolo era stato decimato senza alcun criterio o rispetto per il Sacro Equilibrio. Intere cucciolate erano scomparse, madri gravide erano state trovate squartate dalle pietre di una fionda, migliaia d’insetti erano stati bruciati da strani pezzi di vetro. Senza il calore delle piume materne, uova ancora chiuse sarebbero rimaste tali in eterno. Erano state scoperte trappole sempre più micidiali, ed il pericolo che ciascun animale correva non era mai stato così forte. Ora il Fauno piangeva, e la sua rabbia gridava vendetta.
 Il Terzo Saggio troneggiava regalmente tra i due compagni. Circondata dalle sue ancelle di spuma, dalle sue innumerevoli figlie di madreperla, Avent l’Ondina esaminava tutti i presenti con il suo sguardo immortale. La sua leggendaria bellezza era immutata nel corso dei millenni, nella prova del suo sangue divino donatele dal Padre Oceano.  La sua nobile origine le permetteva ora di considerare l’intera situazione con estrema sufficienza. Era lo spirito più antico ed orgoglioso della foresta, lunatico e tenebroso al punto da inquietare persino l’animo selvaggio di quelle creature. Glielo si leggeva nel suo sguardo disinteressato: se la foresta si fosse salvata, sarebbe stato solo grazie al suo intervento.
 “Capisco le vostre intenzioni,” sussurrò l’Ondina, e la sua voce fu il sospiro delle onde “E so chi vi ha indotto ad idearle. Dunque, non vi  è altro modo. Gli esseri umani non possono continuare ad esistere.”
 “Dobbiamo distruggerli!” gridò il Fauno “Li rinnego come figli del mio popolo. Nessun animale mancherebbe mai di tanto rispetto alla legge del Sacro Equilibrio. Essa governa la foresta, e tutti noi l’abbiamo sempre osservata. Ma ora è chiaro che la colonia umana dovrà essere spezzata per sempre.”
 “Concordo!” ridacchiò vispamente il Saggio Doua “Quel formicaio di scimmie ammaestrate sta spogliando la mia foresta dei suoi alberi, e di questo passo non avrò che folletti autunnali al mio comando. Per conto mio, sono pronto a combattere. La forza di un albero adirato può essere spaventosa.”
 “Doua, ogni animale sosterrà in battaglia il tuo verde popolo. Non ci sarà dente che non tenterà di lacerare la carne umana, ne’becco che non la penetrerà o artiglio che non la graffierà. Piante ed animali, uniti in questa guerra, contro gli uomini!”
 “E gli spiriti dell’acqua saranno al vostro fianco,” disse l’Ondina “Il mio popolo può penetrare con maggior facilità in quel labirinto di pietra e legno morto che gli uomini chiamano ‘villaggio’. Si scavarono una tomba con le loro stesse mani, quando crearono pozzi e canali d’acqua per arare i loro campi.”
 “Avent!” ringhiò il Fauno “Possiamo fidarci di te? Ogni spirito conosce le attenzioni che hai sempre riservato agli uomini. Non starai forse progettando di aiutarli? Chi ci dice che sarai dalla nostra parte?”
Gli occhi dell’Ondina si accesero nella potenza delle maree lunari, ed i suoi capelli di spuma si innalzarono come onde trascinate dal maremoto. Qualche coniglio e molti folletti fuggirono via, spaventati, avvertendo la sua rabbia crescente. Sfidare l’orgoglio di Avent non era saggio.
 “Non osare insultare il mio nome con le tue sciocche insinuazioni, insulsa creatura che non cammina su questa terra da più di mille anni! Ho conquistato un’anima immortale sin dal primo Sole di questa Terra, quando con maestria indussi uno dei diavoli infernali a baciare le mie labbra di spuma. Nutrendomi della sua carne ho ottenuto il mio corpo di Dea, forse non te ne rammenti? Quando mio padre Aegir e mia madre, la Gigantessa Ran, mi donarono la vita, non lo fecero certo con l’intenzione di generare una traditrice mortale. Ascolta molto bene le mie parole, oh Fauno, non osare mai sfidare Avent l’Ondina, perché saranno i tuoi stessi sudditi a pagare le conseguenze delle tue azioni. Rammentalo con gran cura.
 Il Fauno accolse questa minaccia con una smorfia.
 “La fama dei tuoi baci mortali, che spesso concedi agli uomini, ti precede notevolmente. E non hai tu nascosto nel cuore del villaggio la tua più grande ricchezza?”
 “In effetti, dici il vero. Io custodisco un autentico tesoro tra le loro fragili pietre di fuoco. Ma non ho fatto questa scelta per mia sola volontà. Un patto antico mi lega ad un uomo di quella colonia. Ma ora le catene che mi legano a quella promessa si sono indebolite, e presto non avranno più alcun valore. Finalmente potrò riconquistare ciò che avevo perso, riprendere ciò che avevo donato nella follia di un istante innamorato. In quanto ai baci mortali, sono solo un piccolo piacere di cui farò volentieri a meno, se potrà salvare la nostra casa.  Vi chiedo solo un po’ di tempo per riprendere il possesso di ciò che era giustamente mio.”
 “Quanto tempo ti occorrerà?”
 “Datemi  un anno.”
 “E’ troppo!”
 “Questo è il prezzo per la forza dell’acqua” rispose tranquillamente l’Ondina.
 “Lasciamola fare, caro il mio irascibile caprone!” sghignazzò Doua, terribilmente divertito “Come potrà danneggiarci una piccola attesa? Non facciamo adirare la bella Avent della fonte. In fondo, chi di noi sopravivrebbe, senza la dolcezza delle sue chiare acque? E ciò che richiede le è naturalmente lecito.”
 “Ti ringrazio, mio piccolo Principe Verde. E vorrei ricordare al popolo del Fauno la natura di chi io ricerco. Il sangue versato in mio onore si è rappreso da molto tempo, ormai. Il tempo concesso per godere del mio dono è terminato. Ora io esigo che l’umano mi renda ciò che è anche mio.”
 “Regina delle Acque, come recupererai questa tua ricchezza? Svelaci il tuo piano!”
 “Quello che ho predisposto, verrà presto messo in atto. Con l’aiuto delle mie fedeli ancelle, con la grazia degli Spiriti Ancestrali, entro la fine del tempo concessomi, io farò in modo che lei torni a me.”
 E fu tutto. Sorse il lamento del vento tra gli alberi, comparve il volo aggraziato dall’aquila, si udì il dolce sussurro della fonte. Ogni spirito si dileguò nella foresta, cantando con selvaggio silenzio i loro antichi inni di guerra. Gli umani sarebbero morti tutti, e già i fantasmi pregustavano il delicato sapore del sangue.

 
 Myrlene stava lavando in silenzio il vestito della sorella, strofinandolo nell’acqua fredda che aveva attinto dal pozzo. Nella sua stanza, Jehanne dormiva profondamente, pulita e cambiata d’abito per la notte. Myrlene era restata al suo fianco fino a che non si era addormentata. Insieme, con voci deboli e fioche, avevano cantato sottovoce le nenie della loro infanzia. Entrambe erano state così stanche da non avvertire neanche il dolore che le opprimeva. E se ora Jehanne ignorava l’angoscia con l’aiuto del sonno, la sorella cercava conforto nel lavoro.
 In fondo, non aveva altra scelta. Presto sarebbe arrivato l’alchimista. Lei doveva essere pronta a riceverlo, ed era ancora molto indietro con le sue faccende. Doveva finire di lavare l’abito, preparare la stanza per Tyerns Izvor, rendersi presentabile per non fare una brutta impressione sul futuro marito. Le poche stanze separate da muri di terra e legno avrebbero sicuramente inorridito lo straniero, ma lei aveva fatto tutto il possibile per rendere quella povera casa un poco più accogliente. Aveva appeso delle coperte colorate alle pareti di fango, sostituendo quelle sui letti con alcune più semplici e confortevoli. Aveva acceso delle speciali candele che non emanavano fumo eccessivo, di quelle che la gente del villaggio utilizzava solo nelle occasioni più importanti. Aveva anche decorato qualche angolo della capanna con delicati fiori di campo, appendendo al muro principale della casa un piccolo crocefisso di ferro, un antico e prezioso cimelio della sua famiglia. Non lo esponevano spesso, nel timore che qualche vicino o vagabondo potesse rubarlo.
 Qualcuno bussò alla porta. Doveva trattarsi del suo ospite. Myrlene guardò con angoscia il lavoro incompleto, le sue mani rovinate dall’acqua e dal lavoro, i suoi capelli spettinati e le sue vesti sgualcite. Era orribile. Che cosa avrebbe pensato di lei il forestiero? L’avrebbe disgustato. Cercò di nascondere velocemente la tinozza, dove stava lavando il vestito, di rassettarsi l’abito che indossava e pettinarsi alla meglio i capelli sfibrati.
 “Arrivo!” gridò, mentre il bussare dell’alchimista colpì nuovamente la porta.
 Myrlene si avvicinò all’ingresso ed aprì. Un sussulto la scosse. La sorpresa fu grande quando, invece del giovane volto di Tyerns Izvor, vide suo padre. Si ritrasse, con una smorfia istintiva di disgusto e terrore, fissando il genitore. L’accolse con  l’espressione destinata ad un demone infernale. Il Vecchio Amis entrò in casa, avanzando a passi lenti ed esitanti. Gli anni rendevano il suo lavoro sulle montagne sempre più faticoso, e la stanchezza era impressa su ogni ruga del suo viso. Spesso il vecchio contrastava il dolore e gli acciacchi con l’aiuto del liquore, ma quella sera appariva piuttosto lucido. Alzò lo sguardo sulla figlia, che continuava a fissarlo inorridita.
 Myrlene stava cercando invano di celare l’odio e la rabbia nel suo sguardo. Quell’uomo aveva fatto del male a Jehanne. Quell’uomo era crudele e malvagio. Avrebbe voluto uccidere quell’uomo, suo padre, nei cui occhi la ragazza non leggeva altro che dolcezza e serena bontà. Come poteva essere? Come poteva credere a sua sorella? Il Vecchio Amis le aveva messe al mondo, le aveva cresciute e nutrite, donando loro tutto ciò che i suoi poveri mezzi permettevano. Aveva sacrificato tanto per loro, per amor loro non aveva mai ripreso moglie, dedicandosi completamente al suo ruolo di padre.
 Eppure, l’uomo che la sera aveva visto nella stalla era proprio lui. Proprio lui, che ora la guardava con tanto affetto. Proprio lui, che sarebbe morto per lei. Solo per lei. Myrlene era la sua gioia, il suo tesoro più grande. Al contrario di Jehanne, Myrlene era una principessa, un angelo caduto dalle stelle nella vita di un povero pastore.
 Ma Jehanne non era altro che una cagna, ai suoi occhi.
 “Myrlene, cara. Dai un bicchiere di latte al tuo vecchio padre.”
 Ti darei una pugnalata nel ventre, se solo avessi il coraggio necessario.
 “… Sì, papà. Te lo porto subito.”
 L’anziano pastore si sedette accanto al fuoco che illuminava la stanza. Myrlene gli portò una ciotola ripiena di latte freddo, e lo pose accanto ai piedi del vecchio. Rimase in piedi, al suo fianco, cercando pazientemente il miglior modo per dire al padre ciò che aveva taciuto anche alla sorella. Infine, esitando e misurando bene le parole, mormorò:
 “Papà, devo confessarti una cosa.”
 “Che cosa ti turba, figlia mia?”
 Non sono tua figlia! Bastardo, non osare infangare più il mio nome con un’affermazione simile, come hai sporcato il corpo di mia sorella.
 “Vedi… Oggi, al villaggio, è arrivato uno straniero. Uno studioso, che proviene da terre lontane. All’apparenza sembrerebbe essere molto ricco. Ho scambiato qualche parola con lui. E’gentile, con modi cortesi, ma non ha un posto in cui stare. Ho pensato di ospitarlo qui, per carità cristiana, anche se sono convinta che quest’uomo saprà ricompensarci bene. Gli cederei la mia stanza, io dormirei nella stalla.”
 Sul volto del Vecchio Amis si dipinse una smorfia contrariata. Myrlene impallidì. Non mai avrebbe acconsentito. Aveva introdotto l’argomento troppo bruscamente e le sue ragioni non erano state sufficientemente convincenti. Eppure, per la seconda volta, fu sorpresa dalla sua risposta.
 “D’accordo.”
 “Davvero! Oh, papà! Davvero, possiamo?”
 “Se è cosa gradita a Dio, possiamo e dobbiamo. Ma tu non dormirai nella stalla. Mandaci Jehanne.”
 “No! Questo mai!”
 Il vecchio Amis alzò di scatto lo sguardo sulla figlia, sorpreso ed irato dal suo tono.
 “Come sarebbe a dire, ‘no’? Io non ti lascio da sola nella stalla, con uno straniero in casa.”
 “Ma Jehanne sì, non è vero?”
 “Jehanne è…” ma si trattenne. Qualcuno aveva bussato alla porta.
 “Va bene” mormorò “Sarà lo straniero a dormire nella stalla. Siamo già abbastanza buoni ad ospitarlo. Va’ ad aprire.”
 Myrlene avrebbe voluto protestare, ma i colpi stavano aumentando. Si avvicinò alla porta e, questa volta, aprendola, incontrò il volto sorridente di Tyerns Izvor. Quando lo vide, dolce e fiducioso come l’eroe di una favola antica, provò un tale senso di conforto da ritrovare tutto il coraggio perduto. Lo accolse serenamente, prendendogli il mantello e presentandolo a suo padre. L’alchimista si inchinò con tutto il rispetto che la sua cultura riservava alle persone anziane, ma il Vecchio Amis non sembrò apprezzare il suo gesto. A suo parere, i ricchi ed i potenti dovevano restare al loro posto. Se si fossero abbassati al livello della sua povera gente, non sarebbero stati migliori di semplici smidollati. Non rivolse neanche uno sguardo all’uomo, mantenendosi in quel decoro contenuto che caratterizzava la sua età avanzata.
 “Benvenuto, la mia casa ti è aperta.” disse solo “Immagino che Myrlene non te l’abbia detto per non metterti a disagio, ma in questa casa ci siamo solo io e le mie due figlie. Non vogliamo problemi, e soprattutto non abbiamo bisogno di un giovanotto come te ad importunare due ragazze innocenti come loro. Quindi, per motivi di sicurezza, sarai costretto a dormire nella stalla. Spero che tu capisca, e che sopporterai la mia decisione con la virilità di un uomo piuttosto che con la fragilità di un principe viziato. Sembri un ragazzo intelligente, anche se estraneo alle nostre usanze. Sono certo che capirai l’amore che un padre prova per le sue figlie.”
 Myrlene avrebbe voluto sputargli addosso. Come osava mentire loro in quel modo spudorato, senza la minima ombra di vergogna negli occhi? Strinse i pugni, per portarsi subito le mani al viso, strofinandosi gli occhi simulando una profonda stanchezza. Non poteva tradirsi di fronte al suo ospite, lui non doveva assolutamente sapere il vero motivo della sua residenza in quella povera casa. Non doveva cogliere affatto l’ostilità che Myrlene nutriva verso il padre.
 Quando la ragazza guardò il signor Izvor, si sorprese nel vederlo così calmo di fronte alle aspre parole del Vecchio Amis. Se fosse stato uno dei loro padroni, avrebbe avuto il diritto di uccidere quel rozzo ignorante, dandogli la lezione che si meritava. Per una volta, Myrlene maledisse l’eccessiva pazienza del giovane. Se avesse ucciso il padre, se lui avesse avuto il coraggio, allora tutti i loro problemi sarebbero terminati in un istante.
 Invece, la peggior reazione con cui il ragazzo poté accogliere le parole del pastore fu:
 “Mi dispiace di avervi causato qualche incomodo. La vostra stalla andrà più che bene, durante il mio viaggio ho avuto più di un’occasione per dormire fuori, all’aperto, con l’unico riparo del mio mantello. Ho conosciuto la privazione di un tetto, dunque, ma preferirei evitare la ripetizione di quest’esperienza. Dunque, vi ringrazio profondamente per la vostra graziosa ospitalità.”
 Myrlene arrossì dalla vergogna. Stava esagerando. Un uomo così riccamente vestito non poteva certo essere abituato alla povertà di una stalla. Eppure, il gradevole sorriso dell’alchimista sembrava sincero. La ragazza, cercando di rimediare in qualche modo a quella situazione imbarazzante, cercò di offrirgli qualcosa da mangiare. Con suo immenso sollievo, l’uomo accettò.
 “Sono contenta di sentirvelo dire. Prego, sedetevi accanto al fuoco. Vi porterò delle uova. Vi piacciono le uova? Un po’ di pane?”
 Il ragazzo annuì, ringraziandola. Myrlene si affrettò a preparare e portare il tutto ai due uomini, che nel frattempo avevano preso a parlare del più e del meno, Il Vecchio Amis aveva chiesto al signor Izvor che cosa ci facesse in quella parte della Francia, così lontana dalla sua casa. Il giovane rispondeva cortesemente, rendendo il suo racconto più vivace con qualche episodio divertente che aveva caratterizzato il suo viaggio. Il padre della ragazza pareva divertirsi. Sorrideva, a volte scoppiava persino in una rumorosa risata. Eppure, non si voltava mai verso il suo ospite.
 Myrlene ascoltava a bocca aperta i racconti di Tyerns Izvor. Era stato il medico di corte nel suo paese d’origine, compiendo esperimenti scientifici e curando tutti i membri di quella sconosciuta famiglia reale. Era estremamente dotto, il più colto del suo paese, e veniva pagato così profumatamente da essere ricco quanto il re stesso. Un giorno, in uno dei suoi libri, aveva trovato informazioni riguardo ad un principio magico secondo il quale, grazie all’assunzione di una certa pozione, si sarebbe potuto ottenere il controllo assoluto sull’elemento acquatico. Con semplici parole, pronunciate in un lieve sussurro, l’alchimista avrebbe potuto evocare l’acqua nel deserto più arido, generare cascate nelle montagne più spoglie e creare fontane e giochi d’acqua per il giardino dei suoi amati principini. Per impadronirsi di questo immenso potere aveva speso tutta la sua vita ricercando la formula che l’avrebbe legato all’acqua per l’eternità. Aveva composto una pozione che, mischiata al suo sangue e versata in una quantità indeterminata d’acqua, avrebbe legato la sua volontà ai movimenti del liquido. Gli occorreva un unico ingrediente per portare a termine il suo esperimento, e quello era la troisaube.
 “Il nostro paese sarebbe ricchissimo, se solo non fosse nascosto tra le sabbie del deserto oltre l’ecumene. Il mio popolo conosce la posizione di antiche miniere sotterranee, dove si possono trovare infiniti ruscelli d’argento e di diamanti, dove i rubini spuntano come fragole in Primavera e gli smeraldi sono i testimoni delle leggende più meravigliose. Ma nonostante l’immenso splendore che ricopre i nostri palazzi e le nostre strade di granito, l’acqua è così rara da essere stimata più di qualsiasi pietra, ed il suo pallido colore è più ricercato dell’intenso blu che ricopre la figura di un re. Per questo, mio caro ospite, qualora riuscissi a trovare l’ingrediente necessario per portare a termine la mia missione, sarò più che felice di ricompensare voi e la vostra famiglia della vostra ospitalità con tanto oro ed argento quanto è stata profonda e sincera oggi la vostra carità nei miei confronti. Vorrei ringraziarvi ancora, se me lo permettete.”
 “No. Questo mai” la voce del Vecchio Amis si era fatta improvvisamente dura e molto seria “Sono felice di ospitare nella mia casa una bravo giovane come te. Sono sicuro che i tuoi fini siano buoni ed il tuo animo aperto al nostro stile di vita. Ma da te non voglio più del necessario per ripagare il cibo e la paglia che userai come letto. Nulla di più. Qui le tue pratiche sono considerate al pari di magia nera. Io non voglio averci nulla a che fare, e non accetterò soldi che potrebbero venire da mani infernali.”
 “Mi dispiace. Non era mia intenzione offendervi.”
 “Sono sicuro che hai solo buoni propositi. Ma se accettassi anche solo una moneta da te, la gente del villaggio parlerebbe male di me. E Dio non avrebbe pietà della mia anima. Ti prego di non parlare più dei tuoi esperimenti in mia presenza. Non mi interessano, li trovo anzi strani e pericolosi. Ad essere totalmente sincero, non ero neanche sicuro di volere…”
 “Vi prego, siate onesti con me. Non voglio recarvi alcun disturbo. Se la mia presenza vi causa dei problemi, me ne andrò via all’istante.”
 “No, no. Non è necessario. Mia figlia si fida di te, e questo mi basta. Ti prego solo di non praticare in nostra presenza la tua magia, e di non parlare alle mie ragazze di cose che potrebbero turbare loro o la loro innocenza. Venite, ora, seguitemi. Vi farò vedere il giardino e la stalla in cui alleggerete. Qui ci svegliamo molto presto, dobbiamo portare le pecore sulla montagna all’alba, e quindi dobbiamo coricarci il prima possibile. Prego, seguitemi.”
 Si alzarono ed uscirono dalla casa. Il Vecchio Amis continuava a non rivolgere lo sguardo all’alchimista. Myrlene si chiedeva il perché. Poi si ricordò della sua pelle dell’uomo, e d’improvviso si rese conto di non aver mai visto una carnagione simile prima di allora. Era quasi strano: la prima cosa che aveva notato di Tyerns erano stati i suoi occhi, così profondi e misteriosi da ricordare la luna nuova. Tutto il resto, la sua voce, il colore della sua pelle e dei suoi abiti, il valore dei gioielli che indossava, tutto era venuto dopo, lentamente, come risvegliandosi da un sogno in quello sguardo.
 Si sedette, esausta e stanca dagli avvenimenti di quell’ora. Erano state due giornate d’Inferno. Ma, tutto sommato, anche se suo padre sembrava contrario alla presenza dell’alchimista nella loro casa, non era lui che Myrlene doveva convincere. Il giorno dopo, non appena Tyerns Izvor si sarebbe incamminato nella foresta per cercare la troisaube, lei l’avrebbe seguito. Con qualche domanda, qualche sguardo d’intesa, magari un piccolo e timido gesto, avrebbe iniziato la sua seduzione.
 Improvvisamente, l’innocente bontà nella misteriosa figura dell’alchimista sembrò colpirla con tutta la sua fiducia, e il suo cuore s’infiammò nella vergogna del gesto che stava per compiere. Ingannare un uomo, macchiarlo del segreto di un’ignorante famiglia di contadini e gettarlo nell’infamia, tutto questo per una donna che avrebbe maledetto quel tentativo di condurla lontano dalla punizione divina. Jehanne non l’avrebbe mai seguita, di questo era certa. Come convincerla? Come permetterle di fidarsi dell’alchimista? Era forse un problema maggiore della stessa seduzione, che all’apparenza poteva sembrare più ardua di qualsiasi impresa. Ma le convinzioni di chi sia stato gettato nell’oscurità più profonda sono quanto di più imperituro ci sia al mondo. Come uno scoglio, Jehanne si aggrappa a quella sua idea di angelo dannato, indegno persino dell’Inferno. Era la sua consolazione, un’illusione che le permetteva di vivere. Senza quell’idea, senza i colpi e le violenze di suo padre, che cosa rimaneva di lei se non una rozza contadina, priva di una mano?
 “Myrlene…”
 La timida voce alle sue spalle la fece sussultare. La ragazza si girò, e vide i grandi occhi di Jehanne fissarla dal piano superiore delle scale. Era inginocchiata, le sue pallide mani stringevano la bianca camicia da notte che la sorella le aveva prestato. Nel suo sguardo, la paura e l’incredula rabbia ricordavano l’espressione di una fata, quando un viaggiatore distratto schiaccia la sua minuscola capanna di funghi e corteccia. Era uno sguardo che intimidiva, malediva, e contemporaneamente chiedeva perdono per ogni peccato.
 “Jehanne… Ti sei svegliata.”
 “Ho sentito le voci. Il papà sembrava arrabbiato. Poi sono venute altre voci, lunghi silenzi rotti ogni tanto da una risata imbarazzata. Poi è venuto un uomo, che spiegava qualcosa con tono calmo e gentile, e il papà rispondeva. Ma non sentivo la tua voce. Non volevo scendere, avevo paura che papà fosse ubriaco e avesse portato un amico.”
 “Non ha mai portato un amico, qui.”
 “Non sempre. Solo quando tu sei sulla montagna. Papà si vergogna di se stesso quando beve. Ma non si cura di nasconderlo a me. Quella voce però non era simile a nessuna di quelle dei suoi amici. Era dolce, pacata, e infondeva tranquillità. Ma era strana, con un accento sconosciuto. Solo dopo un po’ ho capito di chi si trattava.”
 I suoi occhi neri erano ora carichi di accusa. Fissavano Myrlene con tutta la rabbia che un essere umano poteva contenere. Erano pieni di lacrime trattenute, testimoni di un tradimento aspettato con ansia. La ragazza si alzò improvvisamente in piedi, quasi spaventando Myrlene, e le sue parole furono cariche d’ira:
 “Come hai potuto? Avrei dovuto saperlo, avrei dovuto sapere che avresti invitato quell’uomo. Qui, in casa nostra, dopo che io ti avevo detto di odiarlo. Non mi fido di lui, Myrlene, nessuno al villaggio ha fiducia in quello straniero. E tu, sciagurata, dopo tutto il dolore e la vergogna che hanno macchiato la nostra famiglia, dopo tante parole sussurrate alle nostre spalle, tu hai ancora il coraggio di alimentare il fuoco di quelle menzogne? Chi ci resterà amico, Myrlene? Chi? Nessuno ci aiuterà nel momento del bisogno, e quando nascerà il bambino tutto crollerà, e sarà la fine.”
 Myrlene si era aspettata quel rimprovero, ma non poteva rimediare in alcun modo. L’unica soluzione era aspettare in silenzio, e sperare con tutto il suo cuore che Jehanne non intuisse la vera motivazione per ospitare l’alchimista. Invece, era stata un’altra frase della sorella a sorprenderla.
 “Se sarà la nostra fine, Jehanne, sicuramente non sarà a causa del bambino. Non possiamo permetterci che venga al mondo, con o senza la presenza del nostro ospite. Sarebbe un’autentica follia tenerlo in vita, permetterti di affrontare questa gravidanza pubblicamente. Dovrai abortire in segreto, oppure restare reclusa in casa finché non nascerà. Allora lo uccideremo insieme.”
 La ragazza sgranò gli occhi. Le orribili parole di Myrlene l’avevano lasciata senza parole. Si portò con fare protettivo la mano sul ventre, e scosse debolmente la testa. Indietreggiò di qualche passo, incontrò il primo gradino della scala e cadde a terra, il volto tra le mani, un singhiozzo spaventato che riuscì a sfuggire le sue labbra esangui.
 “Oh, ti prego! No! Myrlene, no. Tu non puoi chiedermi questo.”
 “Devo farlo.”
 “No! No! Questo mai! E’ il mio bambino. Sarà sporco, sarà inviato da Satana, ma è pur sempre il mio bambino.”
 “Jehanne, ascoltami!” si chinò accanto a lei, afferrando le gracili spalle in una stretta decisa “Non abbiamo altra scelta.”
 La ragazza riprese a singhiozzare violentemente, senza controllo. Tutto il suo corpo tremava. Il pensiero di un tale omicidio la spaventava a morte. Alzò la mano, la poggiò sulla schiena di Myrlene e si aggrappò ad essa, come ad uno scoglio. Il suo terrore trapelava in ogni lacrima, in ogni sussulto, in ogni preghiera. Cercò disperatamente il corpo della sorella, il suo calore, la sua presenza. Myrlene non sapeva cosa fare. La strinse a sé, cullandola, cercando di calmare i suoi singhiozzi. Anche la sorella aveva paura. Presto il Vecchio Amis sarebbe tornato.
 “Vai a letto, su. Ne parleremo quando il tempo verrà, quando comincerà ad essere evidente che sei incinta. Nessuno per il momento lo sa. Tu va’ a letto, ora. Vai.”
 “Prima voglio sapere cosa ci fa qui l’alchimista.”
 “L’ho solo ospitato per carità cristiana, Jehanne.”
 “Menti.”
 “Devi credermi. Posso giurarlo.”
 “Non bestemmiare con le tue bugie, Myrlene. Dio ci punirà.”
 “Cosa ha mai fatto Dio per noi?” quasi gridò la ragazza “Nulla! Non ha mai fatto nulla. Ti punisce per un peccato che non hai commesso, ci condanna ad una vita di miseria e discordia con gli altri. Quell’uomo non serve Dio, ma per lo meno non ha sputato sulla mia persona. Mi sorride, è caro e gentile, a differenza di nostro padre. Impara a conoscere i tuoi veri nemici, Jehanne, e smettila di vivere in un mondo di penitenza inutile. Ora vai a dormire. Anche io sono stanca, e non posso starti sempre a presso. Vai!”
 “Non ti permetterò mai di seguire quell’uomo. E ti posso assicurare che io non ucciderò il mio bambino.”
 “Lo farai, invece.”
 “No.”
 “Farai ciò che è giusto. Se accadrà altrimenti, non ti potrò salvare.”
 “… Salvarmi?” mormorò la ragazza.
 La sorella si maledisse subito per ciò che aveva detto. Era terribile, la parte più segreta di quel piano era stata rivelata alla persona che meno di tutte avrebbe dovuto scoprirlo così presto. E, pronunciandola, Myrlene non se ne era neanche accorta. Si morse le labbra, con rabbia, e distolse frettolosamente lo sguardo. Non sapeva che cosa inventarsi.
 “In che senso, vuoi salvarmi?”
 “Portarti via.”
 “Portarmi via? E dove?”
 “Lontano da questo posto e da nostro padre.”
 “Ma cosa dici, sorellina? Come potremo mai fuggire dalle nostre terre? Dove andremo?”
 “Hai ragione, è una sciocchezza.”
 “Mi stai nascondendo qualcosa, Myrlene. Esattamente, come hai intenzione di fuggire?”
 “Non ho nessuna intenzione di fuggire! Stavo solo scherzando, ecco tutto.”
 “Stai mentendo. Vuoi solo guadagnare tempo. Dimmi esattamente come pensavi di fuggire.”
 “Dio mio, non avresti dovuto scoprirlo subito! E’ troppo presto, ora non è il momento adatto.”
 “Myrlene” l’espressione di Jehanne era agitata quanto quella della sorella “Dimmi come saresti fuggita.”
 Myrlene sospirò. Non aveva altra scelta.
 “Mi sarei maritata. O meglio, mi mariterò. Non posso continuare a vederti soffrire, Jehanne. Non posso.”
 “Ti sposerai?”
 “Sì. E tu mi seguirai. Lontano da questa casa, e da nostro padre.”
 Gli occhi di Jehanne si mossero con uno scatto verso la porta. Tutto le era chiaro, adesso.
 “Oh, Myrlene…” gemette “Per questo l’alchimista è qui. Tu vuoi seguire quel servo del Male, non è vero? E per causa mia. Nella tua eterna bontà vuoi anche aiutare un terribile mostro come me. Come potrà mai Dio perdonarmi? E’ tutta colpa mia. Oh, Satana, padre mio, perché continui a maledire un demone sporco come me? Che cosa posso fare, io, se non rovinare la vita di colei che più mi sta a cuore? Mio Dio, mio Dio, che il mio lurido corpo possa essere distrutto dalla tua giustizia! Per me sarebbe meglio morire. Nessuno soffrirebbe tanto, con la mia scomparsa.”
 “Jehanne, basta.”
 “Sono un mostro. Un mostro!”
 “Smettila. Ti ho detto di finirla.”
 “Tu non sai quello che si prova, Myrlene. Ad essere un demone che non merita le cure di un angelo come te. Non sai cosa voglia dire essere un verme lurido, degno solo di strisciare nella melma.”
 “Ora basta!”
 “No! No! Non ti permetterò di toccarlo. Non ti permetterò di sporcarti ancora una volta le mani, dopo che hai macchiato la tua anima pura con la mia carne intrisa di peccato.”
 Myrlene strinse i denti e i pugni. Questo era troppo. Lei era esausta. Jehanne era confusa. La stava confondendo per impedirle di distinguere cosa fosse il meglio per loro, e come raggiungerlo. Ed ogni sua parola faceva troppo male. Un colpo di frusta sarebbe stato meno doloroso. Sospirò, stanca ed irritata dai lamenti della sorella. Jehanne continuava a piangere, a gemere, a riempirle la testa di preghiere vane e nomi infernali.
 Basta. Ora ne aveva davvero abbastanza.
 Si avvicinò alla sorella, che nel frattempo di era accucciata in un angolo, piangendo senza controllarsi minimamente. Le sfiorò il viso, sollevandolo delicatamente con le pallide dita. Lo colpì con quanta forza aveva in corpo. Le afferrò i capelli e la gettò rudemente a terra, ignorando i pianti e le preghiere della ragazza.
 “Non mi hai mai amato, allora!” urlò Myrlene, gli occhi ormai colmi di lacrime “Non mi hai mai amato! Hai ragione, sai, a dire che sei un mostro. Un mostro crudele che non fa altro che ferirmi con le sue parole di veleno! Credi che abbia preso la mia decisione a cuor leggero? Mi sto abbassando al ruolo di una prostituta pur di aiutarti, e tu mi ripaghi in questo modo? Ma non sai il male che mi fa ciò che dici, Jehanne? Davvero non lo sai?”
 “Io… io non capisco cosa…”
 “Invece capisci benissimo. Eppure ti ostini a ripetere all’infinito quegli inutili insulti. Continui a definirti un mostro infernale, la figlia di Satana, un verme indegno persino di nutrirsi di terra e melma. Offendi te stessa, ma così facendo fai del male anche a me. Complimenti, Jehanne, sei riuscita a convincermi. Solo un mostro farebbe tanto male alla propria sorella. Vergognati. Vergognati e rifletti, perché se oserai ripetere ancora una volta quelle cose, io me ne andrò via per sempre.”
 “… No... No, ti prego… questo no…”
 “E tu resterai sola, per sempre. Ascolta Jehanne, io ti amo con tutta me stessa. Ma non posso permetterti di abusare della mia pazienza in questo modo. Continuando di questo passo, sarai tu ad uccidermi con le tue parole. Per me sono come veleno, capisci? Sono troppo dolorose da sopportare, ti prego di capirmi. Ti prego. Non farmi del male solo perché ti voglio bene.”
 Jehanne non parlò. Fissava semplicemente la sorella, la bocca socchiusa ed ansante, il dolore più assoluto negli occhi. Dopo un poco riabbassò lo sguardo, si alzò con un sospiro e salì lentamente al piano di sopra. Poco prima di entrare nella sua stanza, si voltò verso Myrlene. Sorrideva. Era un sorriso amaro, il ghigno malinconico di una sirena che cerca ovunque il suo principe di terraferma. All’improvviso, la sorella si sentì terribilmente in colpa per averla colpita. Si rese conto con orrore di non essere migliore di suo padre.
 “Tu mi sottrai tutto ciò che sono, Myrlene. Vuoi salvarmi, ma fino ad ora mi hai solo picchiata e privata della mia unica consolazione.”
 “L’idea dell’inferno sarebbe dunque la tua consolazione?”
“Non credi che sia meno doloroso pensare ad una punizione divina, piuttosto che affermare l’inesistenza di una qualsiasi risposta? Prendendo su di me questa responsabilità, indossando il nome di ragazza infernale, ho fatto in modo che nessuno soffra eccessivamente per la morte della mamma. Tu questo non riesci a comprenderlo, anche se in fondo io lo faccio solo per te. Perché la mamma è morta? Grazie a me, tu hai sempre avuto una risposta a questa domanda.”
 “Io non ho mai creduto alle tue parole, e non ti ho mai chiesto nulla.”
 “Ed io non ti ho mai chiesto di portarmi via da qui. Ti stai sacrificando allo stesso modo con cui io ho dato la mia vita per allontanarti dal peso della colpa. Ma tu non comprendi le mie intenzioni. Non le hai mai comprese. Come hai potuto tradirmi in questo modo, dopo tutto quello che ho fatto per te?”
 “Sai bene che è diverso.”
 “Ma davvero? E come?”
 “Tu hai agito per tua convinzione. Le mie azioni erano semplicemente dettate dal dolore sul tuo volto.”
 “Sono solo belle parole.”
 “No, Jehanne. Io ti amo, dico davvero, sopra ogni altra cosa al mondo. Voglio che tu mi faccia una promessa. Devi promettermi di non ripetere mai più quegli insulti. Te ne prego.”
 “Solo se tu giurerai di non seguire il miscredente.”
 Myrlene la guardò a lungo, in silenzio. Scosse infine la testa, e non rispose. Quelle di Jehanne erano semplici parole di convenienza. Probabilmente neanche colei che le aveva pronunciate vi credeva pienamente. Invece i lividi sul viso di Jehanne erano prove sufficienti per il dolore che causava il Vecchio Amis. E così era per il bambino che cresceva nel ventre della ragazza, quel povero innocente destinato alla morte, ancora prima di nascere.
 “Non m’importa se tu ti stai accorgendo del dolore che ci consuma. Non starò a guardare mentre morirai sotto i colpi di nostro padre. Se ti ostinerai ad ignorare il sangue che ha versato, i segni sulla tua pelle, l’orrore nei tuoi occhi dopo gli stupri, sappi che non mi abbasserò al tuo livello. Ti porterò via, che tu lo voglia o no.”
 “Come pensi di convincermi, sciocca?”
 “Con una promessa.”
 “Che genere di promessa?”
 “Io ti giuro che seguirò l’alchimista. Tu sei libera di venire con me, oppure di perdermi per sempre.”
 E con questa, fu fatta. In fondo, entrambe lo sapevano: Jehanne avrebbe seguito la sorella, a qualsiasi costo. Se avesse potuto fare a meno di perderla, avrebbe rinunciato alla sua casa, alle sue poche amiche, e persino ai suoi ideali.
 Entrambe lo sapevano.
 Myrlene aveva vinto quella discussione.
 Jehanne si portò una mano sul ventre, gli occhi ancora lucidi dalle lacrime versate.
 “Tu mi togli tutto, Myrlene. Ogni cosa.”
 “No, non è vero.”
 Anche lei salì le scale, e raggiunse la sorella. Si scambiarono un lungo sguardo, carico di dubbi e di emozioni mai provate prima di allora. Myrlene tese le braccia, timidamente, aspettandosi un rifiuto. Ma Jehanne non aveva più la forza di opporsi, e si abbandonò a quell’abbraccio, cercando conforto nella forza della sorella. Nessuna della due piangeva, ne’provava rabbia o dolore. Erano semplicemente stanche. Stanche di quegli avvenimenti così irreali, che tuttavia erano la prova concreta della loro miseria.
 “Io sarò sempre al tuo fianco, Jehanne. Ti chiedo solo di fidarti di me.”
 “Ora lo capisco, Myrlene. Ti chiedo scusa per ciò che ho detto.”
 “No. Io ti chiedo scusa. Non avrei mai dovuto colpirti, è stato orribile da parte mia. Vorrei non averlo mai fatto.”
 “Non fa nulla.”
 Myrlene la strinse più forte a sé.
 “Ti giuro, sorellina, vorrei che ci fosse un altro modo.”
 “Myrlene… posso chiederti una cosa?”
 “Tutto quello che vuoi.”
 “Tu mi ami?”
 “Più di qualsiasi altra persona al mondo.”
 “Più dell’alchimista?”
 “Io non amo l’alchimista. Non gli avrei neanche rivolto la parola, se non fosse stato per proteggerti”
 “Dici d’avvero?”
 “Lo giuro.”
 Jehanne si scostò leggermente da lei, senza sciogliere tuttavia il tanto atteso abbraccio. Da quanto tempo aveva desiderato questo momento? Ora tutto era così diverso da come aveva immaginato nei suoi sogni più segreti. In quelle due giornate, tutto ciò in cui aveva creduto, tutto ciò che l’aveva sostenuta, era stato distrutto. Eppure, era convinta di non aver provato mai tanta gioia prima di allora. No, Myrlene non l’aveva lasciata a mani vuote. In fondo, lei era ancora al suo fianco. Era questa la cosa più importante.
 Nessuna delle due se ne accorse prima che accadde. Le labbra delle due gemelle si sfiorarono, si toccarono, e finalmente si unirono in un unico, dolce bacio. Ed anche quel bacio fu una promessa, il segreto di un messaggio di amore, da offrire in sacrificio all’altare di una sposa.
 





Angolo dell'Autrice:

Ecco a voi la canzone a inizio capitolo! http://www.youtube.com/watch?v=QCUCgbhMKRI
Perdonatemi, mi sono completamente dimenticata di ringraziare Black Air per aver inserito la storia tra le sue seguite e LadyAndromeda per averla inserita tra le 'da ricordare'. Grazie ragazze, siete mitiche! :D Naturalmente, ringrazio anche tutti coloro che seguono la mia storia,e grazie a DreamNini per aver recensito sempre con tanta costanza.
A presto a tutti voi!

Beads.





 

   
 
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