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Autore: Sagitta90    04/05/2013    1 recensioni
[Tiny Toons]
"Era ora che le cose tornassero normali, come erano sempre state. Perchè Godzilla con la frangetta era svampita, tra le nuvole e magari un tantino pericolosa, ma era sua. E non importava che adesso lei la pensasse diversamente: era una cosa che non sarebbe mai cambiata!"
[MontyXElmyra]
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5: Montanue VS Duffulets
 

Passarono ben due settimane dall’ episodio dell’ armadietto; e se Elmyra aveva inizialmente pensato che convivere con Monty sarebbe stato difficile, presto si era dovuta ricredere.
E questo perché il ragazzo era praticamente scomparso.
Non che la stesse evitando, non che cercasse di tenersi distante…semplicemente non se ne rilevava la presenza da nessuna parte. Il ragazzo aveva smesso di fare il suo trionfale ingresso con la limousine, non aveva partecipato alle lezioni (come si deduceva dalla furia malcelata del professore Yosemite) e non aveva consumato pasti in mensa.
Si era come barricato nel suo “austero maniero”, forse deciso a venirne fuori quando sarebbe ritornata la bella stagione: il tepore che aveva ammantato Acme Acres fino a quel momento stava infatti lasciando il posto ad un autunno uggioso. Le foglie si erano imbrunite e l’ aria si era fatta molto più frizzante del previsto, testimonianza di un inverno che sarebbe stato fin troppo rigido.
<<-Sarò costretta a comprore un abito con le maniche lunghe! Che disdetta…>> - Fifi sospirò sconsolata, mentre lei ed Elmyra si dirigevano a braccetto verso il parco. Era stata un idea dell’ amica quella di uscire quel venerdì pomeriggio, per “recuperare il tempo perso”.
Elmyra aveva accettato con piacere, meravigliata -ancora una volta- che persone che lei aveva ossessionato per tanto tempo, potessero averla considerata più di una seccatura.
<<-Tu che cosa indosserai? Mi piasceva l’ abito che avevi al ballo di fine anno.>> - Elmyra sorrise.
<<-Purtroppo non mi entra più…non ho ancora deciso in verità…forse qualcosa di grigio potrebbe andare bene.>> - Fifi inarcò un sopracciglio.
<<-Grigio? Mà chere io penso che nionte debba essere grigio: non il tempo, non l’ umore, e di scerto non il tuo abito!>> - Lei ridacchiò della sua indignazione.
<<-Allora che cosa proponi?>> - Fifi sorrise con malizia.
<<-Una giornata tra ragazze a fare shopping, évident!>> - Elmyra non potè fare a meno di scuotere la testa, divertita dalla piega della conversazione.
<<-Non è necessario Fifi, non mi devo fare bella per qualcuno come te.>> - E appena lo disse sentì la tristezza impossessarsi di lei.
Era stancante. Decisamente stancante sentire il suo entusiasmo che si affievoliva a causa un ragazzo che non le aveva mai voluto bene.
Fifi guidò entrambe verso una panchina, e quando si sedettero le prese le mani tra le sue. Elmyra avvertì la pelliccia serica della ragazza sui palmi, prima che cominciasse a parlare.
<<-Non devi farlo per lui, sai?>> - Elmyra prestò attenzione alla francesina.
<<-Che cosa non devo fare per lui?>> - Fifi le strinse le mani.
<<-Impegnarti. Sforzarti cosi tanto. Non farlo per lui…fallo pour vous!>> - Benchè avesse sempre fatto una certa fatica nel tentare di decifrare il linguaggio anglo-francese di Fifi quella volta il messaggio le fu perfettamente chiaro.
<<-E’…difficile.>> - L’ altra la abbracciò con affetto.
<<-Ouic’ est l’ amour: non è mai facile!>> - Lei si ritrovò a sorridere di quella battuta ed ebbe la sensazione che per arrivare a quel grado di felicità Fifi e Hamton dovessero aver passato la loro dose di guai e difficoltà.
 
Quando quella sera Elmyra rincasò venne accolta da una cacofonia di suoni e da un indefinito mix di odori. Si diresse verso la cucina, fonte del baccano, e li trovò tutti: sua madre distesa per metà sotto il tavolo, che cercava di tirare via Robby, abbarbicato alla gamba di una sedia come un koala; suo padre con la testa infilata in un orrido e quantomeno inusuale casco viola scuro, dalle cui tempie scivolavano lunghi cavetti terminanti in pinzette. Le pinzette in questione erano ancorate ad ognuna delle lunghe falangi di Amanda, che –stravaccata sulla stessa sedia che Robby non intendeva mollare, con la testa mollemente abbandonata all’ indietro- stava emettendo un suono basso e vibrante che somigliava pericolosamente ad un ringhio. Per completare il quadretto Queegee, la loro irreprensibile domestica, stava armeggiando vicino al lavello con un composto che ricordava quello di un dolce; purtroppo quella sera la sua forza sovrumana si palesava in tutta la sua devastazione, con il risultato di far finire uova e farina più sul muro che nella ciotola che aveva in mano.
Elmyra non potè fare a meno di sorridere: la sua famiglia era caotica e pasticciona ma non l’ avrebbe scambiata con un’ altra per niente al mondo. C’ erano dei momenti in cui si sentiva estranea alle loro stranezze -causa il suo essere maturata tanto e tanto in fretta- e quasi rimpiangeva i giorni in cui era sfasata e perennemente sulle nuvole.
Senti un “click” accanto a lei e voltandosi si ritrovò a fissare negli occhi il suo fratellino, di due anni più piccolo e di dieci centimetri buoni più alto.
Duncan le strizzò l’ occhio, mettendosi la macchina fotografica in tasca, e le dette un bacio sulla guancia mentre entrava in cucina, a suo rischio e pericolo.
Vedendo sua madre che guardava sconsolata suo fratello minore anche lei si senti in dovere di rischiare.
<<-Elmyra….ben tornata tesoro…Robert vieni qui subito…hai fame cara? Ho fatto gli spaghetti!>> - Elmyra si affacciò sotto il tavolo con un sorriso che andava da dente a dente.
<<-Altrochè, sono affamatissima! Ciao Robby.>> - Allungò una mano e scompigliò i capelli del piccolo, e lui in tutta risposta cercò di morderle la mano. Lei socchiuse gli occhi in uno sguardo minaccioso.
<<-Ah si? E’ cosi che la metti piccola peste? Beh sai che ti dico? Io sono tua sorella maggiore e ti posso scompigliare i capelli come e quanto mi pare!>> - Detto ciò si tuffò sotto il tavolo e cominciò a fare il solletico al fratellino. Il più piccolo dei Duff scoppiò istantaneamente a ridere e persa tutta la sua irritazione lei riuscì a staccarlo dalla sedia.
Con i capelli rossicci perfettamente in ordine, cinque minuti dopo, Robby Duff si mise a sedere a tavola e cominciò a mangiare tranquillamente.
<<-Papà quel…coso non funziona, te lo posso assicurare!>>
<<-Non direi cara, non direi! Riuscivo perfettamente ad avvertire delle vibrazioni negative! Direi che è stato un eccellente risultato!>> - Mac ingoiò una forchettata di spaghetti, chiaramente compiaciuto di se stesso.
Per contro Amanda si passò una mano tra i capelli castani (passato il periodo grunge aveva smesso di tingerli, e finalmente il color melanzana era stato eliminato) e ribattè.
<<-Le vibrazioni negative arrivano dal mio portafoglio! Quaranta dollari di manicure e guarda qua!>> - Mostrò le mani, e in effetti sullo smalto vinaccia delle sue unghie perfettamente curate adesso c’ erano delle piccole ma evidentissime dentellature, risultato delle pinzette.
Elmyra e Duncan si scambiarono una occhiata, cercando di non scoppiare a ridere. Ovviamente non riuscirono nel loro tentativo, e l’ irritazione di Amanda raggiunse le stelle.
I tre passarono il resto della cena facendosi le boccacce, come se avessero avuto ancora quattro anni, sotto gli sguardi divertiti e rassegnati degli adulti.
A fine pasto Queegee si scusò con la famiglia perché il dolce che intendeva preparare “non aveva collaborato”.
<<-Oh non preoccuparti Queegee, possiamo comprare del gelato!>> - Mac fece eco alle parole della moglie.
<<-Giusto, gelato! Approfittiamone prima che arrivi il freddo! Amanda perché non vai tu?>> - La ragazza lo fissò con occhi di fuoco.
<<-Prima mi rovini le unghie e poi mi fai fare da facchino?!>> - Elmyra colse la palla al balzo.
<<-Vado io, ma se mi fratturo il polso abbassando la maniglia sarà solo colpa vostra!>> - Usci dalla cucina ridendo, seguita da un cucchiaio volante (che fortunatamente atterrò sul tappeto).  
Afferrò di nuovo la borsa e aprì la porta, diretta al “Cheapest Cool Cream”, la gelateria in fondo alla strada.
Tuttavia, nonostante la sua risolutezza ad affrettarsi, non arrivò mai a destinazione.
Per essere precisi non riuscì nemmeno ad uscire di casa.
Rimase sulla soglia, la porta spalancata, le nocche della mano bianche dallo sforzo disperato con il quale stringeva la maniglia.
Se Elmyra avesse anche solo lontanamente ipotizzato la sorpresa che la stava aspettando fuori dalla porta avrebbe insistito perché a comprare il gelato ci andasse Amanda.
Amanda che quando si arrabbiava metteva il mondo a ferro e fuoco, Amanda che si arrabbiava praticamente per tutto, e che quella sera era già cotta a puntino per esplodere alla minima, ulteriore pressione.
Lei avrebbe decisamente saputo affrontare la situazione. Elmyra invece non aveva idea di cosa fare, se non restare esattamente dove era: attaccata alla porta come Robby lo era stato alla sedia; in viso la stessa espressione di un condannato davanti ad un plotone di esecuzione.
Davanti agli scalini, sullo zerbino con scritto “Welcome”, che certamente sarebbe stato dato alle fiamme per il suo messaggio nefasto, stavano i Montana.
La famiglia al gran completo.
Octavia, le forme generose strette in un tailleur bianco, i fluenti capelli color nocciola raccolti in un alto chignon.
Walter, in completo scuro, camicia immacolata e cravatta rosso sangue (o forse era salmone, e di rosso c’ era solo il suo terrore che galoppava).
E poi c’ era Max, in giacca e cravatta color antracite.
Tutti e tre ammantati da un’ aura di serioso potere e accumunati da identiche espressioni contrite.
Elmyra fissò Max per un istante e fu a dir poco sorpresa nel vedere che lui abbassava lo sguardo; solo qualche secondo dopo si rese conto che Octavia le aveva rivolto la parola.
<<-Scusi…io…non ho capito…>> - Nel sorriso imbarazzato che la donna le rivolse balenò un lampo di sincero dispiacere.
<<-Ho detto che stai molto bene tesoro, sei cresciuta.>> - Walter raggiunse la moglie e ancora una volta Elmyra si sentì enormemente intimidita dal ricco uomo d’ affari.
<<-Elmyra…>> - Ricco uomo di affari che a quanto pare sapeva il suo nome; forse scappare al piano di sopra gridando non era una brutta opzione!
<<-Elmyra? Non sei ancora uscita?>> - Amanda la raggiunse sulla porta e si immobilizzò dietro di lei. Qualche istante dopo sentì le mani di sua sorella sulle spalle, e solo quel gesto affettuoso le dette la forza di lasciare la maniglia.
<<-Mamma! Papà! Ci sono visite!>> - La voce di Amanda era ferma, quella di Emily quando vide i loro visitatori molto meno.
 
Dieci minuti dopo –non sapeva come, non sapeva perché- i Montana sedevano nel suo salotto; le loro figure così inequivocabilmente ricche stonavano sulle poltrone di poliestere e lei si chiese ancora una volta come fosse possibile che gente come quella avesse frequentato volutamente la sua famiglia, superiore in tutto tranne che nel conto in banca.
 

***

 
Non riusciva quasi a sostenere la pressione. La sorella più grande sedeva proprio di fronte a lui, le gambe accavallate, le dita che tamburellavano sul bracciolo della poltrona, gli occhi ridotti a due linee sottilissime (e probabilmente stava soppesando se valeva la pena ascoltare quello che i Montana avevano da dire, o se era semplicemente il caso di farli volare fuori con una mazza da baseball. O una racchetta da tennis. O una mazza da Lacrosse. A quanto aveva capito era lei l’ atleta di famiglia.).
Duncan sembrava a dir poco furibondo e incombeva su di lui alle spalle di sua sorella.
Elmyra ovviamente non lo guardava: aveva lo sguardo fisso sulle mani posate in grembo. Ogni tanto azzardava un occhiata ma riabbassava subito gli occhi: sembrava semplicemente terrorizzata da quello che stava succedendo.
Max si morse l’ interno della guancia per il nervosismo.
Poteva capire il perché del suo atteggiamento.
Adesso capiva le parole del fratello.
E anche se non c’ era nessuna…assolutamente nessuna ragione…un po’ si vergognava.
Perché la verità che gli era piombata addosso sbandierava a chiare lettere che se solo fosse stato appena più gentile, quello che era successo…forse non sarebbe successo.
Aveva convocato il suo investigatore privato nel suo ufficio un martedì di due settimane prima e gli aveva detto di indagare sulle cause della partenza dei Duff.
Gli aveva estorto una scadenza di cinque giorni (che a suo parere erano anche troppi!) e poi lo aveva fatto scortare fuori dalla sua guardia armata a forza di manganellate, perché quello aveva avuto il coraggio di dirgli: “Certo signor Montana che questa signorina Duff le deve stare proprio a cuore! E’ la seconda volta che indago su di lei!”
Una persona abbastanza matura si sarebbe messa a riflettere sulla veridicità di quelle parole ma Max aveva scelto di non cedere al rossore e di ignorare che, in effetti, a quindici anni aveva incaricato l’ uomo di scovare la pazza color carota ovunque si fosse cacciata.
Scoperta la sua posizione l’ aveva raggiunta e seguita tutto il giorno in una orrenda macchinaccia da plebei; perché in quella stupida località campagnola –che lui aveva deciso senza possibilità di appello: ricopiava malamente Acme Acres- di Tarvish Zone chiunque avrebbe sgranato gli occhi alla vista della sua splendente limousine nera.
Non sapeva perché lo aveva fatto ed era tornato a casa melanconico e sempre più irritato, dicendo a Robb che se avesse rivelato qualcosa a qualcuno gli avrebbe fatto ingoiare l’ uniforme, bottoni compresi.
Il responso che era giunto la domenica sera gli aveva fatto andare di traverso il cocktail che stava bevendo nella piscina riscaldata.
<<-Sembra che la signorina Duff e famiglia si siano trasferiti perché lei ha licenziato il signor e la signora Duff.>> - Max aveva guardato l’ uomo come se gli avesse detto che i suoi miliardi si erano trasformati in lecca-lecca.
<<-Cosa avrei fatto?!>> - Era sceso dalla poltrona gonfiabile, aveva annaspato fino al bordo della piscina e dopo essersi issato fuori aveva afferrato i fogli che il detective aveva in mano.
Inoppugnabile nero su bianco, quelli recitavano che i Duff erano stati licenziati dalla Montana Corporation, area di sviluppo tecnologico, alle 22.00 del 17 aprile di cinque anni prima.
Diceva che la lettera di licenziamento era stata consegnata verso mezzanotte dello stesso giorno e che i Duff avevano lasciato la loro abitazione alle 7.45 della mattina successiva.
<<-Non sono stato io!>> - Max aveva sfogliato il piccolo dossier con foga, cercando una clausola, un refuso, un punto debole qualunque nella ricerca che portasse a dire che lui era innocente.
Alla fine un sospetto lo aveva fatto uscire di casa con i capelli ancora bagnati. Si era fatto scortare al cinema locale, dove aveva pagato una cospicua somma di denaro per esaminare il registro delle proiezioni. Era praticamente andato a colpo sicuro: il film che cercava era stato proiettato solo per tre giorni ed era stato un flop totale.
Beh “Fido e Mew Mew”, quelle due adorabili bestiole che Elmyra aveva amato dal primo istante, lo avevano tormentato per tre lunghissimi minuti della sua vita il giovedì del loro appuntamento. Il film era iniziato alle 23.00, l’ ultima proiezione della serata.
Questo poteva significare soltanto che se la sua serata con Godzilla con la frangetta non era terminata alle 23.00 di sicuro non poteva essere stato in ufficio alle 22.00!
A quel punto era tornato a casa e aveva chiamato i suoi genitori a Ginevra, dicendogli di rincasare immediatamente, e aspettandosi delle spiegazioni più che esaurienti.   
L’ attesa era stata snervante e la fortuna non lo aveva aiutato perché Montana Senior e Signora ci avevano impiegato tre giorni a rientrare.
Appena avevano messo piede in casa lui li aveva fatti sedere e gli aveva sbattuto sul naso il dossier, esponendogli la situazione con voce baritonale e più impeto del dovuto.
E dopo ulteriori accertamenti e telefonate al loro corriere, finalmente l’ arcano era stato svelato.
Purtroppo a quel punto la sola cosa da fare era recarsi nella tana del lupo e umiliarsi chiedendo perdono.
Venne riportato al presente dalla voce di sua madre.
<<-Emily…siamo venuti per chiarire una faccenda molto importante…>> - Tutti i membri della famiglia Duff trattennero il respiro.
<<-Riguarda il vostro licenziamento dalla Montana Corporation.>> - Sembrava quasi che Mac Duff stesse per dire qualcosa ma sua padre fu svelto a precederlo.
<<-Non era un licenziamento effettivo.>> - Per qualche istante ci fu silenzio, poi un orologio a pendolo cominciò a rintoccare e in qualche modo rianimò i presenti.
<<-Come sarebbe a dire Walter? Ci è arrivata una lettera, in cui dicevate che eravamo dimessi dall’ azienda! Che ci sarebbe stata una compensazione per il disturbo e che erano già state date disposizioni!>> - Elmyra guardò i suoi genitori, la confusione sul suo volto era palese. Emily si rivolse alla madre di Monty.
<<-Octavia? Cosa sta succedendo?>>
La donna lisciò il tessuto della sua gonna per dissimulare la tensione, poi cominciò a spiegare.
<<-Cinque anni fa la filiale della Montana Corporation in Canada incontrò delle difficoltà di gestione, quindi fummo costretti a chiuderla. La maggior parte dei nostri dipendenti era comunque di qui, di Acme Acres, o di paesi vicini, e dovevamo garantire loro un posto di lavoro.>> - Walter prese la parola al posto della moglie.
<<-Decidemmo di chiudere l’ azienda e di riaprirne una più grande. Pensammo che la cosa migliore da fare fosse licenziare tutti i nostri dipendenti e di riassumerli direttamente nella nuova ditta. Il compenso copriva i mesi che sarebbero serviti per ingrandire l’ edificio.>> - L’ espressione di Mac Duff era illeggibile.
<<-Abbiamo fatto recapitare le lettere di licenziamento e quelle di assunzione a distanza di alcune ore. Il nostro corriere ci ha detto che ve ne eravate andati quando ha consegnato la vostra lettera di assunzione.>> - Emily era sconvolta.
<<-Ma…Octavia…questo non è possibile! Noi…perché non ci avete informati?>>
<<-Oh Emily…e voi perché non ci avete chiesto spiegazioni? Santo cielo tesoro se Maximillian non ci avesse avvertiti non avremmo nemmeno saputo che eravate tornati!>> – Ecco, quello sua madre se lo poteva davvero risparmiare!
Duncan sembrava pronto a sfidarlo ad un incontro di lotta libera. Amanda invece gli stava rivolgendo un diverso tipo di sguardo: non più ostile ma indagatore, e sinceramente Monty non avrebbe saputo dire quale fosse il peggiore.
Quasi per caso si rese conto che Elmyra lo stava guardando. Non era uno sguardo impaurito o sconsolato, era pieno di genuina sorpresa: aveva gli occhi spalancati, le labbra appena socchiuse e probabilmente non lo stava nemmeno mettendo a fuoco, troppo impegnata a fare i suoi calcoli e a trarre le sue deduzioni. Monty non mosse un muscolo perché –se ne rese conto in quel preciso istante e con una certa trepidazione- se lei avesse capito che lui non aveva avuto nessun ruolo nella sua partenza forse sarebbe ricominciato tutto come prima.
Mentre i suoi genitori continuavano a discutere con i Duff, Elmyra abbassò di nuovo lo sguardo, persa nelle sue riflessioni. Restò a guardarla per quasi dieci minuti, mentre rifletteva e ogni tanto mormorava tra sé.
Poi la ragazza alzò la testa di scatto e lo fissò intensamente. Lui cercò di sostenere quello sguardo meglio che poteva.
E qualche istante dopo si ritrovò ad arrossire in maniera vergognosa, senza possibilità di negarlo o di evitare la cosa, quando Elmyra Duff, un accenno di sorriso sulle labbra, scandì senza emettere un suono: “Maximillian?”
Una volta tanto aveva fatto la cosa giusta ma non era affatto sicuro di avere considerato tutte le possibili conseguenze!
  
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