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Autore: MikiBarakat96    04/05/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Your love is the barrel of a gun
 So tell me, am I on the right end?
 I could be nothing but a memory to you
 Don't let this memory fade away”.
 
Fu bello tornare a dormire nel mio letto quella notte, mi era mancata la sua comodità, ma fu un problema riuscire a prendere sonno! Ormai non ero più abituata all’orario Italiano e andare a dormire alle undici di sera - in America erano le cinque del pomeriggio- risultò essere una cosa quasi impossibile infatti mi ritrovai al computer a vagare su vari siti e a leggere quasi la metà di un libro per riuscire a trovare il sonno mentre mia madre e mio padre russavano beati nella loro stanza. Neanche Jack riusciva ad addormentarsi e infatti quando ormai si era fatta l’una, decidemmo di metterci insieme in camera sua a guardare un film e finalmente dopo la fine del film, riuscimmo ad addormentarci anche se per poco visto che la mattina dopo alle dieci di mattina –le quattro di mattina in America-, la mamma ci venne a svegliare dicendo che non potevamo passare tutta la mattinata a dormire e a stare chiusi in casa. E io che avevo pensato a quel viaggio come ad una sorta di vacanza per rilassarmi! La mamma approfittò del mio dolce far niente, per mettermi a lavare i pavimenti e spolverare i mobili mentre Jack lo mandò a fare la spesa, compito che si rivelò totalmente sbagliato per Jack visto che tornò con un sacco di dolci, patatine e lattine di birra senza nessuna delle cose che la mamma gli aveva raccomandato di portare.
La mamma passò buoni dieci minuti a sgridare Jack e poi, visto che non c’era nulla da mangiare in frigo, decise che saremmo andati a mangiare fuori, in un ristorante così che noi ci saremmo potuti ricordare il buon sapore che aveva il cibo Italiano… “il cibo vero” a detta della mamma.
Quella mattina la mamma evitò accuratamente di parlare dello scioglimento degli All Time Low o della storia finita tra Jack e Debbie il che fu un sollievo, perché per la prima volta da giorni mi sembrò che Jack fosse più felice, mi sembrò che fosse tornato quello di sempre: il mio stupido fratellone che faceva tutto quello che gli passava per la testa senza vergognarsi o darsi una regolata. Era tornato lo sregolato di sempre o almeno così speravo.
Quando tornammo a casa, Alex mi telefonò per chiedermi come andava ed io gli raccontai quello che era successo il giorno prima, di come Jack si era sfogato con la mamma che aveva cercato di capirlo e di come poi ci eravamo ritrovati tutti e tre a cantare Keep Holding On per dare forza a Jack, e poi gli raccontai di come sembrava stare bene quella mattina, di come era allegro.
<< Lo sapevo che Roma gli avrebbe fatto bene! >>, esclamò Alex che dal tono di voce mi sembrò sollevato. << Quella città è magica! >>.
<< L’aria di casa fa sempre bene >>, sorrisi sbirciando dalla finestra della cucina il via vai di macchine che si avviavano al centro della grande città.
<< Lo so bene, ieri sono tornato anche io dai miei e… sto meglio, riesco a non pensare ai problemi con la band ventiquattro ore su ventiquattro >>.
<< Bene, mi fa piacere, mi sento meno in colpa per averti lasciato da solo >>, dissi in tono triste.
<< Amore, non mi serve la babysitter >>.
<< Lo so, ma mi rende triste il pensiero che con te non ci sia nessuno >>.
<< Ci sono i miei e con tutte le cure che mi danno, fidati, non mi sento affatto triste o solo >>, ridacchiò.
Risi anche io rincuorata da quelle parole. << Okay, allora smetterò di stare in pensiero per te >>.
<< Brava… allora, com’è Roma? >>, mi chiese.
<< Mi sembra tutto come prima, nulla di nuovo, tra poco esco e vado in giro un po’ per la città così per ricordare un po’ i vecchi tempi e ricordarmi di te quando facevi il turista e passeggiavi per le strade ancora ignaro dell’amore immenso che provavi per me >>.
<< Ma sentila come si vanta! >>, esclamò ridendo.
<< Vorresti dire che non è vero? >>, gli chiesi in tono offeso.
<< Certo che no, è verissimo! Il mio amore per te è immenso e infatti non vedo l’ora che torni qui da me >>.
<< Tornerò presto, tranquillo e quando tornerò organizzeremo una serata romantica visto che l’ultima volta ce l’hanno rovinata >>.
<< Ci sto e questa volta voglio anche la biancheria sexy a fine serata >>.
Scoppiai a ridere. << Va bene, l’avrai >>.
Sempre se non ti arrabbi come ha detto mamma…
Pensai sentendomi improvvisamente invasa dal terrore.
<< Bene, allora ora ti lascio al tuo giro di ricordi per Roma >>, disse. << Mi raccomando salutamela >>.
<< Ci puoi contare >>.
<< Salutami anche Jack e i tuoi che spero di rivedere presto >>.
Più presto di quanto immagini.
<< E tu salutami i tuoi che spero di conoscere presto >>.
Non avevo mai visto i genitori di Alex se non nel DVD che avevano registrato lui e la band dove c’erano le interviste di tutti i genitori dei componenti della band tra cui anche la mamma che aveva accettato di farsi intervistare mentre papà no; solo qualche volta avevo proposto ad Alex di farmi incontrare i suoi, ma non c’era mai stato tempo, così avevamo sempre rimandato ma ora che ero incinta, probabilmente, li avrei conosciuti forse di lì a qualche mese o anche prima… forse subito dopo averlo detto ad Alex.
<< Appena sarà possibile ti prometto che te li farò incontrare, tanto ora… di impegni non ne ho più >>, colsi il tono di tristezza nella sua voce e mi venne una voglia pazzesca di abbracciarlo, ma purtroppo non potevo e così mi limitai a fargli coraggio con le parole e a dirgli –per l’ennesima volta- che sarebbe andato tutto bene.
Chiusa la telefonata, presi la borsa e il cappotto dall’attaccapanni vicino la porta d’ingresso e salutando mamma e Jack, uscì di casa, pronta per una bella passeggiata nel centro storico di Roma dove solo due estati prima ero stata con i quattro ragazzi che mi avevano cambiato la vita e che mi avevano fatto passare una bellissima estate.
Presi la macchina per arrivare nella zona del Colosseo e una volta arrivata lì parcheggiai –con qualche difficoltà visto quanta gente c’era!- . Scesi dalla macchina per andarmi ad unire a quella massa di turisti che scattavano foto meravigliati e ascoltavano distrattamente la spiegazione della guida.
Il Colosseo era il mio monumento preferito a Roma, lo era sempre stato fin da quando ero piccola, avevo pregato tantissime volte i miei per farmici portare e loro lo avevano fatto solo una volta della quale non ricordavo nulla, infatti mi era difficile ricordare come fosse l’interno del Colosseo visti quanti anni erano passati dalla mia prima visita.
Mi andai a sedere sul muretto di pietra proprio di fronte al Colosseo come avevamo fatto con gli All Time Low il primo giorno in cui avevamo visitato Roma; ricordavo perfettamente la loro ammirazione per quel bellissimo monumento nelle cui mura erano impressi i ricordi di tutte le persone che ci avevano combattuto dentro, di tutti quei poveri uomini che avevano perso la vita combattendo contro altri uomini o contro delle bestie.
Spostando lo sguardo dal Colosseo ai turisti, vidi uno degli uomini vestiti da gladiatori che si stava facendo la foto con un gruppo di giapponesi e non potei non scoppiare a ridere ricordandomi quando Jack mi aveva pregato di fargli una foto vicino ad uno di loro in una posa veramente oscena che però mi aveva fatto ridere fino alle lacrime.
Procedetti a piedi per la stessa strada che avevamo percorso quel giorno così lontano e mi ritrovai davanti al Milite Ignoto, dove dopo tanto tempo Jack aveva rivisto Debbie. Se fosse esistita una macchina del tempo sarei tornata indietro per stare più attenta alla reazione di Jack quando aveva rivisto Debbie; mi ricordavo perfettamente di come mi era sembrato stranamente troppo felice nel rivederla… e pensare che in tutti quegli anni non avevo mai sospettato nulla. Chissà se anche Debbie si era innamorata di Jack da subito, dal loro primo incontro... non mi aveva mai detto niente però. Sicuramente quando gli ATL erano venuti a Roma lei era innamorata persa di Zack! Da quando la band si era formata lei si era presa una sbandata per Zack e non riusciva a non parlare di lui ogni secondo della giornata… non avrei mai immaginato che un giorno, dopo essere riuscita ad esaudire il suo sogno di essere la fidanzata di Zack, lo avrebbe lasciato e si sarebbe innamorata di un altro che poi era mio fratello.
Certo che la vita ti sorprendeva proprio!
Nel dirigermi verso la via dei negozi non potei fare a meno di riportare alla memoria il mio “rincontro” con Enrico nel negozio d’abbigliamento nel quale mi ero infilata per smetterla di sentire Debbie parlare con gli ATL che pendevano completamente dalle sue labbra. Il ricordo delle mani di Enrico sulle mie braccia mi fece venire voglia di vomitare, ma per fortuna riuscì a domare il senso di nausea e continuai a camminare facendo vagare la mia mente verso altri ricordi più piacevoli e meno recenti, come i giorni in cui io e Debbie andavamo a fare shopping con i soldi dei nostri genitori e compravamo tantissime cose tra cui vestiti, gioielli, cd e quando tornavamo a casa venivamo sempre sgridate a dovere ma rifacevamo sempre la stessa cosa, perché ci divertivamo un mondo e adoravamo provarci montagne di vestiti nei camerini.
Prendendo la metro, arrivai a Fontana di Trevi dove la massa di turisti non mancava mai; spintonando un po’ la gente riuscì ad arrivare ad un lato della grande fontana  dove quell’estate ci eravamo seduti con i ragazzi per ripararci dal sole e dove dopo un po’ avevamo iniziato a schizzarci con l’acqua sia per rinfrescarci sia per divertirci. In quei giorni la mia infatuazione per Alex stava già iniziando a crescere, ma io non me ne ero ancora accorta troppo impegnata a pensare ancora a Dracula, il ragazzo misterioso della festa in America che poi si era rivelato essere proprio il bel cantante che ora amavo con tutto il cuore.
Frugando nel portafoglio, presi un euro e andandomi a posizionare vicino al bordo della fontana, mi girai di spalle e chiusi gli occhi immaginando di essere di nuovo lì con Alex che mi stringeva la mano mentre un po’ più distanti da noi c’erano Jack, Zack e Rian che parlavano tra di loro nascosti dai berretti e dagli occhiali da sole.
Questa volta non espressi un desiderio riguardante me, ma espressi un desiderio pensando alle persone che amavo e a quanto volessi che riuscissero a ritrovare la loro serenità e a tornare di nuovo tutti amici.
Quell’estate qualcuno aveva ascoltato il mio desiderio, sperai che lo facesse anche questa volta.
Dopo altri infiniti giri, mi ritrovai a Piazza del Popolo dove stranamente non c’era molta gente e quindi un po’ stanca, ne approfittai per sedermi  sugli scalini che separavano due delle statue dei leoni che sputavano acqua dalla bocca.
Ripensare a tutti i momenti che quella città mi aveva regalato mi aveva fatto capire come la vita potesse essere imprevedibile, come le cose potessero cambiare da un giorno all’altro senza che nessuno ci potesse fare nulla, come le persone che prima erano vicinissime potessero improvvisamente allontanarsi e non parlarsi più per degli stupidi errori.
Alex aveva ragione, l’aria di casa faceva bene, essere tornata a Roma era stata la scelta giusta, ora grazie al supporto di mia madre e di mio padre, mi sentivo molto più fiduciosa in me stessa e mi sentivo… per la maggior parte pronta ad affrontare la gravidanza e una volta detto ad Alex sarei stata ancora più pronta.
Sarei riuscita a conciliare le due cose più importanti della mia vita.
Sorrisi al nulla sentendomi piena di nuove speranze e proprio in quel momento mi sentì chiamare. Sussultando lievemente mi girai per vedere chi mi avesse chiamata sperando con tutto il cuore che non fosse Enrico sbucato all’improvviso per rompermi ancora le scatole. Per fortuna non era Enrico, ma era
qualcuno la cui presenza era abbastanza scioccante soprattutto perché sarebbe dovuto essere in America a godersi i suoi giorni liberi e invece era lì davanti a me… a Roma, in Italia e mi stava sorridendo!
<< Matt?! >>, chiesi guardandolo con gli occhi sgranati per lo stupore.
Il tour manager degli ATL era in piedi alle mie spalle, con il sorriso più bello e splendente che gli avessi mai visto in faccia –soprattutto se rivolto a me-, i capelli neri leggermente spettinati, gli occhi scuri che mi fissavano dolci e allegri e con indosso il giubbotto che mi aveva prestato qualche giorno prima.
<< Si, sono proprio io >>, accentuò il sorriso.
Continuai a guardarlo sconcertata incapace di ricambiare il sorriso. Era l’ultima persona che mi sarei mai immaginata di trovare lì. << E perché… come… che ci fai qui? >>.
<< La tua felicità nel vedermi è sconcertante >>, commentò ironico.
Mi scossi dal mio stato di shock e alzandomi gli sorrisi e lo abbracciai per non sembrare una maleducata e anche perché dopotutto non era una brutta sorpresa averlo lì, era scioccante, si, ma in modo buono, era bello rivedere una faccia conosciuta anche se non ci vedevamo solo da pochi giorni. << Scusa, ma è un po’ strano vederti qui, non me lo aspettavo davvero >>, dissi quando sciogliemmo l’abbraccio.
E pensare che solo qualche settimana prima Matt non si sarebbe mai fatto abbracciare o non mi avrebbe mai sorriso così allegramente… era decisamente strano… anche se in modo buono.
Si strinse nelle spalle. << Lo so, non lo sa nessuno che sono venuto qui, volevo stare un po’ da solo e ho scelto Roma perché non l’ho mai visitata >>.
<< Bene, hai fatto bene, è davvero una bellissima città e te lo dice una che c’è vissuta da quando era piccola >>, ridacchiai.
<< I ragazzi ne hanno sempre parlato bene e così sono venuto a verificare se quello che dicevano era vero >>, mi spiegò.
<< Fidati, non deluderà le tue aspettative >>, gli assicurai.
<< E tu, invece, cosa fai qui? >>, mi chiese.
<< Se ci sediamo te lo spiego, perché ho camminato tanto e i piedi mi fanno un male cane >>, dissi facendo una smorfia pensando alle fitte terribili che tormentavano i miei poveri piedi.
<< Ma certo >>, acconsentì Matt sedendosi al mio fianco sugli scalini.
<< Allora… sono arrivata qui ieri insieme a Jack, era da un po’ che avevo nostalgia di casa e volevo tornare qui per rivedere i miei e per stare un po’ di tempo tranquilla per riflettere un po’ su tutto quello che sta succedendo >>, spiegai brevemente. << Ho portato Jack con me perché Alex me l’ha suggerito dicendomi che gli avrebbe fatto bene e in effetti sta molto meglio nonostante soffra ancora molto >>.
<< E tu, stai bene? >>, mi chiese con espressione preoccupata.
Annuii. << Si, direi di si, tornare qui ha fatto bene anche a me, ho detto a mamma e papà che sono incinta e… loro non mi hanno cacciata di casa ma mi hanno offerto il loro aiuto e ora grazie alle parole di mia madre mi sento molto più… coraggiosa nell’affrontare questa inattesa gravidanza >>.
<< Mi fa piacere sentirlo, è un bene che per te non sia più… una cosa brutta perché alla fine penso che non lo sia, nonostante siate tutti e due molto giovani e molto inesperti in questo campo… penso che ve la caverete bene e alla fine sarete felici di aver avuto questo bambino >>.
<< Io spero che Alex ne sia felice… >>, ammisi.
<< Non glielo hai ancora detto? >>, chiese guardandomi perplesso.
Sospirai. << Ti prego, non dirmi anche tu che si arrabbierà appena lo scoprirà perché lo sanno tutti tranne lui, perché ci ha già pensato mia madre e non voglio che mi vengano altre paranoie >>.
Mi sorrise ridacchiando. << Tranquilla non volevo dire nulla del genere, so che notizie come queste non si danno con molta facilità, ci vuole tempo e per me fai bene ad aspettare di essere pronta e anche che tutto il casino che è successo si risolva >>.
Sorrisi soddisfatta delle sue parole. << Be’ grazie, è bello sentirsi dire qualcosa di diverso invece che del solito “dovrebbe già saperlo” >>, alzai gli occhi al cielo.
<< Io sono dalla tua parte >>, disse.
<< Strano sentirlo dire da uno che mi ha remato contro fin dall’inizio >>.
Abbassò lo sguardo visibilmente in imbarazzo ed io mi sentì lievemente in colpa, non solo era –stranamente- gentile con me, io lo trattavo pure male!
<< Allora… hai più visto Zack o Rian? >>, gli chiesi per cambiare discorso.
Non alzò subito lo sguardo, ma riuscì comunque a vedere l’imbarazzo andar via dal suo viso. << No, non li ho più visti >>, scosse la testa con fare pensieroso, << dubito che si faranno mai più risentire da me o da qualcun altro della crew, ci ritengono responsabili quanto Jack >>.
<< E perché mai? >>, chiesi perplessa.
<< Perché rimaniamo comunque amici di Jack quindi ci vedono come dei traditori >>, spiegò stringendosi nelle spalle.
Sbuffai. << Si stanno comportando come dei… bambinetti! >>, esclamai.
<< Hai ragione, va bene che Jack ha sbagliato ma arrivare ad odiare tutti noi solo perché gli siamo ancora amici… è… stupido >>.
<< Posso capire Zack, poi, ma Rian? Che torto gli ha mai fatto Jack? >>, chiesi più retoricamente che perché Matt mi potesse rispondere.
<< Non ne ho idea, vorrà proteggere Zack forse >>, ipotizzò.
<< Dobbiamo fare qualcosa per fargli fare pace >>, dissi. << Non possono continuare in questo modo >>.
<< Non possono fare pace se prima Debbie non prende una decisione >>, ribattè Matt.
Sbuffai nuovamente. << Non posso credere che il futuro di un gruppo di amici dipenda dalla scelta della mia migliore amica! È… una cosa stupida! Perché deve dipendere tutto da Debbie? Perché non possono tornare amici e perdonarsi tutto? >>.
<< Perché c’è di mezzo l’amore >>, concluse Matt con un sorriso quasi triste che mi incuriosì. << L’amore complica sempre tutto ed è un sentimento dal quale non si può scappare >>, continuò in tono triste… sembrava stesse parlando per esperienza.
Lo guardai, ma lui non ricambiò lo sguardo, continuò a guardare davanti a se perso nei suoi pensieri.
<< Non posso credere che stia di nuovo parlando di questo problema… questa è una sorta di vacanza anche per te e quindi non dovremmo stare qui a deprimerci, dovremmo… sorridere e parlare di cose più allegre >>, dissi cercando di risollevare l’umore di Matt.
<< Hai ragione… quindi… ora ti darò una bella notizia >>, mi annunciò girandosi con il busto verso di me e sorridendomi di nuovo allegro.
<< Davvero? >>, chiesi sorpresa, << quale? >>.
<< Ho deciso che… se mai gli All Time Low torneranno insieme, per i mesi della gravidanza e per i primi anni della sua nascita, faremo i tour insieme, così che tu potrai continuare a cantare e Alex potrà stare con il bambino tutto il tempo… viaggerete, si e questo è un po’ brutto però almeno starete tutti e tre insieme e noi tutti vi aiuteremo a prendervi cura del bambino >>.
Sentì il cuore esplodermi di gioia. << Stai dicendo sul serio? >>, gli chiesi con gli occhi che scintillavano per l’emozione.
Sorrise della mia reazione e annuì varie volte. << Sono serissimo >>.
Mi feci scappare uno strillo e senza più il controllo di me, buttai le braccia al collo del tour manager e lo abbracciai forte mentre dentro di me già immaginavo come sarebbe stato fare un tour tutti insieme, assistere ai concerti degli All Time Low, stare con il bambino ed Alex ogni giorno, cantare ogni sera come sempre, continuare a vivere il mio sogno… era la soluzione che stavo aspettando.
<< Grazie Matt, grazie, grazie, grazie! >>, ripetei varie volte stringendolo sempre più forte. << Non sai che
favore enorme che mi stai facendo! >>.
Lo sentì ridere. << Di nulla Stella, lo faccio perché non è giusto che tu lasci la tua carriera per diventare mamma, sei troppo brava per rinunciare al tuo sogno e… io ho sbagliato a tenere te ed Alex lontani, mi dispiace tanto, non avrei dovuto, per questo ora voglio rimediare e voglio che nel prossimo tour voi stiate insieme >>.
<< Tranquillo, avevo deciso comunque di non smettere di cantare anche se non sapevo comunque come avrei fatto a stare con il bambino, ma ora grazie a te è tutto risolto >>, sorrisi raggiante prima di sciogliere l’abbraccio.
<< Tutto tranne il fatto che gli All Time Low si sono sciolti >>.
Sospirai. << Quando tornerò in America andrò da Zack per parlargli, cercherò di convincerlo >>, dissi.
<< Non so a quanto servirà, ma provarci non farà male >>.
Mi sentivo ancora più fiduciosa di prima, mi sentivo più felice, più sicura di me stessa… dopo quella notizia sapevo che tutto sarebbe andato per il verso giusto, ormai era giunto il momento di sconfiggere tutte le avversità e di essere forti e coraggiosi.
Stavo sorridendo come una matta, mi faceva male la mascella, ma non riuscivo a non sorridere, mi sentivo talmente bene! Ma come era prevedibile, quella bella sensazione non durò più di qualche minuto; la rovinò la stessa persona che l’aveva fatta nascere.
<< Stella… io… dovrei confessarti una cosa >>, disse Matt facendomi voltare verso di lui preoccupata.
<< Dimmi >>, lo esortai curiosa di sapere cosa avesse da dirmi.
Fece un bel respiro e distolse lo sguardo da me fissandolo di nuovo in un punto di fronte a lui. << Sai… c’è un motivo se io non volevo che tu e Alex steste insieme, se ti consideravo come una scocciatrice e se non ti volevo sempre con noi… >>.
Deglutì rumorosamente presa improvvisamente da una paura irrazionale che mi attanagliò lo stomaco.
<< E… il motivo è… perché… io sono... innamorato di te >>.
Mi si bloccò il respiro. Se avessi avuto un telecomando per rimandare indietro quel momento, l’avrei usato così da sapere se avevo sentito davvero bene oppure se avevo solo confuso il significato delle sue parole.
Sorrise tristemente. << Ecco, finalmente te l’ho rivelato così saprai che non mi comportavo in modo distaccato con te perché non ti sopportavo, ma perché ti amo e non volevo che scoprissi cosa provavo per te perché so che non ti avrei mai potuta avere e Alex… se lo avesse scoperto mi avrebbe ucciso >>.
<< E… allora perché… me lo stai dicendo… adesso? >>, gli chiesi riuscendo a trovare a stento il respiro necessario per emettere quelle parole.
Sospirò. << Perché sono stanco di nascondermi e perché voglio che tu sappia la verità e voglio che tu mi dica una cosa >>, si girò e mi guardò con i suoi penetranti occhi neri che per un attimo mi fecero tremare il cuore, ma si trattò solo di un breve attimo. << Ti ricordi quattro anni fa, quando sei venuta in America a trovare Jack? Ti ricordi di me? >>.
Che voleva dire “ti ricordi di me?”.
La mia espressione dovette parlare chiaro, perché Matt mi chiese: << Non ti ricordi di avermi incontrato, vero? Non ricordi che non  riuscivi a trovare un modo per entrare e io sono venuto da te per aiutarti? Non ricordi che ho cercato di consolarti quando le fans l’hanno portato via? >>.
Non avevo idea di che cosa stesse parlando, io non ricordavo affatto di aver visto Matt quel giorno, ricordavo solo il dispiacere che avevo provato quando Jack se ne era andato portato via dalle fans. Perché Matt mi stava facendo quelle domande? Voleva confondermi? Voleva farmi credere di averlo incontrato quando invece non era così? Però in effetti… io non ricordavo come fossi entrata nel backstage e non ricordavo il momento in cui me ne ero andata. Poteva aver ragione?
<< Matt… io… non mi ricordo di te >>, ammisi sentendomi male quando nel suo sguardo vi lessi tutta la delusione che stava provando.
<< Oh >>, disse soltanto.
<< Tu sei… sicuro di avermi incontrata quel giorno? >>, gli chiesi.
Rise tristemente. << Ne sono sicurissimo, non potrei mai dimenticarmi di te, eri così… bella, così indifesa, così triste quando Jack se ne andò… mi colpisti subito e da quel giorno non riuscì a fare altro che pensare a te >>.
<< Ma… sono passati quattro anni… >>.
<< E in questi quattro anni io ho aspettato solo di rivedere te >>.
Quelle parole mi fecero venir voglia di sprofondare. Ora quadrava tutto, ora capivo perché era sempre così… strano, distante… e avrei preferito che lo fosse stato perché non mi sopportava.
<< Quando gli All Time Low sono venuti qui a Roma, io avrei dovuto raggiungerli gli ultimi giorni per stare un po’ con loro e non vedevo l’ora di farlo perché sapevo che ti avrei rivista, ma… qualche giorno prima che partissi Alex per telefono mi rivelò che si era innamorato di te e io… mi sentì morire e alla fine scelsi di non venire più a Roma per non rivederti e per non rischiare di innamorarmi ancora più di te così da rovinare la mia amicizia con Alex >>, fece una pausa. << Ho cercato di tenervi lontano perché ero geloso e perché non volevo neanche vederti, perché… è dilaniante vederti con Alex quando vorrei essere io al suo posto… darei qualsiasi cosa per essere lui e per averti tutta per me >>.
Mi salirono le lacrime agli occhi. Come diavolo era possibile che Matt fosse innamorato di me? Perché doveva essere innamorato di me? Perché me lo stava dicendo ora? E perché io non ricordavo di averlo conosciuto?
Cercai di riprendere il controllo di me stessa e con movimenti veloci mi alzai sussurrando: << Mi dispiace, devo andare >>. Iniziai ad andare via a passi veloci, ma Matt mi fermò dopo neanche qualche metro.
<< Stella! Per favore, non te ne andare io… >>.
<< Tu cosa? >>, sbottai presa improvvisamente da un moto d’odio. << Sei venuto qui per mettermi un altro problema addosso? Oppure sei venuto qui sperando che dopo avermi dichiarato i tuoi sentimenti io avrei lasciato Alex perché ho incontrato prima te anche se non me lo ricordo? >>.
Quello che stavo dicendo era orribile, lo sapevo benissimo, ma… il mio cervello stava esplodendo, avevo un sacco di domande che mi frullavano in mente e non riuscivo a trovare nessuna risposta, non riuscivo neanche a capacitarmi del fatto che Matt fosse innamorato di me; insomma, stavamo parlando dello stesso Matt che mi allontanava, che mi sorrideva a malapena e che pensavo mi odiasse, lo stesso Matt che però mi aveva dato il suo giubbotto, mi aveva organizzato una cena con Alex e mi avrebbe dato una mano per i tour futuri.
<< Io sono venuto qui a Roma per stare con te >>, rispose sincero facendomi venire ancora più voglia di scoppiare in lacrime e di rimangiarmi quello che avevo appena detto. << Senza secondi fini però, volevo solo trovarti… niente di più >>.
Scossi la testa. << Perché mi hai detto dei tuoi sentimenti, perché adesso? >>, gli chiesi.
<< Perché volevo che tu sapessi la verità e volevo sapere se ti ricordavi di me >>.
<< Ma… adesso hai complicato tutto! >>, sbottai.
<< Perché? >>.
<< Mi spieghi come potrò continuare a guardarti senza che mi vengano in mente le tue parole? Come posso continuare a parlare con te se mi viene in mente che… tu sei innamorato di me ma io non potrò mai esserlo di te e questo non mi fa stare affatto bene?! >>.
<< Non mi aspetto niente da te Stella, volevo solo che lo sapessi, non volevo che tu lasciassi Alex >>.
<< Matt non posso credere che tu mi abbia detto una cosa così importante solo per mettermene a conoscenza perché se è solo per questo potevi tenerti questo segreto per te… perché… io non so che farci! Non posso… non posso fare nulla, io sono già innamorata e non so perché non mi ricordo di te, non mi ricordo di averti incontrato e anche se me lo ricordassi non cambierebbe nulla >>.
<< Okay… va bene, forse in parte te l’ho detto perché speravo che tu potessi darmi una chance, ma… davvero volevo solo che tu lo sapessi perché non riuscivo più a mantenere il segreto ma… ora me ne pento, perché io non voglio che tu stia male per questo perché io me ne farò una ragione >>.
<< Non potevi pensarci prima di buttarmi addosso questa verità?! >>.
<< Mi dispiace… io… non volevo >>.
Scossi la testa. << Lascia stare >>.
Gli diedi le spalle e me ne ritornai sui miei passi prendendo la metro per tornare a casa dove mi buttai sul letto e scoppiai a piangere liberandomi di tutto il senso di colpa che mi era cresciuto dentro. Non avrei dovuto parlare a Matt in quel tono duro, ma non mi ero riuscita a trattenere, la situazione mi aveva scioccata e non avevo saputo reagire in un modo migliore perché davvero non riuscivo a capire perché me lo avesse detto in quel momento, perché dopo tutto quel tempo…
La gravidanza faceva schifo, quegli stupidi ormoni mi aveva resa super sensibile e avevo degli sbalzi d’umore sconcertanti, un minuto prima ero triste, poi ero arrabbiata e poi ero felice.
Quando finì di piangere mi addormentai.
 
Le fans si accalcavano sotto e intorno al palco continuando ad urlare come matte nonostante non potessero vedere nessuno se non i tecnici che stavano aggiustando gli strumenti e le casse per il concerto.
Mi sentivo un’idiota a stare lì in mezzo come una statua ad aspettare un qualcosa o un qualcuno che mi riconoscesse e mi facesse entrare nel backstage per andare a salutare quel cazzone di mio fratello che come suo solito si era dimenticato che quel giorno sarei passata a salutarlo e non mi aveva fatta aspettare da nessuno. Idiota! E io ero ancora più idiota perché stavo aspettando che qualcuno dello staff di mio fratello mi riconoscesse… come avrebbero mai potuto riconoscermi se nessuno di loro mi aveva mai vista?! Forse mi illudevo che Jack avesse una mia foto nel portafoglio… ma come faceva ad avercela se l’ultima volta che mi aveva vista di persona era stata tre anni prima?!  E in tre anni ero davvero cresciuta molto!
Continuai a rimanere lì, in mezzo alla massa di oche starnazzanti per altri interminabili minuti pregando che qualcuno mi venisse a tirare fuori, ma ovviamente non arrivò nessuno e gli uomini della sicurezza erano troppo lontani da me perché potessi parlargli. Dopo l’ennesimo spintone, decisi che non ce la facevo più, così, feci un tentativo per chiamare Jack, ma ovviamente il suo telefono era spento, così sospirando iniziai ad uscire dalla massa di ragazzine che mi guardavano storto ogni volta che gli davo una gomitata nel fianco per riuscire a passare. Stupide! Non stavo mica cercando di superarle, me ne stavo andando, potevano anche farmi la gentilezza di farmi passare.
Stupida la band, stupide anche le fans.
Quando dopo una buona decina di minuti riuscì ad uscire da quella massa soffocante di gente, mi diressi verso la parte dietro del palco dove di sicuro ci sarebbe stato qualcuno al quale avrei potuto spiegare chi ero e cosa ci facevo lì a quel concerto gratuito che avevano organizzato in un parco di New York, la grande città nella quale ero in gita con la scuola.
Convincere la professoressa a mandarmi da sola a incontrare mio fratello era stata una missione quasi impossibile quindi non potevo sprecare quell’occasione, dovevo assolutamente trovare il modo di entrare nei camerini e andare a salutare mio fratello che mi mancava più dell’aria.
Gli uomini della sicurezza erano da tutte le parti, ma un gruppo numeroso era situato nei pressi di una specie di tendone bianco che era stato montato dove con molta probabilità si trovava la band. Non aspettando neanche un attimo, mi avvicinai al tendone e al gruppo delle guardie che non appena videro che mi stavo avvicinando, si avvicinarono l’uno all’altro come a formare una sorta di barriera e mi iniziarono a scoccare occhiate intimidatorie che però più che paura mi fecero solo venire da ridere: ero la persona meno pericolosa che ci fosse a quel concerto visto che non ero una fan e non mi stavo per strappare i capelli alla sola idea di vedere i ragazzi della band.
Sorrisi amabilmente a quegli omoni muscolosi e con il mio tono più gentile dissi: << Salve signori, so che probabilmente state pensando che sono una fan che vuole intrufolarsi nei camerini per assaltare quei quattro ragazzi che tra un po’ suoneranno, ma non è così, io sono Stella Barakat, la sorella di Jack e sono qui perché devo incontrarlo, anche se lui probabilmente se n’è dimenticato >>, alzai gli occhi al cielo, << comunque, una volta che mi vedrà se ne ricorderà, ci abbracceremo e poi me ne andrò >>. Finì di parlare elargendo a tutti un altro grande sorriso che purtroppo non migliorò la situazione in nessun modo.
Uno degli uomini che stava al centro scoppiò in una grossa risata che mi saltò ai nervi. << Certo che voi ragazzine ve le inventate tutte! >>.
Anche gli altri della sicurezza iniziarono a ridere.
<< La sorella di Jack, questa si che è nuova! >>, commentò l’uomo vicino al primo che aveva parlato.
<< Hai una bella fantasia, ragazzina >>, commentò di nuovo il primo continuando a ridacchiare.
Li guardai storto. << Non è una balla! >>, esclamai sconcertata. << Sono davvero la sorella di Jack! Non notate nessuna somiglianza? >>, chiesi indicandomi il viso nonostante sapessi che di uguale a Jack mi era rimasto ben poco a differenza di quando eravamo piccoli che eravamo due gocce d’acqua. 
Gli uomini iniziarono a scrutarmi attentamente.
<< Ha i capelli neri >>, disse dopo un po’ uno di loro.
Ci girammo tutti a guardarlo accigliati. Con quell’affermazione aveva scoperto l’America!
L’uomo che aveva parlato per primo lo guardò storto. << Come sei perspicace Paul >>, gli disse scuotendo lievemente la testa.
Paul si rabbuiò e spostò lo sguardo a terra verso i suoi piedi.
<< Io non vedo nessuna somiglianza >>, commentò un uomo vicino a Paul.
<< Neanche io! >>, concordò un altro.
<< Già, io neanche! >>.
<< Okay, ammetto che non ci somigliamo più molto, ma io sono davvero la sorella di Jack! >>, protestai esasperata.
Scoppiarono nuovamente tutti a ridere facendomi irritare sempre di più.
<< Senti ragazzina, dacci un taglio e vatti a godere il concerto, tanto da qui non passi >>, disse il “primo” uomo.
Sbuffai sentendomi triste e abbandonata.
Mio fratello era un idiota! Come si era potuto scordare che lo sarei venuta a trovare quando ne stavamo parlando da settimane?
Diedi le spalle alle guardie e feci per andarmene, ma il rumore del tendone che veniva aperto mi fece sperare per un attimo che fosse uscito mio fratello e così mi girai per verificare se quella mia speranza fosse esatta… ma al posto di mio fratello c’era una ragazzo che non avevo mai visto prima: capelli neri, gli occhi scuri, un piercing sul labbro, il fisico magro e muscoloso… davvero niente male!
Il ragazzo guardò le guardie e gli chiese: << Che sta succedendo? >>.
Le guardie gli indicarono me con una mano e gli occhi scuri del ragazzo si fissarono su di me per un tempo che mi sembrò infinito.
<< Dice di essere la sorella di Jack >>, rise l’uomo al centro.
Il ragazzo guardò prima le guardie, poi me, poi di nuovo le guardie con un’espressione stupita che non sapevo come interpretare.
Improvvisamente il ragazzo scosse la testa e venne verso di me. << Scusami, non erano stati avvisati del tuo arrivo, ma io si, me lo ha detto Jack questa mattina e mi sono scordato di venirti a prendere, scusa, davvero >>.
Allora Jack se ne era ricordato!
Sorrisi al ragazzo sentendomi sollevata del suo arrivo. Meno male che non me ne ero andata.
<< Non fa nulla, l’importante è che alla fine tu sia qui >>.
Mi porse una mano. << Io sono Matt, il tour manager dei ragazzi >>, si presentò.
<< Io sono Stella, ma penso tu lo sappia già >>, gli strinsi la mano rivolgendogli un sorriso.
Sorrise lasciandomi a bocca aperta per quanto fosse bello. << Si, lo so eccome, tuo fratello mi ha molto parlato di te >>.
<< Davvero? >>, gli chiesi felice di quella notizia.
<< Certo, sei la cosa a cui tiene di più insieme alla musica >>.
Era bello sentirselo dire perché da quando Jack se ne era andato non ero più convinta che fosse così, anzi molte volte mi ritrovavo a pensare che probabilmente lui non mi volesse più bene.
<< Mi fa piacere sentirlo >>, dissi.
<< Vieni, ti porto da lui >>, disse iniziando ad incamminarsi davanti a me per farsi seguire.
Mentre entravamo nel capannone feci la linguaccia alle guardie che ci stavano guardando a bocca aperta increduli per quello che stava facendo… Matt.
Seguì Matt nel backstage dove c’era di tutto e di più: bibite, cartoni di pizza, vestiti sparsi, chitarre, bacchette per la batteria, casse, fili, macchinari strani, radioline, microfoni… il completo caos! Non avevo idea di come riuscissero a trovare gli oggetti che gli servivano in quel completo casino.
Ad un certo punto, in lontananza scorsi una figura alta e slanciata con i capelli neri spettinati e le movenze un po’ idiote. Il cuore iniziò a battermi all’impazzata. Avevo aspettato quel momento dal giorno in cui gli avevo dovuto dire addio tre anni prima e ora finalmente era arrivato, finalmente stavo per riabbracciare il mio caro fratellone al quale volevo un mondo di bene.
<< Jack! >>, urlai completamente euforica.
Jack si girò sorpreso, verso di me, poi, dopo avermi riconosciuta, mi sorrise ampliamente e urlò a sua vola il mio nome… 
Improvvisamente una massa di fans piombò addosso a mio fratello come una colonia di formiche e prima che io potessi arrivare vicino a lui, lo portò via, lasciandomi confusa e triste. Se quello che si erano portate via non fosse stato mio fratello mi sarei messa a ridere per quanto la scena era sembrata comica, ma l’unica cosa che mi veniva da fare in quel momento era scoppiare a piangere.
Matt era senza parole quanto me, probabilmente neanche lui si aspettava un assalto dalle fans che chissà da dove erano entrate. Che uomini della sicurezza affidabili che avevano!
Un uomo alto e pelato si avvicinò di corsa a Matt e iniziò a parlargli quasi a fatica, segno che aveva corso. << Matt, abbiamo un problema, sembra che le fans siano riuscite ad entrare, dobbiamo portare i ragazzi fuori di qui >>.
Un'improvvisa ondata di urla acute mi investì e prima che me ne potessi accorgere, mi ritrovai immersa in una folla di ragazzine urlanti che mi travolsero completamente facendomi cadere a terra. Furiosa e amareggiata, mi rimisi in piedi una volta che la folla mi aveva superata. Mi guardai intorno, ma Matt e l'uomo pelato sembravano spariti.
Mi voltai per tornarmene sui miei passi e raggiungere la mia classe in albergo dove avrei potuto piangere da sola senza che nessuno mi vedesse.
<< Stella! Aspetta! >>.
Mi girai e vidi Matt che correva verso di me.
 << Mi dispiace davvero, io non… non riesco davvero a capire come abbiano fatto ad entrare le fans >>, scosse la testa. << Se vuoi posso portarti comunque Jack qui, le guardie del corpo lo stanno già riprendendo dalle... mani delle fans >>.

<<  No, grazie, non è necessario >>, dissi abbattuta girandomi nuovamente per andarmene..
Matt mi prese per le spalle. << Su, non essere triste, non è stata colpa di Jack, lui voleva davvero vederti se non fosse successo questo pasticcio >>, disse scuotendo la testa in direzione delle guardie che correvano allarmate verso la zona in cui probabilmente le fans stavano assalendo mio fratello e gli altri tre Losers. 
Alzai le spalle. << Forse... comunque adesso ha dei problemi più impotanti a cui pensare >>.
<< Si, ma di sicuro lo avranno già ripreso >>, ribattè. << Dai, vieni, ti porto da lui >>, disse prendendomi per mano e tirandomi verso la direzione che stavano prendendo le guardie.
Impuntai i piedi per terra e tolsi la mano dalla presa di Matt. << Meglio di no, voglio solo andarmene in albergo >>, dissi sentendomi sempre più a terra.
Il pensiero di non essere più una parte della vita di mio fratello, in quel momento, faceva male più che mai.

Mi guardò preoccupato. << Sei sicura? >>.
Annuii varie volte. << Si, adesso Jack avrà altro da fare invece che stare un po’ con sua sorella >>, dissi in tono amaro.
Matt sospirò. << Mi dispiace tanto >>.
Gli sorrisi cercando di rassicurarlo. << Non fa nulla… grazie comunque per il tuo aiuto >>.
Ricambiò il sorriso. << Di nulla >>.
<< Be’… addio >>, lo salutai sicura che non lo avrei mai più rivisto…
Quanto mi ero sbagliata!
Mi girai e uscì dal tendone.
 
Mi svegliai di soprassalto con il cuore che batteva forte. Matt aveva detto la verità, ci eravamo davvero incontrati quel giorno… ma perché io non me lo ero ricordato? Perché non mi ero ricordata di come era stato gentile con me, di come era sembrato dispiaciuto nel vedermi triste e delusa? Come avevo fatto a scordarmi di una cosa così… importante?
Improvvisamente mi venne in mente il titolo di una delle prime canzoni degli All Time Low: Memories fade like photograps e pensai a tutti quei ricordi, quei momenti della mia vita che probabilmente non ricordavo più e che erano rinchiusi chissà in quale angolo del mio cervello senza che io ne sapessi nulla. Mi dispiaceva non essermi ricordata del mio primo incontro con Matt e soprattutto mi dispiaceva che per lui fosse stato un momento molto importante mentre per me non aveva significato nulla. Lo avevo ferito. Ero stata una stupida, ero stata crudele e mi dovevo far perdonare. Quale colpa potevo dare a Matt? Quella di essersi innamorato di me? Non mi sarei mai dovuta arrabbiare con lui, ero stata davvero… una stronza! Lui era stato sincero, si era aperto con me, mi aveva dichiarato i suoi sentimenti e io gli avevo urlato contro… dopo tutto quello che aveva fatto per me.
Mi riaddormentai dopo un po’ con il pensiero fisso che il giorno dopo sarei andata da Matt a chiedergli scusa per il mio comportamento.
 
La mattina dopo venni svegliata di buon’ora da mia madre che tutta allegra entrò in camera mia canticchiando. << Avanti tesoroooo… alzatiiii… il giorno è appena iniziato e hai un appuntamento molto importanteee >>.
Un appuntamento? Io? E con chi?
Aprì un occhio che subito venne accecato dalla luce del sole che penetrava dalla finestra che mia madre aveva gentilmente aperto o per meglio dire spalancato come se fuori non facesse freddo ma come se stessimo in pieno luglio. Cercai di chiederle che appuntamento avevo, ma tutto quello che ne uscì fuori fu uno strano verso assonnato. Odiavo parlare appena sveglia, soprattutto se non mi ero svegliata da sola, infatti tutte le mattine prima di andare a scuola non rivolgevo mai la parola a mia madre, non perché non volessi, ma perché proprio formulare frasi di prima mattina non mi riusciva, avevo il cervello troppo assonnato e il fuso orario non aiutava di certo.
<< Non fare la pigrona, non vorrai fare tardi! >>, mi sgridò scuotendomi leggermente.
Ma per che cosa?
Non ricordavo affatto che il giorno prima avessi preso un appuntamento con qualcuno, ricordavo solo il brutto momento con Matt che avrei preferito non dover ricordare…
Matt…
Dovevo chiedergli scusa il prima possibile, prima che se ne tornasse triste e sconsolato in America con l’immagine di me che lo trattavo una merda. Che mi piaceva o no dovevo alzarmi da quel letto, alla fine un appuntamento ce lo avevo davvero anche se non aveva un orario.
Aprì gli occhi e combattendo contro la voglia che avevo di rimettermi a dormire, mi misi a sedere per stiracchiare le braccia e la schiena.
<< Brava la mia bambina, ora vatti a lavare e vestire che il dottor Lorenzi ha molti appuntamenti fissati per questa mattina e non sai quanto ho dovuto pregarlo per avere un piccolo spazio anche per te >>.
<< Il dottor Lorenzi? >>, le chiesi perplessa.
<< Si, il mio ginecologo >>, rispose con totale nonchalance come se mi avesse appena detto di andare a fare la spesa.
Sgranai gli occhi. << Hai detto ginecologo? >>, chiesi improvvisamente terrorizzata all’idea di lasciare il letto.
<< Si, quanto ancora vuoi aspettare per fare la visita? >>.
Tanto.
<< Ma… ma… >>, balbettai nervosa, << non mi hai neanche avvertita! >>, protestai.
Si strinse nelle spalle. << Pensavo te lo aspettassi e poi ho preso l’appuntamento il prima possibile così vediamo come sta il bambino e ci mettiamo l’anima in pace >>.
<< Io ho già l’anima in pace! >>, esclamai contrariata anche se improvvisamente mi resi conto che mi importava l’andatura della gravidanza e mi sarebbe interessato sapere se c’era qualche problema e se veramente dopo il rapporto con Alex era tutto apposto. Nonostante questo però l’idea di andare da un ginecologo mi terrorizzava, non ci ero mai stata e fin da piccola avevo odiato solo l’idea di andarci.
<< Ma io no… voglio sapere se il mio nipotino sta bene e poi hai un sacco di analisi da fare! >>.
<< Non si potrebbero non fare? >>, chiesi con una smorfia.
La mamma mi lanciò un’occhiataccia. << Non fare la bambina Stella! Ora hai delle responsabilità verso una nuova vita >>.
<< Detta così mi fa venire l’ansia >>, dissi.
Si strinse nelle spalle. << È la verità >>.
Sbuffai. << Non voglio andare dal ginecologo >>, borbottai incrociando le braccia al petto con fare risoluto.
<< Devi andarci, per la tua salute e quella del bambino, vedrai che non sarà male, il dottore è molto carino e gentile e non è lì per guardarti come potresti pensare >>.
Avvampai al solo pensiero di un uomo medico che avrebbe potuto farmi spogliare. Sprofondai con la faccia nel cuscino. << Perché hai dovuto dirmelo?! >>.
<< Perché ci sono passata anche io e alla mia prima visita mi vergognai un sacco, ma poi capì che quello era il suo lavoro e che a lui non interessava vedere… “come ero fatta” >>.
<< E tu che ne sai, mica sei nella sua testa! >>, protestai.
Alzò teatralmente gli occhi al cielo. << Ci sarò anche io nella stanza con te, su, non succederà nulla di male si tratterà solo di una visita normale >>.
<< Possiamo portare anche Jack? >>, chiesi.
La mamma mi guardò sorpresa. << Vuoi che Jack stia nella stanza con te? >>.
Scossi la testa energicamente pensando a come sarebbe stato doppiamente imbarazzante. << No! >>, esclamai. << Voglio solo che mi accompagni così da farmi forza >>.
La mamma annuì. << Ora capisco… okay, allora ora glielo vado a dire tu intanto preparati >>, disse e uscì dalla camera.
Mi preparai e feci colazione in fretta e furia per poi scoprire che avevo ancora un’ora prima di dover andare dal ginecologo cosa che mi permise di chiamare Matt con il telefono di Jack per dargli un appuntamento e incontrarlo così per chiarire quello che era successo il giorno prima. Era meglio togliermi quel peso prima di andare alla visita, così sarei stata più rilassata.
Diedi appuntamento a Matt sempre in Piazza del Popolo dove a differenza del giorno prima, c’era una marea di gente che passeggiava allegra e ovviamente molti turisti che scattavano le foto. Fu abbastanza difficile trovare Matt, ma lo riconobbi subito grazie alla sua maglia di topolino che lo caratterizzava e lo distingueva da quella massa di persone. Mentre mi avvicinavo a lui a passo svelto, mi chiesi se avrei fatto bene a sorridergli… non sapevo se lui ce l’aveva con me ma se fosse stato arrabbiato ne avrebbe avuto  tutte le ragioni, perché ero stata davvero un’insensibile.
Lo salutai con un cenno della mano e abbozzai un piccolo sorriso quando alzò lo sguardo verso di me e lui fece lo stesso. Eravamo a disagio tutti e due.
<< Ciao >>, dissi fermandomi vicino a lui.
<< Ciao >>.
Non avevo idea di come iniziare il discorso… mi sarei dovuta buttare in ginocchio e chiedere il suo perdono? Oppure avrei dovuto iniziare dicendo “come va? Tutto bene?”.
<< Mi ha sorpreso la tua chiamata >>, disse interrompendo le mie riflessioni. << Era l’ultima cosa che mi sarei aspettato… dopo ieri >>.
<< Matt… mi dispiace >>, dissi provando improvvisamente una strana voglia di abbracciarlo per fargli capire quanto in colpa mi sentissi. << Mi dispiace davvero tanto, ieri sono stata… una cogliona a parlarti in quel modo, non sai quanto mi senta in colpa per come ti ho trattato, tu non te lo meritavi affatto, tu sei stato solo sincero con me e io ti ho aggredito invece di… ringraziarti perché tu sei stato molto buono con me e non ti meritavi che ti trattassi in quel modo perché tieni a me e… di questo dovrei solo esserne contenta perché sei un bravo ragazzo e sei molto dolce >>.
Gli angoli della bocca gli si sollevarono verso l’alto, ma cercò di reprimere il sorriso per non far vedere che si sentiva lusingato; purtroppo per lui il rossore delle sue guance parlava chiaro.
<< Stanotte ho… sognato il giorno in cui ci siamo incontrati e ora ricordo tutto e vorrei davvero non averlo scordato, perché sei stato davvero gentile nonostante non mi conoscessi neanche >>, continuai. << Mi dispiace che… tu sia innamorato di me, vorrei che non lo fossi perché almeno non soffriresti ma so che certe cose non possono cambiare molto facilmente soprattutto i sentimenti… però voglio che comunque… restiamo amici, o almeno che diventiamo buoni amici… se tu lo vuoi >>.
Annuii non sapendo se lui avrebbe accattato oppure no.
Scosse nuovamente la testa prima di elargirmi un grosso e dolce sorriso. <>.
Sorrisi a mia volta prima di essere stritolata dal suo abbraccio.
<< Non fa nulla per ieri, eri solo… sconvolta, ti ho dato questa notizia in un momento già particolare è normale che tu abbia reagito così  e io non mi sono affatto arrabbiato anzi, temevo che tu fossi arrabbiata e che non mi avresti parlato più >>.
<< Se lo avessi fatto sarei stata un mostro >>, commentai.
<< No, solo una donna incinta in preda agli ormoni >>, disse ridacchiando.
Mi unì alla sua risata. << A proposito di donne incinta, tra meno di un’ora ho la visita dal ginecologo e ho una paura fregata… che ne dici di accompagnarmi? >>.
Sembrò leggermente in imbarazzo. << Non so… questa mi sembra tanto roba da padri e poi… dovrei assistere agli esami che ti faranno e se… >>.
<< No, no, no >>, lo interruppi prima che potesse finire la frase. << Mi accompagnerai solo, non entrerai con me nella stanza della visita, rimarrai fuori con Jack ad aspettare… sempre se vuoi venire… mi serviresti come supporto morale >>.
<< Oh >>, disse sorridendo sollevato. << Allora va bene, ci vengo volentieri! >>, esclamò.
Ricambiai il sorriso. << Fantastico! >>.
Mah… così fantastico non era, stavo per andare per la prima volta da un ginecologo e avevo una paura fregata che potesse scoprire qualche malattia o qualche problema che avrebbero compromesso la gravidanza.





Buonaseraaaa :DD

Okay, sono riuscita ad aggiornare in tempo! Yeee ;D
Spero il capitolo sia di vostro gradimento u.u non sapevo se aggiungere un bacio tra Stella e Matt, mia sorella dice di si, però non ne sono tanto convinta, voi che dite? un'altra cosa di cui non sono molto sicura è il ricordo di Stella, sembra un po' che il comportamento di Stella non abbia senso xD però questa è la mia impressione u.u a voi la parola (il giudizio)
Continuate a recensire! :) mi farebbe davvero piacere sentire i vostri pareri.
Buona settimana! 
Un bacio. :*
Miki*
  
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