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Autore: xNewYorker__    04/05/2013    0 recensioni
Un ragazzo, una volta bambino, il ricordo di un vecchio divano e di una zia magica e sorprendente, nostalgia e solitudine.
Albert ricerca nella sua mente le molte immagini che ha della sorella del padre, suo faro da quando è nato, in attesa del suo ritorno da una missione troppo lunga.
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«Questo bambino ha appena comprato un sogno».
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Albert stava seduto a gambe incrociate sul divanetto in camera sua.
Ogni tanto alzava lo sguardo dal libro che stava leggendo, e contemplava la pelle chiara del rivestimento, ricordandosi di quando il mobile era stato portato lì per la prima volta.
La prima volta che aveva visto quel divanetto aveva otto anni.
Una coppia di novelli sposini era appostata di fronte ad esso con un sorriso raggiante, come quando vedi tuo figlio per la prima volta. Sembrava che avessero scelto il primo mobile per la loro nuova casa.
Albert, però, usciva tutti i giorni da casa sua e andava in quel negozio ad ammirare quanto fosse bello quel divanetto. Era il suo mobile preferito.
Forse guardare mobili non era un buon passatempo, per un bambino, ma a lui piaceva.
Li guardava e pensava ad una casa diversa, più grande e più nuova.
Vedeva in quel divanetto a due piazze una famiglia che si sedeva a guardare la televisione. Vedeva l’indistinta figura della madre tenergli la mano mentre lo faceva sedere sulle sue gambe, accanto al padre.
Si era affezionato a quel divano come fosse un animale domestico che lo seguiva in ogni dove, e metteva da parte centesimi su centesimi e sterline su sterline per poterlo comperare.
Ogni volta che contava i suoi soldi e poi ricontrollava la targhetta del prezzo in negozio, sapeva di doversi sforzare di mangiare meno caramelle e usare meno quaderni perché doveva risparmiare.
Ricordava che il proprietario del negozio si chiedeva perché quel bambino fosse sempre fermo lì a contemplare la stessa cosa ogni giorno, e poi i due avevano fatto amicizia. Mentre lui risparmiava, quel signore gentile gli regalava le caramelle che non poteva comprarsi.
Quando andava al negozio, prima di capire di dovere risparmiare, masticava sempre le sue caramelle preferite, quelle alla ciliegia. Un giorno, quando andò lì senza caramelle, quel signore gli chiese perché non ne avesse, e lui disse:
«Non posso comprarne. Devo risparmiare per comprarmi una famiglia».
L’uomo, che aveva capito, iniziò a regalargli le sue caramelle preferite tutti i giorni, e a dire a qualsiasi cliente volesse prendere quel divano che era già prenotato. Quando chiedevano da chi fosse prenotato, e se fosse possibile cambiare l’ordine, lui rispondeva che, quando un oggetto è legato alla felicità di qualcuno, quell’oggetto non può essere in vendita.
Albert era sempre stato grato al signor Smith, nonostante non fosse mai riuscito a raccogliere i soldi necessari da solo.
Per un intero anno aveva tenuto da parte uno degli articoli più belli e più costosi, e ogni mese il bambino gli portava quel poco che aveva raccolto. Diceva che non avrebbe mai voluto scomodare il padre, che lo manteneva a malapena e non aveva bisogno di un divano per la loro casa.
Un giorno, però, il signor Smith gli spiegò che quella coppia che aveva visto il primo giorno che era entrato in negozio era davvero interessata a quel divano, e che purtroppo non avrebbe potuto provare a dissuaderla ancora per molto. Sembrava così felice alla sola idea di comprarlo.
Lui aveva capito, e aveva annuito e sorriso, prendendo le caramelle per l’ultima volta e tornando a casa col berretto calcato sui capelli e il passo lento e stanco di un bambino che era stato in piedi fino a tarda notte a ricontare i suoi risparmi, sperando che fossero più di quanti ne aveva contati la volta prima, tutte le volte.
Era arrivato a casa e gli occhi gli facevano male. Non aveva pianto, e riprovava più volte quel sorriso, pronto a mostrarlo al padre quando quello sarebbe tornato a casa.
Quando il padre tornò, però, Albert non sorrise. Si sedette e pranzarono come tutti i giorni, e, alla domanda “cosa hai fatto oggi?” lui rispose che era stato a casa a guardare la televisione.
La sera, però, immaginò quella coppia creare una nuova famiglia, sedersi su quel divano e guardare il loro programma preferito mentre facevano progetti. Immaginò i loro viaggi in macchina con i loro futuri bambini, tutti quelli che lui non aveva mai fatto. E non poté stare fermo a letto, martellato da quei pensieri, così sgattaiolò fuori dalle coperte e raggiunse il soggiorno, dove Jaime, lì perché il fratello era impegnato con un lavoro particolare, era intenta a leggere.
Picchiettò con la punta dell’indice sulla gamba della zia, cercando di farsi notare senza però fare rumore, e quando lei allungò le braccia per tirarlo su le sorrise.
«Cosa c’è?», chiese lei, squadrandolo con attenzione.
Nel momento in cui le venne spiegata la ragione della sua preoccupazione, portò il bambino con sé nella camera degli ospiti, dove ogni tanto alloggiava quando la infastidiva stare sola a casa sua.
Albert la guardava con attenzione mentre tirava fuori da un cassetto una grande scatola.
«Quanto ti manca?».
«...Cosa?».
«Quanti soldi ti mancano per la cifra intera?».
«Trecento...», mormorò, abbassando lo sguardo sulla punta delle ciabatte.
Jaime annuì, infilando una mano nella scatola e osservando attentamente ciò che prendeva, mentre gli dava le spalle. Poi gli porse delle banconote. «Trecento. Ecco a te. Non dirlo a papà». Gli fece l’occhiolino, scompigliandogli i capelli mentre rimetteva la scatola al suo posto, e Albert ebbe una nuova storia da raccontare ai suoi compagni: quella della zia con una scatola magica che fa avverare i sogni dei bambini.
La mattina seguente, quella in cui portò i soldi restanti al signor Smith, lui era occupato con la coppia di sposini.
Il bambino tirò un lembo dei pantaloni del titolare del negozio, che si voltò a guardarlo con un sorriso triste.
«Ciao, Albert», disse. «Oggi non avevano caramelle...».
«Non importa!», esclamò lui, cogliendolo di sorpresa, con un enorme sorriso, allungandogli le trecento sterline, nella speranza che le accettasse.
L’uomo si voltò verso la coppia. «Questo bambino ha appena comprato un sogno».
 
Quel giorno, Albert aveva realizzato che in realtà non gli importasse poi molto di potere immaginare come sarebbe stato guardare la televisione in braccio alla sua mamma, perché la sera stessa, dopo che gli impiegati del negozio avevano portato il divano a casa sua, aveva capito che quello era un gesto da fare con qualcuno che gli era stato vicino per tutti gli anni che aveva vissuto.
Fu per questo che quella sera Albert guardò una nuova puntata di CSI seduto in braccio a sua zia, mentre lei gli spiegava che non c’era nulla da temere, perché tutto ciò che vedeva era finto.
In quel modo, non ebbe mai paura del sangue.
 
Il suono del campanello distrasse il diciottenne dai suoi pensieri, mentre abbandonava il suo libro e fermava “Come Home”, partita casualmente sul suo mp3.
Allungò lentamente la mano verso la porta, prima di aprirla senza troppa fretta. Non aveva intenzione di ricevere brutte notizie, quella sera.
Tenne gli occhi chiusi, finché non sentì un tonfo di fronte a sé.
Quando li aprì, capì che ciò che aveva sentito era un borsone che crollava a terra, e aveva davanti il sorriso – uguale da quando poteva ricordarselo – di Jaime, che sembrava attendere che reagisse.
L’unica sua reazione, sul momento, fu quella di abbracciarla. Come tutte le volte, le aveva messo in mano il suo mondo. 


Angolo autrice:

Salve! 
Ho scritto questa shot un po' di tempo fa, e ho deciso di provare a pubblicarla. 
Al momento sto lavorando ad un paio di long (quella su cui sono più concentrata è, tuttavia, Alexander's Grave), per cui non credo che pubblicherò nulla di nuovo, se non, appunto, shots che ho già scritto in precedenza e ricontrollato.
Ad ogni modo, spero che vi piaccia e che vi lasci qualcosa. A me è piaciuto molto scriverla.
A presto,
xNewYorker__/Chris 
   
 
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