Si ranicchiò per terra e sparò anche gli ultimi quindici colpi. Era finito anche l'ultimo caricatore. Non aveva più nulla, nemmeno la sua bacchetta. -Cazzo, non me l'aspettava di morire così.- pensò.
Guardò una pozzanghera per terra, guardò il suo riflesso.
Occhi pieni di sangue, mascella rotta, naso sanguinante, capelli scompigliati, e inoltre un pezzo di vetro nel suo possente braccio sinistro. Se lo tolse, e provò un dolore insolito. Stava diventando, per la prima volta nella sua vita, debole.
Improvvisamente si accorse anche che, stavolta dall'addome, gli stava uscendo molto sangue. Poi capì. Era un proiettile. Sentiva le forze che, man mano, diminuivano. Pensò a tutto quello che da piccolo sognava di fare. Voleva fare il militare. Ma non voleva fare il militare che andava e distruggeva. Voleva portare pace nei posti scuri. Rischiarire i posti che, in qualche modo, erano stati scuriti.
Già a 7 anni incominciava a fare il saluto militare a suo padre, che era sottufficiale tenente del terzo battaglione. Voleva un padre che lo aiutasse a diventare ciò che voleva. Una volta compiuti sedici anni, si arroluò nell'esercito. Eppure, quel suo sedicesimo compleanno, quel tremendo giorno, se lo ricordava in modo diverso. Tre ore dopo aver spento le candeline, arrivò un telegramma. Suo padre era morto in battaglia. Si ricordava ancora quanta rabbia, quanto rancore provò. Voleva vendetta. Si arroluò nell'esercito e dopo soli tre anni divenne il caporale del terzo battaglione. Quello stesso giorno, lo stesso giorno in cui lo nominarono caporale, abbandonò l'esercito. Si dedicò alla scuola, recuperò quegli anni di scuola e si laureò alla MoonDrag. Eppure, aveva ancora quel maledetto desiderio di vendetta. Entrò nell'ordine dei Rostoniani. Entrò, dopo due anni, nell'esercito del caporale McGreen. La vendetta la voleva ancora.
E ora era lì, ranicchiato dietro un carrello, con proiettile nell'addome, un fucile scarico, e gli occhi sanguinanti. Si riguardò nella pozzanghera, guardò la sua divisa mimetica. Osservò tutte i suoi nastri di riconoscimento e le spille appesi alla divisa. Erano più di duecento. Da piccolo sognava una divisa così. Eppure, sulla divisa c'era qualcosa che non quadrava. Guardò bene. Sul braccio destro, il sangue di un uomo. E quell'uomo, lo sapeva bene, l'aveva ucciso lui. pensò a quante persone avesse ucciso in tutta la sua vita, quanti telegrammi aveva fatto mandare a casa di povere famiglie, e così facendo aveva rovinato anche le ultime speranze di quelle famiglie. Questo era diventato. Era diventato proprio quello che non voleva diventare.
A svegliarlo da quei pensieri bastò un proiettile di uno dei dieci talebani. Si riconcentrò. Da piccolo sognava anche un'altra cosa: volare. Era sempre stato il suo più grande sogno, anche se non l'aveva mai detto a nessuno. E ora era lì al tredicesimo piano di un palazzo che stava crollando. È per di più aveva un proiettile che di lì a poco l'avrebbe ucciso. Si alzò in piedi. Andò verso la finestra e poi, parlò.
-Dite al vostro governatore che mi scuso vivamente per tutte le vittime che ho fatto nel suo esercito. Ditelo anche alle famiglie dei caduti. Ma, riferite anche al vostro fottuto governatore, che purtroppo quel suo desiderio di vedermi morto insieme al mio esercito non si avvererà mai. Mi spiace. Ditegli tutto ciò. Avvisatelo anche che tra pochi giorni il terzo battaglione sarà da lui insieme all'esercito dei Rostoniani e all'esercito McGreen, e gli farà il culo. Tanti saluti. Fred.-
Poi, dopo aver afferrato una pistola per terra, sparò sulla finestra. Tredici piani. Sì, stava sognando.
-Arrivo, papà- pensò. È si lanciò.