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Autore: Jo_The Ripper    05/05/2013    5 recensioni
Sarah sorrise.
Lei conosceva il cattivo perfetto.
“Ti ho mai raccontato del Labirinto?”
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sarah
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Into the Labyrinth'
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STORYTIME

It was the night before,
When all through the world,
No words, no dreams
Then one day,
A writer by a fire
Imagined all of Gaia
Took a journey into a child-man’s heart…

[Era la notte prima/ quando in tutto il mondo/non ci furono più parole, né sogni/Poi un giorno/ uno scrittore davanti a un fuoco/ Immaginò tutto di Gaia/ e fece un viaggio nel cuore di un uomo-bambino]

Una Ford Mustang, serie 1988 rosso fiammante, parcheggiò accanto al marciapiede che costeggiava la villetta stile liberty dalle assi di legno color crema. La donna al volante spense il motore, sbuffando per la pioggia incessante che le stava creando non pochi disagi. Ovviamente era sprovvista di ombrello, visto che l’ultimo acquistato, alla prima folata di vento, aveva deciso di abbandonarla, lasciandole come ricordo solo un misero scheletro metallico. Si strinse nel trench leggero, sollevandone il bavero fino a coprirsi la testa.
“Ok, adesso o mai più.” Si fece coraggio ed aprì la portiera con un movimento deciso, richiudendola poi con violenza. Corse velocemente verso la casa, cercando di proteggersi alla bene e meglio dalla pioggia battente. Salì i quattro gradini di legno fino a raggiungere il patio, tirando un sospiro di sollievo.  Si scrollò di dosso sommariamente le gocce d’acqua e bussò alla porta bianca.
“Arrivo!” gridò una voce all’interno.
Quando sentì il clic della serratura, sulla soglia comparve un uomo. Era alto, dai lineamenti delicati, con folti capelli biondi e occhi di un azzurro intenso.
“Sarah! Non ti aspettavamo oggi!” esclamò sorpreso, per poi squadrarla da capo a piedi. “Avanti entra, guarda qui come sei conciata…” scosse il capo dinanzi all’abbigliamento fradicio della donna.
“Ciao a te, fratellino Toby. Sorpresa!” disse festosa gettandosi al collo del fratello e stampandogli un bacio sulla guancia.
Come da programma, restando nel solco della tradizione, lui fece una smorfia disgustata pulendosi la guancia con il dorso della mano. Sarah, intanto, si fiondò in casa, ma si bloccò osservando quanto l’atmosfera fosse estremamente silenziosa.
“Dove sono Mary e Cathy?” chiese.
“Oggi Cathy aveva il corso pomeridiano di teatro a scuola e Mary è andata a prenderla, poi dovevano sbrigare alcune commissioni in città.” La informò suo fratello. “Scommetto che sarà contentissima di trovare la zia Sarah quando tornerà”.
“Anche io non vedo l’ora di vederla.” Replicò lei con un sorriso enorme stampato sul viso.
“Avanti, sali su e vatti ad asciugare, non voglio che ti becchi un raffreddore.”
“Oh, ma come sei premuroso!” cinguettò lei salendo di filato le scale.
“Solo perché poi potresti attaccarmelo, strega!” dichiarò lui dal piano inferiore.
E Sarah non poté fare a meno di rispondergli con una sonora risata.

Sarah entrò in quella che era, di fatto, camera sua, ma che all’occorrenza si trasformava in stanza degli ospiti per la famiglia di Toby Williams, anche se lei era la frequentatrice più assidua di quella casa.
Quando i suoi genitori decisero di trasferirsi in campagna, per potervi trascorrere serenamente la vecchiaia, la loro casa passò a Toby, l’unico dei due Williams ad aver messo su famiglia. Sarah non obiettò a quella decisione (che riteneva tra l’altro molto saggia), poiché lei non necessitava di una casa così grande e per giunta abbastanza lontana dalla metropoli. Lei viveva in un semplice appartamento a New York,  vicino alla sede del giornale per il quale lavorava. Sì, Sarah Williams, al tempo ragazzina ingenua, sognatrice e con la passione per la recitazione, era finita a fare la giornalista per una testata importante. Si occupava della rubrica di arte e spettacolo, cosa che comunque le permetteva di stare a contatto con la sua passione primaria. E a volte capitava, quando riusciva ad anticipare la consegna di un articolo, che andasse a trovare suo fratello e famiglia, nella sua città natale.
Lo faceva principalmente per vedere sua nipote Catherine, che ammetteva, senza riserve o  remore, di viziare parecchio.
Lei non aveva avuto altrettanta fortuna come suo fratello nel campo sentimentale, ma non ne era preoccupata. Aveva la sua famiglia, un lavoro che amava e parecchi amici.
E poi non era mai troppo tardi per trovare la dolce metà, ripeteva di tanto in tanto a chiunque le dicesse di sistemarsi.

Prese dalla cassettiera un ricambio pulito e, fischiettando un motivetto, andò in bagno.
Il getto di acqua calda fu come una manna dal cielo, le cancellò quel freddo che le si era instillato nelle ossa a causa del vento e della pioggia. Una volta che si fu sistemata, scese di nuovo al piano inferiore, dove trovò Toby assorto a leggere un libro.
“Te la sei presa comoda, eh sorellona?”
“Quel tanto che bastava per tornare ad essere presentabile.” Lo rimbeccò dopo quella frecciatina. Poi continuò in tono mellifluo: “Dì un po’, non è che andresti a prendere i pensierini che vi ho portato e che ho lasciato nell’auto? Nella fretta di scappare dalla pioggia non li ho presi.”
“Già fatto, è tutto sistemato.” Le agitò la mano dinanzi agli occhi, tornando con il naso nel suo libro. Sarah sorrise soddisfatta.
 “Sei più adorabile adesso, rispetto a quando eri piccolo e frignavi in continuazione.”
“Grazie, eh!” replicò l’altro piccato, abbassando il libro per incontrare gli occhi verdi e canzonatori di sua sorella.
“Su su, non essere permaloso, consolati sapendo che nemmeno io ero una persona facile da trattare.” Si giustificò lei.
“Nemmeno adesso…” borbottò Toby.
“Cosa?”
La domanda di Sarah rimase però sospesa nell’aria, dato che una piccola furia dodicenne entrò in casa come una furia.
“Zia Sarah!!!” esclamò fiondandosi tra le braccia della donna.
“Ciao, mia bella pel di carota! Come stai?”
“Benone! Ho visto la macchina parcheggiata ma non pensavo potessi essere davvero tu. Papà non aveva detto che saresti venuta a trovarci…” la bambina scoccò un’occhiata obliqua a suo padre con quegli occhi tanto simili ai suoi. L’uomo sospirò sconfitto.
“Vi ho fatto una sorpresa, sei contenta?” domandò invece sua zia scostandole la frangia che le ricadeva sugli occhi.
“Certo! Per quanto ti tratterrai?”
“Resterò per il fine settimana, poi tornerò a casa mia.”
“Oh, così poco…” abbassò lo sguardo, triste.
“Dai, sai che passo a trovarvi appena posso…abbiamo tre giorni per stare insieme e divertirci, godiamoceli!”
L’entusiasmo di sua zia la tirò su di morale, facendole comparire un largo sorriso sulle labbra. Poco dopo entrò anche Mary, che reggeva tra le braccia due buste stracolme di prodotti.
“Sarah, che sorpresa!”
“Ciao Mary, sono venuta ad infastidirvi.” Disse lei mentre si apprestava ad aiutarla con la spesa, posandola velocemente sul tavolo della cucina, seguita da cognata e nipote.
“Ma no, cosa dici, è sempre un piacere averti con noi. Ora Cathy, vai a farti il bagno mentre preparo la cena, ok?”
“Sì mamma.” Obbedì la bambina. “Zia Sarah, mi accompagni?”
“Certo cara.”
Toby le spiò mentre risalivano le scale, mano nella mano, zia e nipote. Con aria annoiata si alzò dalla poltrona, dirigendosi da sua moglie.
“Quando sono insieme sono una furia distruttiva.” Dichiarò pizzicandosi il naso.
“Oh Toby, ti prego, non fare il lagnone. Rendono casa nostra molto più briosa.” obiettò invece Mary, che adorava Sarah alla stregua di quanto la cognata adorasse lei.
“Lo sai che si prospettano tre giorni tremendi, vero?” le fece notare.
“Saranno tremendi solo per un pantofolaio consumato come te.” Disse sogghignando.
“Non vedo l’ora di vedere il tuo regalo, evviva!!!” si fece sentire dal piano superiore la voce argentina della bambina che gioì contenta.
Mary sorrise al marito. “Visto? Che ti dicevo?” e ancora gaia cominciò a preparare la cena.

***

Dopo aver cenato Catherine trascinò Sarah in camera sua, sistemando il suo regalo tra gli altri mille che la zia le portava ogni volta. Era il peluche di un cucciolo di husky dagli insoliti occhi eterocromatici.
Sarah l’aveva preso senza pensarci su due volte, era stato un impulso che non era riuscita a vincere.
“Grazie zia, è davvero bellissimo.” La bambina se lo strinse al petto, raggiante.
“Sono contenta che ti piaccia. Allora, raccontami un po’ della scuola e del teatro. Cosa state mettendo in scena?”
“La Bella e la Bestia. Ed io sono stata scelta per essere la Bella.” Affermò sollevando il mento con orgoglio.
“Ma che brava! Sono davvero orgogliosa di te.” Si complimentò scompigliandole con una mano i capelli rossi.
“Grazie zia. Però sai, la maestra ci ha assegnato un compito. Visto che ha saputo della recita, si è messa in testa di farci scrivere un tema su un cattivo delle storie.” Disse con tono profondamente seccato.
“Un cattivo delle storie?”  ripeté la donna.
“Già. Ed io non so proprio chi scegliere.” Replicò la bambina con aria affranta.
“Allora, vediamo…” Sarah aggrottò le sopracciglia in un’espressione di palese sforzo mnemonico tanto buffa che fece ridacchiare sua nipote.
“La scelta è davvero vasta, mia cara. Ci sono le streghe cattive di fiabe come La bella addormentata, Biancaneve, Hänsel e Gretel o Raperonzolo. C’è il lupo cattivo di Cappuccetto Rosso, de Il lupo e i sette capretti, de I tre porcellini. L’orco del Gatto con gli stivali e di Pollicino. Il cattivo nano Tremotino o la malvagia scatola troll de Il tenace soldatino di stagno. Il malefico Barbablù, il pomposo Capitan Uncino di Peter Pan, la matrigna e le sorellastre di Cenerentola, le perfide anatre de Il brutto anatroccolo, il gigante di Jack e il fagiolo magico, Mangiafuoco di Pinocchio. O anche…”
“Sì zia, ho capito.”  La fermò la bambina, interrompendo quel torrente in piena che era diventato Sarah.
“Scusami, mi sono lasciata trascinare.”
“Non fa niente. Uffa, ma perché questi cattivi devono essere così…noiosi e banali? Tutti quanti scriveranno di uno dei tanti che hai citato, ma io voglio un cattivo diverso, un cattivo del quale nessuno abbia mai parlato! Oppure sai che ti dico? Non voglio nessun cattivo!” mise su un broncio che Sarah giudicò adorabile.
Lei la abbracciò e fece segno di seguirla a letto. La bambina salì, accoccolandosi al suo fianco.
“Un cattivo nelle storie, Cathy, è indispensabile. C’è sempre bisogno di un mostro in cui credere, un nemico vero e orribile. Un bruto contro il quale scontrarsi per poter sconfiggere le proprie paure e definire la propria identità.”
“Non sono sicura di seguirti, zia.”
Sarah aveva lo sguardo perso in lontananza, oltre la finestra, nello sfondo scuro della notte illuminata dalla pallida luna. Poi, d’improvviso, la sua schiena fu percorsa da un brivido innaturale, tanto che avvertì anche un leggero formicolio dietro la nuca. Oltre la finestra, l’occhio fu rapito da un frullo d’ali. Un barbagianni dalle candide piume si era appollaiato su un ramo.
Sarah sorrise.
Lei conosceva il cattivo perfetto.
“Sai, una volta, uno scrittore seduto davanti al fuoco, scrisse una storia capace di penetrare a fondo nel cuore di chiunque la leggesse. Un racconto sopravvissuto allo scorrere del tempo. È quella che potremmo definire come storia senza età.” Esordì.
La bambina pendeva dalle sue labbra, improvvisamente interessata a ciò che sua zia aveva da dire.

A painter on the shore
Imagined all the world
Within a snowflake on his palm
Unframed by poetry
A canvas of awe
Planet Earth falling back into the stars

[Un pittore sulla riva/ immaginò tutto il mondo/ dentro un fiocco di neve sul palmo della sua mano/ Tolto dalla cornice dalla poesia/ Una tela di timore/ Il pianeta terra ricadeva tra le stelle]

“Chiesi ad un mio amico pittore di dipingerne un quadro. Un quadro emerso dall’immaginazione racchiusa in una cornice di pagina bianca, con solo il nero delle parole a fare da protagonista. Lui ha fatto rivivere quella che, da sempre, considero come la mia storia. Ti ho mai parlato del Labirinto?”
Il solo pronunciare quella parola la riportò indietro di quasi quarant’anni, a quando ne aveva solo quindici. Si sentì fremere sotto il peso di emozioni contrastanti quali eccitazione e timore. Si umettò le labbra traendo un profondo respiro. Quella storia, verso la quale nutriva una profonda  reverenza e soggezione, era un indelebile marchio impresso nel cervello. Quel sogno così vivido- perché all’epoca pensò che non potesse trattarsi di altro- che aveva fatto anni addietro.
E che non aveva mai dimenticato.
La bambina si tamburellò il mento con l’indice.
“No, non me ne hai mai parlato. Raccontami.”
“Beh, narra di una ragazza che viveva con suo padre e la sua matrigna, i quali avevano avuto un bambino. Il bambino era però viziato e voleva tutto per sé, e la ragazza era ridotta praticamente ad una schiava. Ma ciò che nessuno sapeva, era che il Re dei goblin si era innamorato della ragazza e le aveva donato alcuni poteri. Una sera, in cui il piccolo era stato particolarmente cattivo, lei si rivolse ai goblin chiedendo che lo portassero via. E dopo aver pronunciato le parole giuste, il Re lo prese, portandolo al suo Castello oltre la Città di Goblin, a centro del Labirinto. Il sovrano offrì alla ragazza una sfera di cristallo in cambio del bambino. Ma lei la rifiutò, partendo alla ricerca del suo fratellino in un Labirinto magico ricco di insidie.”
“E questo Re dei goblin com’era? Un brutto, orripilante e viscido goblin, con un nasone storto e lungo, i denti gialli ed una pelle verde squamosa?”
“No, affatto. Era un mago umano bello ed affascinante, con capelli biondi lunghi fino alle spalle, e due occhi molto particolari, tanto da sembrare di colori diversi.”
Sarah immaginò solo cosa potesse provare Jareth nel sentirsi definire orripilante e viscido, e trattenne una risata.
“Zia?”
“Sì?”
La bambina ridacchiò: “Sei arrossita.”
Sarah si sentì ancora più avvampare, colta in flagrante delicto.
“Ma che dici, non so proprio di cosa tu stia parlando!” protestò.
“Allora, continua.” La incentivò Catherine.
“Nel Labirinto la ragazza incontrò alcune creature che divennero sue amiche, ed insieme riuscirono ad arrivare al Castello. Va detto però che il Re non è quel tipo di cattivo che solitamente ti aspetti. Lui non faceva altro che accontentare la ragazza in ogni sua richiesta. Era molto generoso: lei voleva che prendesse il bambino, e lui l’aveva preso; lei voleva un nemico e lui era arrivato, spaventoso e terribile tanto da farla tremare al suo cospetto, seducente ed ammaliante tanto da stregarla; voleva un’avventura e lui gliel’aveva regalata. Ma dopo tutte quelle richieste, il Re era esausto, non voleva più vivere secondo le aspettative della fanciulla. Alla fine lei volle solo riprendersi il bambino, e lo sconfisse, dopo che le aveva nuovamente offerto ciò che tutti desiderano.”
“Ossia?”
“I propri sogni. Immagina come sarebbe vivere per sempre in un sogno dove puoi far realizzare tutto ciò che voi.”
Cathy ci rifletté su, giungendo ad una conclusione: “Sarebbe bello, davvero. E lei perché ha rifiutato?”
“Perché non era giusto. Il bambino non aveva colpe, e doveva riportarlo a casa. Doveva tornare nel mondo al quale apparteneva. Era tempo di mettere da parte le fantasie e crescere, nonostante le fosse stata offerta la possibilità di vivere come una regina. Perché sì, il Re dei goblin, oltre ai suoi sogni, aveva offerto anche se stesso.”
Sarah provò una punta di rimpianto nel pronunciare quelle parole, e tacque.
Il silenzio che si creò fu spezzato dalla voce di sua nipote.
“Beh, il Re dei goblin con quest’ultima proposta avrebbe potuto ingannarla facendola cadere in un tranello. Oppure ha offerto se stesso solo per compiacerla e fare proprio ciò che lei si aspettava, un’ultima volta. Forse era anche a conoscenza del fatto che, alla fine, non avrebbe tenuto con sé né il bambino, né la ragazza. Così ci ha provato lo stesso, anche se ne è uscito sconfitto.”
Quelle parole spiazzarono Sarah. Possibile che una ragazzina così giovane riuscisse a vedere più lontano di lei? Ne fu piacevolmente stupita.
“Anche questo è possibile, chissà. Nel Labirinto tutto è possibile.” Rispose la donna dolcemente.
“Ma quindi se il Re non era il vero cattivo, in realtà cos’era?”
Sarah sorrise. Aveva pensato talmente tante volte a questo, che, alla fine, era riuscita a trovare una risposta.

I am the voice of Never, Never Land
The innocence, the dreams of every man
I am the empty crib of Peter Pan,
A soaring kite against the blue, blue sky,
Every chimney, every moonlit sight
I am the story that will read you real,
Every memory that you hold dear

[Io sono la voce della terra che non c’è/ L’innocenza, i sogni di ogni uomo/ Sono la culla vuota di Peter Pan/ Un aquilone che vola nel cielo blu/ Ogni camino, ogni luna piena/ io sono la storia che tu leggerai come reale/ il ricordo a cui terrai di più]

“Lui è qualsiasi cosa tu desideri: è la voce della terra che non c’è, l’ innocenza e i sogni di ogni uomo. È la fanciullezza eterna che risiede in ognuno di noi, quella parte che non è cresciuta ma che vive silente e continua a sognare. Lui si muove attraverso il mondo dei desideri, agitando le sue sfere di cristallo con sapiente abilità. Appare a te illuminato da un raggio di luna stagliato contro il cielo blu della notte, con il manto nero svolazzante nella brezza notturna; vola con le sue ali da rapace notturno, planando attraverso ogni camino. Lui è la persona che può rendere la tua storia reale e farne una memoria che conserverai in eterno. È un sogno misterioso fatto di paure e speranze, di passato e futuro.”

I am the journey,
I am the destination,
I am the home
The tale that reads you
A way to taste the night,
The elusive high
Follow the madness,
Alice you know once did

[Io sono il viaggio/ io sono la destinazione,/ io sono la casa/ il racconto che legge in te/ Un modo per assaporare la notte/ L’inafferrabile/ Segui la follia/ Alice, lo sai, una volta lo fece]

“Lui è la bellezza del viaggio ed insieme la destinazione, è la casa alla quale vorresti appartenere, dove la notte non è un regno di ombre e spettri, ma di avventure inaspettate. Riesce a leggere dentro di te con i suoi penetranti occhi azzurri, ti lusinga con la sua voce melodiosa e profonda. È l’illusione che sei costretto ad inseguire, è l’inafferrabile consistenza dei tuoi sogni ad occhi aperti. Un sovrano capace di grandi cose, con enormi poteri: può capovolgere il mondo, può dare nuovo corso al tempo, può lasciare il suo amore tra le stelle. Lui ci sarà sempre perché vive in chi crede, e vivrà in tutti noi, fino a quando il mondo crollerà.”
“Wow. E tutta questa storia del Labirinto da dove è nata?”

Imaginarium, a dream emporium!
Caress the tales
And they will dream you real
A storyteller’s game,
Lips that intoxicate
The core of all life
Is a limitless chest of tales…

[L’immaginario, un negozio dei sogni/ Accarezza le favole/ E loro ti faranno sognare davvero/ Il gioco di un cantore di storie/ Labbra che intossicano/ Il cuore di tutta la vita/ è uno scrigno illimitato di favole…]

“Dall’immaginazione, tesoro.” La informò la donna.
“L’immaginazione?”
“Sì, un emporio illimitato di sogni! Se tu credi abbastanza in una storia, puoi sognarla davvero.”
“Infatti tu parli del Labirinto come se ci fossi stata sul serio.” sogghignò divertita.
“È l’abilità del cantastorie: deve far apparire il racconto il più veritiero possibile. Deve avere gesti che incantano e labbra che intossicano. Sai, Cathy, ci sono storie che si disperdono con il tempo, che si spengono quando vengono raccontate, perdendo il loro messaggio e la loro intensità, diventando insignificanti e vuote. Altre invece restano impresse così a fuoco nella mente che piano piano arrivano a consumare te.”
La bambina guardò sua zia con occhi gioiosi.
“Credo proprio che parlerò del Re dei Goblin nel mio tema. Sai, vorrei vivere anche io la tua stessa storia!” Dichiarò con impeto.
“No piccola, ognuno di noi ha la propria storia. La vita non è altro che un illimitato scrigno di storie, e tu dovrai vivere la tua. Avrai il tuo nemico da sconfiggere, la tua persona da portare in salvo. La tua storia si plasmerà su di te e la sentirai tua come nessun altro potrà fare, quando sarà il momento.”
“Come te con il Labirinto.”
“Sì, come me con il Labirinto.” Assentì Sara. Poi guardò l’orologio, constatando che fosse abbastanza tardi e che era tempo, per sua nipote, di riposare. “Adesso dormi che siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Al tema penseremo domani e poi ce ne andremo al parco.” Propose facendole l’occhiolino.
“ Va bene zia. Ma se dovesse piovere?” chiese la bambina guardandola con gli occhioni azzurri imploranti. Quanto somigliava a Toby in quei momenti!
“Allora correremo insieme sotto la pioggia.”
“Zia Sarah, sei davvero la zia migliore del mondo!” le disse dandole un sonoro bacio sulla guancia.
Sarah rise e poi le rimboccò le coperte, augurandole la buonanotte.
Spense la luce e si diresse in camera sua.

Una volta entrata si avvicinò alla finestra aprendola ed inspirando l’aria frizzante della notte. Guardò fuori con un sorriso sul viso e gli occhi verdi illuminati da uno strano ardore.
Il cuore le batteva forte nel petto, ma lei sapeva che ormai era giunto il momento.

I am the voice of Never, Never Land
The innocence, the dreams of every man
I am the empty crib of Peter Pan,
A soaring kite against the blue, blue sky,
Every chimney, every moonlit sight
I am the story that will read you real,
Every memory that you hold dear

I am the voice of Never, Never Land
The innocence, the dreams of every man
Searching heavens for another earth…

[Io sono la voce della terra che non c’è/ L’innocenza, i sogni di ogni uomo/ Sono la culla vuota di Peter Pan/ Un aquilone che vola nel cielo blu/ Ogni camino, ogni luna piena/ io sono la storia che tu leggerai come reale/ il ricordo a cui terrai di più/ Io sono la voce della terra che non c’è/ l’innocenza, i sogni di ogni uomo/ che cerca nei cieli un’altra Terra…]

“Lo so che ci sei, Re dei Goblin.” Esordì. “Non te l’ho mai detto prima perché mi ero convinta che tu esistessi solo nella mia testa, una creazione fatta ad immagine e somiglianza di tutto ciò che volevo dalla mia, troppo fervida, immaginazione. Ed infine ho creduto che tu non esistessi affatto. Era tutto troppo assurdo per sembrare reale, così ti ho abbandonato in questi ultimi anni, relegando il tuo ricordo in un recondito cassetto della mia memoria. Ma stasera, come sicuramente avrai notato, lusingandoti non poco, ho di nuovo parlato di te. Ho raccontato la tua, anzi, la nostra storia. E mi sono sentita davvero libera e leggera perché ho avuto solo la conferma di ciò che alla fine ho sempre saputo, in fondo al mio cuore: tu sei reale.” Sorrise alla notte.
“Quelle cose che ho detto, le pensavo sul serio. Tu sei davvero la voce della terra che non c’è. Sei stato l’ultima tappa della mia innocenza, il custode dei miei sogni, quei sogni che io volevo vivere sotto il cielo del tuo Labirinto.”
Le ultime parole furono un flebile sussurro, poiché la voce le morì in gola, incrinandosi sotto il peso di lacrime che tentavano di farsi strada attraverso i suoi occhi. Sarah tossì per riacquistare compostezza, ricacciando quel groppo indietro.
“Così te lo dico adesso, sperando che non sia troppo tardi.”
Il momento era giunto, l’argine stava per rompersi.
“Grazie Jareth.”
Avvertì dentro di sé un guizzo caldo nel pronunciare quel nome, ed una sensazione di pace.
Di fronte a lei, dal ramo più alto, un barbagianni spiccò il volo, librandosi con le sue ali nel buio della notte, per planare fino alla finestra aperta, posandosi sul davanzale.
Nel vederlo Sarah non provò paura.
Fu piuttosto un tonfo sordo a farla trasalire. Una tonda, perfetta, liscia sfera di cristallo apparsa dal nulla rotolò ai suoi piedi.
Il rapace inclinò la testa lateralmente, fissandola con quei suoi enormi occhi lucidi e splendenti come l’onice nera.
Un invito silente.
Sarah si abbassò prendendola tra le mani, studiandone la perfezione. Poi inarcò un sopracciglio in direzione del barbagianni che se ne stava in attesa.
“Sei sempre il solito subdolo, avrei dovuto aspettarmelo.”
“Tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per te.” Pronunciò quella voce.
“Lo so.” Rispose Sarah quieta.
Sollevò la sfera all’altezza dei suoi occhi, puntando lo sguardo smeraldino all’interno, e pronunciò le parole giuste.

“Vorrei che i goblin…”


***
La primavera mi gioca brutti scherzi, tramutando la mia allergia stagionale in un ritorno di fiamma verso Labyrinth. Non pensavo di tornare a scrivere di Sarah e Jareth, e invece sorpresa XD.
Diciamo che l’input mi è stato dato dai Nightwish e dalla loro canzone Storytime.
Spero che questo ennesimo parto della mia mente annebbiata dal cortisone vi sia piaciuto. Una precisazione che posso fare è che, nel mio disegno mentale, Toby ha avuto sua figlia a 26 anni (si è sposato giovane), quindi Sarah ne aveva 41, supponendo sempre una differenza di età di 15 anni. Se Cathy ha 12 anni, Sarah ne ha, attualmente, 53 (ma questo non preclude certo a Jareth la possibilità di farle un bel lifting!). Vi dirò inoltre che il sopracitato medicinale sta facendo pressioni affinché mi rimetta a scrivere una long per questo fandom, ma è ancora tutto un work in progress. Nel frattempo termino la mia storia originale, poi si vedrà.
Non mi resta altro che augurarvi una buona domenica, e sperare che questa shot vi sia piaciuta. Baci!
  
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