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Autore: ChaosMyth    05/05/2013    1 recensioni
Ok, sono tornata con una nuova JRen, chi mi conosce sa che amo follemente questa coppia; inoltre volevo accontentare tutte le persone che mi hanno chiesto di scriverne un'altra dopo Fiori di Loto. Questa è a capitoli e spero di riuscire a finirla. Nella vita alquanto monotona di Kim Jonghyun arriva all'improvviso un ragazzo alquanto particolare, Choi Minki, il quale può sembrare strano all'apparenza perchè tutti i giorni deve confrontarsi con la sua più grande paura, che Kim Jonghyun cercherà di far sparire.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Nota dell'autrice:

Innanzitutto mi sembra evidente il fatto che mi sono presa parecchie libertà. So, in base a ciò che ho letto su Internet, che JR ha due sorelle più grandi e Ren un fratello maggiore, ma nella storia ho preferito che JR fosse figlio unico e che Ren avesse una sorella minore.
Poi c'è il fatto che Ren sia per metà tedesco, mea culpa, amo la Germania, quindi quelle belle lenti a contatto azzurre che si mette negli ultimi tempi sono divenute i suoi reali occhi. Per il resto, è il Ren che tutti conosciamo.
Sinceramente non so cosa venga fuori da madre tedesca e padre coreano, sono stata in Germania e posso confermare che sono quasi tutti biondi e con gli occhi azzurri, ma è anche vero che proprio questi caratteri, occhi azzurri e capelli biondi, geneticamente parlando sono alleli recessivi e temo proprio che i geni del padre in questo caso siano dominanti... Ma non sono una scienziata e questa è solo una fan fiction, quindi non badateci!
Altra cosa.
Ho deciso di intitolare i capitoli con i numeri in greco antico, giusto per dare una sorta di continuità al tutto dato che anche il titolo {Phobia} è una parola greca e immagino che tutti voi sappiate che significa "Paura".
Il titolo fa riferimento proprio a Ren e al suo "problema", la cui natura sarà chiarita, se tutto va come mi aspetto, nel prossimo capitolo, il numero 3. Se avete già capito di cosa si tratta.... SH! Detto questo, spero che questa storia vi piaccia (e personalmente spero di finirla!).


Lasciatemi una recensione e ne sarà molto felice e se v'interessa leggete anche l'ultima storia che ho pubblicato, Fiori di Loto, è un'altra JRen, ma one-shot.
Alla prossima 
~






La giornata scolastica era trascorsa come al solito, come tutti i giorni, senza particolari novità, senza nulla di entusiasmante; forse l’unica cosa leggermente particolare successa in quella giornata era il fatto che la lattina di Sprite che Kim Jonghyun aveva selezionato alla macchinetta delle bibite posta nel corridoio del primo piano si era bloccata al suo interno, e prendere a calci la suddetta macchinetta non era servito assolutamente a nulla; questo aveva quindi costretto il ragazzo a chiedere in prestito delle monetine a Hwang Minhyun per selezionare la stessa bibita e prenderne quindi una ciascuno, quella che era precedentemente rimasta bloccata e quella nuova.
Il resto della giornata era invece trascorso esattamente come tutti i giorni precedenti, e Kim Jonghyun si disse, riflettendo mentre tornava a casa da solo, senza fermarsi in altri posti con i suoi amici, che la sua vita era piuttosto noiosa. Non succedeva mai nulla di nuovo, mai nulla di particolare, di stimolante; andava tutto troppo bene in quella normalità.
E gli venne naturale tornare con la mente a quella mattina, a quello strano incontro che aveva avuto con quel ragazzo che gli sembrava alquanto particolare, così come gli veniva da considerare decisamente antipatica la madre, per il modo in cui l’aveva guardato e gli aveva parlato, senza nemmeno presentarsi né semplicemente salutarlo. Quello era un fatto che, seppur non eclatante, spezzava comunque in qualche modo la monotonia della vita di Kim Jonghyun e catturava inevitabilmente il suo interesse, come se fosse l’unico appiglio che il ragazzo aveva per sfuggire a quella noia e vagare lontano anche solo con la mente, immaginandosi la vita di quel ragazzo e della sua famiglia, lì in Germania, un paese nel quale non era mai stato; sapeva solo che erano tutti biondi, tutti seri e tutti amanti della birra, e la madre di quel Minki già ne rispettava due su tre, quindi non erano parametri di classificazione del tutto errati. E si disse, poco prima di accorgersi che con quei pensieri aveva superato casa sua e doveva tornare indietro di una ventina di metri, che ne avrebbe scoperti altri, magari facendo amicizia con quel ragazzo o almeno conoscendolo un po’ di più, visto che sul suo conto sapeva solo due cose, ovvero che si chiamava Minki e veniva dalla Germania, tutto qui.
Ma decise di interrompere quei pensieri e rimandarli a un altro momento, perché Kim Jonghyun aveva solo una gran fame, un gran bisogno di un divano e un ancor più grande bisogno di unire le due cose e mettersi a mangiare sul divano, di fronte alla tv accesa. E così fece, approfittando dell’assenza di sua madre che era fuori con un’amica e che quindi non poteva rimproverarlo se anche avesse riempito di briciole il divano o il tappeto sotto di esso, tappeto sul quale Rika, una piccola gattina nera voluta fortemente dai suoi genitori che se n’erano innamorati in un negozio di animali, si rotolava e miagolava cercando di attirare l’attenzione del ragazzo per farsi accarezzare e coccolare, come piaceva a lei.
Così il ragazzo la accontentò, chinandosi per portare una mano sotto di lei e sollevarla dal tappeto fino ad appoggiarsela sulle gambe per accarezzarla lentamente, senza smettere di guardare la tv, fino a quando non si addormentò su quello stesso divano, sul quale appunto dormì finché non fu svegliato, circa due ore dopo, da sua madre una volta tornata a casa.
 
 
Kim Jonghyun correva, correva più veloce che poteva per arrivare a scuola; la sua sveglia, quella fastidiosissima sveglia che tutte le mattine lo costringeva ad alzarsi, quella mattina aveva deciso di non suonare e quindi di lasciarlo dormire, completamente estraneo allo scorrere del tempo che in un attimo trasformava le O6;3O in O6;45 e via dicendo, finché sua madre, non vedendolo comparire in cucina come ogni mattina, non era andata in camera per trovare conferma ai suoi sospetti. In un secondo il ragazzo balzò giù dal letto cercando di fare tutto quello che doveva nel minor tempo possibile e quasi 15 minuti dopo era fuori dal portone del suo palazzo e si metteva a correre per strada, in direzione della scuola.
Nonostante non fosse uno studente modello ─ si considerava nella media, tutto sommato ─ né provasse un particolare interesse per la scuola, non aveva mai fatto tardi, nemmeno una volta e secondo lui almeno per questo era da lodare. Ora invece rischiava di arrivare con quasi mezz’ora di ritardo e temeva che al professore della prima ora non sarebbe bastata la scusa “Non mi è suonata la sveglia”. Troppo classica, troppo scontata, troppo falsa.
Eppure era esattamente ciò che era successo e ci avesse creduto o no, lui gli avrebbe detto esattamente quello.
Così svoltò a sinistra nel cortile della scuola, ormai già da parecchio tempo deserto, e si fiondò nell’ingresso dell’edificio e poi su per le scale, fino a raggiungere la propria aula al primo piano, senza nemmeno bussare, semplicemente aprì la porta scorrevole e si tuffò dentro, appoggiandosi le mani sulle ginocchia e cercando, tra gli ansimi per la corsa, di dire al professore che era lì, nonostante non gli fosse appunto suonata la sveglia.
Sia il professore che gli altri studenti trasalirono per la sua improvvisa comparsa e, come previsto, la sua scusa non riscosse molto successo, ma nonostante questo il professore alzò le spalle e lo invitò ad andare a sedersi al suo posto, cosa che Kim Jonghyun fece subito, respirando ancora a fatica per la corsa e rivolgendo una leggera smorfia a Kang Dongho, due posti dietro di lui, che cercava di trattenere una risata che l’altro ragazzo gli aveva suscitato, arrivandosene così, tutto ansimante e agitato, mentre Hwang Minhyun si limitava a scuotere la testa con fare pacato per poi tornare a scrivere sul suo quaderno.
Kim Jonghyun sospirò lasciandosi finalmente cadere sulla sua sedia e ci mise un po’ a riprendersi da quella corsa pazzesca, forse la più lunga e urgente della sua vita; si appoggiò con un gomito sul banco mentre sfogliava il libro che aveva appena tirato fuori dallo zaino per arrivare al punto in cui il professore era arrivato con la spiegazione prima che fosse interrotto proprio da lui, e passò come sempre la lezione perso tra i suoi pensieri, perché qualsiasi cosa stessero spiegando era comunque troppo noiosa per lui e non meritava nemmeno il suo interesse, così entrò di nuovo in quello stato quasi di trance che lo distingueva durante le ore di lezione e dal quale si riprendeva ai cambi di ora o all’intervallo. Proprio quando suonò l’intervallo, due ore più tardi, si decise a tornare nel mondo dei mortali e ad alzarsi dalla sua sedia, deciso a raggiungere la macchinetta delle merendine per soddisfare la leggera fame che aveva, e sulla soglia della classe si unì ai suoi due soliti amici, diretti anche loro alla stessa macchinetta.
«Ti sei perso l’arrivo di quello nuovo» lo informò Kang Dongho, mentre si frugava nelle tasche in cerca di una monetina.
«Quello nuovo chi?» gli chiese Kim Jonghyun guardandosi intorno. C’era un ragazzo nuovo? Non l’aveva per niente visto.
A rispondergli però fu Hwang Minhyun, che gli indicò, da dove erano arrivati in corridoio, l’entrata della classe da dov’erano usciti. «Là, è impossibile non vederlo con quei capelli» .
Kim Jonghyun guardò nella direzione indicatagli dall’amico e, non con poca sorpresa, riconobbe immediatamente il ragazzo biondo e magro che aveva incontrato il giorno prima nell’ingresso del suo palazzo. Minki. Quello tedesco. Quello strano.
Stava uscendo dall’aula, si guardava intorno, e dava quasi l’impressione di volersene andare il più velocemente possibile da lì, infatti si voltò a sinistra verso un altro corridoio e fece per andarsene, quando tre ragazze lo bloccarono piazzandosi davanti a lui, seguite da altri due ragazzi. Kim Jonghyun poté sentire che oltre a presentarsi gli stavano domandando, una più veloce dell’altro, se fosse vero che veniva dalla Germania e come fosse vivere lì, se avesse fratelli o sorelle, se sapesse bene il coreano, e mille altre domande.
E successe di nuovo.
Di nuovo quel ragazzo dai capelli biondi e dagli occhi azzurri parve spaventato, anzi, stavolta quasi terrorizzato. Sembrava che fossero proprio quelle persone attorno a lui a provocargli quella paura che lo faceva addirittura tremare mentre si ritraeva di scatto, premendosi contro il muro del corridoio.
E fu un attimo; in un attimo si staccò da quel muro e si buttò tra i ragazzi attorno a lui per correre via, lungo il corridoio. Sia Kim Jonghyun sia i ragazzi che gli stavano parlando rimasero stupiti da quella reazione così anomala, domandandosi, mentre si guardavano spaesati, il motivo per il quale quel ragazzo era praticamente scappato. E Kim Jonghyun non ci pensò due volte a mettersi a correre anch’egli nella direzione in cui era sparito il ragazzo, mentre Hwang Minhyun e Kang Dongho gli chiedevano a voce alta dove stesse andando e perché; ma lui non li ascoltò minimamente e continuò a correre, come se non l’avesse già fatto abbastanza quel giorno, e scese le scale fino ad arrivare al piano terra, dove però non vi era traccia di quel Minki.
Decise di uscire in cortile, dove c’erano già altri studenti che si godevano all’aria aperta l’intervallo, e camminò lungo il muro dell’edificio fino ad arrivare al retro della scuola, dove di solito non andava nessuno; fu lì, invece, che rivide di nuovo quei capelli biondi.
Il ragazzo era appoggiato con la schiena al muro e si premeva una mano sul petto mentre respirava a fatica per la corsa che aveva fatto dal primo piano; Kim Jonghyun si ritrasse a destra, dietro l’angolo, per non farsi vedere: aveva come la sensazione che se Minki l’avesse visto sarebbe di nuovo scappato via e non voleva che succedesse, così si sporse con attenzione quel tanto che bastava per riuscire a vederlo, ma senza essere visto a sua volta.
Minki aveva appoggiato al muro anche la testa e guardava leggermente in alto, con gli occhi di poco socchiusi, come se stesse cercando di riprendersi; eppure Kim Jonghyun ebbe l’impressione che quel suo respiro irregolare non fosse dovuto del tutto alla corsa. Sembrava davvero che stesse male; c’era qualcosa che aveva fatto preoccupare, agitare quel ragazzo e dalla quale ora stava cercando di riprendersi e calmarsi, ma prima che Kim Jonghyun potesse pensare qualcos’altro suonò la campanella che segnava la fine dell’intervallo e la ripresa delle lezioni, campanella che fece leggermente sussultare il ragazzo biondo appoggiato al muro, che fece un gran respiro e poi un altro ancora prima di muoversi per tornare all’interno della scuola. Anche Kim Jonghyun sussultò, non tanto per il suono della campanella ma per il fatto che il biondo stava camminando proprio nella sua direzione, e subito scattò per correre indietro e non farsi vedere da lui, prima che pensasse che addirittura lo stesse spiando.
Rifece la strada al contrario, fino ad arrivare alla sua aula dove la maggior parte degli altri studenti stava di nuovo prendendo posto; dopo poco arrivò anche Minki, che camminò in fretta e senza guardare nessuno, fino al suo banco, in fondo alla classe, parecchio dietro a Kim Jonghyun, che alla fine di quelle altre ore di lezione dovette inventarsi una scusa da rifilare a Hwang Minhyun e a Kang Dongho per spiegare loro come mai si fosse messo a correre così all’improvviso durante l’intervallo.
Una volta raggiunti i suoi amici si guardò intorno per vedere dove fosse Minki, ma non lo vide. Guardò meglio per tutta la classe e anche in corridoio, ma tra tutti gli studenti che si riversavano verso la mensa scolastica proprio non riusciva a scorgerlo. E mentre si domandava dove fosse scomparso così all’improvviso, dovette rispondere ai suoi amici che gli domandavano il motivo del suo comportamento di prima e subito dopo aver spiegato loro, mentre tutti e tre si dirigevano alla mensa, che si era accorto di dover andare d’urgenza ai bagni, trovò il modo di cominciare una conversazione proprio su Minki, il ragazzo nuovo.
«Io so soltanto che si chiama Choi Minki e viene dalla Germania. Stop.» gli disse Kang Dongho mentre si sedeva al loro solito tavolo, vicino a una delle finestre della mensa.
«E che è parecchio timido» aggiunse Hwang Minhyun, sedendosi accanto a lui, mentre Kim Jonghyun prendeva posto di fronte ai due ragazzi.
«Timido? Perché?» chiese loro, guardandosi intorno per vedere se per caso Minki fosse lì, tra gli altri studenti.
«Perché sembrava che parlare e presentarsi fosse la cosa più difficile che avesse mai dovuto fare in tutta la sua vita.»
«E’ vero..!» annuì il biondo, con la bocca già piena di cibo; dovette sforzarsi a mandare tutto giù per continuare a parlare «Mi ha fatto venire l’ansia quando parlava»
«Ansia? Sei esagerato come al solito.»
«Ma è vero!» esclamò Hwang Minhyun «Tu non c’eri, non l’hai visto, è stato un miracolo quando gli è uscita una parola intera, deve sul serio essere parecchio timido. Immagino sia difficile per lui arrivare qui dall’altra parte del mondo, penso proprio che farò amicizia con lui.»
E quello era il lato filantropico della personalità di Hwang Minhyun, che non si faceva scappare un’occasione per fare amicizia e per essere d’aiuto agli altri. Kim Jonghyun lo apprezzava molto per questo, e non disse altro mentre anch’egli si metteva a mangiare, ormai rassegnato all’idea che quel ragazzo non fosse lì ma fosse chissà dove, e disse a se stesso che avrebbe fatto come l’amico di fronte a lui e, per quanto fosse possibile visto lo strano atteggiamento di quel ragazzo, avrebbe fatto amicizia con Choi Minki.

  
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