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Autore: Beauty    05/05/2013    15 recensioni
E se Belle e Rumpelstiltskin si fossero incontrati nella vita reale?
Mr. Gold, attraverso i suoi patti, tiene in pugno l'intera Storybrooke. E' considerato un uomo malvagio e incapace di amare, ma quando Belle French, per saldare i debiti del padre, accetta di lavorare per lui, le cose si rivelano diverse da come appaiono. Ben presto, Belle e Mr. Gold si ritroveranno inaspettatamente a provare dei sentimenti l'uno per l'altra, ma qualcuno intanto sta tramando nell'ombra...
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Moment of Truth

 
Entrare di notte nell’ufficio di Regina le era sembrata la soluzione migliore: una volta neutralizzato il sistema d’allarme, avrebbe avuto tutto il tempo per agire in tranquillità e trovare quello che le serviva. Emma si era illusa di poter portare a termine il suo lavoro con calma, ma ora le tremavano le mani dall’ansia e dalla fretta. Puntò la torcia contro l’ennesimo cassetto della scrivania; aveva già passato al pettine l’intero archivio senza trovare nulla di consistente, e così era stato per tutti gli altri documenti su cui era riuscita a mettere le mani. Stava cominciando a temere di non essere giunta a nulla, che anche quella pseudo spedizione fosse destinata a concludersi in un buco nell’acqua.
Eppure, il suo istinto le suggeriva che era vicina alla soluzione; conosceva sia Robert Gold sia Regina Mills sufficientemente per dichiarare che, di tutti gli affari che quei due conducevano, almeno i tre quarti nascondevano qualcosa di losco o illegale: insieme, erano una mina pronta a esplodere.
La somma che Regina doveva al signor Gold era grossa, molto grossa; un documento di così grande importanza, certamente non poteva trovarsi alla mercé di tutti. Non sarebbe stato nello stile del sindaco, lasciarsi infinocchiare tanto facilmente. Sicuramente doveva tenere quelle carte al sicuro, in un luogo privato e accessibile solo a lei.
E cosa c’era di più privato della propria scrivania in un ufficio personale?
Emma aprì il cassetto, tenendo la torcia puntata al suo interno e iniziando a scorrere velocemente i fascicoli. La maggior parte erano solo scartoffie burocratiche, più qualche lettera personale e una marea di bollette; Emma non si perse d’animo, e continuò a rovistare.
Proprio sul fondo del cassetto, sepolta da tutta quella marea di fogli, c’era una cartelletta giallognola; Emma la toccò inavvertitamente con una mano: era rigida, liscia, e all’apparenza piena.
La estrasse senza pensarci due volte, posandola sul ripiano della scrivania; il Vicesceriffo si sedette alla sedia girevole, aprendo la cartelletta.
Emma iniziò a leggere; più proseguiva con la lettura, più i suoi occhi s’illuminavano.
 

***

 
- Cioè…Jefferson Hatter sarebbe l’ultima persona ad aver visto Belle, allora?- fece Mary Margaret.
Michelle annuì, mordendosi l’interno della guancia.
- Mia zia ha detto che è entrato nella camera d’ospedale e ha prelevato Belle, prima che lei scomparisse…
- E perché?- incalzò Ruby. - Perché l’ha portata via? Doveva forse fare qualche visita?
- Questo non lo so, Ruby…
- Allora andiamo a parlargli!- proruppe Ashley.- Magari lui può darci delle informazioni utili.
- Ho paura che non sia così semplice…
- Perché? Che intendi dire, Michelle?
Michelle evitò di rispondere, continuando a mordicchiarsi l’interno della guancia e puntando lo sguardo dritto sulle piastrelle della farmacia. Era incredibile come, entrata in una situazione che non la riguardava più di tanto, ora ci si fosse ritrovata improvvisamente immersa fino al collo.
Tutto tornava. O meglio, quasi tutto. Mancavano alcune parti fondamentali – del tipo, dove diavolo si trovasse Belle in quel momento e perché fosse scomparsa –, ma ora molte cose erano più chiare.
Per quanto una parte di se stessa si ostinasse a non volerlo ammettere, la sua razionalità le imponeva di non continuare a ficcare la testa sotto la sabbia come uno struzzo e guardare in faccia la realtà.
E la realtà, che le piacesse o meno, era che Jefferson era il filo conduttore di tutta quella storia. Michelle questo l’aveva compreso; ma fra comprendere qualcosa e accettarla, beh, c’era di mezzo un oceano. Specie se in ballo c’era una persona a cui volevi bene.
Conosceva Jefferson da…una vita, più o meno. Lui aveva una decina d’anni più di lei, eppure questo non aveva impedito loro di conoscersi e porre le basi per un’amicizia che, alla prova del tempo e dei fatti, si era rivelata solida e sincera. Si era sempre trovata a proprio agio con lui, in qualsiasi situazione, fosse stato bere un caffè insieme da Granny, fare quattro chiacchiere oppure confidenze più profonde.
Michelle aveva scoperto solo diverso tempo dopo averlo conosciuto che quel ragazzo così simpatico e gentile era già vedovo e aveva una bambina piccola.
La moglie di Jefferson, Alice, era morta in un incidente d’auto quando Paige, sua figlia, aveva due anni. Da allora, Jefferson era rimasto solo con sua figlia.
Questo particolare non aveva fatto altro che aumentare la diffidenza e l’antipatia delle zie nei suoi confronti.
Eh, già: per quanto il loro carattere dolce e naturalmente gentile potesse in qualche modo trarre in inganno, zia Florence, zia Faye e zia Sally non avevano mai visto di buon occhio Jefferson e la sua amicizia con Michelle. La farmacista non aveva un’idea precisa di cosa pensassero o temessero in particolare – e sospettava che neppure loro in fondo lo sapessero –, ma aveva un paio di supposizioni in merito. I continui borbottii di zia Florence riferiti al conto in banca non esattamente florido e quasi costantemente in rosso di Jefferson, unite alle accuse – perlopiù rimaste infondate, almeno fino a quel preciso momento – di zia Sally sul fatto che fosse un poco di buono che non aveva mai combinato nulla nella vita, se non mettere incinta – e di conseguenza far cacciare di casa dalla sua ricca e bigotta famiglia – la povera Alice Liddle quando aveva vent’anni, nonché le continue raccomandazioni e i mille messaggi sul cellulare che Michelle si ritrovava ogni qualvolta si lasciava sfuggire che sarebbe uscita con lui, le avevano fatto guadagnare la certezza che le zie temessero che fra la loro adorata nipotina e quel disgraziato ci fosse qualcosa di più di un’amicizia, o che questa, un giorno, si trasformasse un sentimento più profondo.
Zia Faye era l’unica ad avere il tatto di non esprimere giudizi in merito e a cercare in qualche modo di rabbonire zia Florence e zia Sally, ma a poco serviva. Le tre zie non erano mai state sposate, e avevano cresciuto la nipote come fosse figlia loro, permettendole di studiare e di crescere serena: ragionevole che, date queste premesse, sperassero un giorno di vederla felice con l’uomo giusto – l’uomo giusto, certo, ma un bel punto a suo favore sarebbe stato senza dubbio il titolo e le sostanze di un ricco affarista o simile.
L’immagine di Michelle che lavorava come una disperata per portare a casa i soldi e mantenere uno squattrinato di marito che non era in grado di offrirle altro se non una catapecchia in cui vivere, e per di più matrigna di una bambina di dieci anni, era un pensiero che avrebbe come minimo causato un infarto a tutt’ e tre.
Michelle non sapeva bene cosa pensare, in merito; all’inizio, la sua unica preoccupazione era stata far sì che Jefferson non si offendesse troppo per la freddezza mista – nel caso di zia Sally – ad aggressività repressa contro cui si scontrava ogni volta che le loro strade incrociavano quella delle tre zie, e aveva riso bonariamente degli assurdi timori di Florence, Faye e Sally. Il vero problema si era presentato quando queste ultime avevano vanamente tentato di combinarle una serie di appuntamenti con il dottor Whale, e a quel punto Michelle si era appellata ai suoi quasi ventisei anni di vita uniti alla sua indipendenza economica, minacciando di andarsene di casa se non l’avessero piantata immediatamente.
Da quel momento, ricordava, aveva sempre più spesso iniziato a ribadire che lei e Jefferson erano solo amici, ma non era più come prima; lo dichiarava con forza sempre maggiore, quasi esagerata, e ogni volta si sentiva come se dovesse difendersi da qualcosa.
La verità era che, in quel momento, nemmeno lei sapeva se lei e Jefferson fossero davvero solo amici, oppure se i timori delle zie fossero giustificati da atteggiamenti reali, di cui forse Michelle non era consapevole. Semplicemente, aveva sempre rifiutato di pensarci, ma in quel momento non poteva sfuggire alla sua coscienza.
Non le era ancora chiaro se Jefferson rappresentasse per lei più di un amico, ma ciò di cui era sicura era che lo stesso, molto probabilmente, non sarebbe valso per lui.
Michelle sapeva che, paranoie a parte, avrebbe dato un dolore alle zie, se avesse deciso di stare con lui; il lavoro duro non la spaventava, ma sapeva che non sarebbe stato per nulla facile tirare avanti con solo il lavoro suo e quello di Jefferson; e poi, c’era Paige. Michelle era tutt’altro che incline a fare discorsi moralisti, e abbastanza intelligente per ammettere la realtà dei fatti…e la realtà dei fatti era che, Dio!, Paige era un problema.
Non che considerasse la figlia di Jefferson come un animaletto fastidioso, o si ponesse di fronte a lei come ogni matrigna delle favole che si rispetti avrebbe fatto; nell’eventualità in cui Paige fosse divenuta la sua figliastra, Michelle sapeva che l’avrebbe cresciuta come se fosse stata sua figlia…ma sarebbe rimasta pur sempre una matrigna, una matrigna a cui la bambina avrebbe anche potuto reagire con ostilità; e lei, in ogni caso, non avrebbe mai potuto sostituire sua madre.
Così come non sarebbe mai completamente riuscita a prendere il posto di Alice nel cuore di Jefferson.
Non è che parlasse molto della moglie; Michelle sospettava che fosse una ferita non ancora del tutto rimarginata. In compenso, Jefferson stravedeva per Paige: avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Qualsiasi cosa.
Anche rapire una ragazza di diciannove anni, se fosse stato necessario…
- Michelle?
Ruby la guardò seria per un momento, quindi le si avvicinò, posandole una mano sulla spalla.
- Michelle, se sai qualcosa ce lo devi dire…
- Io non so nulla, ragazze. Per me questa faccenda rimane un mistero almeno quanto per voi…- la farmacista sospirò, volgendo lo sguardo al soffitto e passandosi le mani fra i capelli per calmarsi.- Ma almeno ora abbiamo una pista…- disse infine.- Ashley ha ragione: dobbiamo andare a parlare con Jefferson. Lui è senza dubbio l’ultima persona ad aver visto Isabelle, sicuramente saprà dirci qualcosa…
Non è ancora detta l’ultima parola, Michelle, si ripeté mentalmente mentre le ragazze uscivano dalla farmacia, salivano a bordo della Kia di zia Faye e lei si metteva al volante. Imballò tre volte l’auto prima di riuscire ad accendere il motore e a partire.
Michelle guidò in silenzio, sentendosi lo sguardo di Ruby addosso.
Non è ancora detta l’ultima parola, Michelle.
Stentava a credersi. Una parte, una minuscola parte del suo cuore si ostinava ancora a credere che Jefferson non c’entrasse più di tanto in quella storia, ma anche quella flebile speranza si andava affievolendo man mano che si avvicinava al quartiere dove lui viveva.
Jefferson era coinvolto nella sparizione di Belle. Non aveva idea di quali motivi l’avessero spinto fino a quel punto, ma certo era che era dentro a quella faccenda fino al collo. I registri ospedalieri modificati ne erano una prova: solo un interno all’ospedale avrebbe potuto accedervi e mettervi mano senza dare nell’occhio, e Jefferson lavorava come infermiere là dentro da dieci anni.
E’ il momento della verità, Michelle Wood.
 

***

 
Jefferson si sciacquò il volto, incontrando subito dopo il riflesso delle sue occhiaie nello specchio del lavandino. Peggiorava di giorno in giorno; era passata poco più di una settimana da quando aveva rapito Isabelle French, e da allora doveva aver dormito sì e no un paio d’ore.
La sua coscienza non gli dava pace, soprattutto ora: fino a che Isabelle era stata lucida, lui aveva davvero creduto che se la sarebbe potuta cavare con poco, raccontandole bugie e lasciandola andare quando Regina l’avesse stabilito. Senza che nessuno si facesse male.
E invece, ora tutto stava precipitando. A Jefferson pareva quasi di stare tirando una fune che gli scivolava sempre di più dalle dita, graffiandogli la pelle e facendolo sanguinare.
Dall’esatto momento in cui si era visto costretto a drogare Belle per farla stare buona, aveva compreso di aver imboccato una strada senza ritorno. Regina gli aveva dato quelle pasticche, in caso di emergenza: le usi, nel caso la puledrina dovesse iniziare a scalciare, gli aveva detto. E si ricordi sempre di sua figlia.
Regina sapeva quello che stava facendo? Sapeva che drogare quella ragazza significava compiere un gesto non solo spregevole, ma anche ultimo, finale, senza via di scampo? Quando lui avesse smesso di somministrare a Belle French quella porcheria, lei avrebbe certamente compreso tutto, una volta riacquistata la propria lucidità. Voleva dire che sarebbe stata in grado di riconoscerlo, di accusarlo. Voleva dire che tutto sarebbe venuto a galla. Voleva dire galera, ecco cosa voleva dire!
Voleva dire che non avrebbe più rivisto Paige, in ogni caso…
A meno che Regina non avesse deciso un finale diverso per quella storia. A meno che il sindaco Mills non gli avesse ordinato di somministrare a Belle una maggiore quantità di pasticche, oppure pillole di un genere diverso, magari un mix di medicine o una flebo di insulina o di sangue di un gruppo diverso. Sarebbe bastato davvero poco perché Belle…
Jefferson si sentì quasi sollevato quando il suono del campanello, seguito immediatamente da dei violenti colpi alla porta, lo distrasse da quei cupi e claustrofobici pensieri, e trascorse una consistente manciata di secondi prima che si domandasse chi era. Paige era uscita quella mattina per andare a scuola e gli aveva detto che si sarebbe fermata a cena da un amico; Regina aveva detto chiaramente che gli avrebbe fornito tutte le istruzioni per via telefonica; a Jefferson passò brevemente per la testa il pensiero che potesse trattarsi di Michelle – gli sembrava che fosse trascorsa una vita dall’ultima volta che l’aveva vista, prima che tutta quella storia avesse inizio.
I colpi alla porta si fecero più forti e violenti, quasi volessero sfondare l’entrata; Jefferson scosse il capo come per riprendersi, quindi corse al piano di sotto per aprire.
Tutto avvenne molto in fretta.
Jefferson non fece in tempo ad aprire la porta che un pugno lo colpì violentemente all’altezza del labbro, facendolo barcollare e indietreggiare pericolosamente. Prima che riuscisse a metabolizzare ciò che era appena accaduto o a guardare in faccia il suo aggressore, un altro colpo lo raggiunse sullo zigomo, mandandolo al tappeto. Jefferson si ritrovò disteso sul pavimento, la mano destra premuta contro il labbro sanguinante.
- Dov’è?!- ringhiò una voce.
Jefferson boccheggiò, guardando stralunato l’uomo di fronte a sé. Un violento colpo di un bastone lo raggiunse all’altezza della spalla sinistra, strappandogli un gemito di dolore.
- Dov’è? Che cosa le hai fatto?!
Jefferson cercò di risollevarsi da terra, ma il suo aggressore lo precedette, afferrandolo per il bavero della camicia fino a tirarlo in piedi; l’infermiere si sentì sbattere violentemente contro il muro. Un attimo dopo, il suo sguardo incontrò quello furioso del signor Gold.
- Che cosa le hai fatto, maledetto bastardo?!
Jefferson boccheggiò, un attimo prima che Gold gli piantasse il manico del bastone contro la gola.
- Gold…- ansimò Jefferson, stralunato. Lo stava soffocando.
- Che ti ha detto quella puttana per convincerti a fare una cosa del genere?! Cosa ti ha dato Regina? Dov’è Belle? Dimmi dov’è, o giuro che non ti lascerò uscire vivo da qui!
- Fermo!
Gold si sentì afferrare per entrambe le braccia e tirare via con forza da Jefferson. Il bastone gli cadde di mano, liberando l’uomo dalla stretta; Jefferson prese a tossire, barcollando nel tentativo di rimanere in piedi. Il signor Gold ringhiò furiosamente, pronto a spingere lontano da sé chi stava cercando di fermarlo; si bloccò quando incrociò il volto della signorina Wood.
 

***

 
Le quattro ragazze avevano compreso cosa stava succedendo quando avevano scorto in lontananza la Cadillac del signor Gold parcheggiata a pochi metri dalla casa di Jefferson, e la porta di quest’ultimo aperta. Michelle e Ruby si erano precipitate giù dall’auto per prime, e la farmacista quasi era inciampata sulla soglia per la fretta di entrare in casa.
Quando avevano visto cosa stava succedendo, lei e Ashley si erano lanciate sui due nel tentativo di dividerle; Mary Margaret era rimasta in disparte: non aveva ancora fatto il test di gravidanza, e quindi la possibilità che fosse incinta rimaneva ancora appunto una possibilità – sebbene non poi così remota – e temeva che anche solo uno spintone dato inavvertitamente avrebbe potuto fare del male all’eventuale bambino. Ruby, invece, pareva aver perso tutta la sua ferocia da leonessa che aveva mantenuto sino a mezz’ora prima, e ora se ne rimaneva a guardare la scena in disparte come se stesse assistendo a un film.
- Basta!- ansimò Michelle, tirando Gold verso di sé per allontanarlo da Jefferson e nel contempo continuando a guardare l’amico di fronte a sé.
- Così lo uccide…- soffiò Ashley.
Il signor Gold si liberò della presa delle due ragazze con un gesto innervosito, ma si aggrappò subito alla superficie del tavolo accanto a lui per riuscire a rimanere in piedi. Mary Margaret si avvicinò timorosa, raccogliendo il bastone da terra e porgendoglielo; lui glielo strappò di mano con furia, senza ringraziarla. Michelle vide Jefferson ansimare, scuotendo il capo come per riprendersi oppure per metabolizzare ciò che era appena accaduto. Si appoggiò alla parete alle sue spalle, il labbro che ancora sanguinava. La farmacista lo guardò: era pallido, con gli occhi cerchiati, era dimagrito e pareva essere invecchiato di dieci anni dall’ultima volta che l’aveva incontrato. Temette che stesse per svenire da un momento all’altro, e corse in suo aiuto, afferrandolo per un braccio.
Gold non la smetteva di guardarlo come se volesse ucciderlo. Michelle afferrò una sedia poco distante, facendo sedere Jefferson.
- E ora, vediamo di chiarire questa storia…
 

***

 
- Pensi che gli starà facendo male?- Paige si morse il labbro inferiore, scoccando un’occhiata preoccupata a Henry. Il bambino lasciò che le corde dell’altalena su cui era seduto si sciogliessero completamente, facendogli terminare il giro su se stesso, prima di rispondere.
- No, sta’ tranquilla - disse, cercando di apparire convincente.- In fondo, il signor Gold è una persona ragionevole.
- Se lo dici tu…- mormorò Paige, dondolandosi appena sull’altalena. Quel giorno il parco giochi di Storybrooke era stranamente deserto, ma a nessuno dei due dispiaceva. Non erano molti i luoghi in città che conoscevano o a cui avevano accesso, e con tutto quello che stava succedendo avevano bisogno di ragionare con calma e senza essere disturbati.
Henry prese a fischiettare nervosamente.
- E ora, cosa credi che succederà?- incalzò Paige.
- Beh, sicuramente il signor Gold libererà Belle…- fece Henry.- E poi, si vedrà…
- Credi che il mio papà non sarà accusato?
- Penso di no. In fondo, può sempre spiegare tutto al signor Gold. Se fossimo andati alla polizia, invece…
- Se foste andati alla polizia, allora questa storia si sarebbe risolta molto prima!
I due bambini sobbalzarono; Paige scese dall’altalena, scattando in piedi. Entrambi si sentirono morire quando si ritrovarono di fronte lo Sceriffo Graham Hunter, con un’espressione e uno sguardo che lasciavano intendere tutto tranne che fosse di buon umore. A Henry la sua figura parve più alta e imponente del solito. La sua ombra li sovrastava.
- Sapevo che voi due stavate nascondendo qualcosa, e ora so anche di che cosa si tratta - proseguì Graham, facendo una smorfia.
- Graham, ascolta…noi…noi non…- balbettò Henry.
- Ci lasci spiegare…- implorò Paige.
- Oh, ma certo! Certo che vi lascerò spiegare. Ma mi spiegherete tutto in centrale - Graham prese Henry per un braccio e lo spinse gentilmente in avanti, quindi tese la mano a Paige. Guidò entrambi fino all’auto parcheggiata a pochi metri di distanza, facendoli sedere sul sedile posteriore e accomodandosi quindi al posto di guida. Graham li spiò entrambi dallo specchietto retrovisore: avevano le stesse facce di due condannati a morte.
- E stavolta non voglio bugie, sono stato chiaro?
 

***

 
Michelle vide che a Jefferson tremavano le mani mentre si portava alle labbra l’ennesimo bicchiere d’acqua; sembrava quasi sotto shock. Ma la farmacista dubitava che ciò fosse dovuto all’aggressione di Gold. Era la sua coscienza, pensò, che lo tormentava.
- Sappiamo che cosa hai fatto, Jefferson - esordì.- A dire il vero, speravamo che tu non c’entrassi nulla in questa storia, ma dopo quanto è successo…beh, direi che di dubbi ne restano ben pochi…
- Perché l’hai fatto?- incalzò Ruby. - Sei stato tu a rapire Belle! Perché? Che cosa vuoi da lei?
- Credo che lui non voglia niente da Belle, signorina Lucas - sibilò Gold, senza staccare gli occhi da Jefferson.- E’ stata Regina Mills a ordinargli di rapirla. Non è così, Hatter?
Jefferson annuì lentamente, senza guardare negli occhi nessuno dei presenti, ma concentrato solo su un punto indistinto sul pavimento di fronte a sé.
- Sì. E’ stato il sindaco Mills a ordinarmelo.
- Perché?- fece Mary Margaret.- Che cosa vuole da Belle?
- Non lo so. Lei mi ha detto che dovevo rinchiuderla e così ho fatto - la voce di Jefferson s’incrinò.- Ha detto…lei ha…lei mi ha minacciato di portarmi via Paige, se non l’avessi fatto…- sollevò il capo, guardando negli occhi Ashley, Mary Margaret, Ruby e Michelle, soffermandosi su quest’ultima.- Mi dispiace. Io non…- guardò il signor Gold.- Io non volevo farle del male, ve lo giuro…Ma…Paige…per favore…
Michelle si passò una mano fra i capelli, sospirando. Le cose stavano esattamente come aveva intuito. Jefferson era un bravo ragazzo, e lei lo sapeva. Ma sapeva anche che non avrebbe esitato a mettere da parte tutti i suoi buoni principi, se di mezzo c’era sua figlia.
- Ma che diavolo vuole Regina Mills da Belle?- proruppe Ashley.- Io non capisco…Perché rapirla? Che cosa sperava di ottenere?
- Questo forse lo so io, signorina Boyd - sibilò Gold, fra i denti, stringendo l’impugnatura del suo bastone.- Ma questo non è il momento di discuterne - tagliò corto, tornando a rivolgersi a Jefferson.- Dov’è Belle, adesso?
- All’ospedale…nel vecchio manicomio…- soffiò l’uomo. - Ma non sono il solo a saperlo. Regina ha ingaggiato una delle infermiere. Mi controlla, spia tutto ciò che faccio. Se si accorgesse di qualcosa, avviserebbe subito Regina…
- E crede che io mi lascerò spaventare da quelle due?!- ringhiò Gold.
Ruby lo guardò di sottecchi: doveva ammettere di sentirsi veramente confusa, a riguardo. Sin da piccola, aveva sempre temuto e odiato il signor Gold, considerandolo un uomo malvagio e senza cuore. Complice anche l’affitto da strozzino che pretendeva da lei e da sua nonna, il suo astio non aveva fatto altro che crescere negli anni. Quando aveva saputo che Belle, la sua migliore amica di sempre, si era innamorata di lui, l’aveva vissuto come un tradimento personale e l’aveva allontanata. Quando poi la sua coscienza aveva iniziato a scalciare e aveva deciso di farsi perdonare, le mille domande su cosa Belle ci avesse trovato in lui avevano comunque continuato a persistere, insieme all’intima convinzione che, prima o poi, la storia sarebbe inevitabilmente degenerata e la sua amica si sarebbe pentita amaramente della sua decisione di stare con quel bastardo, e che lei, Ruby, avrebbe dovuto aiutarla e proteggerla. Questa convinzione, per lei, equivaleva a un dato di fatto. Era solo questione di tempo, prima che accadesse.
E invece, Gold in quel momento stava abbattendo tutte le sue certezze ad una ad una, e l’effetto domino stava avendo dei risvolti scioccanti. Prima il fatto che avesse quasi ammazzato French per quello che aveva fatto a Belle, e ora quella sua foga mista a disperazione nel volerla ritrovare…
Certo, l’antipatia nei suoi confronti era dura a morire e probabilmente non sarebbe mai sparita del tutto, ma in quel momento il suo comportamento la stava davvero spiazzando. E facendo un poco ricredere.
- Ora lei mi porterà da Belle. Subito.
 

***

 
Come tutte le cose positive, anche il suo buon umore di quel giorno era destinato a non durare. Regina questo lo sapeva ma, se avesse potuto scegliere, di certo non sarebbe stata Emma Swann a guastarglielo.
Quando l’aveva vista scendere da quel suo assurdo e ridicolo maggiolino giallo e incamminarsi lungo il vialetto di casa sua, aveva accarezzato l’idea di fingere di non essere in casa, e l’aveva portata avanti fino al terzo, insistente, snervante squillo del campanello. A quel punto, vedendo che quella donna irritante non aveva alcuna intenzione di andarsene, si era detta che tanto valeva tagliare la testa al toro e vedere cosa diamine volesse.
- Buongiorno, signorina Swann - l’accolse, con un sorriso tanto cordiale quanto gelido.- Posso fare qualcosa per lei? Se è qui per Henry, beh, l’avverto, mio figlio non è in casa…e se anche lo fosse, non potrebbe vederlo in ogni caso.
- A dire il vero, signor sindaco, sono qui per lei - replicò Emma, senza scomporsi.
- Oh, davvero?- fece amabilmente Regina.- E potrei sapere cosa vuole da me, signorina Swann.
- Devo chiederle di seguirmi.
- Oh! E a che titolo?
Emma sospirò, estraendo le manette dalla tasca dei jeans.
- La dichiaro in arresto, signora Mills.
Il sorriso di Regina le morì sulle labbra; le parve quasi che il sangue avesse smesso di fluirle nelle vene.
- In arresto? E per che cosa?- si ritrasse di un passo.- Con che diritto lei…?
Emma non attese oltre, e le ammanettò i polsi.
- Io sono il Vicesceriffo, signora Mills, e ho il diritto di arrestarla. Quanto alla motivazione…- Emma la guardò negli occhi.- Beh, credo che se le accennassi a una grossa falla nelle finanze della città lei mi capirebbe, non è vero?
Regina boccheggiò, rabbrividendo al contatto delle manette fredde contro la pelle calda.
- Ha il diritto di rimanere in silenzio.
 
Angolo Autrice: So che avevo promesso Rumbelle in questo capitolo, ma mi sono resa conto che, se avessi inserito le scene che mi ero prefissata, allora sarebbe venuta fuori una pergamena di capitolo, e dividerlo più avanti nel tempo sarebbe stato poco pratico e anche poco estetico. Comunque, non temete, nel prossimo avremo quel pochino di Rumbelle che avevo promesso, mentre l’apice lo avremo nel 19 – ah, per la cronaca, i capitoli sono in tutto 21. Chiedo scusa a tutti per il ritardo, e se non ho risposto a tutte le recensioni. Il punto è che non ho proprio avuto tempo e farlo ora mi sembra inutile, dal momento che credo vi siate pressoché dimenticati di ciò che avete scritto. Comunque, ci tengo a ringraziare tutti quanti per i loro consigli, complimenti, critiche costruttive e per avermi seguito fino a qui, facendo raggiungere a questa storia quota 212 recensioni! Davvero, ragazzi, grazie :)! Siete fantastici! Prometto che in futuro cercherò di rispondere a tutte le recensioni, ma non abbandonatemi, per favore! Dunque, riguardo a questo capitolo…le cose stanno iniziando a risolversi, e nel prossimo capitolo avremo il salvataggio di Belle...Regina è stata arrestata, ma non cantate vittoria troppo presto…non vi siete dimenticati del caro Gaston, vero? ;).
Due paroline su Michelle e il suo rapporto con Jefferson…dunque, inizialmente in questa storia avevo intenzione di farli rimanere amici per il fatto che Michelle appartiene a parveth89, la quale, per quel che ne sapevo, avrebbe anche potuto non gradire una love story fra loro due e denunciarmi per plagio. Tuttavia, in cuor mio, già shippavo questa coppia anche grazie alle vostre recensioni, in cui erano molto gettonati…fino a che, non molto tempo fa, meraviglia delle meraviglie!, parveth89 inizia una long che mi sta alquanto esagitando, ovvero Two sisters, in cui rende finalmente possibile una storia d’amore fra Jefferson e Michelle. Quindi, oltre a ringraziare profondamente parveth89 per questa sua idea, comunico a lei e a tutti quanti che mi sono sentita autorizzata a inserirla anche nella mia long…spero non dispiaccia a nessuno!
Bene, detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Vi lascio solo con una domanda: sinceramente…c’è qualcuno a cui piace questa nuova Lacey?
E con questo, passo e chiudo.
Ciao!
Dora93

  
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