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Autore: Robigna88    06/05/2013    1 recensioni
Dopo la scomparsa del padre, Dean trascina suo fratello Sam nuovamente nel mondo della caccia al soprannaturale, strappandolo alla parvenza di normalità nella quale lui si era rifugiato per scappare a quella vita che non ha mai amato.
Allison Morgan non ha più nessuno e caccia praticamente da sempre. Quando John Winchester le chiederà di aiutare i suoi figli, il suo destino si intreccerà a quello dei fue fratelli facendo emergere i segreti e le fragilità di ognuno di loro.
- Allison Morgan sospirò e si spostò indietro i capelli castani «Perchè io?» chiese allargando le braccia.
«Perchè tu sei quella giusta per farlo. Sei Allison Morgan ed entrambi conosciamo il peso di questo nome.» -
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Prima stagione
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Note d'autrice: Questo è il rifacimento della prima ff mai scritta in vita mia. Ringrazio StillAnotherBrokenDream per il costante supporto e vi ricordo che i commenti sono sempre ben accetti :)
Buona lettura, Roby.
Ps: si prega di non copiare.

PROLOGO







«Non me ne importa niente okay? Ti ho detto che... No!» scosse il capo mentre caricava con una mano i bagagli in auto.

La notte precedente aveva appena risolto una faccenda un po' “scottante” quando l'avevano chiamata per assegnargliene subito un'altra. “Solo tu puoi risolvere questo problema” le avevano detto e quando aveva sentito di cosa si trattava non era riuscita a dire di no.

Allison Morgan aveva un difetto: amava il suo lavoro per quanto schifoso fosse. Negli anni, dopo la morte dei suoi genitori ed il cambiamento di suo fratello aveva provato ad uscirne, ma non era mai riuscita a farlo. Anni ed anni a fare quell'orrendo mestiere faccia a faccia con gli incubi peggiori di ognuno eppure non riusciva a staccarsene del tutto. Aiutare la gente era la parte migliore e a lei piaceva pensare che fosse quel dettaglio a renderle tutto difficile da lasciare alle spalle.

Poche volte invece aveva pensato che fosse perchè non aveva altra scelta; cose come quelle perseguitano per sempre, che lo si voglia oppure no.

Richiuse il bagagliaio e rimandò indietro i capelli con un gesto nervoso. Li strinse tra le mani e poi li lasciò scivolare di nuovo lungo le spalle: onde castane morbide e lucenti, una delle poche cose che amava di sé. Li aveva presi da sua madre: stesso spessore, stessa lunghezza, stessa forma. Solo il colore era diverso, sua madre Alice, li aveva di un bel rosso caldo, lei no. Da sua madre aveva anche preso la pelle, rosea e liscia, di velluto. Gli occhi nocciola e le fossette sulle guance invece li aveva presi dal padre, e lui l'aveva sempre sottolineato con un moto di orgoglio nella voce.

«La mia bella bambina...» diceva «Ha i miei occhi e le mie fossette, non è adorabile?» e lei arrossiva ogni volta, imbarazzata ma intenerita da quella dimostrazione di affetto paterna.

Era stato un padre perfetto il suo, attento e premuroso nonostante il suo lavoro lo tenesse lontano da casa per molto tempo. Era un luminare della medicina, e questo aveva il suo prezzo. Anche sua madre era stata una madre perfetta, sicura e determinata le aveva insegnato ad essere la donna che adesso era. Le mancavano ogni giorno e la loro morte non smetteva di rivivere nella sua mente, ogni notte, appena chiudeva gli occhi. Per molto tempo aveva pensato che sarebbe stato meglio lasciare quella casa intrisa di ricordi, ma poi aveva deciso di rimanere. Lì dentro c'erano anche i ricordi belli e quelli non voleva dimenticarli per nulla al mondo.

«Non capisci Carl!» urlò attraverso il telefono «Non posso stare in due posti contemporaneamente. Come diavolo dovrei fare? Non mi interessa, trova qualcun altro... No, no... non dire così io non... Perchè devo essere io a trovare qualcuno? Vacci tu, puoi cavartela... Beh si hai ragione, non puoi, ma trova qualcun altro. Davvero non posso. Fammi sapere come va a finire, hai capito? E non urlarmi contro. Si va bene, ciao.»

Fece un grosso respiro e si passò le mani sul viso, poi si mise a sedere distrattamente sul bagagliaio della sua auto. Aveva sonno, necessitava decisamente di una bella dormita, ma non ne aveva il tempo. Scosse il capo facendo uno sbadiglio e si stiracchiò roteando il collo per sgranchirlo. Quando scricchiolò si sentì meglio. «Avrei tanta voglia di dormire...» sussurrò raggiungendo il sedile del guidatore.

Alzò gli occhi per guardare di nuovo la sua casa prima di partire e fu allora che lo vide: un uomo sui quarant'anni, di bell'aspetto ma dall'espressione vuota e malinconica, la osservava in piedi accanto ad una delle colonne del suo portico. Chi diavolo era?

Allison richiuse lo sportello e lo raggiunse a passi lenti assicurandosi di avere con sé le armi necessarie a difendersi se ce ne fosse stato bisogno, anche se ne dubitava. Se c'era una cosa che aveva imparato in tanti anni di duro mestiere era leggere negli occhi della gente, e gli occhi di quell'uomo sembravano essere dalla parte giusta. Tristi ed incattiviti dal tempo forse, ma buoni.

«Mi scusi,» gli disse quando fu a pochi metri da lui «posso aiutarla signore?»

Lui si guardò intorno e fece un altro passo verso di lei. Guardingo e attento si schiarì la voce tenendo le mani nelle tasche della giacca sdrucita «Sei tu Allison Morgan?»

«Forse.» rispose prontamente lei «Chi la sta cercando?»

L'uomo tirò le mani fuori dalla tasca e se ne passò una sulla nuca quasi volesse alleviare un qualche fastidio «Mi chiamo John Winchester e ho bisogno del tuo aiuto.»



****





«Hey, guarda lì.» Dean indicò con la testa il ponte sul quale un discreto numero di poliziotti se ne stava vicino ad un'auto. Nella ricerca di loro padre nulla era da sottovalutare, quindi il maggiore dei Winchester aveva deciso di fermare l'auto e scendere a dare un'occhiata. Sospirò mordendosi l'interno della guancia destra e si voltò verso il fratello. Gli sorrise con quell'espressione strafottente che Sam odiava e allungò la mano fino al cruscotto. Lo aprì e ne tirò fuori una vecchia scatola di compensato. Sollevò il coperchio e prese dentro due distintivi. La richiuse e ne diede uno a suo fratello.

Lui lo prese e lo guardò con aria stupita «Sceriffi federali?!» chiese a metà tra la domanda e l'esclamazione «Sei impazzito per caso?»

Dean rise e lo ignorò, scese dall'auto e richiuse lo sportello piano piano, senza rischiare di far danno alla sua baby, la sua preziosa Impala del '67. Sam lo seguì dopo pochissimi secondi, e in silenzio mentre camminava guardandosi intorno si chiese perchè cavolo aveva deciso di seguirlo. Suo padre era perfettamente in grado di badare a se stesso e anche Dean lo sapeva. Iniziava a credere che l'avesse trascinato con lui solo per il gusto di farlo, solo per fargli capire che magari quel lavoro gli mancava.

Ma si sbagliava, Sam Winchester aveva sempre odiato la caccia, se se ne era andato a Stanford, lontano da tutto, lontano dalla sua famiglia era perchè voleva una vita normale, sicura. Alzarsi al mattino, andare a lezione fino alla laurea e poi lavorare come avvocato, tornare a casa dalla sua dolce Jessica e sposarla, avere una famiglia.

Sospirò guardandosi intorno e man mano che si avvicinavano alla macchina larghe macchie di sangue si fecero visibili sui finestrini di quell'abitacolo abbandonato, facendogli intuire che c'era davvero qualcosa che non andava. Deglutì cercando di tenere sotto controllo la sua ansia e mise le mani nelle tasche della sua giacca marrone.

Non era spaventato, perchè quella era stata la sua vita per moltissimi anni; mostri e creature di ogni tipo, e già a nove anni con una pistola sotto il cuscino pronto a cacciare gli esseri che sarebbero sbucati da sotto il letto. Ma non lo faceva da parecchio, ed era sempre un'esperienza forte ritornare al soprannaturale. Anche se, doveva dire, si era sempre tenuto informato sui fatti più bizzarri che avvenivano in giro per il paese. Questo però a Dean non l'avrebbe detto. Quando furono vicini ai poliziotti si stampò sul viso un'espressione seria e decise di rimanere in silenzio.

«Salve.» disse loro Dean mostrando velocemente il falso distintivo «Sceriffi federali.»

«Sceriffi federali?» chiese di rimando il poliziotto «Non siete un po' troppo giovani?»

«Oh... lei è molto gentile ufficiale.» gli disse ancora Dean «Allora, che succede qui?» chiese girando intorno all'auto.

«Questa è l'auto di un ragazzo della città, Troy.» spiegò il poliziotto «Non sappiamo cosa sia successo. Non ci sono impronte, niente di niente. Stiamo ancora cercando di capire cosa si accaduto.»

«E di Troy ovviamente non c'è nessuna traccia giusto?» chiese Sam intromettendosi.

«No!» esclamò l'altro poliziotto «Troy era il ragazzo di mia figlia. Lei sta appendendo manifestini ovunque.»

Dean annuì guardando l'auto, poi sospirò dando una pacca sulla spalla a Sam «Grazie signori.» disse a tutti. Si allontanò seguito dal fratello e si schiarì la voce «Non sanno neanche con cosa hanno a che fare.»

«Nemmeno noi.»

«Ma noi lo scopriremo, loro continueranno a brancolare nel buio.»

Sam scosse il capo abbozzando un sorriso e poi si fece serio davanti allo sceriffo e a due veri federali.

«Avete bisogno di qualcosa, ragazzi?» chiese loro l'uomo.

«No... no...» farfugliò Sam «Ce ne stavamo andando signore.»

«Agente Mulder, agente Scully...» disse Dean ai due federali e sotto agli sguardi perplessi dei due si allontanarono scuotendo poco il capo e risalirono in auto.

«Allora...» sospirò Sam «Che facciamo ora?»

«Cerchiamo la fidanzata appendi volantini e vediamo se lei sa qualcosa...» rispose Dean. Lo guardò arricciando la bocca e accese la radio lasciando che la musica degli AC/DC risuonasse ad alto volume nell'auto.





****





Allison sistemò delle zollette di zucchero in una piccola ciotola di ceramica e la portò in salotto su un vassoio con due tazze di caffè e del latte. Lo posizionò sul tavolino e si mise a sedere sulla poltrona guardando il suo stanco visitatore. Non era solita far entrare in casa dei perfetti sconosciuti, ma qualcosa nello sguardo di quell'uomo sapeva rassicurarla. Era quasi paterno, quasi... indifeso, nonostante la grossa pistola che nascondeva nella tasca della giacca.

«Allora,» iniziò schiarendosi la voce «esattamente che tipo di aiuto potrei darle, John?»

L'uomo tuffò una zolletta di zucchero nel caffè e dopo una breve mescolata con un cucchiaino se la portò alle labbra «Credo che tu lo sappia Allison.»

«Davvero? E come esattamente?»

John Winchester sorrise amaramente e poggiò la tazza sul vassoio, poi si schiarì la voce e tirò fuori dalla tasca una mappa, la spiegò sull'angolo del tavolino libero e gliela mostrò indicando un punto preciso. «Sai che posto è quello?»

Allison corrugò la fronte e si sporse poco per guardare meglio sulla mappa: Jericho, lo sapeva bene, ma in quale modo un punto su una mappa stropicciata rispondeva alla sua domanda?

«È Jericho,» rispose zuccherando il suo caffè e prendendo la tazza in mano «ma non capisco come questa indicazione possa rispondere alla mia domanda.»

«Io e te facciamo lo stesso mestiere, e i miei figli anche. Loro mi stanno cercando, ho lasciato delle tracce che partono da Jericho. Una serie di casi da risolvere che comunicherò loro strada facendo. Non sanno dove io sia e faranno di tutto per trovarmi. Vorrei che tu li cercassi e lavorassi con loro.» spiegò l'uomo.

Allison sospirò e bevve un altro sorso di caffè, poi si mise più comoda sulla poltrona e lo scrutò a fondo prima di rispondere «Ipotizzando che io sappia di cosa lei stia parlando, in questo lavoro nessuno si fida di nessuno, quindi cosa le fa credere che i suoi figli mi prenderanno in “squadra”?»

John poggiò la schiena al divano e fece spallucce scuotendo poco il capo «Non lo faranno. Dovrai guadagnarti la loro fiducia e sopratutto non dovrai mai dire loro che sono stata io a mandarti lì. Io e te non ci siamo mai visti.»

«Mi faccia capire...» replicò lei facendo un gesto riassuntivo con la mano «Devo raggiungere i suoi figli a Jericho, conquistarmi la loro fiducia, seguire passo passo i casi che lei ha sistemato ad arte lungo la strada e tenere loro nascosto il fatto che io ed il loro padre, che stanno cercando, abbiamo fatto una piccola riunione nel mio salotto bevendo caffè?»

«Esatto.»

«E come diavolo dovrei fare secondo lei?»

«Non lo so,» ripose John alzandosi dal divano «ma sono certo che troverai un modo.»

«Bene, allora posso almeno sapere perchè?»

«No, non puoi.» rispose lui.

«Oh si certo.» rispose Allison alzandosi a sua volta «Andiamo da Allison, strappiamola via alla sua città e alla sua casa senza dare risposta alle sue domande; diamole ordini criptici e indicazioni strampalate senza uno straccio di spiegazione, vediamo se accetta. Beh sa che le dico, lei è pazzo e non ho nessuna intenzione di aiutarla. Perciò se ne vada e si dimentichi di questo incontro.»

John chiuse gli occhi per un attimo e poi la prese per le spalle piano «Sta succedendo qualcosa di molto grosso Allison. Un demone ha ucciso mia moglie e non sono certo che abbia smesso di cercare la mia famiglia. Gli sto dando la caccia da ventidue anni e non posso... io non posso dire ai miei figli dove sono, non posso riunirmi a loro perchè passerei troppo tempo a preoccuparmi per loro, perchè con me non sarebbero al sicuro.» le disse tutto d'un fiato «Non posso costringerti ad aiutarmi, ma spero che lo farai. Avrai le spiegazioni che vuoi a tempo debito.» prese un pezzo di carta e glielo mise in mano «Memorizza questo numero e butta via questo bigliettino. Aiutami ti prego.»

Allison Morgan sospirò e si spostò indietro i capelli castani «Perchè io?» chiese allargando le braccia.

«Perchè tu sei quella giusta per farlo. Sei Allison Morgan ed entrambi conosciamo il peso di questo nome.» si mise le mani in tasca e fece un grosso respiro «Chiamami solo se strettamente necessario, altrimenti aspetta che sia io a farlo. Mi terrò in contatto.»

«Hey, non ho ancora detto di si... Hey!»

Ma John Winchester era già fuori di casa. L'aveva lasciata lì con un bigliettino da distruggere ed un mucchio di altri pensieri e preoccupazioni. Aveva ragione, entrambi conoscevano il peso di quel nome e lei se lo portava sulle spalle da troppo tempo per non iniziare a sentirne la pesantezza. Memorizzò le dieci cifre e poi appallottolò il bigliettino e sospirò voltandosi piano. «Cosa ne pensi?» chiese.

«Non lo so.» rispose il suo interlocutore «Però mi sembrava sinceramente preoccupato. Dovresti andare.»

«Ma che succede se non riesco a conquistarmi la loro fiducia, se qualcosa va storto?»

«Andrà tutto bene.»

«Tu credi? Come fai a dirlo?»

«Sei Allison Morgan, il tuo nome ha il suo peso ma lo ha per delle buone ragioni. Fai attenzione.» rispose lui.

Sparì così come era venuto, d'improvviso ed Allison rimase ferma con dieci cifre nuove stampate nella sua mente ed una nuova sfida. «Cavolo!» esclamò «Non so nemmeno come si chiamano questi due.» scosse il capo e salutò la sua casa prima di uscire senza sapere quando e se sarebbe tornata.

   
 
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