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Autore: cup of tea    06/05/2013    1 recensioni
[Endgame!Klaine]
Blaine Devon Anderson, promettente neolaureato in medicina, ha di fronte a sé una brillante carriera ma si è sempre sentito una persona particolarmente sola. Dopo aver incontrato quello che sente essere l’amore della sua vita, scopre che strane circostanze e inquietanti personaggi armati di agende e cappelli eleganti tramano per tenerlo lontano da Kurt e impedire il loro rapporto.
Cosa devi fare quando il destino ti è contro?
FF liberamente tratta dal film "I Guardiani del Destino" (The Adjustment Bureau) basato a sua volta su un racconto di Philip K. Dick, "Squadra riparazioni".
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cause you sound so close but it feels like you're so far

Capitolo 4

 



Sei mesi.

Sei mesi di ricerche in giro per New York.

Sei mesi di “Ehi, mi scusi, per caso ha visto…?” e di “Non è che conosce…?”

Sei mesi di “Lo troverò, costi quel che costi.”

Sei mesi di testate contro la scrivania quando: “Cerca con Google: KURT. 188.000.000 risultati trovati (0,21 secondi)” e di “Se solo conoscessi il suo cognome.”

Sei mesi di “Sam, oggi non posso. Se riesco a prendere l’autobus a quell’ora precisa, potrei riuscire ad incontrarlo.”

Sei mesi di “Non ce la farò mai. Puck aveva ragione.”

Sei mesi.

 

***


Blaine salì sull’autobus anche quella piatta mattina primaverile.

Era buffo come - anche dopo essersi rassegnato all’impossibilità di rivedere Kurt – la prima cosa che faceva ancora prima di timbrare il biglietto fosse studiare uno a uno i passeggeri seduti e in piedi presenti sul mezzo. Sussultava ogni volta che intravedeva un borsone da palestra, ma rimaneva sistematicamente deluso appena riusciva ad intravedere il viso del proprietario. Data l’insistenza con la quale li fissava, era sicuro che prima o poi qualcuno si sarebbe lamentato – eppure, anche con questa consapevolezza, non riusciva a farne a meno.

Mentre il bus si rimetteva in moto, si fece largo tra un sedile e l’altro e si sedette accanto al finestrino, incassando il colpo per l’ennesima volta.

“Non ti servono gli amici. Sono solo una distrazione. Quando ti sarai laureato e sarai diventato il primario di qualche importante ospedale, allora avere un amico o una ragazza sarà un regalo che potrai farti.”

Forse suo padre non aveva tutti i torti. Non poteva rincorrere una distrazione per tutta la vita – specie se, più che rincorrerla, si trattava di assumere le sembianze di un cane da tartufo che fiuta disperatamente il terreno senza trovare niente.

“Non puoi trovarlo. Non te lo permetteranno. E anche se non cercassero di fermarti, questa città ha nove milioni di abitanti. Non lo troverai mai. Dimenticalo. La vita continua.“

La vita continua.

La vita continua.

Ma una che non ti sei scelto, che vita è?

Sospirò, appoggiando la fronte contro il finestrino, puntando gli occhi sulla strada, ma più che altro fissando nel vuoto.

E poi lo vide.


Bello, elegante anche con i pantaloni della tuta, fiero e sicuro di sé. Camminava a passo svelto sul marciapiede, tenendo entrambe le mani aggrappate alla cinghia del borsone a tracolla.
Sbattè le palpebre più volte, per sicurezza.
Sì, era lui, doveva essere lui! Questa volta non c’era alcun dubbio.

Kurt.

“Fermi l’autobus!” gridò Blaine al conducente, guadagnandosi tutti gli sguardi storti che fino a quel momento i passeggeri avevano accumulato e tenuto per sé stessi nei suoi confronti. Una signora gli ricordò acidamente che, se voleva scendere prima, avrebbe dovuto prenotare la fermata e che ormai doveva aspettare la prossima. Lei era in ritardo, non poteva permettersi che uno sbadato come lui rallentasse la corsa di quel mezzo già frenato dal traffico cittadino. Un anziano signore che puzzava di fumo si lasciò invece sfuggire un “I ragazzi di oggi…” con fare burbero e scortese. Blaine poté giurare di avere perfino sentito un “L’ho sempre pensato che a quello lì mancasse qualche rotella… fatelo scendere, per carità!” ma non se ne curò troppo, perché le porte si aprirono e lui saltò fuori sul marciapiede e prese a correre dietro l’angolo dove aveva visto girare Kurt.

“Kurt!” Lo chiamò, non fermandosi fino a che non lo ebbe raggiunto.
Kurt si girò. “Blaine?”
Anche col fiato mozzato, Blaine riuscì a rispondergli: “Sì, Blaine, sono Blaine! Oh, e tu sei Kurt, sei Kurt! Grazie, oh, grazie! Sei Kurt!”
“Stai bene?” gli chiese incerto l’angelo che aveva cercato per mesi interi. Angelo… no, quella parola non andava più bene. Gli ricordava i tipi con i cappelli e le loro brutte cose, mentre Kurt non era brutto, era bellissimo, era perfetto, come scolpito da chissà quale scultore.
Non ricevendo alcuna risposta, Kurt cominciò a sentirsi a disagio e questo bastò a risvegliare Blaine dal suo flusso di coscienza. “Cosa, io? Se sto bene? Non sono mai stato meglio! Tu sei Kurt! E io non mi sono mai sentito bene come adesso!”
“Ok, ok” ridacchiò Kurt, ora divertito dall’entusiasmo folle di Blaine. “Se ci tenevi così tanto a rivedermi bastava che mi telefonassi, avevi il mio numero e dovevi solo comporlo!” Blaine colse in quelle parole una nota di rimprovero o di disappunto per non essersi fatto vivo. Che Kurt volesse essere richiamato perché voleva rivederlo almeno tanto quanto ci teneva lui? No, forse teneva solo al pagamento del conto della lavanderia.
“Io… sì, scusami, volevo farlo, ma…” …le forze dell’Universo ci vogliono separati. Si guardò intorno, preoccupato di vedere spuntare un BruciaCervelli da dietro un albero del viale o da dietro un angolo.
“…Ma?” lo richiamò Kurt.
“…Ma… io sono… stato rapinato! Sì, rapinato! Mi hanno rubato il portafoglio e dentro c’era quel maledetto pezzo di carta e….”
“Rapinato?” Lo scetticismo di Kurt era più ovvio del fatto che non si sarebbe accontentato di una scusa simile. Le sopraciglia alzate, la smorfia disegnata dalle sue labbra rosee e le braccia incrociate sul petto parlavano per lui.
Blaine si sentì messo alle strette. “Senti, ti va di prenderti un caffè con me?” Gli chiese sempre guardandosi intorno con fare furtivo.
“Non lo so… tu dovresti andare in ospedale o dovunque ti abbiano dato un lavoro…” Kurt inclinò la testa e a Blaine ricordò un gatto splendidamente smorfioso.
“Chiamo Schuester e gli dico che mi sono ammalato.” Non ti libererai di me. Non adesso che ti ho ritrovato.

“Non credo sia una buona idea. I tuoi pazienti avranno bisogno di te e io devo… Si può sapere perché continui a girarti a cercare chissà cosa?!”
“Io? Non sto cercando niente… ora chiamo Margareth e l’avverto che non vado.” Prese il cellulare e ignorò deliberatamente le proteste di Kurt, che si erano trasformate da stizza pura ad accondiscendenza. In fondo era lusingato delle attenzioni di cui lo stava ricoprendo, e Blaine lo riusciva a sentire. Sorrise mentre investiva l’infermiera dall’altra parte della cornetta con un rapido e secco: “CiaoMargarethSìScusaSonoMalatoAvvisaSchuesterChePrendaInCaricoAncheIMieiPazientiPerchèOggiNonCISarò.”
E riattaccò. Ormai non faceva più solo attività ambulatoriale, ma era sicuro che un giorno d’assenza non avrebbe causato danni.
“Le hai chiuso il telefono in faccia.” Osservò Kurt, che ora lo stava rimproverando bonariamente.
“Oh, non ti preoccupare, non se la prenderà. Margareth spesso è di turno anche al reparto di psichiatria, è abituata ai fuori di testa,” Scherzò lui, di rimando.
“Ma io non voglio avere questa influenza negativa su di te… stiamo parlando da cinque minuti e ti ho già indotto prima a mentire e poi a trattare male una povera infermiera… nonché a insultare i pazienti di psichiatria…” Kurt scuoteva la testa, ma rideva.
Aspetta, loro… stavano flirtando?
“Andiamo, abbiamo sei mesi da recuperare!” Blaine gli aprì la strada con un gesto del braccio e non staccò gli occhi da lui finchè non furono fianco a fianco, diretti verso la prima caffetteria a tiro.

 

***

Con i propri caffè in mano, Blaine e Kurt uscirono e si sedettero su un tavolino all’aperto. Era una bella giornata – in tutti i sensi – e sarebbe stato un peccato rinchiudersi da qualche parte, perfino se c’era la possibilità di essere interrotti dagli squilibrati con il cappello.

“Chi ti dice che adesso io non stia con un bravo ragazzo?” Kurt non aveva smesso di provocarlo neanche per un minuto e Blaine ci stava prendendo gusto.

“Stai con un bravo ragazzo?” Ribatté, sorseggiando il cappuccino bollente. Rischiò di bruciarsi la punta della lingua, ma si sforzò di non fare una piega. Era più interessato alla risposta.

“Cambierebbe qualcosa per te?” Ehi, questa non è una risposta!

“Quanto andremo avanti rispondendo alle domande con altre domande?”

“Interrompi tu questo circolo vizioso.” Kurt si nascose poi dietro il bicchiere di latte scremato macchiato.

“Ok, anche se di fatto lo hai fatto tu.” Blaine gli fece una linguaccia. “Se cambierebbe qualcosa? Direi di no.” Disse, fiero di sé. Fidanzato o non fidanzato, Blaine non avrebbe mollato la presa molto presto.

“Oh, quindi non ti importa se diventi uno sfascia-famiglie!” Kurt si finse scandalizzato e con un gesto teatrale si portò una mano al petto, come se un colpo simile gli avesse fatto mancare un battito.

Risero e Blaine desiderò che quel momento durasse per sempre. Kurt aveva una risata calda e piena, lievemente acuta. Forse l’aveva già sentita in bagno, quel famoso giorno della cerimonia di laurea, ma era come se fosse la prima volta in assoluto ed era la cosa più deliziosa che avesse mai sentito.

“Beh? Lo sarei? Stai con un bravo ragazzo?” Azzardò, a un certo punto.

Kurt esitò un istante, ma poi rispose. “No, non lo saresti. Io e il mio ragazzo abbiamo rotto da poco. Non che sia durata molto, in realtà. Tre, forse quattro mesi.”

“Oh, mi dispiace…” ed era sincero. Qualsiasi cosa facesse stare male Kurt, per qualche ragione faceva male anche a lui.

“Non devi!” sorrise Kurt. “Adam era una persona dolcissima, ma non era… non faceva per me.” E Blaine lo vide bere un altro sorso, ma poté giurare di aver scorso le sue guance, altrimenti pallidissime, arrossarsi leggermente.

“Tu non sei stato rapinato, vero?” Cambiò argomento Kurt. “Tu hai perso il numero. Di’ la verità! Anzi, tu ti sei trovato un ragazzo, magari quel biondino del bagno e hai fatto sparire il pezzo di carta per evitare che facesse domande gelose!” I suoi magnifici occhi blu erano spalancati; scherzando, Kurt credeva di aver trovato la risposta a quell’inspiegabile silenzio. Era adorabile, sul serio. Sarebbe stato bello se fosse stato così semplice come la metteva lui, senza uomini del destino e tutto il resto.

“Sam è etero.” Rispose, mordendosi la lingua per impedirsi di sputare la verità.

“Con quella tinta?! Oh, Blaine, come sei ingenuo.”

“Dico sul serio. E dico sul serio anche quando dico che per sei mesi ho preso lo stesso, identico, fottuto autobus sperando di incontrarti, e lo sono anche quando dico che sto camminando a mille metri da terra, ora che ti ho trovato. Sai quanti “Kurt” esistono sulla guida telefonica? E’ difficile trovare quello giusto quando non si conosce nemmeno il suo cognome. E le palestre? Sai quante ce ne sono solo a Manhattan?”

Kurt fu colto di sorpresa da quelle parole e dallo sguardo serio di Blaine. D’un tratto, si immobilizzò, disarmato e confuso. Era una dichiarazione? Era un’accusa? No, era decisamente la prima cosa. 
“Io…  mi chiamo Kurt Elizabeth Hummel.” Riuscì solo a dire. “Aspetta, che c’entrano le palestre?”
 

***

Adjustment Bureau, Ufficio di Shannon Beiste, Prima Divisione.

“Avanti!” disse il donnone, appena Ryder Lynn bussò alla porta.

Il ragazzo entrò, titubante. La Beiste era seduta dietro la sua scrivania e stava sistemando dei documenti importanti. Ryder non voleva essere proprio lui a doverle dare la cattiva notizia, ma non c’era alternativa. “Mi scusi, Signora, abbiamo un problema.” Disse, allungandole la Mappa delle Possibilità di Anderson. “Blaine Devon Anderson è uscito dal Piano.”

La Beiste alzò gli occhi dai fogli che stava leggendo per poi dare un’occhiata alla Mappa. Scosse la testa, con frustrazione. “No, Anderson! Di nuovo? Quel ragazzo ha la testa più dura di un somaro! Come l’ha trovato?”

Ryder capì che si riferiva a Kurt. “Per caso. Lo ha visto per strada.” Era pronto alla ramanzina.

“Non avremmo dovuto allentare il controllo su di lui!” Sbraitò lei. “Andiamo!”

Ryder si sentì trascinare fuori dall’ufficio, in corridoio. Lo interpretò come un implicito ordine a seguirla nella missione, perciò si infilò il cappello che teneva in mano.
Vicino all’ascensore, incrociarono Puckerman.

“Sistemo ancora i tuoi casini dopo sei mesi!” Gli urlò contro la Beiste.
“Mi lasci venire con lei, Signora. Sistemerò tutto io.” La implorò Puck.
“Non se ne parla. Siediti dietro la tua misera scrivania e aspetta che ritorniamo. Dopo deciderò cosa fare con te.”
E sparirono dietro le porte dell’ascensore, sotto lo sguardo contrito di Noah.

 

***
 

“Aspetta, che c’entrano le palestre?”
“Tu… tu giri sempre con quel borsone… Ho pensato fossi un fissato della linea…” Non era così? Blaine era confuso.
“Io, cioè sì lo sono, ma non è il motivo per cui ho il borsone… Frequento la Nyada, l’accademia di arti drammatiche. Sono all’ultimo anno.”
“Oh.” Ora tutto aveva senso. “Wow! Quindi sai cantare e ballare?” Poteva essere ancora più perfetto quel ragazzo? Se lo immaginò su un palcoscenico, circondato da ballerine il tutù color oro e nero mentre cantava l’assolo più importante dello spettacolo, conquistando il pubblico e guadagnandosi una standing ovation. Erano permesse a teatro? Cavolo, la sua voce doveva essere magnifica. Era sicuro che sarebbe stato in grado raggiungere note altissime con l’eleganza di chi non compie alcuno sforzo nel fare cose impensabili per le persone comuni. Si appuntò nella mente che avrebbero dovuto cantare un duetto insieme, un giorno.
“Me la cavo, sì.” Rispose Kurt, modestamente.
“Ma smettila, commetto che ogni volta che ti esibisci viene giù il teatro.”

Da dietro un angolo, Shannon Beiste e Ryder Lynn li stavano osservando, controllando di tanto in tanto la Mappa delle Decisioni di Anderson. Ora, accanto al suo, era comparso un altro percorso, che si muoveva parallelo al suo. Indicava che Blaine stava cominciando a fare programmi che coinvolgevano Kurt e questo spaventava a morte la Beiste. Non era quello il Piano previsto per Anderson.

“Stacca la corrente alla Nyada” ordinò a Ryder “E cambia il luogo delle prove.”
Ryder tirò fuori dalla tasca quello che sembrava un cellulare e obbedì.
Intanto, la Beiste continuava a osservare i due novelli e presto sventurati innamorati.

“Dovresti invitarmi la prossima volta che prendi parte a uno spettacolo.” Disse Anderson.
“Noi beh… ne diamo uno domani sera. E’ lo showcase primaverile. Se vuoi venire…”
“Lynn, perdiana! Quanto tempo ti ci vuole?!” Si arrabbiò il donnone.
“Si stanno adoperando per far cambiare idea a Carmen Tibideaux.” Rispose. “Sarà tutto a posto entro un’ora.”
La Beiste gli strappò dalle mani la Mappa delle Decisioni e fece comparire solo il percorso di Kurt Elizabeth Hummel. “Anche l’Albero delle Decisioni di Hummel sta cambiando. Sarà meglio per te che facciano in fretta.”
Ryder guardò preoccupato il display del cellulare, maledicendo il giorno in cui era entrato nella Prima Divisione dell’Adjustment Bureau. Non poteva rimanere a gestire gli archivi delle Mappe delle Decisioni? Ah, no, è vero. La sua dislessia non glielo aveva permesso. “Ce l’hanno fatta, signora! Hanno indotto la Tibideaux a cambiare ora e luogo delle prove, così che Anderson non sappia dove cercare Hummel né per la giornata di oggi, né per quella di domani. Trentasei ore senza alcun contatto e Hummel non gli rivolgerà più la parola. Una seconda possibilità basta e avanza, non gliene darà una terza.”
La Beiste ricontrollò la Mappa di entrambi. “Potrebbe essere troppo tardi. Vedo già dei Punti di Flessione.” E mostrò a Ryder un puntino rosso lampeggiante dove i due percorsi si incontravano.
“Cos’è?” chiese Ryder.
“Un bacio.”
“Ed è sufficiente a cambiare il Piano?”
“Se è un bacio vero, sì. E mi risulta che se ne siano dati già uno, anche se non possiamo dire che fosse un bacio alla Biancaneve e i Sette Nani, né alla Bella Addormentata. Ma se si baciano adesso, potrebbe essere diverso. Una riparazione a un danno del genere causerebbe un Effetto Onda fuori dalla nostra portata.”
Ryder vide Hummel tirare fuori dalla tasca del borsone il cellulare e scusarsi con Anderson. Il messaggio del cambiamento di ora e luogo era arrivato. Le prove erano state anticipate e doveva andare. Non fece in tempo a dirgli dove, perché arrivò una chiamata a Blaine. Un’emergenza, Schuester aveva bisogno di lui, e non gli importava che fosse malato.
Anderson si morse la lingua per non imprecare. “Ci vediamo quando abbiamo finito entrambi, devo scappare anche io!” Lo sentì dire ad Hummel.
“Bene, direi che siamo fuori pericolo.” Disse Ryder alla Beiste.
“Non ancora.” Blaine si stava allungando verso Kurt per dargli un bacio. Il Punto di Flessione sulla Mappa lampeggiò più velocemente. Con un gesto rapido, la Beiste strappo di mano il cellulare a Ryder e compose un numero.
Il cellulare di Anderson squillò sul più bello, interrompendolo.
“Sì, Margareth, sto arrivando!” E diede a Kurt un semplice bacio sulla guancia prima di salutarlo e correre via.
“ORA siamo fuori pericolo.” Disse la Beiste, riconsegnando a Ryder Mappa e cellulare. “Torniamo al Bureau, dobbiamo trovare una soluzione permanente.”

***

Blaine saltò sul primo taxi che trovò. Era felice, si sentiva bene e pieno di energie.
Aveva finalmente ritrovato Kurt, e non importava che Margareth li avesse interrotti, perché fino a quel mattino non sperava più neanche lontanamente nel loro ricongiungimento. E invece l’aveva trovato. E proprio quando aveva deciso di lasciar perdere.
Ci pensò bene: che fosse quello il trucco?
Cosa aveva detto Puck?

“Noi percepiamo quando voi state compiendo una scelta. Quando dovete prendere una decisione, vagliate tutte le possibilità e noi ci assicuriamo che prendiate quella che dovete secondo il Piano. Siamo autorizzati a fare solo questo.”

Aveva ritrovato Kurt quando aveva deciso di gettare la spugna. Quegli squilibrati avevano smesso di controllarlo quando lui aveva deciso di rientrare nel Piano.
Quindi, finché avesse pianificato qualcosa che coinvolgesse Kurt, i BruciaCervelli lo avrebbero saputo e tenuto d’occhio, ma così – se avesse fatto credere loro di essere rientrato nel loro fantomatico Piano – lo avrebbero lasciato in pace, e per sempre. Ma come avrebbe fatto a non programmare niente, ora che lo aveva ritrovato?
Si maledì per non avergli richiesto il numero di cellulare, anche se probabilmente, nel momento in cui lo avesse fatto i tipi col cappello lo avrebbero raggiunto e bruciato di nuovo.
Per lo meno ora sapeva dove studiava e che si sarebbe esibito il giorno dopo. Appena finito di fare quello di cui Schuester aveva bisogno, sarebbe corso alla Nyada, avrebbe cercato la segreteria e avrebbe chiesto dove si stavano svolgendo le prove. Così avrebbe raggiunto lì Kurt e magari avrebbero passato la serata insieme.

No, Blaine. Niente piani.

Ripensò sognante alla piacevole conversazione che avevano avuto. Questo poteva farlo, vero?

“Io e il mio ragazzo abbiamo rotto da poco. Non che sia durata molto, in realtà. Tre, forse quattro mesi.”

Tre, quattro mesi. Cioè lui e Adam avevano cominciato a uscire dopo che loro due si erano scambiati il bacio nel bagno.

“Adam era una persona dolcissima, ma non era… non faceva per me.”
Non era… non era Blaine? Che Kurt provasse le stesse cose che provava lui? Ok, forse stava correndo un po’ troppo con la fantasia.

“Tu ti sei trovato un ragazzo, magari quel biondino del bagno, e hai fatto sparire il pezzo di carta per evitare che facesse domande gelose!”
O forse non stava poi fantasticando?
Sorrise, come solo sorrideva quando pensava a Kurt.

Io…  mi chiamo Kurt Elizabeth Hummel.”
Kurt Elizabeth Hummel.
Ora conosceva anche il suo cognome.
Come sarebbe suonato assieme ad Anderson?
Kurt Anderson-Hummel. Blaine Anderson-Hummel.

No, Blaine. Niente piani.

 
 





La tavola di cup of tea

Niente, volevo solo passarvi una fetta di torta.
Buona settimana a tutti! <3
cup of tea

   
 
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