4)Let's start a riot.
(life is just a game, it's just an epic holiday)
Il
resto della settimana
in cui Ava e JoJo non vanno a scuola e all’asilo trascorre
tranquillamente.
È segnata da una piacevole
routine in cui mi adagio grata, io e Tom manteniamo rapporti cordiali,
ma non
ci avviciniamo più di tanti.
Entrambi vogliamo
rimuovere quel bacio e la sottile attrazione che
c’è tra noi, è meglio fermarsi
prima che la cosa ci sfugga di mano prima ancora che cominci il piano
vero e
proprio.
La sensazione che provo è
che entrambi ci siamo avvicinati troppo a un fuoco e ci siamo scottati
e
nessuno dei due vuole ripetere l’esperienza.
I nostri figli invece
vanno d’accordo, Ava e Jack soprattutto – io non ho
mai detto a Tom che la
cotta di mio figlio per Ava è ricambiata da lei –
Jonas comincia a considerare
mio figlio come un fratellone.
Ava ogni tanto la sera mi
parla della sua vita a San Diego e del matrimonio dei suoi genitori.
Jen aveva
iniziato a plasmarla come una Barbie, ma ha trovato pane per i suoi
denti: la
ragazzina, nonostante i suoi dieci anni, ha la stessa testardaggine di
Tom e
non ha intenzione di farsi manovrare da nessuno.
Buon per lei.
Mi piace che qualcuno
contrasti Jen, mi piace che la sua stessa figlia non sia caduta nella
trappola
dei suoi occhioni blu.
Le do anche qualche
lezione di basso, ma alla fine conveniamo che sia meglio cercare
qualcuno più
esperto di me per dargliele. Io e lei ci facciamo delle gran risate, ma
tecnicamente non progrediamo granché.
Jack ha iniziato a
prendere lezioni di chitarra da Tom, ma è piuttosto
riluttante, credo
preferisca duecento volte suo padre che un mezzo estraneo.
Suo padre però è a san
Diego e si deve
accontentare a
malincuore.
Domenica sera ordiniamo
una pizza alla pizzeria d’asporto qui vicino e la mangiamo
tutti insieme.
Jack sta descrivendo ad
Ava la sua nuova scuola e lei non sembra particolarmente felice, come
tutti i
ragazzini prova un naturale fastidio per quell’argomento.
Tom invece sembra
stranamente meditabondo, la cosa non mi piace.
A metà cena si decide ad
aprire bocca.
“Sabato prossimo avrà
inizio il piano.”
Mio figlio non dice nulla,
ma si alza da tavola e lascia a metà la sua pizza preferita
e la conversazione
con Ava per chiudersi in camera sua.
No, non l’ha digerita e mi
conviene lasciarlo sbollire un po’ prima di parlargli.
“Tom, hai un tatto da
elefante.”
Sibilo, lui alza le
spalle: non gliene frega nulla, è convinto che prima si
inizi prima si finisca.
Finita la cena, chiedo ad
Ava di caricare la lavastoviglie al mio posto e vado da Jack. Apro la
porta e
lo trovo abbracciato alla sua chitarra.
“Non voglio Tom come
patrigno.”
Io mi siedo accanto a lui,
deve mancargli molto Mark perché quella chitarra
gliel’ha regalata lui per il
suo decimo compleanno.
“Non lo avrai.”
Lui sbuffa.
“Non sono stupido, mi sono
accorto che ti piace quel Tom.”
Dimenticavo che da Mark ha
ereditato una discreta sensibilità e antenne acute per
captare i sentimenti
altrui.
“No, Jack.”
Lui sbuffa e lascia
perdere la sua chitarra per preparare la cartella e poi prendere delle
cose
dall’armadio.
“Vado a lavarmi.”
Mi dice gelido.
“Stasera sono stanco e
voglio andare a letto presto.”
Io sospiro e accuso il colpo,
il vero messaggio dietro questo comportamento è questo:
“Non credo a una parola
di quello che mi dici, mi state prendendo per il culo e odio essere
preso per
il culo.
Sono incazzato e non mi va
di vedervi.”
Torno di là e trovo sia
Ava che Tom torvi, Jonas invece sta guardando la tv, io mi siedo
accanto a lui.
“Ava ha detto a papà di
smettere di far rimanere male Jack e lui non l’ha presa
bene.”
Io non dico nulla, non
voglio impicciarmi in questa lite, così guardo la tv con
JoJo finché non arriva
l’ora di andare a letto.
Alle dieci la casa è
deserta e Ava questa sera non è in vena di confessioni.
Io mi addormento quasi
subito e mi sveglio alle sette della mattina dopo, preparo la colazione
per tutti e poi
prendo Ava e Jack –
entrambi imbronciati – e li porta a scuola.
La figlia di Tom indossa
un cappotto militare verde, un paio di jeans neri infilati dentro degli
anfibi
rossi che si aprono.
Ha voglia di far capire
subito di che pasta è fatta.
Tom invece porta Jonas
all’asilo.
Io me la cavo abbastanza alla
svelta: ormai ho imparato a evitare le iene e poi a dirigermi verso il
mio bar
preferito.
Quando arrivo a casa la
trovo deserta, perciò mi metto a lavorare su dei documenti
che poi manderò a
Mtv.
DeLonge fa ritorno un ‘ora
dopo con una faccia totalmente stravolta, sembra abbia incontrato un
gruppo di
SS con una forte volontà di interrogarlo e farlo stare male.
Si siede sul divano e
borbotta qualcosa come: “Finalmente mi sento al
sicuro!”.
“Che ti succede?”
Lo guardo divertita da
sopra i miei occhiali.
“Da quando porti gli
occhiali, Skye?”
“Da quando sono presbite,
l’età avanza. Non hai risposto alla mia domanda
comunque!”
Lui sbuffa.
“Non hai idea di cosa mi
sia successo, non ho fatto a tempo a
far
entrare Jonas all’asilo che subito mi sono trovato
accerchiato da una mandria
di giovani mamme che volevano tutte il mio autografo, una foto, sapere
perché
il celebre Tom DeLonge era in quell’anonimo asilo londinese.
Era quello Jonas? Che
bambino carino e blablabla.
Mi stava venendo un
attacco di claustrofobia, non sapevo più come liberarmene!
Alla fine ho dovuto
firmare un autografo a tutte e farmi fotografare con loro, che
ansia!”
Io scoppio a ridere
guadagnandomi una sua occhiataccia.
“Ma ti rendi conto di chi
sei e di che lavoro fai?
Sei un chitarrista famoso,
DeLonge e probabilmente tutte queste ragazze hanno passato la loro
adolescenza
sentendo i blink e sbavando su un tuo poster, sperando di incontrarti e
che tu
ti innamorassi di loro.”
Tom scuote la testa.
“Tom, ti ricordo che al
tuo matrimonio quando hai visto i Jimmy Eat World hai pianto.”
“Va bene, hai ragione tu.”
Rimaniamo un attimo in
silenzio.
“Come mai è andata a
finire così male tra te e Jen?
Quando eravate fidanzati
eravate sempre appiccicati ed eravate così carini.”
Lui va in cucina, prende
una birra e si risdraia sul divano.
“Non ne ho idea.
Quando eravamo fidanzati
era una persona dolcissima, diceva che non le importava che gli altri
mi
credessero gay, mi spronava con la band e non mi tradiva.
Subito dopo che ci siamo
sposati è cambiata, era insofferente nei miei confronti,
diceva che ero sempre
via e che la trascuravo.
Beh, ero spesso in tour e
lei sapeva che sarebbe successo e poi non la trascuravo. Da allora sono
iniziate le corna, io sopportavo e fingevo di non sapere perche era
incinta di
Ava e poi non avrei mai potuto infliggere ai miei figli il dolore della
separazione.
Credo di avere sbagliato
su tutta la linea, dovevo mollarla anni fa, l’unica cosa per
cui le sono grato
sono Ava e Jonas: loro sono i miei tesori.”
Io sorrido.
“Sei un buon padre, Tom.”
“Spero di esserlo, spero
anche solo di essere meglio di mio padre.”
“Per me lo sei, si vede
che ami i tuoi figli e che cerchi di essere sempre presente per loro
anche
quando magari sei in tour.”
Lui sorride.
“Grazie, Skye.
Mark ha fatto un grave
errore a lasciarti andare.”
Già, ma ormai l’ha fatto.
Io lo raggiungo sul divano
e mi siedo accanto a lui e poggio la testa sulla sua spalla.
“Da ragazzina volevo
diventare la moglie di una rockstar. Ce l’ho fatta e si
è risolto tutto in
merda, la rockstar mi ha dimenticata e con me suo foglio.
Che schifo.”
Siamo pericolosamente
vicini.
“Io invece mi sono fatto
fregare dalla prima ragazza e poi è finito tutto in merda,
anche alle rockstar
va male di tanto in tanto.”
Siamo troppo vicini, ho il
cuore che batte a mille egli ormoni in subbuglio.
Devo andarmene prima che
succeda di nuovo.
Devo..
Tom mi bacia con passione
e violenza, in men che no si dica siamo rovesciati sul divano. Ci
baciamo e
intanto ci spogliamo, lui scende sul mio collo e sul mio seno, ma non
ci sta
più di tanto.
Vuole arrivare più in
basso, si toglie i pantaloni ei boxer e poi toglie le mie mutandine.
Lui è già
eccitato e quando un mio dito scende dal petto fino al suo pene lo
sento
irrigidirsi ancora di più.
Lui infila due dita nella
mia femminilità e le ritira subito dopo soddisfatto e con un
sorrisetto
malizioso stampato in faccia.
In un attimo è dentro di
me e spinge violentemente: fa male, ma è anche piacevole.
All’improvviso ribaltiamo
le posizioni, sono io ad essere su di lui e le sue mani sui miei
fianchi
dettano il ritmo.
Non ho mai provato così
tanto piacere come in questa scopata senza futuro, gemo e urlo e sento
un
calore fortissimo al basso ventre.
Calore che esplode
regalandomi un orgasmo travolgente quando lui viene dentro di me e mi
sento
invasa da un fiotto caldo.
Crollo su di lui stremata,
lui prende una coperta per coprirci e poi mi abbraccia.
“Alla fine non ce
l’abbiamo fatta. Non sarebbe dovuto succedere.”
Dice lui con il fiatone e
le mani che ancora giocano con i miei capelli.
“No, ma è stato
bellissimo.”
“Adesso hai tradito anche tu Mark.”
Io non rispondo e gli
lascio un bacio esitante sulla clavicola.
Sì, ho tradito Mark, ma
anche lui ha tradito me.
Gli ho solo reso pan per
focaccia.
Credo.
Con
questo peso sul cuore
sabato arriva fin troppo presto.
“Cosa cazzo mi metto?”
Urlo come un’invasata,
nonostante abbia l’armadio pieno di vestiti per ogni
occasione.
Sento Ava e Jack mormorare
e infine mio figlio sussurrare: “Vai tu, sei una femmina! Tu
queste cose le
capisci, io no!”
Alla fine un’esitante Ava
si fa viva sulla porta della mia camera.
“Tutto bene, Skye?”
“Non so che vestito
mettermi!”
Urlo isterica.
“Ehm, quello lì azzurro
con una manica sola?”
Lo guardo e non mi sembra
male, ha gusto questa ragazzina!
E poi ha risolto le mie
crisi esistenziali da adulta, devo essergliene grata.
“Bello, grazie Ava!”
Con il mio vestito corro a
occupare il mio bagno: mi metto calze e vestito, mi trucco
sapientemente e
raccolgo i miei capelli biondi in un coda alta che mi sta
particolarmente bene
dato che mi sono fatta i boccoli prima.
Esco dal bagno e ricevo un
fischio ammirato da Tom, Jack storce la bocca in una smorfia schifata.
Aspettiamo che arrivi la
babysitter e poi ce ne andiamo, Tom ha prenotato in un ristorantino
molto
raffinato nella city.
Quando arriviamo veniamo
accolti da un solerte cameriere che ci scorta al nostro tavolino
appartato,decorato con dei fiori, una candela e con accanto il secchio
del
ghiaccio con una bottiglia già dentro.
“Sei sicuro che verrà
qualcuno?”
Tom si siede.
“Sì, ne ho visti due
appostati fuori dal ristorante e adesso diamo inizio alla
sceneggiata.”
Sorridendo mi prende una
mano.
“Ti piace il posto,
tesoro.”
“Oh sì, Tom. È
bellissimo.”
Mi sporgo verso di lui
dandogli un lieve bacio sulla guancia, un contatto innocuo che mi fa
già
tremare le ginocchia.
Lui fa il suo sorrisino
ironico.
“è solo un posto degno di
te, diamo un’occhiata al menù. Che ne
dici?”
“Va bene.”
Mi immergo nella lettura
di un menù raccapricciante, per secondo ci sono persino
lumache e rane, quando
vorrei essere in un Mac!
Alla fine ordino del riso
ai funghi per primo e della carne ai ferri per secondo, Tom ordina una
pasta al
pomodoro e carne anche lui.
Mentre aspettiamo da
mangiare continuiamo a scambiarci tenerezze come una coppietta e adesso
nel
buio ho l’impressione che qualcuno ci spii.
Un paio di volte ho anche
colto dei flash con la coda dell’occhio, quindi direi che il
piano sta
procedendo per ora.
Mangiamo e poi ce ne
andiamo alla London Eye, una macchina ci segue a debita distanza e
cercando di
mimetizzarsi con il traffico cittadino.
Tom parcheggia sorridendo
e con naturalezza – quando scendiamo – mi passa
un braccio intorno alla vita in un gesto di possesso.
Chiacchierando come
dovrebbe fare una coppia ci dirigiamo verso la ruota e saliamo. La
cabina mi
sembra incredibilmente stretta senza i bambini a impedirmi di fare
qualcosa di
sciocco con Tom.
Decido di guardare fuori
dalla vetrata e mi incanto nel vedere le mille luci della
città e i loro
scintillanti riflessi sul Tamigi: è meravigliosa.
Tom richiama la mia
attenzione prendendo una mano tra le sue e iniziando a sussurrare
sciocchezze
sugli alieni, io ridacchio. Visti da fuori sembriamo due piccioncini.
Quando la cabina arriva in
cima alla ruota mi prende il mento tra le dita e con dolcezza mi attira
a sé e
mi bacia.
Un bacio vero, non
fingiamo e l’atmosfera ci fa un po’ esagerare visto
che finiamo sdraiati sul
sedile, lui sopra di me e io sotto.
Per un attimo al suo volto
si sovrappone quello di Mark, ma poi torna solo e prepotentemente lui:
Tom.
Scendiamo tenendoci per
mano e così saliamo in macchina.
Durante il percorso non
parliamo molto, io mi chiedo in quanto tempo usciranno quelle foto e
come
reagirà Jack.
Le risposte alle mie
domande arrivano presto.
Il giorno dopo – domenica,
la giornata dedicata al sacro riposo – vengo svegliata alle
sette da Tom.
Vorrei tirargli un vaso in testa non appena
lo vedo e non un vaso qualsiasi, un vaso da notte,
mannaggia ai water!
“Che cazzo vuoi, Tom?”
Lui mi mostra delle
riviste e noto che sono tabloid e che ci siamo noi in prima pagina:
diamine,
che rapidità!
“Bene, il piano è iniziato.”
Mugugno io, per poi
tornare a letto.
Sono circa le dieci quando
vengo svegliata da delle urla disumane provenienti dalla camera di
Jack, scendo
dal letto e trovo una Ava preoccupatissima in corridoio.
“Jack e papa stanno
litigando!”
Io spalanco la porta.
“Io non ti voglio come
maestro di chitarra, come padre, come coinquilino, come niente!
Vattene!”
Prende in mano la chitarra
e la rompe sul pavimento della sua camera.
“Non fare l’amico con me,
ti vuoi solo sbattere mia madre per vendicarti di tua moglie. Non sei
degno di
stare qui!
Sparisci!”
“JACK!”
“Mamma! Vedo che l’hai
rimpiazzato bene papà!”
“Lo sai che non è vero, lo
sai che è una montatura!”
Lui mi guarda con occhi di
fuoco, io indietreggio: in questo momento mi ricorda talmente tanto
Mark da
farmi paura.
“Peccato che quel bacio
sulla ruota panoramica con te conciata come… lasciamo
perdere non sembri una
montatura!
Io mi sono stufato di
stare qui, io me ne vado!”
Esce dalla stanza e io lo
prendo per un braccio strattonandolo.
“DOVE PENSI DI ANDARE?”
Lui mi guarda
inespressivo.
“Da zia Anne.”
“Ma….”
“Io in questa casa non ci
rimango.”
Io sospiro.
“Va bene, adesso chiamo
Anne, prima però lasciami controllare i voli.”
Prendo il mio portatile e
ne scovo uno per domani sera alle sette, lo prenoto, poi chiamo Anne e
gli dico
dell’imminente arrivo di suo nipote.
Lei non mi sembra
particolarmente sorpresa.
“Che cazzo stai facendo,
Skye?”
“Organizzo una montatura
per far tornare a casa tuo fratello.”
“Stai giocando con il
fuoco!”
Bene, anche lei sembra
infuriata e a questo punto mi chiedo se abbia davvero fatto la cosa
giusta
accettando la proposta di Tom.
La domenica trascorre
noiosa in un silenzio carico di tensione, io ho ripulito i resti della
chitarra
di Jack, consolato Ava per l’imminente partenza di mio figlio
e ho evitato Tom.
Una giornata di merda in
pratica, come non se ne vedevano da secolo e precisamente da quando ero
adolescente e litigavo con i miei.
Vado a letto e cado subito
in un sonno senza sogni, che viene interrotto alle quattro di mattina.
Non ho
la forza per alzarmi a rispondere, ma sento dei passi che vanno verso
il
salotto indice che qualcuno lo farà al mio posto.
Sono passi leggeri: Ava o
Jack probabilmente.
Il telefono smette di
squillare e poi i passi si dirigono verso la mia camera, un accigliato
Jack
mi porge il
cordless.
“è papa.”
Mi dice freddo.
Merda!
Prendo in mano il cordless
e non appena me lo appoggio sento la voce di Mark che urla come un
matto.
“Come ti sei permessa di
tradirmi con TOM?”
“Tu vivi da Jen, da MESI!
MESI!”
Dall’altra parte sento un
silenzio inquietante,
“Aspettami che arrivo.”
“Cosa cazzo vuol dire?”
L’unica risposta che mi
arriva è il click della telefonata chiusa.
Merda!
Con un gesto istintivo di
rabbia lancio il cordless contro il muro rompendolo in mille pezzi e
svegliando
tutta la casa. I
tre DeLonge dopo
qualche secondo sono affacciati alla porta della mie camera e mi
guardano perplessi.
“Beh? Da quando in qua si
chiude una chiamata distruggendo il telefono?”
Azzarda Tom.
“Zitto DeLonge! Siamo nei
guai!”
“è morto qualcuno?
Qualcuno ci ha fatto causa?”
“Peggio! Sta per arrivare
Mark, credo che prenderà il primo aereo per
Londra!”
Tom impallidisce
vistosamente per dei lunghi attimi , poi ritorna in sé.
“Vedi che il piano ha
avuto successo?
Adesso dovete solo
riconciliarvi.”
“Solo?
Solo?
Hai una vaga idea di come
sia trattare con un Hoppus fuori di sé dalla rabbia? Guarda
solo cosa ha fatto
Jack stamattina!
Pensa a cosa farà Mark!”
Lui cerca di
tranquillizzarmi, ma io lo caccio via con dei gesti nervosi.
Il sonno mi è passato e
temo non tornerà tanto presto.