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Autore: FALLEN99    06/05/2013    3 recensioni
"Due lance avvolte da fasci di luci scuri come il manto della notte le trafissero il petto all’altezza del cuore, da cui sgorgarono fiotti di sangue scarlatti che si diramarono sulle sue vesti e le colorarono come nastri. Le due Sorelle storsero il naso nauseate, come si era ridotta Elena, aveva dato fiducia ad un amore che le aveva purificato il sangue nelle vene, ma che era stato la sua eterna condanna."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti, sono Fallen99, e questa è la mia nuova storia 'Fury'. Spero che questo prologo possa piacervi, e spero che mi lascerete il vostri sincero parere, perchè ne ho bisogno per capire se continuare la storia.
Grazie ancora, e buona lettura.
F99







Prologo


E
lena correva disperata, l’odore acre delle fiamme che le penetrava insistentemente nelle narici e le faceva aggrottare il naso. Il rimbombo dei suoi passi si propagava senza sosta fra le strette mura del vicolo, e la donna sentiva il terrore crescerle nel petto come una serpe che non aspettava altro che lei perdesse il controllo delle proprie emozioni per appropriarsi del suo corpo. Il flebile bagliore della luna proiettava la sua ombra sul cemento, ed essa era la sua unica compagna in quella fuga disperata contro le sue Sorelle, coloro che dovevano mettere fine alla sua vita per il suo tradimento. Ma Elena non le aveva tradite di proposito, era stato il suo cuore, se ancora, dopo millenni vissuti a portare distruzione, ne aveva uno, a dirglielo, a farle capire che quella non era più la sua vita, da molto, molto tempo. Aveva capito che il Loro stile di vita, la loro missione, se così si poteva chiamare, non facevano più parte di lei. Si era semplicemente allontanata da loro, ed ora loro gliela volevano far pagare. Da millenni, fra Quelle come Lei, non erano ammesse pause di riflessione o qualunque cosa somigliasse ad una resa rinuncia ai propri compiti. Ai propri Doveri. Perché era da quelli che Elena stava scappando, dal continuo incutere terrore e vendetta, spargendo sangue innocente e privandosi di qualsiasi sentimento definibile “umano”. Eppure, quando aveva incontrato Harry, tutto era cambiato. Si era sentita per la prima volta viva, capace di provare l’amore e la gioia, emozioni che ormai la sua natura aveva dissolto come cenere nel vento. Lui l’aveva riportata a vivere dopo anni di morte, e le aveva regalato il migliore delle soddisfazioni, una nuova vita che le era cresciuta nel grembo per nove mesi, i mesi più belli della sua esistenza. Ma come tutte le cose belle che Elena aveva provato nella sua vita, essa era destinata a scomparire, e così era successo.
Elena scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri troppo dolorosi, che risvegliavano in lei consapevolezze che da molto tempo desiderava solo ignorare. Elena sapeva, anzi, sentiva, che di lì a poco sarebbero venute a prenderla, che la sua vita stava per finire, ma non voleva arrendersi senza lottare. Doveva farlo per se stessa, ma ancor più per il pargolo che aveva generato, e che ora rideva e si divertiva con la sua nuova famiglia. La famiglia che si meritava, senza che la dannazione entrasse a far parte della sua vita, come lo era da molti anni parte di quella di Elena. Aumentò la velocità della sua corsa, le vesti lacere che si muovevano al ritmo frenetico delle sue gambe e i capelli rossi che volteggiavano nel vento come lingue di fuoco. Il respiro, nonostante la sua natura divina, le si faceva via via più affannoso, e le membra cominciavano a pulsarle, come se avesse nel corpo scaglie di vetro incandescenti. Gli occhi verde scuro luccicavano come smeraldi nella notte.
Sentì qualcosa strisciarle fra i piedi e, spaventata, fermò la sua corsa. Con il cuore che le martellava nel petto lanciò uno sguardo verso il basso, dove una serpe viscida e sibilante le strisciava attorno ai piedi. Era di un malsano colore giallastro, gli occhi neri come catrame e le lingua biforcuta che le schizzava a ritmi regolari fuori dalle fauci. Guardava Elena con uno strano bagliore negli occhi, le coda che si attorcigliava sulla gamba della giovane sempre più tenacemente. Elena la fissava, il respiro mozzato in gola e la paura che montava dentro. Espirò con decisione. Doveva riprendere il controllo della sua vita, senza lasciarsi condizionare dalle sue Sorelle, che per troppi anni ne avevano preso illecitamente il controllo.
Lanciò un’occhiataccia alle serpe, che, nel frattempo, le si era arrotolata fino al braccio destro, ed ora le sollecitava la guancia con la lingua viscida e umida. Un brivido gelido attraversò il corpo di Elena, facendole capire che era il tempo di agire.
–Cosa vuoi da me, serpe?- intimò con tono deciso. L’altra, che sibilava senza sosta nel suo orecchio, la squadrò con aria torva. In quegli occhi, neri e lucidi come ossidiana, si poteva vedere una scia bianca di ‘umanità’, che la attribuiva ad una persona che Elena conosceva fin troppo bene.
–Solo riportarti sulla retta via, Figlia di Tisifone.- le rispose sibilante la serpe. Elena sospirò, sentire il nome della sua ava le metteva addosso una certa inquietudine, come se fosse ulteriormente vincolata alla sua stirpe dannata da millenni.
– Chi ti manda, messaggera dell’Ade?- chiese con disprezzo, mentre le immagini delle sue Sorelle le balenavano nella mente.
-Io, Elena.
La ragazza sussultò nel sentire quella voce. Il terrore la paralizzò come un ghiaccio che congela le membra, mentre la donna comparsa alle sue spalla camminava fiera verso di lei, il rumore dei suoi tacchi che si disperdeva nella notte scura.
-C-così mi avete trovata…-sussurrò in un soffio Elena.
L’altra sorrise fiera, come se le parole di Elena le avessero d’un tratto aperto gli occhi, rendendola consapevole della sua azione.
–Hai proprio ragione, e non ti lasceremo più andare…
Lasciò cadere la frase, mentre richiamava a sé la serpe, che era servita nel suo intento. Il rettile scattò verso la donna, che lo accolse nelle sue mani pallide e affusolate. Cominciò ad accarezzarlo tenarmente, gli occhi di ghiaccio fissi sulla schiena di Elena, in preda ai brividi.
-Cosa pensi di fare ora, fuggitrice?- le domandò.
Elena indugiò, poi rispose: - Tentare di finire ciò che ho iniziato.
Una fiammata avvolse il corpo della giovane, come a schermarla dall’altra che guardava divertita la scena.
-Non sei cambiata, in questi anni, Elena. Sempre la solita impulsiva.- la schernì buttandosi all’indietro la chioma di capelli biondi, quasi bianchi. – Ma lo sai qual è il destino che ti aspetta. Il destino che spetta ad ogni traditrice.- sibilò Anthanasia camminando verso il muro di fiamme che circondava la Sorella. Protese una mano verso di esso e lo sfiorò appena, mentre un bagliore violaceo lo consumava come termiti con il legno.
Sul volto di Elena spuntò un’ombra di delusione, ma subito si riprese. Con un cenno del capo fece colpire Anthanasia con un dardo infuocato, che però la donna evitò chinando il volto di lato.
-Devi ancora migliorare se vuoi battere tua Sorella, Elena.
 La serpe che teneva attorcigliata al braccio fendette l’aria verso l’alto, spiccando un lungo salto verso la luna, come a toccarla. Poi, prima che Elena potesse rendersene conto, il rettile prese a girare sempre più vorticosamente su se stesso, mentre pugnali violacei si disperdevano in ogni direzione. Anthanasia sorrise, soddisfatta, fissando la Sorella schivare con leggiadre acrobazie i coltelli lucenti che tentavano di scalfirle la carne.
Elena, intanto, sentiva i fiotti di sudore colarle sulla fronte dato il forte sforzo che stava compiendo. Le lame arrivavano sempre più veloci e affilate, e la ragazza stentava a schivarle. Infatti, pochi minuti dopo, una le si conficcò nel polpaccio destro, facendola cadere in ginocchio con un rantolo di dolore. –Hai visto cosa succede a chi non rispetta il debito di sangue, Elena?- le chiese con un sorriso sadico, mentre assaporava il gusto della disperazione si levava dai suoi pori e impregnava l’aria. Elena imprecò contro il cielo e, con uno scatto che sorprese la Sorella, colpì la serpe con una fiammata che la spedì in un angolo del vicolo. Poi si alzò, gli occhi iniettati di sangue per lo sforzo, e prima che Anthanasia potesse fare qualcosa, la scaraventò a terra con un calcio alla mascella. La donna barcollò e poi cadde a terra, le vesti lilla che accompagnavano la sua caduta come evanescenti coltri di nebbia.
Elena le si portò davanti, il volto minaccioso e una lingua di fuoco che le spuntava dalla mano destra.
-E adesso chi paga il patto di sangue, eh, Anthanasia?- chiese ironica, la mascella contratta.
Udì dei passi provenire da dietro e poi la risata di una donna. Si voltò di scatto, la lingua di fuoco che si contorceva come una frusta. Si trovò davanti una donna alta e snella, i capelli neri e ricci che le ricadevano sulla schiena come una cascata d’ebano e gli occhi rossi come sangue che la penetravano come una lama.
-Io, Elena.- disse, mentre avanzava dalla penombra.
Elena rimase qualche istante a fissarla, il respiro mozzato in gola e i nervi a fior di pelle tradivano la sua apparente calma. La consapevolezza che non ne sarebbe uscita viva cominciò a insinuarsi nei suoi pensieri come la serpe che poco prima aveva ucciso, e brutti pensieri la assalirono sotto forma di brividi gelidi.
-E la sai una cosa, mia piccola traditrice?- le chiese la nuova arrivata, la lingua che si muoveva sensualmente fra i denti bianchi come gesso. La provocò con uno sguardo affilato e dirompente, mentre dava il tempo ad Anthanasia di alzarsi e ripulirsi le vesti sporche della fuliggine che impregnava l’asfalto. La donna si mise di fianco all’interlocutrice di Elena, Clio, che la accolse con un sorriso tirato. Poi si rivolse di nuovo ad Elena che, terrorizzata e in cerca di volti per cui lottare per sopravvivere, che fissava i piedi scalzi i propri piedi scalzi.
-Avanti, che succede, la serpe ti ha mangiato la lingua? Ah, no, aspetta. Ha mangiato forse quella di Harry? O del vostro piccolo pargoletto?- chiese sprezzante.
A quelle parole Elena non ci vide più. La collera prese il possesso delle sue guance, che diventarono rosse come i capelli fiammanti. Lanciò un’occhiata di disprezzo alle sue Sorelle, prima di risponderle.
-Sì, Clio, la so una cosa.- rispose a denti stretti alla domanda che la Sorella le aveva fatto in precedenza.
Clio si accigliò. – E quale sarebbe, Elena?
-Quella che vi distruggerò.- sibilò prima che la lingua di fuoco che le spuntava dalla mano prendesse la forma di un vortice e andasse a investire Clio e Anthanasia che, colte di sorpresa, vennero sbalzate all’indietro. Sul viso di Elena prese posto un sorriso soddisfatto e carico di vendetta, quella che per troppi anni aveva represso e relegato nei meandri della sua mente per non esplodere, quella che era il simbolo della sua ava, Tisifone. Una voglia implacabile di vendetta le inebriò la membra, e Elena gemette per l’arrivo improvviso della nuova sensazione. Lanciò un’occhiata alle sue Sorelle, travolto da continue lingue di fuoco che si diramavano dal vortice come serpi assetate di sangue.
A quel punto Elena capì che le restava una sola cosa da fare. Correre per la sua vita, per quella di Harry e del risultato concreto del loro amore, che Elena si immaginò dormiente nella sua stanza piena di peluche, cullato dal bagliore soffuso della luna, a cui lei, in quel momento, pregava di portargli il suo amore. Con un gesto secco della mano mise fine ai suoi pensiero, prendendo a correre dalla parte opposta da dove era arrivata. L’aria le sferzava sulle guance come a schiaffeggiarle, e Elena sentì le lacrime bruciarle ai lati degli occhi. Ma le represse, non voleva che nessuno la vedesse piangere, le sue lacrime erano troppo preziose perché fossero sprecate per persone spregevoli come Clio e Anthanasia.
Corse finché non cominciarono a farle male le gambe, finché non sentì le urla adirate e distorte delle sue Sorelle giungerle alle orecchie come un’eco lontana. Ignorò la sensazione di terrore che le attanagliava lo stomaco e continuò a correre, mentre le luci della città le sfilavano accanto come lucciole in un prato d’estate.
Quando Elena giunse in prossimità della campagna, dove l’asfalto della città lasciava posto al verde del fogliame del bosco, dove lo smog si trasformava in aria pura e dove il cielo si stava pian piano infiammando della luce che da est si levava lentamente, deciso di fermare la sua corsa. La sua provenienza divina le aveva permesso di non stancarsi troppo e di percorrere molti chilometri, ma Elena sapeva che non sarebbe bastato per dividerla dal suo destino. Si avventurò fra i boschi, le fronde degli alberi le accarezzavano il corpo e l’aroma di terra umida le giungeva alle narici come balsamo per le sue ferite. Nonostante il suo potere fosse quello del fuoco, Elena si era sempre sentita legata alla natura, come se fin dal suo concepimento, fosse stato scritto che doveva essere attratta da ciò che distruggeva con le sue capacità. Lo stesso era successo con Harry, colui che avrebbe dovuto perseguitare, ma che aveva invece risparmiato e amato come mai aveva fatto con qualcuno, donandogli corpo e anima. Lui era stato l’errore più bello della sua vita, lo sbaglio che aveva segnato la fine della Elena distruttrice e l’inizio della nuova Elena.
Una lacrima silenziosa le solcò il volto stanco, mentre si acquattava sotto le fronde di una quercia secolare, dove i singhiozzi cominciarono a scuoterle il corpo. Dopo pochi minuti, quando le lacrime ebbero imperlato i fili d’erba come gocce di rugiada, sentì dei rumori di passi attuti dal terreno e attivò i sensi, ma ormai era troppo tardi. Le sagome bellissime e inquietanti di Clio e Anthanasia le comparirono davanti come trasportate dal vento, gli occhi iniettati di sangue e i capelli che si agitavano come serpi in cerca di una preda a cui estirpare la vita fra le proprie fauci velenose. entrambe protesero un braccio verso Elena, che non ebbe nemmeno il tempo provare a difendersi. Due lance avvolte da fasci di luci scuri come il manto della notte le trafissero il petto all’altezza del cuore, da cui sgorgarono fiotti di sangue scarlatti che si diramarono sulle sue vesti e le colorarono come nastri. Le due Sorelle storsero il naso nauseate, come si era ridotta Elena, aveva dato fiducia ad un amore che le aveva purificato il sangue nelle vene, ma che era stato la sua eterna condanna.

   
 
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