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Autore: Raggio di Gioia    06/05/2013    5 recensioni
Buonsalve popolo! Sono di nuovo Raggio di Gioia
Eccomi alle prese con una fic che mi è saltata in mente alla quarta ora in classe...
Come pensate che sopravvivrà il nostro surfista alle prese con le ultime due ore della settimana a quasi metà maggio?
Lo scoprirete solo leggendo credo.
P.s. Molto è tratto da quanto è successo a me in classe, ma non vi dico cosa XD
Tratto dal testo:
Il surfista sospirò rassegnato, affondando la guancia nel palmo della mano, posando tutto il peso del capo sulla forza del braccio, che la scaricava sul gomito. Spostò lo sguardo fuori dalla finestra.
Era ormai convinto che quella giornata non sarebbe più finita, così s’abbandonò alle sue fantasie più belle.
Ci si sente dentro!
Raggio di Gioia
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harley/Jousuke, Victoria/Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Con la testa tra le onde…

 
Storia dell’Arte.
Ecco cosa stavano facendo e cosa avrebbero fatto per le prossime due ore in quella classe, prima che anche quell’ultimo, esasperante, giorno settimanale di scuola, il benedetto e da tutti gli studenti santificato Venerdì, finisse.

Un ampio sbadiglio si fece spazio sul volto assonnato di Harley, che assentamene “seguiva la prof” nella sua – noiosissima e soporifera a suo avviso – spiegazione o quel che fosse.

Un altro sbadiglio. – Che ore sono? – Chiese in un soffio a Darren; lui guardò l’orologio da polso, poi Harley e di nuovo l’orologio.
– Lo stesso orario di tredici secondi fa. Lo sai che è la sesta volta che me lo chiedi in un minuto, vero? –
Harley sbuffo sommessamente e affondò la testa tra le braccia, poggiando la fronte sul banco.

Passarono appena due minuti che al surfista parvero secoli. Si voltò di nuovo verso Darren e come fosse un sacro culto da onorare ogni secondo della sua vita, ripeté per la settima volta la sacra domanda. – Che ore sono? –
Darren lo guardò seriamente preoccupato. – Scusa non è che soffri di Alzheimer? –
Harley ignorò quella domanda. – Che ore sono? –
– Ok, sul serio è l’ottava volta, stai male? –
– Che ore sono? – Darren socchiuse le palpebre e decise di ignorarlo per il resto della lezione.
Passò qualche secondo di silenzio tra i due, senza che nessuno dicesse nulla.
Intanto la professoressa spiegava.
Ancora istanti d’interminabile silenzio.
La professoressa che spiegava.
Ancora silenzio.
La professoressa.
Silenzio.
Professoressa.
Silenzio.
– Che ore sono? – Darren slanciò in alto il braccio e attirò l’attenzione dell’insegnante.
– Posso andare in bagno? O a buttare il mio orologio? –
Harley sgranò gli occhi e realizzo il perché di quella richiesta: era la decima volta.
 
Aveva mancato il bersaglio. La pallina di carta aveva preso la cattedra invece della testa della prof mentre questa era di spalle.
Il surfista accartocciò tra le mani la cerbottana e la lanciò oltre il banco. Si stava annoiando, eccome se lo stava facendo…
Buttò un occhio all’orologio: le dodici e venticinque.
 
Cominciò a inaugurare delle corse di penne sul suo banco, scommettendo con Caleb su quale arrivasse per prima giù nove volte su dieci.
Perse cento yen.
Sbirciò ancora l’orario sull’orologio da muro: le dodici e trentadue.
 
Un sonoro sbuffo abilmente trattenuto cercò di pervenire dalle sue labbra mentre posava la matita sul banco.
Aveva disegnato sul suo diario uno splendido paesaggio marino; in queste cose era abbastanza bravo, non lo rinnegava.
Le dodici e quarantaquattro.
 
“Oggi cosa fai dopo gli allenamenti?” Victoria rilesse quel bigliettino con il cuore in quarta almeno dieci volte prima di rispondere.
“Niente di che… Tu invece hai progetti?” Harley mordicchiò nervosamente l’estremità della penna, incerto su come risponderle.
“Speravo di andare in spiaggia, oggi il tempo è splendido e ci saranno di sicuro delle onde fantastiche! Anche se ci sarà da viaggiare un po’…” La ragazza lesse quel bigliettino con una punta di delusione.
“Ci vuoi andare da solo o ti porti qualche amico?” Harley si ticchettò più volte la tempia con la penna.
“Speravo di andare con qualcuno… Ti va di venire? Magari coinvolgiamo anche qualcun altro.” Lei non esitò a rispondere un secondo.
“Ma certo vengo volentieri! Sarebbe bello stare con te andare un po’ in spiaggia oggi!” Harley tentò di leggere cosa c’era scritto sotto le linee di cancellatura, ma dopo un po’ rinunciò rassegnato.
Suonò la campanella. Ancora un’ora.
 
Senza farsi vedere dalla professoressa Harley e Mark si lanciavano ripetutamente da una parte all’altra della classe una grossa pallina di carta a mo’ di pallavolo.
Tutto sommato c’era anche un certo brusio, non avrebbe fatto caso a loro due più di tanto.
Accidentalmente la pallina prese in testa Xavier, che ne risultò piuttosto contrariato. – Harley che ti salta in mente?! –
Gli scaraventò con forza la pallina addosso, prendendolo sul naso. – Ehi, scusa, non volevo; non prendertela. – Il rosso alzò gli occhi al cielo e tornò a parlare con Jordan.
Il giovane Kane guardò storto Mark. – Capitano, sei un portiere eccezionale, non lo nego, ma fa più attenzione con le prese in classe! –
Mark corrugò la fronte ribattendo a tono. – Sei stato tu a lanciarla male! –
Un rumore sordo si propagò nell’aria, ponendo un silenzio grave tutt’attorno.
– SILENZIO! –Tuonò la professoressa; percorse tutti con lo sguardo e riprese il libro tra le mani, precedentemente battuto sulla cattedra.
L’una e zero sette.

Il surfista sospirò rassegnato, affondando la guancia nel palmo della mano, posando tutto il peso del capo sulla forza del braccio, che la scaricava sul gomito.
Spostò lo sguardo fuori dalla finestra.

Era ormai convinto che quella giornata non sarebbe più finita, così s’abbandonò alle sue fantasie più belle.
Cominciò a vagare nei sogni ad occhi aperti e pian piano il mondo attorno a lui andò dissolvendosi, i rumori si fecero ovattati, sopra e sotto non ebbero più un senso.

I colori iniziarono a sfumare e gradualmente si mescolarono tra loro annullando i bordi e i confini che li separavano, mentre davanti allo sguardo quasi vacuo del giovane andarono delinearsi i confini di una limpida spiaggia e un profondo mare cristallino iniziò a propagare nell’aria il rumore delle onde che s’infrangevano sulla sabbia.

Dalle nicchie tra gli scogli spuntavano ogni tanto dei timidi granchietti che passeggiavano qui e là sulla sabbia umida, tornando indietro davanti alle onde un paio di volte per poi immergervisi o tornare nelle loro nicchie; nel cielo di uno splendido azzurro terso volavano liberi stormi di gabbiani che alle volte azzardavano una pesca in mare uscendone vincitori con un pesce nel becco o semplicemente senza nulla.

Alla splendida luce del sole i granelli di sabbia parevano risplendere di luce propria ed emanavano un bagliore simile a quello di una miriade di piccoli brillanti.
Intanto lo scrosciare delle onde e le loro complesse acrobazie le une sulle altre, creavano magnifici giochi di luce, che andavano a contrastare con la tranquillità dei riflessi calmi e immutati dell’orizzonte, creando un’armonia perfetta.

Ovunque erano sparsi sul terreno sassolini, e conchiglie di ogni forma, dimensione e forse anche colore. Nel mezzo di quel paradiso c’era una bellissima ragazza china sulla sabbia a raccogliere le conchiglie, che rimirava poi con meraviglia alla luce del sole, rigirandole più e più volte tra le dita rosee e affusolate. I suoi capelli rossi come il fuoco parevano rilucere da sé e ad Harley parve una visione quasi divina.

Quando la ragazza si voltò riconobbe in lei il viso di Victoria, in tutta la sua dolcezza; questa gli si avvicinò raggiante come il sole e con un sorriso che quasi lo inebriò chiamò il suo nome.
– Harley… – Lui sentì le sue labbra incurvarsi in un timido sorriso, mentre lei continuava a ripetere il suo nome.
– Harley… – Sentì un piacevole calore cospargergli le guance, mentre lentamente quella visione divina perdeva consistenza e la voce di Victoria pareva farsi sempre più vicina e chiara.
– Harley. – Tutto ciò che fino a quel momento lo circondava s’offuscò cedendo pian piano spazio alle mura della classe e all’interno di tutta la struttura.
– Harley? Harley! –
Lui si riscosse improvvisamente. – Eh? Co-come? Cosa? Sì, che c’è? –
Lei l’osservò divertita. – Harley, che ti è preso? Ti sto chiamando da quasi cinque minuti, e poi come mai sei arrossito? – Ecco spiegato il piacevole calore di poco prima.
Lui parve rianimarsi. – Scusa, ma… Che ore sono? –
Lei inarcò un sopracciglio. – La campanella è suonata cinque minuti fa! Sono tornata indietro perché eri rimasto in classe! –
Lui sgranò gli occhi. L’ora? Finita?! Di già?!?
Guardò l’orologio da muro: segnava le due e zero sette.
Era passata un’ora precisa.

La guardò sgomento per qualche istante, poi sorrise ampiamente e cominciò a cacciare la sua roba nella cartella.
– Allora, andiamo in spiaggia? –
Lei sorrise di rimando. – Ma certo che sì! Che fai, porti la tua tavola? –
Parve pensarci stranamente su. – No, oggi non mi va. Piuttosto che ne dici di fare una passeggiata in spiaggia? So che ti piacciono molto le conchiglie, magari ne raccogliamo qualcuna strada facendo e ti faccio una collanina… –
Victoria arrossì per un’istante, poi rispose. – Vo-volentieri. Ora, andiamo? –

Harley sorrise verso la giovane e si mise la sacca in spalla.
Forse quel giorno fare una semplice passeggiata sarebbe stato meglio che surfare, chissà…
Magari e sottolineo, magari, si sarebbe divertito anche di più…
 




Angolino colorato dal profumo di Primavera
 
Oddio ce l’ho fatta, sì! Scusate, scusate, ma…
Non lo so, quest’idea mi è venuta in mente stamattina alla quarta ora, mentre facevo storia dell’arte e (strano ma vero) MI ANNOIAVO! Cioè IO che AMO L’ARTE mi annoio durante la lezione di Storia dell’Arte!
Oddio! O^O Ci sarà l’apocalisse…
Si salvi chi può… .-.,, Ok, spero comunque che apprezziate, perché c’ho messo tipo tre ore a scriverla… Tutto il pomeriggio.
Sono pazza lo so, non me lo dite, =3 Ma ne vado fiera! *W*
Sarà che questo week wnd vado al mare con la mia migliore amica, che m’è venuto in mente… boh… Ora vado a cenare! Mi aspetta un trancio di pizza ripiena! =Q_
Kisses! Gioia-chan <3

  
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