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Autore: darkronin    07/05/2013    2 recensioni
“Voi non siete l'unico popolo. Né siete l'unica minaccia. Il mondo si sta riempiendo di esseri fuori dal comune che non possiamo controllare”
La Terra e i suoi abitanti sono davvero al sicuro, ora che la minaccia dei Chitauri è stata debellata, o quella che si è abbattuta su New York era solo l'avanguardia di una guerra più complessa e articolata?
- - - - Crossover Avengers-X-men col Marvelverse più in generale (come dovrebbe essere in realtà)
- - - Personaggi principali aggiuntivi: Wolverine, Deadpool, Gambit, Rogue, Nightcrawler, Spiderman – nella seconda parte anche Antman, Wasp, i Fantastici4.
- - Limitate apparizioni di personaggi già noti: Thor, Loki, Odino, Hulk, Jane Foster, Erik Selvig, i senatori Stern, Kelly e Boyton.
- Altri, per ora secondari ma non meno importanti ai fini della trama: Sinistro, Emma Frost, Jean Gray, Ciclope, Xavier, Mystica, Magneto, Morph, Donna Ragno, DareDevil, Angelo, Tempesta, Kitty Pride, Colosso, Psylocke, Fantomex, Visione, Daisy, DumDumDugan, Contessa Allegra Valentina di Fontaine, Norman Osborne, Hela e Sigyn
+Riferimenti a Civil War, Dark Reign
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Cross-over, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'ira degli eroi'
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41. Paradiso e inferno






Il giardino di Susan era umido e accogliente, una piccola foresta tropicale trapiantata a New York. Sembrava di trovarsi nel giardino dell'Eden tanto era perfetto, di un verde intenso spruzzato qua e là dai vivaci colori di fiori esotici. Se c'era una cosa che le piaceva, seconda solo all'adrenalina, fornita dal volo e dalla guida, era proprio immergersi in quel tipo di ambienti. Spesso faceva visita alla serra di Ororo, nella scuola di Xavier, solo per trovare un po' di conforto e lasciare che i problemi che le gravavano sulle spalle si alleggerissero un poco. Vuoi per la cromoterapia, vuoi per la fito-orto-terapia o come diavolo si chiamava il contemplare la natura, quelle visite avevano un vero e proprio effetto calmante.
Rimasta finalmente sola, si sfilò un guanto per poter godere della sensazione fresca e vellutata del petalo rosato di un fiore e fu colpita da un pensiero. Né gli animali né le piante erano soggette al suo potere. Certo, non poteva dire di avere il pollice verde, ma almeno non bruciava tutto dopo un semplice contatto. Sia gli uni che le altre erano esseri viventi eppure lei aveva problemi solo con gli esseri umani. Le scappò un sospiro pensando che forse Steve aveva ragione: lo shock della prima manifestazione traumatica del proprio potere l'aveva resa suscettibile ogni volta che c'era un essere umano in giro.
“Hai bisogno di una cavia...?” disse, improvvisa e suadente, la voce di Gambit, irrimediabilmente troppo vicina al suo orecchio. Non fosse stata bloccata, istintivamente, da mille e un pensiero la cosa le avrebbe anche potuto provocarle un brivido lungo la schiena. Ma il suo corpo reagì immediatamente dandogli una gomitata per allontanarlo “Sei impazzito?”
“Sei prevedibile, mon ange...” la canzonò scansando facilmente il suo colpo “E anche ripetitiva nelle invettive” Con un'agile mossa si spostò esattamente davanti a lei, facendola girare su se stessa e intrappolandola sotto di sé costringendola con la schiena contro i ripiani metallici in cui erano alloggiate alcune piante.
“Anche tu, Ace of Spade...” ghignò Rogue, ritrovando il suo sangue freddo e puntandogli contro l'indice della mano. Si ricordò solo allora di essere sguarnita della sua protezione e ritrasse la mano come scottata, in cerca del suo guanto. Si tastò le tasche del giubbotto e dei pantaloni ma le sembrava di non averlo messo via: non lo faceva mai per paura di perderlo, lo teneva nel pugno dell'altra mano e ora...
Gambit la lasciò fare per qualche minuto, beandosi delle sue imprecazioni da fine scaricatrice di porto qual'era la bella ragazza della Lousiana finché non riuscì più a trattenere il sorriso sfacciato che gli increspava le labbra “Cerchi questo?” domandò sventagliandogli sotto il naso l'oggetto delle sue ricerche.
“Ladro! Dammelo!” ordinò lei porgendogli la mano protetta.
Voleur, prego...” Il sorriso sulle labbra dell'altro si incrinò appena “E' un complimento, per Gambit, ricordi?”
“Perché non ti do dell'Assassino? Capirai...” replicò levando gli occhi al cielo
“Una grande differenza!” sottolineò lui prendendole la mano con la sua, in tono di rimprovero. Ma al posto di renderle il guanto, le fece il baciamano. Un vero baciamano che non sfiorò nemmeno il guanto, non come certe imitazioni bavose che nulla avevano a che fare col galateo. Lei si ritrasse sdegnata, pur confinata nell'angolo, e lui strinse il pugno cercando di non dare a vedere quanto quella reazione lo avesse ferito e offeso “Gambit non ha mai ucciso nessuno” precisò quindi.
“Invece io sì!” replicò lei col sangue che già ribolliva nelle vene.
“Non ho mai detto che sei un'assassina...” replicò lui sulla difensiva
“Ma so che è quello che pensano tutti... Anche tu... Perché è vero!” Disse zittendolo, tanta era l'acredine nella sua voce “Mi stai tanto appresso perché vedi in me il surrogato di Belladonna?” domandò assottigliando lo sguardo e studiando il compagno con sospetto, come se lo vedesse per la prima volta.
Lui scosse la testa, tirando un sorriso “Come siamo arrivati a questo quando Gambit era partito da tutt'altre premesse?” domandò stanco “Ricominciamo da capo, vuoi?”
Lei incrociò le braccia sotto il seno, allontanando la mano nuda dal suo raggio d'azione. “Che vuoi?” domandò infastidita
Il moro esitò un attimo; il sorriso era scomparso dalle sue labbra “Sai che potrei convincerti a usarmi come cavia?”
“Ah, davvero?” replicò lei sarcastica “E come? Sono davvero curiosa! Avresti qualche strano asso nella manica?”
Parbleu! Non hai mai notato come veda sempre soddisfatto ogni mio desiderio?”
“Non proprio sempre...” replicò lei con sarcasmo.
“Se parli di te, dovresti saperlo...” disse avvicinandolesi suadente “Non voglio imbrogliare: mi piace giocare a carte scoperte...”
“Stai lontano, Cajun!” lo minacciò lei
“Altrimenti cosa? Usi il potere di Ciclope per allontanarmi?” domandò facendosi più vicino, sfacciato e insolente come al solito.
“Basta un mio pugno, per quello!” replicò la mutante, alzando il mento, orgogliosa nonostante la distanza inesistente che li separava.
“Avresti davvero il coraggio?” ghignò lui. La studiò ancora un attimo quindi, senza aspettare la sua risposta, che non sarebbe mai giunta, fece scorrere lentamente una gamba tra le sue, leggermente divaricate, in modo che fossero entrambi nella medesima situazione, e la fissò intensamente. “Davvero mi colpiresti, Chérie? Una creatura come te è nata per amare... nonostante tutto...” Rogue non reagiva, come impietrita da quella situazione nuova e sconosciuta. Di solito lo teneva a distanza ed impediva che si avvicinasse così tanto. Ma Gambit sapeva che non era tutto merito della distrazione della giovane. La guardò ancora, con venerazione “Se solo tu volessi...” le disse all'orecchio con voce roca “Riusciremmo a trovare un altro modo, una via tutta nostra... per esprimere quello che sentiamo.” Le fece scivolare un l'indice, protetto dal guanto che stringeva in pugno, lungo il collo nudo per poi farlo scivolare giù per la schiena, lungo la colonna vertebrale. La sentì trattenere il respiro e fu costretto a mordersi il labbro inferiore, prima di continuare a parlare, focalizzato sulla sua bocca appena dischiusa “Potrei anche, con un certo sforzo e un certo sacrificio, certo, farti diventare una vera donna. Non è cosa impossibile... solo scomoda. Però, lo ammetto, per quanto le labbra siano solo una minima parte del tutto, la vera condanna sarebbe sempre non poterti baciare. Ma ormai, credo di essere abituato...” bisbigliò sulle sue labbra prima di sospirare. Si ritrasse quel tanto che bastava per osservarla e chiuse gli occhi, combattuto, come se stesse prendendo una decisione difficile o come se fosse disgustato da se stesso. “Lo vedi, Rogue? Non è divertente...” disse con un sorriso triste che non raggiungeva lo sguardo scuro e fiammeggiante di desiderio represso.
“Che cazzo mi hai fatto, razza di deficiente?” sbottò Rogue d'improvviso sbarrando gli occhi come se si fosse risvegliata da uno stato di ipnosi. Strinse il pugno e, senza pensarci due volte, scaraventò il francese tra le fresche frasche a calmare i bollenti spiriti. Quello carambolò tra il fogliame, spezzando diversi rami e finì per sfracellare un vaso e rovesciarne il terriccio tutt'attorno. “Pezzo di cretino!” ringhiò ancora lei, ritrovando la solita rabbia. Marciò verso di lui per sollevarlo da terra di peso e dargliene ancora: nessuno l'avrebbe trattenuta dal massacrarlo una volta per tutte. “Cos'era quel trucchetto mentale da cavaliere Jedi? Come hai fatto a paralizzarmi in quel modo?” ringhiò tirandolo a sé. “Soprattutto, queste si chiamano molestie e ci sono tutti gli estremi per una denuncia! Che avrei dovuto sporgere secoli fa, quando ancora non eri nato!”
“Rogue...” alitò quello, stordito dal volo che lei gli aveva appena fatto fare “Tu sei destrimane, vero?” domandò invece quello, tenendosi appena la testa dolorante
“Tu sei matto da legare. Cosa c'entra ora questo?” replicò strattonandolo per il bavero e portandolo alla sua altezza.
“Non dimentichi qualcosa?” continuò Remy, rispondendole con una domanda.
“Cosa? Che sei uno stronzo?”
Lui riuscì ad alzare il braccio intorpidito quel tanto che bastava per mostrarle cosa sventolava tra le sue dita: il guanto. E lei l'aveva colpito a mano nuda.
Rogue mollò subito la presa, lasciandolo cadere nuovamente in malo modo. Si fissò gli arti con orrore, desiderosa di poterseli pulire ancora e ancora dalla lordura della sua mutazione.
Gambit si tirò in piedi lentamente, dolorante per i ripetuti impatti col pavimento. “Lo vuoi...” disse sottintendendo il guanto che ancora stringeva in pugno “O posso tenermelo come prezioso ricordo di questa memorabile giornata?”
Ma lei non lo badava: continuava a spostare lo sguardo, terrorizzata, tra la sua mano e il volto del francese senza realmente vederlo. “Cosa mi hai fatto?” alitò sconvolta.
“Ho solo pensato a quello che ha detto Mister Muscolo del secolo scorso...” cominciò. Notando lo sguardo spaesato di lei che, ora, per una volta tanto, pendeva dalle sue labbra, continuò “Ho riflettuto sulla cosa per diverso tempo. Come sai è nel mio interesse che tu riesca a gestire questo potere. Anche se, per quel che mi riguarda, Gambit morirebbe anche solo per un tuo bacio. Ma questo lo sai. Quindi ho cercato di capire cosa poteva renderti tanto diversa. Non avevo pensato nell'ottica di Rogers ma avevo fatto una considerazione. A cosa imputare il controllo dei nostri poteri? Alla nostra volontà? Bene. Allora di notte dovremmo essere tutti in loro balìa: siamo incoscienti e impossibilitati a controllarli. Mi segui?” Lei annuì appena mentre il senso di quello che lui le stava spiegando cominciava già a prendere forma “Solo per farti un esempio che forse ti è più familiare, visto che all'istituto condividete la camera: di notte, Kitty dovrebbe sprofondare fino a trovarsi dall'altro capo del globo. Quando dorme il suo potere è attivo? Io non credo.”
“Ma mi ha detto che Kurt, una volta, mentre stava male, s'è ritrovato a dormire in strada...” replicò lei, tornando improvvisamente serie e sarcastica.
Il Cajun meditò al riguardo “Credo che quella sia un'eccezione e che Kurt, malato, fosse in stato di preveglia o di incoscienza... Parliamo di situazioni normali, Rogue. Di notte il potere si disattiva perché, come diceva Rogers, se non è dominato dalla ragione, come il grilletto di una pistola, si scatena istintivamente quando il mutante ha paura. Certo, non tutti i poteri sono uguali. Non quello di guarigione di Logan. Anche se, suppongo sia abbastanza ovvio che si manifesti quando il suo ospite è in pericolo... e nel suo caso, è possibile che l'organismo prenda come segnale di pericolo il semplice decadimento cellulare.”
“E tutto ciò cosa c'entra con me?”
“Eri arrabbiata: ho usato il mio potere di persuasione su di te di proposito per farti infuriare. Anche se non è stato affatto divertente poter giocare così con te. A quel punto, comunque, il tuo unico pensiero era colpirmi. Non eri spaventata dal contatto fisico, anzi, lo cercavi.” La squadrò per un attimo, soppesandola nell'insieme “Se solo tu non associassi al contatto epidermico la paura, forse...”
“Potrei davvero imparare a dominarlo...?” domandò scettica. Un'ombra di speranza, però, le incrinava la voce.
“Perché no? Prendi Gambit, ad esempio: dovrei sempre far esplodere tutto ciò che di inorganico finisco per toccare. E all'inizio era così. Poi, superata la paura, ho trovato la cosa divertente...”
“La tua anima dinamitarda...” confermò lei con un cenno d'assenso. Ogni traccia di rabbia era svanita, troppo impegnata a digerire quella possibilità di vita normale. Senza cure strane, miracolose ed utopiche.
“Rogue... il Capitano ha ragione: puoi farcela. E per capire se migliori ti serve una cavia.... voilà!” disse facendole un inchino teatrale “Je suis tout à toi!”
“Non se ne parla nemmeno!” disse lapidaria. Accompagnata da un movimento della mano, una forza magnetica sollevò il ragazzo da terra, spostandolo di peso dalla sua traiettoria. Quindi, cominciò a risistemare sommariamente il disastro che lei stessa aveva combinato.
“E come pensi di fare, altrimenti?” replicò Remy indispettito alle sue spalle, mani ai fianchi.
“In un modo farò. Non è che perché tu sei carico di energia cinetica, le cose cambino.” disse tornando a fronteggiarlo “Io assorbo qualunque cosa. La tua energia non è come una batteria: tu produci e io assorbo all'infinito. Nossignore. Così come non funziona con Logan! E, in realtà, non funzionerebbe nemmeno con Karl: ci assorbiremmo a vicenda fino a crollare o a diventare due persone identiche nella psiche e nei poteri”
Gambit si imbronciò “Ah...con Logan ci hai già provato, quindi...”
“No che non ci ho provato, non sono scema! E' solo logica!” replicò lei bellicosa. Detestava quando l'altro diventava così geloso e possessivo. Lei non era di nessuno.
“Marie...” sbuffò quello passandosi una mano tra i capelli “Come la tua vita è tua soltanto, quella di Gambit è solo mia. Decido io come gestirla. Se voglio sacrificarmi per te è una cosa che non ti riguarda.” disse nel tentativo di convincerla, neanche le avesse letto nella mente.
“Non voglio essere salvata da nessuno!” replicò astiosa.
“Dovresti essere grata che te lo dico. Potrei fare qualunque cosa per proteggerti senza che tu lo venga a sapere. Saresti più felice, così? Credo che nel momento in cui tu lo scoprissi saresti molto, molto delusa.”
“Ma sono io che non voglio avere niente a che fare con te!” replicò stizzita, nel tentativo di ferirlo e allontanarlo.
Ma lui non sembrò farci caso. “Ammetto che continui a farmi male, quando maltratti Gambit così... ma so che è solo una maschera, quindi...” fece spallucce “Non mi arrendo!”
“Io di te non mi fido! Tra tutti gli X-men sei quello che meno merita la mia fiducia, ricordalo sempre!”
“Anche meno di Wolverine?” replicò lui piccato
“Smettila di paragonarti a lui. C'è un abisso tra voi!” ringhiò strappandogli di mano il guanto.
“Dovresti risolverlo, questo complesso di Elettra, sai?” replicò infastidito, lasciando scendere le braccia lungo i fianchi.
“Io non ho nessun complesso!” disse lei dandogli uno spintone. Aveva le guance e le orecchie in fiamme per l'imbarazzo e la rabbia. “E tu parli così solo perché sei geloso e non ti dedico le stesse attenzioni.”
“Decisamente!” confermò senza imbarazzo “Se non credi a quanto io sia sincero, a quanto mi dispiaccia per quello che è avvenuto con Belladonna o con i Morlock, puoi sempre assorbire ancora i miei ricordi. Sei l'unica a saperlo e sai anche perché l'avevo tenuto nascosto.” disse avanzando di un passo, sfidandola “Coraggio! Provaci. Se davvero non vuoi, non assorbirai nulla! Basta che tu non ti faccia prendere dal panico, perché allora mi faresti secco...” aggiunse sorridendo triste.
“Non mi sembra il posto migliore per amoreggiare!” li canzonò, all'improvviso, dall'alto, una voce divertita. I due X-men alzarono gli occhi alla balaustra dove Rogue aveva chiacchierato con Steve Rogers e vi trovarono i due agenti S.H.I.E.L.D. in compagnia di un donna così elegante da sembrare un'attrice. “E non farei ingelosire Ben con queste scenette, se fossi in voi...” aggiunse ticchettando via.
“Aggrappati!” sibilò la mutante al francese, cominciando a levitare. Con un balzo furono alle spalle della spia e dell'arciere che si stavano incamminando verso la grande cucina abitabile al seguito della donna in nero e oro.
Non fecero in tempo a varcare la soglia che Clint lanciò un'imprecazione e si schiaffeggiò il braccio. Poi, subito dopo, il collo.
“Smettila di fare il bambino, Henry, e lascia in pace Clint!” sibilò subito Janet, bellicosa, avendo capito cosa stava succedendo, fermandosi nel corridoio con aria bellicosa.
“Lo difendi anche!” protestò la voce dell'uomo al di là della sala.
Janet, infastidita dalla gelosia del marito, piantò le mani sui fianchi “Abbi il coraggio di dirmelo guardandomi negli occhi. E rimanda le formiche volanti, zanzare e quant'altro da dove sono venute!”
L'uomo comparve dalla porta adiacente, la tuta arancione arrotolata sulla vita, impegnato a sfogliare dei documenti agganciati a una cartella. Chiuse il tutto con un movimento brusco e se lo infilò sotto braccio mentre incrociava gli arti al petto in un annoiato atteggiamento di sfida “Stalle lontano!”
“Henry!” Clint alzò gli occhi al cielo, esasperato “Con tutto il rispetto, Janet...” disse avvertendo la donna “Ma sai quanto me ne frega di tua moglie?”
“Come ti permetti?” saltò su l'altro
“Senti, con tutto il bene che le voglio, Janet è troppo perfettina per i miei gusti...” rispose l'altro, stanco.
“Eh, a lui piace il pericolo...” sghignazzò sadico Deadpool, che si era goduto tutta la scenetta sbracato sul divano sbriciolando patatine sui tappeti e che era pronto a unirsi a qualunque linciaggio, anche solo metaforico.
“E che pericolo!” gli fecero eco Janet e Coulson, rientrato alla base dopo la segnalazione di Pym sull'episodio di Liberty Island e ora a fianco di Wilson, a godersi lo spettacolo e le patatine.
Clint riservò a entrambi un'occhiata di sufficienza. Janet era pure scema, oltre che esibizionista, se pensava che lui fosse il tipo che si divertiva a stuzzicare un uomo sposato. Poteva ben capire il nervosismo di Henry, per quanto ingiustificato: lui avrebbe brutalmente ucciso Stark se solo avesse accennato a qualcosa di solo vagamente diverso dal rapporto lavorativo che aveva con Nat.
Tanto più che era alcolizzato e, nonostante Natasha sapesse più che difendersi, la sola idea gli mandava il sangue alla testa: sapeva bene cosa potevano fare gli uomini ubriachi quando eccedevano. La sua infanzia non era stata certo una passeggiata, prima di finire in orfanotrofio. Era ridicolo, ma Stark era stato per breve tempo il suo mito. Le sue figure maschili di riferimento erano sempre degli ubriaconi. Forse avrebbe fatto bene a usufruire della consulenza psicologica offerta dallo S.H.I.E.L.D.
Quanto a Coulson, ormai aveva fatto il callo alle sue battutine velenose quando si trattava della rossa.
Incurante di tutto, lo scienziato continuò ad attaccarlo “Questo non ti ha certo fermato dal sedurla una volta...” ringhiò, livido di rabbia.
“Senti, se avete problemi coniugali non prendertela sempre con me e, piuttosto, andate da un consulente...” disse stanco di quelle continue recriminazioni.
“Lurido...” imprecò l'altro mollando la cartellina per terra, pronto a scagliarsi contro l'arciere.
Clint non si scompose e, presa tra le dita la monetina da un centesimo che aveva in tasca, la fece schizzare come un proiettile verso l'alto. “Direi che dovresti anche imparare a gestire la tua rabbia...” lo canzonò ancora mentre la tuta da lavoro -lacerata dal dardo che gli era piovuto addosso rimbalzando sul soffitto- scivolava a terra, lasciando lo scienziato in mutande.
“Sei uno stronzo!” sibilò Henry riagguantando gli indumenti, sistemandoseli alla ben'e meglio. La rabbia non gli era passata e caricò nuovamente il pugno, intenzionato a colpire l'altro al volto. Clint non lo guardò nemmeno mentre parava il suo colpo con estrema facilità, gli ruotava il braccio all'indietro, facendogli emettere un mugolio di dolore, e gli si aggrappava alla fronte - con la remota intenzione di torcergli l'osso del collo- mentre lo costringeva carponi, un ginocchio premuto sulla schiena, subito sotto il braccio piegato.
“Ti arrendi?” sibilò all'orecchio dell'altro che accennò una risposta affermativa controvoglia, boccheggiando in cerca di aria. Una volta libero, si massaggiò il polso offeso e non proferì più alcuna parola, pur continuando a guardarlo con ostilità.
“Wow... Sono l'unico a portare mutande colorate?” domandò Deadpool inclinando la testa, perplesso “Che barbosi che siete...”
“Wilson...” lo chiamò Natasha “...dacci un taglio!”
“Subito!” replicò quello, sguainando un Bowie dallo stivale “Con chi comincio, mia adorata?”
“Con il pranzo in cucina!” replicò la spia acidamente “Va a prepararmi qualcosa che ho fame!”
“Giusto!” intervenne anche Janet, considerate chiuse le schermaglie tra i due uomini “Andiamo a dare una mano a Susan: con tutta questa gente dovrà sgobbare il doppio”
“Susan non può cucinare” replicò freddamente Pym “E' impegnata in laboratorio”
“Ecco, mon amour, va anche tu, su!” disse Rogue spintonando Gambit.
“Non sei gelosa di tutte queste donne, Chérie?” replicò lui sornione, nell'ennesimo tentativo di conquistarla “E' vero che sono sposate ma... Ehi, un momento! Hai detto mon amour?”
“Fila!” ringhiò lei stendendo il braccio a indicargli la strada.

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Arrivati a questo punto, credo urga una spiegazione delle tempistiche che si trascinano da 9 capitoli. Dunque: tutto comincia con la chiamata al Senato, che, ovviamente s'è tenuta di buon ora: alle 8 a Washington D.C. Facciamo finta che sia iniziata puntale e sia durata un'oretta (Tony odia perdere tempo). Quindi il viaggio di rientro partendo alle 9.30.
In macchina ci metterebbero 3-4 ore per coprire i 366 km (tenete a mente questo dato per un capitolo molto più in là).
Con un elicottero in un'oretta sarebbe fattibile ma è quanto di più orrendo, rumoroso, claustrofobico e scomodo possa esistere come mezzo di trasporto... quindi opto per il Jet: il Cessna Citation X -non ho controllato ma a occhio mi sembra proprio il jet di Stark- è tra i più veloci jet privati e può raggiungere i 1120 km/h e tiene 8 posti a sedere... più che sufficienti per i miei scopi: in venti minuti divora la distanza New York-Washington). Sono le 10 quando atterrano. 10.20 sono alla torre (l'aeroporto La Guardia, a cui accenna Pepper in AV, dista 12 minuti in macchina). Rhodey e Matt non si sono trattenuti più di un'altra oretta. E Si fa mezzogiorno. Ma Tony deve lavorare al comunicato stampa. Mentre aspetta, Pepper ha la bella idea di farsi il volo di prova. Visione attacca lei e Rogue e ci ritroviamo ad affrontare la battaglia con l'androide. E' passata un'altra ora. Ora, i geniali scienziati si sono messi al lavoro per evitare che Visione dia i numeri. Nel frattempo, qualcuno si metterà ai fornelli. Diciamo che pranzano intorno alle 2 del pomeriggio. Un orario non proprio impossibile.
   
 
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