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Autore: shadow_sea    07/05/2013    5 recensioni
Il seguito di "Come ai vecchi tempi".
Questa volta le avventure del comandante Trinity Shepard fanno riferimento agli eventi narrati in Mass Effect 3.
Come nella storia precedente, la mia intenzione è quella di scrivere storie che traggano spunto dal gioco originale e se ne discostino allo stesso tempo, sempre attente a non stravolgere la trama o i personaggi. Le storie che troverete qui sono frutto di considerazioni ed emozioni personali, sono frutto del mio amore appassionato per questa trilogia e per Shepard ma, soprattutto, per Garrus Vakarian.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Garrus Vakarian, Un po' tutti
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shepard e Vakarian'
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LUNA DI SANGUE


The darkest day




La visione della superficie di Palaven e della sua luna bombardate dal fuoco incessante dei Razziatori aveva inevitabilmente riportato alla mente di Shepard l’analogo attacco sulla Terra. Anche qui la devastazione era spaventosa e la capacità di fuoco del nemico incuteva sgomento.
I turian erano la forza militare più formidabile dell’intera galassia in quanto a disciplina, coraggio, coordinamento e assetto, eppure la loro resistenza appariva disperata.
Via via che la navetta da sbarco si avvicinava all’avamposto su Menae, il monitor nella stiva mostrava sempre più in dettaglio le ferite di quella luna, i mezzi distrutti, le barricate divelte, i corpi massacrati abbandonati sul campo di battaglia.
“Le città su Palaven offriranno uno spettacolo anche peggiore di questo… ma forse non peggiore di quello a Vancouver” si disse Shepard, che non riusciva a dimenticare le immagini dell’attacco alla Terra e, soprattutto, quelle del bambino massacrato sotto i suoi occhi dal raggio di un Razziatore, proprio quando sembrava che avesse trovato la salvezza a bordo di un mezzo da sbarco dell’Alleanza. “Garrus starà combattendo su Palaven e starà guardando questo spettacolo catastrofico con la stessa rabbia impotente, la stessa disperazione e dolore che ho provato anche io pochi giorni fa, nel fissare attonita l’annientamento del mio pianeta natale”.

Gli sguardi di Liara e di James, seduti avanti a lei, sulla panca all’interno della navetta, riflettevano le sue stesse emozioni: quale che fosse la razza, il turbamento che si provava di fronte a spettacoli di quel genere non poteva differire di molto.
La asari sapeva che Thessia era ancora al sicuro, ma di fronte a quello spettacolo non poteva evitare di chiedersi quando toccherà anche alla mia gente?
- Oh no... No... quello è Palaven - mormorò Liara con aria sconvolta, fissando la superficie del pianeta che veniva trasmessa sul video all’interno della stiva.
- Abbiamo un amico laggiù - aggiunse Shepard sentendo un nodo alla gola, attenta a non cedere alla tentazione di pensare veramente a Garrus e ai suoi sentimenti.
- Dannazione, li stanno sterminando! - esclamò James con rabbia.
- Il più forte esercito della galassia quasi annientato dai Razziatori - commentò Shepard, senza riuscire a credere alle scene che continuavano a scorrere inesorabili su quel dannato schermo.
Quando Liara le chiese se quello scempio fosse analogo a quello che avevano vissuto sulla Terra, lei rispose solamente con un secco - Già - perché quel monitor parlava da solo e l’impulso di lasciarsi afferrare dalla disperazione era davvero troppo forte. Doveva restare concentrata e aiutare i suoi compagni a fare altrettanto.
Fu quasi un bene che i mutanti stessero attaccando la zona di atterraggio: Shepard ritrovò la solita lucidità, mentre ordinava a James di aprire il portellone e imbracciava il fucile d’assalto per ripulire l’area.

Una volta sbarcati non ci fu più tempo per pensare, per ricordare o rattristarsi: l’avamposto era sotto il fuoco dei Razziatori e occorse collaborare attivamente con i turian per aiutarli a respingere gli aggressori: c’erano troppi incarichi da portare a termine, tutti necessari e urgenti, e per sperare di sopravvivere si doveva prestare estrema attenzione.
La squadra agì in sintonia con le forze schierate sul campo per cercare di alleggerire la pressione esercitata dalle forze preponderanti dei Razziatori. Cercarono di sgombrare il terreno che circondava l’avamposto dalla presenza dei mutanti che continuavano a sbarcare incessantemente al suolo, avventandosi con furia cieca su qualunque essere vivente avvistassero, rimisero in funzione apparecchiature colpite dal fuoco avversario e consolidarono barricate e strutture difensive.
Gli sforzi congiunti diedero ottimi risultati, con Liara che sollevava i nemici nascosti dietro i ripari e James che svolgeva il compito che lei avrebbe usualmente affidato a Garrus. Ogni volta che lei avvistava un gruppo di mutanti, si scagliava loro addosso caricandoli ed appena avveniva il contatto fisico, devastava l’area con un’esplosione biotica che li scagliava lontano. Molti venivano uccisi sul colpo, mentre James, con l’aiuto di Liara, si occupava di uccidere i superstiti o di stordirli, per dar tempo a Shepard di effettuare una nuova carica.
Diedero tutto l’aiuto possibile, sotto un fuoco nemico insistente, seguendo le direttive del generale Corinthus che stava cercando di coordinare la resistenza dei turian su Menae.
Da lui Shepard apprese che il Primarca di Palaven, la persona per cui era sbarcata sul suolo di quella luna, era morto pochi minuti prima, durante un tentativo di decollo.

La Gerarchia turian era notoriamente molto rigida ed il successore del Primarca era sicuramente già stabilito, ma durante quella carneficina era difficile essere certi di chi fosse ancora in vita, in mezzo a quella sfilza di attacchi che si susseguivano senza sosta.
“Ho bisogno di un Primarca, non importa chi sia” era il pensiero ostinato di Shepard che, senza quella figura di riferimento, non avrebbe mai potuto neppure iniziare un’impresa che si presentava già disperata di suo. Mentre si stava appellando ancora una volta angosciosamente al generale Corinthus, tentando di spiegargli quanto fosse importante la ricerca del nuovo Primarca di Palaven, Shepard vide inaspettatamente comparire Garrus al proprio fianco.
Il turian aveva avvistato da lontano il gruppo di tre alieni vicino al generale, un maschio e una femmina umani dell’Alleanza e una asari, e si era prontamente diretto verso di loro, dopo aver fissato per qualche secondo l’armatura della donna, con l’animo parzialmente sollevato: “Sapevo che prima o poi saresti arrivata, ma saperlo e vederti davvero sono due cose ben diverse”.
Se c’era qualcuno che avrebbe potuto, e saputo, far qualcosa in quella situazione, molto più grave di quanto si fosse aspettato, perfino in base alle sue fosche previsioni, quel qualcuno era il suo comandante.

Senza ancora sapere a cosa potesse servire la figura del Primarca, e senza poterselo neppure immaginare, Garrus si limitò a far sua l’urgente necessità di Shepard e si attivò per aiutarla, grato che comunque lei fosse arrivata lì, per dare una mano al suo popolo, nonostante l’attacco alla Terra.
Si rendeva conto che le scene disastrose a cui assisteva quotidianamente, da quando i Razziatori avevano attaccato il sistema turian, dovevano differire ben poco da quelle terrestri. Anzi, forse il pianeta di Shepard era addirittura in condizioni peggiori, perché l’attacco dei Razziatori li aveva colti del tutto impreparati (grazie alla cecità dell’Alleanza) ed era cominciato già da qualche giorno.
E l’attacco alla Terra e a Palaven non era che l’inizio di un’invasione che a breve avrebbe sconvolto ogni sistema della galassia. Tutte le razze avrebbero condiviso quelle stesse esperienze e nessuna di loro, da sola, era in grado di fermare i Razziatori. Potevano soltanto sperare di rallentarli, potevano spostare i civili in zone ancora sicure e continuare a combatterli e a morire sul campo. In pochi decenni tutte le civiltà evolute della galassia si sarebbero estinte e la mietitura avrebbe avuto fine.
Il volto del comandante era teso e inquieto e la postura del suo corpo indicava l’urgenza di trovare una soluzione a quel problema immediato che non gli consentiva di procedere con il resto dell’operazione.
Garrus sapeva benissimo che Shepard lo aveva riconosciuto immediatamente, eppure lei non lo aveva stretto fra le braccia e neppure l’ombra di un sorriso le era sfuggito da sotto il casco. Lo aveva salutato invece con una stretta di mano che comunicava l’entusiasmo genuino di ritrovare il suo vecchio amico di tante battaglie, quel turian che portava sempre con sé, in ogni dannata missione, perché si fidava ciecamente di lui e della sua abilità nel combattere. Fu con parole che indicavano quello stato d’animo che Shepard presentò Garrus a James Vega.
Per quanto potesse sembrare strano, il saluto più caloroso lo ricevette da Liara, che gli dimostrò come l’affetto sincero che nutriva per lui non si fosse affievolito nel tempo, prima di essere costretta a tornare sulla Normandy per un problema che si era verificato a bordo nel frattempo.

Lo scambio di sguardi fra Garrus e Shepard fu invece fuggevole, ma bastò ad entrambi per vedere riflesso negli occhi dell’altro lo stesso senso di sofferenza e turbamento: non c’era spazio per nulla di più e nulla di diverso sotto quel bombardamento continuo e quei continui attacchi.
Non c’era tempo per parlare di nulla che non fosse inerente lo scontro in atto e non c’era neppure un blando desiderio di cercarsi con lo sguardo sotto i caschi dell’armatura, per capire se qualcosa fosse cambiato dopo quei lunghi mesi di lontananza. Erano in mezzo a gruppi di soldati mai incontrati prima, sotto il bombardamento nemico, alla ricerca di una soluzione ad un problema che per Shepard poteva segnare fin da ora le sorti dell’intera guerra.
Non c’era spazio per manifestazioni di affetto durante una battaglia contro i Razziatori: la loro antica sintonia continuava a esistere identica, anche se nessuno dei due avrebbe perso un millesimo di secondo a riflettere su quella immutata comunione di sentimenti.

Erano entrambi isolati in un proprio universo intimo ed esclusivo, come lo si è sempre di fronte alla morte, ma tuttavia quel dolore sordo, identico e simmetrico, non li faceva sentire realmente soli.
La comunione non stava nella banale possibilità di descrivere con nitidezza fotografica le emozioni dell’altro, perché erano le medesime, ma nel riconoscere nel suo sguardo un’identica desolazione dell’anima e nell’accettarla come inevitabile e corrisposta, senza doversene rattristare.
Ad entrambi bastava la certezza di avere al proprio fianco la persona in cui riponevano la fiducia più cieca e questa verità li rendeva molto più forti della somma delle loro singole capacità.

Strada facendo Shepard chiarì a Garrus le sue esigenze: doveva raggiungere il generale Victus, destinato a diventare il nuovo Primarca di Palaven, e convincerlo ad unirsi alla lotta contro i Razziatori. Solo l’unione di tutte le razze avrebbe potuto dare qualche effimera speranza di salvare la galassia e senza la potente flotta turian la vittoria sarebbe risultata impossibile.
Garrus annuì in silenzio, pensando a quello che avrebbe significato la partenza del Primarca per il destino di quella luna e, forse, perfino di Palaven. Ma il suo comandante si era addossato il peso di quella guerra, probabilmente dietro ordine dell’esercito dell’Alleanza e, una volta stabilito quale strategia fosse necessario adottare, non si sarebbe potuto fermare di fronte a nulla pur di seguirla.

Nel tratto di strada che fecero insieme incontrarono diversi gruppi di nemici e Garrus ebbe la sorpresa di combattere al fianco di una Shepard che rassomigliava solo vagamente a quella di cui aveva memoria sul campo di battaglia.
La prima volta in cui la vide usare la carica biotica su un gruppo di una decina di mutanti ebbe appena il tempo di pensare ad un’imprecazione, poi il comandante si esibì in un’esplosione che mandò all’aria l’intero gruppo, causando la morte immediata dei nemici più vicini e spedendo a diversi metri di distanza il resto.
Istintivamente fece fuoco su quelli alla destra del comandante, vista la posizione che occupava sul campo, mentre James si occupava di quelli alla sinistra. Nel giro di pochi secondi tutto il gruppo era stato eliminato e Shepard stava già caricando il gruppo successivo. Questa volta Garrus non si fece cogliere alla sprovvista, con il fucile carico e puntato prima ancora che lei esplodesse la nova sul terreno.
- Ben fatto, Cicatrici - fu il commento che gli arrivò nel casco da parte di quel soldato conosciuto da pochi minuti, quando si fu ristabilita un parvenza di quiete perché non erano rimasti nemici visibili, subito seguito dalla risata argentina del comandante.
- Per gli Spiriti! Shepard... almeno potevi avvertire! - commentò lui, ancora piuttosto scosso per quell’esibizione inattesa.
- Volevo verificare che fossi ancora forma - rispose lei continuando a camminare come se niente fosse e continuando a ridere.
- Probabilmente ho perso cinque anni di vita con questo scherzo... - mugugnò lui, ancora piuttosto turbato.

Tutto il resto del tragitto venne percorso nello stesso modo, con Shepard che caricava, esplodeva la nova, si assicurava di aver carichi gli scudi e partiva a razzo contro il gruppo successivo.
- Quando hai finito di fare la krogan della situazione - le disse Garrus a un certo punto, con il fiatone per le corse che li aveva costretti a fare - mi spieghi quando e come hai imparato questa tecnica.
- Mi annoiavo da morire lì nel mio appartamento-prigione a Vancouver ed ero sempre arrabbiata. Ho trovato questo modo per sfogarmi - gli rispose lei ridacchiando, mentre il turian ricordava a se stesso quante volte si era ripetuto che fare irritare il suo comandante era un pericolo che sarebbe stato meglio non azzardarsi mai a correre.
- Almeno tu non hai dovuta vederla combattere in quel modo contro le truppe di Cerberus - commentò James poco dopo - la nova non si è rivelata un’arma da utilizzare contro gli ingegneri, fra droni e torrette che sparavano all’impazzata.
- Oh, smettila James, siamo ancora vivi, no? - replicò Shepard un po’ seccata, ricordando perfettamente l’episodio in cui solo la prontezza di quel soldato e di Liara le aveva evitato una morte idiota.
- Ok, ok, Lola, non arrabbiarti. Volevo solo dire che con te non si rischia mai di annoiarsi - rispose James, mentre Garrus si chiedeva cosa diavolo significasse il termine Lola.
- Su Eden Prime non ci siamo annoiati davvero - replicò Shepard con una risata che strinse leggermente il cuore di Garrus, mentre si rendeva improvvisamente conto di quanto gli fosse mancata quella risata nel bel mezzo di un combattimento.
- Solo tu potevi riuscire a ingaggiare un prothean - replicò James, mentre lui e Garrus fulminavano all’unisono gli ultimi due mutanti sopravvissuti ad un’esplosione biotica.
- Un prothean? Un prothean vivo? - chiese Garrus, mentre ricaricava automaticamente il fucile e con la coda dell’occhio osservava James che ricaricava il suo, sorridendo al pensiero che quel soldato aveva lo stile perfetto per fare coppia con il comandante.
- Beh, da morto mi sarebbe servito davvero a poco - rise lei, mentre James spiegava - era un po’ surgelato, Cicatrici.

Lo scambio di battute aveva messo Shepard di buon umore, ma quando il raggio di un Razziatore fece schiantare in volo un piccolo caccia intercettore pochi metri davanti a loro, senza che il pilota sopravvivesse, lei tornò del suo umore iniziale, riprovando la medesima rabbia impotente di Vancouver.
Il ricordo del colloquio avuto con Anderson sulla Terra, mentre era affacciata al portellone della Normandy, le fece improvvisamente capire che Garrus avrebbe provato il suo stesso senso di smarrimento se gli avesse chiesto di salire a bordo.
Lo guardò a lungo, incerta se fargli quella proposta e costringerlo ad una scelta che sarebbe stata dolorosa in ogni caso, poi decise di rimandare e si mise ad ascoltare attentamente le frasi che i suoi due compagni si scambiavano nei caschi già da diversi minuti.
Nelle parole del turian riconobbe la sua stessa collera amara e decise che non avrebbe potuto fargli quella richiesta, proprio perché sapeva che lui si sarebbe sentito in dovere di seguirla, esattamente come lei si era sentita costretta ad obbedire alle direttive di Anderson, nonostante l’angoscia di dover abbandonare la Terra sottraendosi allo scontro diretto contro il nemico.

“Quella decisione è stata necessaria, ma dolorosa e tormentata” si ripeté ancora una volta, appena dopo aver annientato un manipolo di mutanti con un’altra potente esplosione biotica, “anche se la speranza di poterti rivedere l’ha resa un po’ meno penosa” concluse con un lieve sorriso, notando la velocità con cui Garrus aveva già ricaricato la propria arma e stava dando un’occhiata in giro per cercare di prevedere il gruppo contro il quale lei si sarebbe lanciata nuovamente.
“Dovrò riunire le forze di tutta la galassia e per farlo avrei un bisogno disperato di amici fidati al mio fianco, ma non ti chiederò nulla. Spero solo che tu capisca che non sconfiggeremo mai i Razziatori restando a combattere sui nostri pianeti natali”.

In ogni caso, il primo turian che doveva necessariamente convincere a salire a bordo della Normandy era il generale Victus.
Dopo uno scontro sanguinoso nel mezzo del campo in cui si trovava il futuro Primarca, nel corso del quale lei dovette limitarsi a usare quasi solo le armi da fuoco, a causa della presenza di alcuni dannati Bruti, riuscì a finalmente ad incontrare il generale.
Non fu facile persuaderlo ad accettare la nomina a Primarca e fu molto più difficile spingerlo ad abbandonare Palaven. Alla fine, comunque, Victus si arrese all’evidenza che solo una solida alleanza delle forze militari dell’intera galassia avrebbe potuto contrastare quell’invasione.
Come aveva notato Garrus pochi minuti prima, era molto probabile che la sua partenza avrebbe causato la sconfitta dei turian su Menae, ma lei fece notare che senza il suo appoggio, e senza la flotta turian, la guerra contro i Razziatori era già persa in partenza, prima ancora di cominciare a elaborare le basilari strategie di difesa e di attacco di una comune alleanza contro il nemico.

Mentre Victus si allontanava per salutare i suoi uomini, che sarebbero rimasti a combattere sulla luna di Palaven, James andò ad aiutare un gruppo di soldati a sistemare una barricata e Shepard e Garrus restarono soli a guardarsi attorno con un senso di impotenza.
Nello strano silenzio successivo, del tutto irreale a paragone del rumore assordante dei tanti scontri combattuti fino a pochi momenti prima, il turian si avvicinò a Shepard.
- Hai notizie della tua famiglia, Garrus? - gli chiese il comandante.
Lui scosse la testa in segno di diniego. Poi si guardò in giro con aria assorta, perso nei ricordi.

- L’ultima volta che sono stato su Menae avevo circa undici anni - cominciò a raccontare il turian, guardando verso l’orizzonte arrossato dai combattimenti.
- La nostra scuola aveva organizzato una gita per una lezione di geologia. Avevano portato tutte le classi attorno a una solfatara e ci avevano disposto attentamente a semicerchio, raccomandandoci di non muoverci per via delle pozzanghere che ribollivano sul terreno.
- Dopo pochi minuti dall’inizio, la voce di mia sorella aveva interrotto la spiegazione con una frase assolutamente fuori luogo, qualcosa tipo mi scusi professoressa… quel bambino ha preso il mio pupazzo. Io avevo guardato verso il gruppo alla mia sinistra, dove si trovava la classe dei bambini più piccoli, coetanei di Sol, e l’avevo vista indicare un ragazzo nel gruppo che mi stava di fronte, quella dell’ultima classe, dei dodicenni.
- Sol era stata rimproverata aspramente Non interrompere, Vakarian poi la sua professoressa si era rivolta al geologo Mi scuso per l’interruzione, continui, la prego.
- Il visino triste di Sol aveva incrociato per un attimo il mio, prima di chinarsi a guardare in terra, mentre il ragazzo dall’altra parte aveva preso a roteare quel pupazzetto sul suo capo, mimando il gesto di tirarlo nelle pozze fumanti che avevamo di fronte.
- Professore, quel pupazzo è davvero di mia sorella avevo trovato il coraggio di dire, interrompendo la lezione nuovamente.
- Ricordo come il mondo si fermò in quell’istante, mentre tutti mi fissavano con incredulità attonita: una seconda interruzione, da parte di un allievo al penultimo anno di corso, doveva rappresentare un evento ai limiti della fantascienza. Qualche compagno di scuola cominciò a ridacchiare, gli insegnanti di tutte le classi mi lanciarono uno sguardo come volessero incenerirmi, mentre il mio professore sibilò Abbiamo capito, Vakarian. Ora stai zitto.
- Mia sorella mi fece più volte il gesto di tacere, con aria preoccupata. Io però guardai quel ragazzo di fronte a me, che mi fissava sorridendo con espressione di trionfo, e scattai.
- Non so se fui molto attento o solo molto fortunato, ma arrivai illeso in mezzo al suo gruppo, lo scaraventai a terra, gli diedi un pugno e gli levai il giocattolo.
- Non ricordo bene cosa accadde in seguito: due mani mi acchiapparono e mi tennero fermo, mentre tante voci concitate strillavano tutte intorno a me. Fui riportato dentro la nave che ci aveva condotto lì e rinchiuso in una piccola stanzetta. Mentre mi portavano via, però, riuscii a lanciare il pupazzo a mia sorella, che lo prese al volo, con un’espressione tanto felice che mi ripagò in anticipo per le conseguenze che avrei subito.
- Cosa successe poi? - chiese Shepard, sorridendo al pensiero che, fin da bambino, il turian al suo fianco era stato lo stesso Garrus che lei avrebbe incontrato tanti anni dopo sulla Cittadella.
- La scuola informò mio padre, che venne a prendermi e mi portò a casa. Non parlò mai durante il tragitto in auto e io rimasi in silenzio, conscio che ogni mia parola avrebbe solo aggravato la situazione.
- Una volta arrivati a casa, mio padre mi spiegò con calma che le regole c’erano per un buon motivo e che il loro rispetto permetteva la convivenza civile fra gli individui. La disciplina era qualcosa da onorare e di cui andare fieri: non poteva essere messa in discussione, per nessun motivo. Neppure per un motivo buono come il tuo aggiunse con un tono che non ammetteva repliche.
- Tu cosa rispondesti?
- Nulla, immagino… Non ricordo. So solo che, nonostante tutte le sue parole, non dubitai mai di aver fatto la cosa giusta. Credo di non aver mai imparato a essere un buon turian - concluse con un sorriso spento.

A questo punto tacque, con il volto rivolto leggermente alla sua sinistra. Shepard seguì il suo sguardo e si trovò a fissare l’enorme sagoma di un Razziatore che stava mietendo vittime a svariati chilometri di distanza.
- Solana ora è lì, su Palaven - aggiunse poi lui, indicando il suo pianeta natale, alle spalle del Razziatore - Non ho più sue notizie. Le comunicazioni si sono interrotte giorni fa.
Poi scosse il capo.
- Credi di poter vincere, Shepard? - le chiese con un tono calmo e piatto, che lei sapeva usato apposta, per nascondere il suo stesso identico sconforto e dolore.
- Puoi scommetterci - rispose con una sicurezza che sapeva di non provare. Stava mentendo, anche a se stessa, ma non poteva e non voleva ammetterlo, non voleva dargli l’impressione di sentirsi sconfitta prima ancora di iniziare.

Il turian la fissò in silenzio per qualche istante, poi ruotò lentamente il viso per studiare con occhio critico la distruzione che li circondava e infine replicò serenamente - Sono sicuro che nessun’altro può farcela.
E Shepard intuì, con certezza assoluta, che lui credeva davvero in quell’affermazione che sembrava inverosimile, alla luce dei fatti.
“E questo mi aiuta a crederci io stessa” si rese conto con un divertimento carico di disperazione.
- Per quel che vale, sono con te - concluse infine il turian, senza alcuna enfasi, perché sapeva perfettamente che non c’era altra scelta possibile in una situazione come quella.
- Come ai vecchi tempi, Garrus?
- Come ai vecchi tempi, comandante - assentì lui stancamente.

Più tardi, mentre erano tutti a bordo della navetta da sbarco che li avrebbe portati sulla Normandy, Garrus fissò il monitor vicino al comandante che stava parlando con il Primarca: da quell’altezza le figure dei soldati turian che correvano qua e là appostandosi dietro ripari di fortuna e barricate, per cercare di rallentare le forze nemiche che continuavano a riversarsi contro le postazioni difensive in ondate senza fine, non apparivano più temibili dei soldatini mossi dalle mani di un bambino durante i suoi infantili giochi di guerra.
“Non so come si possa pensare di fermare un’invasione simile, ma so che se c’è una sola persona in tutta la galassia che può provarci con successo, quella sei tu. In questo momento, sotto questo cielo solcato da missili e dai raggi purpurei di questi dannati Razziatori, tutto il resto non ha importanza”.
Incrociò per un breve istante lo sguardo di Shepard che però non si soffermò su di lui, passando oltre, per fissare lo sguardo sul monitor che aveva al suo fianco, e seppe con certezza assoluta che lei provava i medesimi suoi sentimenti.
“Più tardi, sulla Normandy, quando mi sarò allontanato da questa luna, quando questo dolore sarà leggermente diminuito e io potrò pensare a tutto quello che posso fare per aiutarti a vincere questa guerra disperata, è possibile che io vorrò sapere altro” rifletté con un cinismo che gli appariva inevitabile “ma ora, comandante, conta solo essere al tuo fianco”.



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Welcome back, Garrus Vakarian.
  
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