Ero in ritardo!
Ero stramaledattemente in
ritardo! E, per l’ennesima volta, a causa di una delle riunioni di mio padre.
Avevo appuntamento
con Karl in scuderia per le quattro, gli avevo promesso che l’avrei accompagnato
a ritirare l’auto nuova ed erano le quattro e mezza.
Lasciai la
macchina nel parcheggio sterrato e mi avviai quasi correndo verso la club
house.
“Andiamo di
fretta, portiere?” udii una voce squillante
che mi chiamava e mi voltai verso il campo.
Marjiorie era in
sella ad uno stalloncino grigio ferro dall’espressione furba. I grandi
occhi da gatto della bionda splendevano nel viso arrossato dalla fatica,
illuminato da un bellissimo sorriso. Mi fermai un istante, appoggiandomi alla
staccionata. “Buon giorno e ben tornata! Sì, sono molto di fretta! Hai per caso visto
Karl?”
Rispose venendo verso di me, le redini lunghe sul collo
mentre scendeva ad accarezzare la spalla dell’animale “Sì, è in club house con Kris…”
Non fece in tempo a terminare la frase che il mio cellulare squillò.
Fu un attimo. Lo stallone stava aspettando solo una scusa. Abbassò il collo,
sgranando gli occhi e facendo un breve stop tendendo tutte e quattro le
gambe. Quindi scartò violentemente a destra, iniziando a smontonare come un cavallo
selvatico, la testa tra gli anteriori e i posteriori che
calciavano. L’amazzone, colta sbilanciata in avanti, non fece in tempo a rientrare in sella e venne
sbalzata a terra, mentre il puledro correva via sgroppando. Senza pensarci
due volte scavalcai la recinzione e corsi verso la ragazza, che era rimasta a
terra immobile e mi inginocchiai accanto a lei.
“Marjiorie!” quasi
gridai vedendo che non accennava a
muoversi.
Gli occhi erano chiusi ma un leggero sorriso le increspò le
labbra mentre li riapriva, seguito da una sonora risata. Mi fece prendere
un colpo.
“Ma che cretina che sono!” poi, vedendo la
mia espressione di disappunto
“Tranquillo, è tutto a posto! Nulla di rotto!Anzi, mi daresti una mano ad alzarmi?” disse
tendendomi, sorridendo, la sottile mano guantata, che afferrai non molto convinto “Ma
sei sicura di stare bene?” chiesi preoccupato.
Mi sorrise nuovamente, mentre
faceva forza per sollevarsi “Sì sì, tranquillo! L’unica cosa ferita è il mio orgoglio!
Ma che cretina che sono! Non avrei dovuto abbassare così la guardia con
Sebastian! Ha solo quattro anni…” Intanto si era rimessa in piedi e stava tentando di togliere la
sabbia dai vestiti. Considerai quanto strano fosse che una ragazza come lei,
dall’aspetto fragile e delicato, si fosse rialzata come un calciatore atterrato
dopo un brutto fallo.
“A proposito... Mi spiace di averlo fatto spaventare!”
mi scusai.
Si voltò verso di me, mettendosi le mani ai fianchi e
tirando la schiena “Scherzi? Non è colpa tua! Seby non aspettava altro che abbassassi
la guardia per tirami uno dei suoi scherzetti! Guardalo lì, lo stupido!” disse,
indicandomi il cavallo che scosso, correva allegro per il campo. La osservai un
momento e vidi lo stesso amore e la stessa passione che tante volte avevo visto
sul viso di Elena.
“Tombola!” mi voltai di scatto in direzione di quella voce scherzosa, ed ecco la mia
compagna di allenamenti. Era appoggiata alla cavallerizza, in mano una longhina alla
quale era legato Zingaro che osservava con disapprovazione il collega scorrazzare
libero per il campo. Elena sorrideva divertita, negli occhi un lampo d’allegria
e, finalmente, serena… Capodanno, pensai, le aveva fatto bene!
Trattenni una risata scuotendo
il capo: Marj era stata proprio avventata a voler salire subito in sella dopo un viaggio di dieci ore d' aereo! Ma la
capivo, la capivo benissimo. Non ne poteva più di non montare a
cavallo! La nostra non era una semplice passione, era una malattia.
“Però…" mi dissi "Guarda guarda quei due come
stanno bene insieme...” Osservavo i miei amici, in piedi l’uno
accanto all’altra, constatando che facevano proprio una bella coppia. Tirai un
sospiro, stringendo le labbra: se solo Benji avesse avuto le idee un po' più
chiare riguardo all'amore...
In un flash ripensai a Zurigo, a quello
che avevo provato, a quello che ci eravamo detti… E a come aveva reagito alla mia
telefonata di Capodanno.
Capodanno.
Alcuni
ragazzi della squadra ed altri amici avevano
organizzato una festa in uno chalet di montagna. Ero andata anch’io, letteralmente
trascinata da Kristine e Karl.
Invece dei fuochi d’artificio
avevamo pensato a preparare un bel falò. Guardavo
i ragazzi che sistemavano la catasta di legna stringendomi le braccia intorno al
corpo e saltellando nel tentativo di non congelare. Amo la neve ma
detesto il freddo. Qualcuno lo sapeva e pensò bene di porre
rimedio a questo mio piccolo problema. Era quasi mezzanotte ed all’improvviso mi sentii
cingere da dietro “Non starai per caso morendo di freddo? Come faremo noi senza la
nostra fotografa, il prossimo anno!?” Karl mi aveva abbracciata, tenendomi
stretta nell’intento di scongelarmi. Fui piacevolmente sorpresa, sia dal tepore del
suo corpo che dal suo atteggiamento e mi lasciai affondare tra le sue
braccia, rispondendogli a tono “Sei tu il capitano. Tu ti devi occupare della cura
della tua squadra…”
Lo sentii sogghignare “Come vedi lo sto
facendo… Sempre che ti faccia piacere…” L'abbraccio si fece più stretto, sentivo
il suo fiato caldo solleticarmi piacevolmente il viso. Sospirai, creando una
nuvoletta che si perse subito nell'aria tersa, e per tutta risposta mi accomodai
meglio sul suo petto, rilassandomi e chiudendo un istante gli occhi.
Scoccò la mezzanotte e venne dato fuoco alla
pira. Karl non mi lasciò andare un istante e quando i ragazzi, sfoderate le
chitarre, cominciarono a suonare e cantare, mi costrinse dolcemente a ballare
con lui in mezzo alla neve. Non riuscivo a vederlo bene in viso, scorgevo
solo lo scintillio azzurro cielo dei suoi occhi ed un sorriso leggero che
piegava le labbra sottili. Vinti dal freddo, gli altri rientrarono. Mi voltai
per seguirli, certa che il capitano avrebbe fatto lo stesso ma mi sentii
trattenere e in un istante mi trovai nuovamente tra le sue braccia, la sua bocca
sulla mia.
Il giorno seguente, devo essere sincera, non fu facile chiamare
Benjiamin per fargli gli auguri..
Tergiversai un
poco e poi glielo dissi. Rimase zitto un istante che
mi parve un eternità. Non sapevo come avrebbe reagito. Lo intuii sorridere all’altro
capo del telefono e poi scoppiare in un'allegra risata “Sei arrivata
tardi! Lo sapevo già!”
“Cosa?” rimasi di sasso, gli occhi
spalancati e la cornetta a mezz'aria, immaginando quasi il sorrisetto
divertito e strafottente sulla sua faccia.
“Karl mi ha
chiamato stamattina, dormigliona! La prima cosa
che mi ha detto era che pretendeva la mia benedizione! E così, alla
fine, la sua pazienza è stata premiata.” concluse serafico.
Respirai e ricordai la
notte precedente. Karl mi aveva trattenuta fuori al freddo, baciandomi con
tenera passione. Quando si era staccato da me, gli avevo fatto la domanda che già dalla
festa di Natale mi ronzava in testa “Perché io?” lo avevo guardato dritto negli
occhi. Ferite ne avevo abbastanza. Lessi sorpresa nel suo sguardo “Come, perché
tu?” chiese.
“Perché io e
non una delle splendide ragazze che ti ronzano intorno?!” continuai, mille dubbi e stupide angosce che mi ronzavano nella
testa.
Appoggiò la sua fronte alla mia, parlando piano
“Splendida ragazza, tu non sei uno scherzo…” e mi sorrise dolce, riavvicinando le sue
labbra alle mie.
“E poi, “ riprese, sorridendo divertito quando ci
slacciammo da quel bacio “ricordati che per quello che ho appena fatto,
rischio la vita! La tua specialissima guardia del corpo non ci penserebbe due
secondi a spezzarmi la schiena se solo sospettasse che le mie intenzioni non
sono più che serie!” mi strinse più forte, con un lampo divertito negli
occhi. Era vero, era assolutamente vero. Benjiamin non avrebbe mai permesso che qualcuno mi
facesse di nuovo male, tantomeno il suo migliore amico.
“Ehi! Terra chiama Elena! Ci sei?” la voce di Karl
mi riscosse dai ricordi e me lo trovai accanto, lo sguardo azzurro splendente come
il cielo a primavera. Era meraviglioso. Dolce, protettivo, paziente...
“Mhmmm…sì, più o meno…” risposi, riportando la mia attenzione sulla coppia in piedi
nel mezzo del campo. Il Kaiser intercettò il mio sguardo, annuendo pensoso “Non stanno per
nulla male insieme…”
La domenica dopo,
finalmente, scendemmo nuovamente in campo. Il Colonia non era un avversario molto
impegnativo, ma quando si gioca fuori casa, meglio non prendere le partite
sottogamba. Schneider e Levin, rientrato dopo una lunga assenza dovuta
ad infortunio sottovalutato, dettero spettacolo in attacco. Gli avversari non entrarono che due
o tre volte nella nostra area, senza peraltro essere mai veramente pericolosi.
Si era ormai alla fine di Gennaio, ma il freddo non accennava a diminuire. I
ragazzi, bene o male correndo si scaldano. Rimanendo pressochè fermo in porta,
tra l’altro in una partita per nulla impegnativa, mi eroquasi congelato. Feci
una lunga doccia bollente per sciogliere i muscoli indolenziti dal freddo. Quando ne
uscii ero solo col capitano, che mi aveva evidentemente aspettato, mentre
riordinava molto con calma le sue cose. Colsi l’occasione per togliermi quel peso
che mi gravava ormai da prima di Natale. Lo presi di petto, era inutile
tergiversare “Karl, a Zurigo ho commesso un’idiozia...” mi guardò corrugando la fronte,
sorpreso “Pensi di non aver meritato il premio e vorresti concederlo al tuo capitano?”
sorrise ironico.
Sospirai,
incassando e mettendo in conto. ”No, molto peggio.” continuai, e vidi comparire sul
suo volto un’espressione interrogativa “Ho tentato di baciare Elena.” negli occhi azzurri
passò un lampo d’acciaio. Sapevo cosa voleva dire e a cosa andavo in
contro. Si sollevò dalla panca, incrociando le braccia al petto, fissandomi
irato.
Ripresi “Mi ha
bloccato lei. Sono stato un vero stupido. Elena è solo un’amica. Un’amica
particolare ma solo un’amica. Soprattutto ora che
è la tua ragazza.” Eravamo l’uno di fronte all’altro, Karl mi stava
squadrando da capo a piedi. Avvertivo la sua furia e lo capivo. Dopo
un minuto che mi parve eterno, espirò profondamente, espellendo fiato e rabbia. Lo sguardo
d’acciaio riprese il solito color azzurro cielo. La tempesta era passata. “Ti credo."
riprese "E so che lei non potrebbe avere guardia del corpo migliore di te.”
sorrise, chiuse la borsa e mi voltò le spalle per uscire ma si fermò un istante,
girato verso la porta la mano sulla maniglia “Benjiamin.”
“Dimmi, Karl”
Silenzio.
Pochi secondi che nuovamente sembrarono
anni.
“Grazie per essere stato sincero con me.”
Sospirai, sollevato.
“Ho chiesto io ad
Elena di non dirti nulla. Era compito mio. L’idiozia l’ho fatta io.”
Vidi
che serrava con forza la maniglia della porta “Non ne sei innamorato,
vero?”
Non me l’aspettavo. Quella domanda mi colse come
una pallonata nello stomaco. Sentii la testa svuotarsi da ogni pensiero,
come incapace di trovare una risposta.
“No. Karl. E’ solo un’amica”
Si girò a guardarmi, un sorriso
accennato “Grazie” disse ed uscì.
Finii di cambiarmi con calma. La
domanda di Karl e la mia risposta continuavano a vorticarmi per la
testa. Riconsiderai quello che avevo appena detto al mio capitano “Non è vero… La verità è che
non lo so neppure io…” scossi il capo, scacciando quel pensiero e l’immagine di
un paio di allegri occhi nocciola dalla mente.
Quella sera invitammo Benji e Karl al ristorante del maneggio. Non
per altro, dopo la partita mi ero fiondata a montare, mentre Kris e Marj
erano rientrate piuttosto tardi da una gara e nessuna di noi avrebbe avuto la
forza di uscire. Fu una serata molto piacevole, e notai con gioia che Marj
reggeva molto bene la presenza del mio amico portiere. Il quale, ogni tanto,
mi sorrideva appena per rassicurarmi che avrebbe fatto il bravo. Comunque,
dovetti ammettere di nuovo, quei due stavano proprio bene insieme. Chiacchierarono tutta la
sera di calcio e, a volte, di cavalli. Karl li osservava, tenendo d’occhio
il compagno di squadra. Se Benji era la mia personalissima guardia del corpo, lui lo
era di Marj. Si conoscevano fin da piccoli e lui la considerava una
sorellina minore. Più di una volta la mia biondissima amica si era rifugiata a
casa Schneider, piangente perché il padre era partito per l’ennesima
tournè lasciandola improvvisamente sola o perché i suoi avevano litigato per lei. E
Karl l’aveva presa sotto protezione. In effetti, vedendoli tutti e tre insieme si sarebbero detti
veramente fratelli!
Ora, in quella situazione, il Kaiser si sentiva
probabilmente in difficoltà: da una parte io, la “protetta” dell’SGGK,
dall’altra lo stesso che stava instaurando un bel rapporto con la sua
“pupilla”.
“Vado a dare un’occhio a Zingaro” mi
alzai da tavola e gli occhi azzurro cielo
mi guardarono divertiti “Penso che dovrei essere geloso…” disse con un un bellissimo sorriso
leggermente di sbieco.
“Guarda che, prima viene Zingaro,
poi tutto il resto! E non dirmi che col calcio non siam messi nelle stesso
modo” risposi, strizzandogli un occhio. Il sorriso si allargò, gli occhi si illuminarono e pensai di
essere la donna più fortunata del mondo. Mi seguì in scuderia. Arrivai al box
del mio cavallo e mi assicurai che stesse bene. Mi voltai e, me
l’aspettavo, venni cinta in un abbraccio stretto e le mie labbra catturate in un
bacio tenero ed urgente. Quando mi liberò da quella dolce prigionia ercai, buio com’era,
di scrutarlo in viso “Smettila di preoccuparti per lei!" lo rimproverai scherzosa
"Ho smesso pure io! Benjiamin farà il bravo, vedrai!”
Avvertii il suo sorriso.
Poi ”Mi ha detto di Zurigo...” e una pausa lunga un secolo “L’hai
rifiutato. Perché?”
Non me l’aspettavo. Mille risposte si
affollarono nella mente. Tutte vere. Tranne l’ultima, che fu quella che diedi “Perché non
volevo gettare al vento la nostra amicizia e capivo che si era solo fatto trascinare
dalla situazione. Non mi farebbe mai del male.E non voleva assolutamente
farmene.”
“Ne sei
innamorata?” respirava piano, potevo vedere la luce riflessa nei suoi occhi.
“No. E’ solo un amico” risposi d'un
fiato.
Storie, pensai mentre pronunciavo quelle parole.
Era un
amico.
Vero.
Non mi avrebbe mai fatto male?
Vero.
Ma la realtà
dei fatti era che ero dannatamente attratta da lui ma ne ero pure spaventata a
morte!
Troppo bello, troppo importante, troppo complesso, troppo
coinvolgente. No!
Ero innamorata?
Non lo sapevo…
Volevo considerarlo solo un amico, dimenticando tutto il
resto.
Karl mi
piaceva, mi era sempre piaciuto e si era dimostrato più rasserenate di quanto credessi. Stavo bene con lui, ero
felice, ero al settimo cielo! Ed ero certa di potermi fidare al cento
percento. Amarlo? Non ancora. Neppure lui mi amava ancora. Era un rapporto che
doveva crescere e stabilizzarsi.
Una settimana e mezza circa dopo quella serata, la partita di
ritorno degli ottavi della Champions. Bayern – Stoccarda. Nelle file avversarie,
una vecchia conoscenza dei miei amici. Il centrocampista Sho, ex del Monaco
da una stagione. La squadra di Dieter Muller aveva perso all’andata per 2-0,
doppietta di Levin su assist di Schneider. Brutto colpo per il miglior
portiere tedesco Avrebbero dovuto segnare tre reti per passare. Con Price in
porta era pressoché impossibile!
Il primo tempo passò in un lampo. Le due
squadre si diedero battaglia senza esclusione di colpi. Lo Stoccarda era
perennemente in avanti, trascinato da uno Sho in piena forma. Il Bayern non
rimaneva certo inattivo. Karlz e Shuster, diretti magistralmente da Price,
formavano un muro impenetrabile e, non appena s’impossessavano della palla, a
turno scattavano in avanti, portando il gioco agli attaccanti. Levin era
temporaneamente in panca. Il mister aveva deciso di non sforzarlo subito.
Quattro mesi di stop non sono uno scherzo da recuperare e Stefan sarebbe stato
molto prezioso in semifinale e finale. Karl si dimostrò un regista
d’eccezione; portò la squadra più volte in area avversaria, senza però forzare
troppo. Conosceva bene sia Yi che Sho: fare un goal nel primo tempo voleva sì
dire mettere al sicuro il risultato, ma anche trovarsi davanti undici belve
feroci nel secondo. E il Kaiser non voleva correre rischi. Attaccava, certo, lui
non si tirava mai indietro, ma senza foga, come un leone che gioca con la preda.
Sapeva di avere le spalle coperte in porta, non dubitava minimamente dell’SGGK
però conosceva bene il cinismo e la fredda determinazione di Sho, che erano
costati cari al suo amico anni prima.
I primi quarantacinque minuti si conclusero con un sofferto
0-0. Mentre i ragazzi entravano in campo per la ripresa, sentii Karl
incitarli all’attacco e vidi l’occhiata d’intesa che si scambiava con Price.
Il Bayern ricominciava a fare sul serio.
Accanto al
capitano, finalmente il biondo svedese.
Ero più o meno in linea con la nostra
porta. Volevo fare un paio di scatti ancora sui difensori ed il portiere per poi
spostarmi verso l’area avversaria a riprendere l’attacco. La furia dello
Stoccarda non si fece attendere. Karl e gli altri se lo aspettavano ma comunque
la difesa venne elusa da una serie di passaggi veloci e molto precisi.
Soprattutto il cinese evitò accuratamente il confronto diretto col nostro
capitano, sapendo che con ogni probabilità ne sarebbe uscito sconfitto. Il
terzetto Sho-Richter – Yi entrò in profondità nella nostra metà campo. Karlz ,
Strauss e Shuster non arrivarono a rubare il pallone agli avversari, nonostante
Price avesse previsto con precisione i loro movimenti. Se li trovò
praticamente tutti e tre in area. Shuster tentò di blindare Yi ma l’agile
attaccante coreano lo fregò con una finta magistrale al termine di un duello
tecnicamente eccezionale. Yi si girò a passare a Sho, il quale era a pochi passi
da Price. Si sfidarono. E Sho capì che con la forza non sarebbe passato. Fintò
un tiro in porta ma Benji non si fece ingannare: aveva visto Richter con la coda
dell’occhio. Uscì dalla porta, contando sulla sua eccezionale elevazione,
sapendo che sarebbe arrivato sul pallone prima del tedesco.
Avevo
l’obiettivo puntato su di lui. Mi aspettavo di stare per scattare l’ennesima
foto su parata spettacolare. Ma quello che intravidi con l’occhio sinistro,
libero dall’oculare della macchina, mi fece gelare. Richter era saltato
comunque, in rovesciata alla sinistra di Price. Lo scontro in aria era
inevitabile. Benjiamin arrivò sul pallone, afferrandolo saldamente, e una
frazione di secondo dopo ci arrivò pure il piede sinistro del tedesco, che però
colpì con violenza il polso di Benji. Crollarono entrambi a terra, Richter
letteralmente addosso a Price che, nonostante tutto, non aveva lasciato il
pallone e lo stringeva sotto di se col braccio destro. Lo vidi serrare i denti
dal dolore. Gli occhi infuocati di rabbia. Poi si voltò verso l’attaccante
avversario, che gli aveva detto qualcosa. Sul viso del tedesco un sorriso sadico
e soddisfatto. Lo avrei ammazzato!
Si beccò un cartellino rosso per gioco
pericoloso.
“E così sei fuori gioco, caro il mio SGGK!”
Mi voltai verso
Richter: ero furioso ed il dolore al polso era lancinante, ma non riuscivo a
credere alle mie orecchie. Si rialzò, un sorriso soddisfatto, per nulla
dispiaciuto di quello che aveva fatto, anzi, era pienamente consapevole delle
sue azioni, il bastardo!
“Price, tutto a posto?” la voce del capitano mi
riportò alla realtà. Vidi la sua mano tesa verso di me, ma quando mi appoggiai
sul braccio sinistro per afferrarla con la destra, crollai a terra. Il polso non
reggeva. Karl e Shuster si chinarono accanto a me.
“Tu
esci.”
“No.”
“Piantala Benji! Mi servi sano per la finale! E Leo non è
in grado di fermare Holly! A questi qui ci pensiamo noi! Tu esci!” mi ritrovai
con gli occhi di ghiaccio del Kaiser a poca distanza dai miei. I suoi ordini non
si discutevano. Era vendetta quella che ardeva in quello sguardo. E comunque
aveva ragione.
Uscii dal campo tra gli applausi del pubblico. Mi voltai un
istante e scorsi la mia piccola fotografa che mi osservava preoccupata. Le
sorrisi, cercando di rassicurarla. Sorrise appena di rimando, portando due dita
alla fronte, come un saluto militare.
“Non è rotto. Solo una
brutta lussazione. Meglio se te ne stai a riposo per un po’, Benjiamin. La squadra
avrà bisogno di te in partite molto più importanti di questa!” Il medico aveva
intuito la mia angoscia. Mi ero già rotto i polsi ed ero stato fermo troppo
tempo per quell ’infortunio. Quell’anno non potevo assolutamente permettermelo!
All’improvviso, udii un boato dagli spalti e l’inno della squadra urlato a squarciagola.
La vendetta del Kaiser non aveva tardato a venire.
Tornammo a casa. 2-1. Mejer è un ottimo portiere, ma Sho è un avversario temibile
anche per me, mentre Dieter è un avversario eccezionale per Karl e
Stefan.
Sentii il telefono vibrare. Un messaggio che diceva : ”Cena per la meritata
vittoria e dolce per un povero ferito di guerra. Il tutto offerto dalla Premiata
Ditta Ele-Marj & Kris. Venite?” Guardai Karl che, evidentemente, aveva
ricevuto lo stesso sms. Si voltò, sorridendomi e strizzandomi un occhio “Direi
che ce la siamo meritata, che dici, socio?”
Ci ritrovammo nuovamente al
riding club, questa volta non al raffinato ristorante ma nella più semplice club
house. Le tre amiche avevano deciso di cucinare in nostro onore. Eravamo solo
noi cinque. Chiacchierammo tutta la sera, rilassandoci finalmente un poco. Ad un
certo punto vidi lo sguardo di disappunto di Marjorie fisso sulla fasciatura che
avevo al polso.
“Così non serve a niente!”
“Come?” ero
interdetto.
Scosse i boccoli biondi per poi raccoglierli in una coda alta
con un elastico, lanciandomi una sguardo spazientito “Aspetta un po’.” disse e vidi Elena
osservarci e sorridere divertita. Non capivo. In effetti la fasciatura si era
allentata un poco dopo la doccia, ma l’indomani mattina dovevo recarmi in
ambulatorio comunque. Marj rientrò nella piccola sala armata di benda,
fascia elastica e forbici. “Avanti, dammi quel polso, altrimenti messo così guarisci tra
cent’anni e il Bayern non se lo può permettere!”
Guardai dubbioso Elena, che ora
sorrideva apertamente. Lesse la mia sorpresa e negli occhi nocciola passò un
lampo birichino “Lo sai che Marj è il nostro veterinario, no?
Specializzata in grandi animali!! Per cui…” fece una pausa, guardandomi
maliziosa “che differenza vuoi che facciano per lei cavalli o…
asini!?” Si trattenne dal ridere senza smettere di fissarmi. Karl osservò
prima lei e poi me. Poi scosse la testa e sorrise sconcertato. Mi conosceva bene
e sapeva che chiunque altro avesse fatto una battuta del genere nei miei
confronti sarebbe finito male. Con lei non era così.
Marj finì di medicarmi. Per essere un veterinario se la cavava
bene con gli esseri umani.
Eravamo a casa. Marj era stesa sul letto, i boccoli sparsi
disordinatamente sul cuscino, le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo
perso nel vuoto. Mi domandai se avevo fatto bene a lasciarla per un po’ da
sola con Benjiamin. Forse Kris aveva ragione, forse era troppo persa,
era troppo rischioso farla uscire in compagnia con lui.
La stavo fissando da
almeno mezz’ora, quando mi sfuggì un sospiro.
“Che hai?” chiese.
“Lo
sai…” risposi
atona.
“Avevi ragione sai?” riprese, e
cominciai a preoccuparmi.
“Mmm?” mugugnai, sforzandomi
di far finta di nulla.
“Non è solo uno splendido ragazzo, è
anche una bella persona.”
“Lo so” e la cosa mi preoccupava non poco.
Chiuse gli
occhi sospirando “Hai ragione.”
“Io ho sempre ragione!” ridacchiai nervosa.
Sorrise, sempre ad
occhi chiusi “Sono innamorata persa!”
“Tombola!” esclamai, buttandomi sul letto a pancia in su, espirando
profondamente e chiudendo a mia volta gli occhi.
Rimasi in
silenzio qualche minuto, riordinando le idee.
“Marj…" ripresi.
“Lo so
cos’hai da dirmi.” mi interruppe
stizzita.
“E invece
no!” alzai la voce e si voltò verso di me, guardandomi
sorpresa. Continuai, pregando dentro di me di non stare commettendo
un'enorme sciocchezza “Ascolta e non interrompermi. Voi due state piuttosto bene insieme.
Interessi in comune, gusti musicali, tante cose...”
“Anche per te è così…” sussurrò.
“Ti ho detto di non interrompere! E poi per me è diverso! Benjiamin è mio amico, stop!” dissi, cercando di convincere più me stessa che
lei.
“E Zurigo?” La domanda che non volevo sentire...
Mi stava fissando. Smisi un attimo di respirare, ripensando
a quella cascata di emozioni, ai suoi occhi, al suo calore... Al mio terrore.
E chiusi istantaneamente tutto dietro una porta a doppia mandata,
gettando via la chiave.
“A Zurigo non è successo nulla Marj. Lo sai che l’amicizia
tra uomo e donna non è sempre facile, ma le cose sono state messe in
chiaro. Siamo amici. Punto.”
“Solo amici?” insistette.
Sospirai, spazientita “Marj! Solo
amici! Ti ricordo che sto con il tuo (e suo) migliore amico! E’ vero, lo
ammetto: Benjiamin è terribilmente affascinante e non è che ogni tanto non mi
incanti pure io a guardarlo! Sono di carne ed ossa anch’io!” la strizzai un
ochhio e mi sorrise
comprensiva.
“Ascolta e senza
svenire! Sarei molto, molto felice se le cose fra voi due andassero bene, ma
“ la fissai dritta in viso, perché capisse che non stavo assolutamente
scherzando “ Benji non è solo quello che vedi. E’ molto, molto di più. Non
è solo forza, decisione, fascino, magnetismo, freddezza. Quella è una
corazza che nasconde una splendida personalità molto complessa e dagli equilibri
piuttosto fragili…” Sgranò gli occhioni da gatta, trattenendo il
respiro. L’avevo sconcertata. Non le avevo mai parlato di Benjiamin in quei
termini ma ormai lo ritenevo necessario. Continuai “Price non è
solo il grande SGGK del quale leggi sulle riviste. E quello che ti ha
mostrato di sé è un decimo di quello che è… Tu ami un’immagine che ti sei fatta
di lui da quindici anni a questa parte. Non è detto che tutto quello che hai
sognato sia corrispondente alla verità. Sarei felicissima se lui ti concedesse
di scoprirlo, e tu potessi imparare ad amarlo per la persona che è. Ma non sarà
facile. Ha chiuso il suo cuore all’amore per ragioni che non posso spiegarti
e per questo potrebbe farti soffrire parecchio.” Mi ascoltava
respirando piano, stringendo il copriletto tra le dita, conscia che quello
che le stavo mettendo su un piatto d'argento era il sogno della sua
vita
“Marj. Sei una ragazza fantastica. Non
voglio assolutamente crearti illusioni, ma non credo che il cuore di Benjiamin potrà
stare chiuso a chiave a vita. Se ci tieni tanto a lui, provaci,
semplicemente essendo te stessa! Non prometto che funzionerà. E ti
avviso che potresti rimanerne scottata. Molto.”
Le labbra a forma di
cuore si piegarono in un dolce sorriso, mentre una lacrima le solcava la
guancia “Grazie” sussurrò e mi strinse forte.
Mentre l’abbracciavo, una morsa gelida mi
attanagliava lo stomaco. Avevo fatto la cosa giusta?