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Autore: eos75    26/11/2007    5 recensioni
Può l'obiettivo di una macchina fotografica leggere nel cuore delle persone? E' quello che scoprirà il più forte portiere della Bundesliga! Tra fotografie, partite e allenamenti, la storia di un'amicizia molto particolare.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ero in ritardo!
Ero stramaledattemente in ritardo! E, per l’ennesima volta, a causa di una delle riunioni di mio padre.
Avevo appuntamento con Karl in scuderia per le quattro, gli avevo promesso che l’avrei accompagnato a ritirare l’auto nuova ed erano le quattro e mezza.
Lasciai la macchina nel parcheggio sterrato e mi avviai quasi correndo verso la club house.
“Andiamo di fretta, portiere?” udii una voce squillante che mi chiamava e mi voltai verso il campo.
Marjiorie era in sella ad uno stalloncino grigio ferro dall’espressione  furba. I grandi occhi da gatto della bionda splendevano nel viso arrossato dalla fatica, illuminato da un bellissimo sorriso. Mi fermai un istante, appoggiandomi alla staccionata.  “Buon giorno e ben tornata! Sì, sono molto di fretta! Hai per caso visto Karl?”
Rispose venendo verso di me, le redini lunghe sul collo mentre scendeva ad accarezzare la spalla dell’animale  “Sì, è in club house con Kris…”
Non fece in tempo a terminare la frase che il mio cellulare squillò.
Fu un attimo. Lo stallone stava aspettando solo una scusa. Abbassò il collo, sgranando gli occhi e facendo un breve stop tendendo tutte e quattro le gambe. Quindi scartò violentemente a destra, iniziando a smontonare come un cavallo selvatico, la testa tra gli anteriori e i posteriori che calciavano. L’amazzone, colta sbilanciata in avanti, non fece in tempo a rientrare in sella e venne sbalzata a terra, mentre il puledro correva via sgroppando. Senza pensarci due volte scavalcai la recinzione e corsi verso la ragazza, che era rimasta a terra immobile e mi inginocchiai accanto a lei. 
“Marjiorie!” quasi gridai vedendo che non accennava a muoversi.
Gli occhi erano chiusi ma un leggero sorriso le increspò le labbra mentre li  riapriva, seguito da una sonora risata. Mi fece prendere un colpo.
“Ma che cretina che sono!”  poi, vedendo la mia espressione di disappunto “Tranquillo, è tutto a posto! Nulla di rotto!Anzi, mi daresti una mano ad alzarmi?” disse tendendomi, sorridendo, la sottile mano guantata, che afferrai non molto convinto  “Ma sei sicura di stare bene?” chiesi preoccupato.
Mi sorrise nuovamente, mentre faceva forza per sollevarsi  “Sì sì, tranquillo! L’unica cosa ferita è il mio orgoglio! Ma che cretina che sono! Non avrei dovuto abbassare così la guardia con Sebastian! Ha solo quattro anni…”  Intanto si era rimessa in piedi e stava tentando di togliere la sabbia dai vestiti. Considerai quanto strano fosse che una ragazza come lei, dall’aspetto fragile e delicato, si fosse rialzata come un calciatore atterrato dopo un brutto fallo.
“A proposito... Mi spiace di averlo fatto spaventare!”  mi scusai.
Si voltò verso di me, mettendosi le mani ai fianchi e tirando la schiena “Scherzi? Non è colpa tua! Seby non aspettava altro che abbassassi la guardia per tirami uno dei suoi scherzetti! Guardalo lì, lo stupido!”  disse, indicandomi il cavallo che scosso, correva allegro per il campo. La osservai un momento e vidi lo stesso amore e la stessa passione che tante volte avevo visto sul viso di Elena.
“Tombola!”  mi voltai di scatto in direzione di quella voce scherzosa, ed ecco la mia compagna di allenamenti. Era appoggiata alla cavallerizza, in mano una longhina alla quale era legato Zingaro che osservava con disapprovazione il collega scorrazzare libero per il campo. Elena sorrideva divertita, negli occhi un lampo d’allegria e,  finalmente, serena… Capodanno, pensai, le aveva fatto bene!


Trattenni una risata scuotendo il capo: Marj era stata proprio avventata a voler salire subito in sella dopo un viaggio di dieci ore d' aereo! Ma la capivo, la capivo benissimo. Non ne poteva più di non montare a cavallo! La nostra non era una semplice passione, era una malattia.
“Però…" mi dissi "Guarda guarda quei due come stanno bene insieme...”  Osservavo i miei  amici, in piedi l’uno accanto all’altra, constatando che facevano proprio una bella coppia. Tirai un sospiro, stringendo le labbra: se solo Benji avesse avuto le idee un po' più chiare riguardo all'amore...
In un flash ripensai a Zurigo, a quello che avevo provato, a quello che ci eravamo detti… E a come aveva reagito alla mia telefonata di Capodanno.
Capodanno.
Alcuni ragazzi della squadra ed altri amici avevano organizzato una festa  in uno chalet di montagna. Ero andata anch’io, letteralmente trascinata da  Kristine e Karl.
Invece dei fuochi d’artificio  avevamo pensato a preparare un bel falò. Guardavo i ragazzi che sistemavano la catasta di legna stringendomi le braccia intorno al corpo e saltellando nel tentativo di non congelare. Amo la neve ma detesto il freddo. Qualcuno lo sapeva e pensò bene di porre rimedio a questo mio piccolo problema. Era quasi mezzanotte ed all’improvviso mi sentii cingere da dietro “Non starai per caso morendo di freddo? Come faremo noi senza la nostra fotografa, il prossimo anno!?” Karl mi aveva abbracciata, tenendomi stretta nell’intento di scongelarmi. Fui piacevolmente sorpresa, sia dal tepore del suo corpo che dal suo atteggiamento e mi lasciai affondare tra le sue braccia, rispondendogli a tono  “Sei tu il capitano. Tu ti devi occupare della cura della tua squadra…”
Lo sentii sogghignare  “Come vedi lo sto facendo… Sempre che ti faccia piacere…” L'abbraccio si fece più stretto, sentivo il suo fiato caldo solleticarmi piacevolmente il viso. Sospirai, creando una nuvoletta che si perse subito nell'aria tersa, e per tutta risposta mi accomodai meglio sul suo petto, rilassandomi e chiudendo un istante gli occhi.
Scoccò la mezzanotte e venne dato fuoco alla pira. Karl non mi lasciò andare un istante e quando i ragazzi, sfoderate le chitarre, cominciarono a suonare e cantare, mi costrinse dolcemente a ballare con lui in mezzo alla neve. Non riuscivo a vederlo bene in viso, scorgevo solo lo scintillio azzurro cielo dei suoi occhi ed un sorriso leggero che piegava le labbra sottili. Vinti dal freddo, gli altri rientrarono. Mi voltai per seguirli, certa che il capitano avrebbe fatto lo stesso ma mi sentii trattenere e in un istante mi trovai nuovamente tra le sue braccia, la sua bocca sulla mia.
Il giorno seguente, devo essere sincera, non fu facile chiamare Benjiamin per  fargli gli auguri..
Tergiversai un poco e poi glielo dissi. Rimase zitto un istante che mi parve un eternità. Non sapevo come avrebbe reagito. Lo intuii sorridere  all’altro capo del telefono  e poi scoppiare in un'allegra risata “Sei arrivata tardi! Lo sapevo già!”
“Cosa?”  rimasi di sasso, gli occhi spalancati e la cornetta a mezz'aria,  immaginando quasi il sorrisetto divertito e strafottente sulla sua faccia.
“Karl mi ha chiamato stamattina, dormigliona! La prima cosa che mi ha detto era che pretendeva la mia benedizione! E così, alla fine, la sua pazienza è stata premiata.” concluse serafico.
Respirai e ricordai la notte precedente. Karl mi aveva trattenuta fuori al freddo, baciandomi con tenera passione. Quando si era staccato da me, gli avevo fatto la domanda che già dalla festa di Natale mi ronzava in testa  “Perché io?”  lo avevo guardato dritto negli occhi. Ferite ne avevo abbastanza. Lessi sorpresa nel suo sguardo  “Come, perché tu?” chiese.
“Perché io e non una delle splendide ragazze che ti ronzano intorno?!” continuai, mille dubbi e stupide angosce che mi ronzavano nella testa.
Appoggiò la sua fronte alla mia, parlando piano  “Splendida ragazza, tu non sei uno scherzo…”  e mi sorrise dolce, riavvicinando le sue labbra alle mie.
“E poi, “  riprese, sorridendo divertito quando ci slacciammo da quel bacio  “ricordati che per quello che ho appena fatto, rischio la vita! La tua specialissima guardia del corpo non ci penserebbe due secondi a spezzarmi la schiena se solo sospettasse che le mie intenzioni non sono più che serie!”  mi strinse più forte, con un lampo divertito negli occhi. Era vero, era assolutamente vero. Benjiamin non avrebbe mai permesso che qualcuno mi facesse di nuovo male, tantomeno il suo migliore amico.
“Ehi! Terra chiama Elena! Ci sei?”  la voce di Karl mi riscosse dai ricordi e me lo trovai accanto, lo sguardo azzurro splendente come il cielo a primavera.  Era meraviglioso. Dolce, protettivo, paziente... 
“Mhmmm…sì, più o meno…” risposi, riportando la mia attenzione sulla coppia in piedi nel mezzo del campo. Il Kaiser intercettò il mio sguardo, annuendo pensoso  “Non stanno per nulla male insieme…”

La domenica dopo, finalmente, scendemmo nuovamente in campo.  Il Colonia non era un avversario molto impegnativo, ma quando si gioca fuori casa, meglio non prendere le partite sottogamba. Schneider e Levin, rientrato dopo una lunga assenza dovuta ad infortunio sottovalutato, dettero spettacolo in attacco. Gli avversari non entrarono che due o tre volte nella nostra area, senza peraltro essere mai veramente pericolosi. Si era ormai alla fine di Gennaio, ma il freddo non accennava a diminuire. I ragazzi, bene o male correndo si scaldano. Rimanendo pressochè fermo in porta, tra l’altro in una partita per nulla impegnativa, mi eroquasi congelato. Feci una lunga doccia bollente per sciogliere i muscoli indolenziti dal freddo. Quando ne uscii ero solo col capitano, che mi aveva evidentemente aspettato, mentre riordinava molto con calma le sue cose. Colsi l’occasione per togliermi quel peso che mi gravava ormai da prima di Natale. Lo presi di petto, era inutile tergiversare “Karl, a Zurigo ho commesso un’idiozia...”  mi guardò corrugando la fronte, sorpreso  “Pensi di non aver meritato il premio e vorresti concederlo al tuo capitano?”  sorrise ironico.
Sospirai, incassando e mettendo in conto. ”No, molto peggio.” continuai, e vidi comparire sul suo volto un’espressione interrogativa  “Ho tentato di baciare Elena.”  negli occhi azzurri passò  un lampo d’acciaio. Sapevo cosa voleva dire e a cosa andavo in contro. Si sollevò dalla panca, incrociando le braccia al petto, fissandomi irato.
Ripresi “Mi ha bloccato lei. Sono stato un vero stupido. Elena è solo un’amica. Un’amica particolare ma solo un’amica. Soprattutto ora che è la tua ragazza.”  Eravamo l’uno di fronte all’altro, Karl mi stava squadrando da capo a piedi. Avvertivo la sua furia e lo capivo. Dopo un minuto che mi parve eterno, espirò profondamente, espellendo fiato e rabbia. Lo sguardo d’acciaio riprese il solito color azzurro cielo. La tempesta era passata.  “Ti credo." riprese  "E so che lei non potrebbe avere guardia del corpo migliore di te.”  sorrise, chiuse la borsa e mi voltò le spalle per uscire ma si fermò un istante, girato verso la porta la mano sulla maniglia “Benjiamin.”
“Dimmi, Karl”
Silenzio.
Pochi secondi che nuovamente sembrarono anni.
“Grazie per essere stato sincero con me.”
Sospirai, sollevato.
“Ho chiesto io ad Elena di non dirti nulla. Era compito mio. L’idiozia l’ho fatta io.”
Vidi che serrava con forza la maniglia della porta  “Non ne sei innamorato, vero?”
Non me l’aspettavo. Quella domanda mi colse come una pallonata nello stomaco. Sentii la testa svuotarsi da ogni pensiero, come incapace di trovare una risposta.
“No. Karl. E’ solo un’amica” 
Si girò a guardarmi, un sorriso accennato  “Grazie” disse ed uscì.
Finii di cambiarmi con calma. La domanda di Karl e la mia risposta continuavano a vorticarmi per la testa. Riconsiderai quello che avevo appena detto al mio capitano “Non è vero… La verità è che non lo so neppure io…”  scossi il capo, scacciando quel pensiero e l’immagine di un paio di allegri occhi nocciola dalla mente.

Quella sera invitammo Benji e Karl al ristorante del maneggio. Non per altro, dopo la partita mi ero fiondata a montare, mentre Kris e Marj erano rientrate piuttosto tardi da una gara e nessuna di noi avrebbe avuto la forza di uscire. Fu una serata molto piacevole, e notai con gioia che Marj reggeva molto bene la presenza del mio amico portiere. Il quale, ogni tanto, mi sorrideva  appena per rassicurarmi che avrebbe fatto il bravo. Comunque, dovetti ammettere di nuovo, quei due stavano proprio bene insieme. Chiacchierarono tutta la sera di calcio e, a volte, di cavalli. Karl li osservava, tenendo d’occhio il compagno di squadra. Se Benji era la mia personalissima guardia del corpo, lui lo era di Marj. Si conoscevano fin da piccoli e lui la considerava una sorellina minore. Più di una volta la mia biondissima amica si era rifugiata a casa Schneider, piangente perché il padre era partito per l’ennesima tournè lasciandola improvvisamente sola o perché i suoi avevano litigato per lei. E Karl l’aveva presa sotto protezione. In effetti, vedendoli tutti e tre insieme si sarebbero detti veramente fratelli!
Ora, in quella situazione, il Kaiser si sentiva probabilmente in difficoltà: da una parte io, la “protetta” dell’SGGK, dall’altra lo stesso che stava instaurando un bel rapporto con la sua “pupilla”.
“Vado a dare un’occhio a Zingaro” mi alzai da tavola e gli occhi azzurro cielo mi guardarono divertiti  “Penso che dovrei essere geloso…” disse con un un bellissimo sorriso leggermente di sbieco.
“Guarda che, prima viene Zingaro, poi tutto il resto! E non dirmi che col calcio non siam messi nelle stesso modo”  risposi, strizzandogli un occhio. Il sorriso si allargò, gli occhi si illuminarono e pensai di essere la donna più fortunata del mondo. Mi seguì in scuderia. Arrivai al box del mio cavallo e mi assicurai che stesse bene. Mi voltai e, me l’aspettavo, venni cinta in un abbraccio stretto e le mie labbra catturate in un bacio tenero ed urgente. Quando mi liberò da quella dolce prigionia ercai, buio com’era, di scrutarlo in viso  “Smettila di preoccuparti per lei!" lo rimproverai scherzosa "Ho smesso pure io! Benjiamin farà il bravo, vedrai!”
Avvertii il suo sorriso. Poi ”Mi ha detto di Zurigo...” e una pausa lunga un secolo  “L’hai rifiutato. Perché?”
Non me l’aspettavo. Mille risposte si affollarono nella mente. Tutte vere. Tranne l’ultima, che fu quella che diedi  “Perché non volevo gettare al vento la nostra amicizia e capivo che si era solo fatto trascinare dalla situazione. Non mi farebbe mai del male.E non voleva assolutamente farmene.”
“Ne sei innamorata?”  respirava piano, potevo vedere la luce riflessa nei suoi occhi.
“No. E’ solo un amico” risposi d'un fiato.
Storie, pensai mentre pronunciavo quelle parole.
Era un amico.
Vero.
Non mi avrebbe mai fatto male?
Vero.
Ma la realtà dei fatti era che ero dannatamente attratta da lui ma ne ero pure spaventata a morte!
Troppo bello, troppo importante, troppo complesso, troppo coinvolgente. No!
Ero innamorata?
Non lo sapevo…
Volevo considerarlo solo un amico, dimenticando tutto il resto.
Karl mi piaceva, mi era sempre piaciuto e si era dimostrato più rasserenate di quanto credessi. Stavo bene con lui, ero felice, ero al settimo cielo! Ed ero certa di potermi fidare al cento percento. Amarlo? Non ancora. Neppure lui mi amava ancora. Era un rapporto che doveva crescere e stabilizzarsi.
Una settimana e mezza circa dopo quella serata, la partita di ritorno degli ottavi della Champions. Bayern  – Stoccarda. Nelle file avversarie, una vecchia conoscenza dei miei amici. Il centrocampista Sho, ex del Monaco da una stagione. La squadra di Dieter Muller aveva perso all’andata per 2-0, doppietta di Levin su assist di Schneider. Brutto colpo per il miglior portiere tedesco Avrebbero dovuto segnare tre reti per passare. Con Price in porta era pressoché impossibile!
Il primo tempo passò in un lampo. Le due squadre si diedero battaglia senza esclusione di colpi. Lo Stoccarda  era perennemente in avanti, trascinato da uno Sho in piena forma. Il Bayern non rimaneva certo inattivo. Karlz e Shuster, diretti magistralmente da Price, formavano un muro impenetrabile e, non appena s’impossessavano della palla, a turno scattavano in avanti, portando il gioco agli attaccanti. Levin era temporaneamente in panca. Il mister aveva deciso di non sforzarlo subito. Quattro mesi di stop non sono uno scherzo da recuperare e Stefan sarebbe stato molto prezioso in semifinale e finale. Karl  si dimostrò un regista d’eccezione; portò la squadra più volte in area avversaria, senza però forzare troppo. Conosceva bene sia Yi che Sho: fare un goal nel primo tempo voleva sì dire mettere al sicuro il risultato, ma anche trovarsi davanti undici belve feroci nel secondo. E il Kaiser non voleva correre rischi. Attaccava, certo, lui non si tirava mai indietro, ma senza foga, come un leone che gioca con la preda. Sapeva di avere le spalle coperte in porta, non dubitava minimamente dell’SGGK però conosceva bene il cinismo e la fredda determinazione di Sho, che erano costati cari al suo amico anni prima.
I primi quarantacinque minuti si conclusero con un sofferto 0-0. Mentre i ragazzi entravano in campo per la ripresa, sentii Karl  incitarli all’attacco e vidi l’occhiata d’intesa che si scambiava con Price. Il Bayern ricominciava a fare sul serio.
Accanto al capitano, finalmente il biondo svedese.
Ero più o meno in linea con la nostra porta. Volevo fare un paio di scatti ancora sui difensori ed il portiere per poi spostarmi verso l’area avversaria a riprendere l’attacco. La furia dello Stoccarda non si fece attendere. Karl e gli altri se lo aspettavano ma comunque la difesa venne elusa da una serie di passaggi veloci e molto precisi. Soprattutto il cinese evitò accuratamente il confronto diretto col nostro capitano, sapendo che con ogni probabilità ne sarebbe uscito sconfitto. Il terzetto Sho-Richter – Yi entrò in profondità nella nostra metà campo. Karlz , Strauss e Shuster non arrivarono a rubare il pallone agli avversari, nonostante Price avesse previsto con precisione i loro  movimenti. Se li trovò praticamente tutti e tre in area. Shuster tentò di blindare Yi ma l’agile attaccante coreano lo fregò con una finta magistrale al termine di un duello tecnicamente eccezionale. Yi si girò a passare a Sho, il quale era a pochi passi da Price. Si sfidarono. E Sho capì che con la forza non sarebbe passato. Fintò un tiro in porta ma Benji non si fece ingannare: aveva visto Richter con la coda dell’occhio. Uscì dalla porta, contando sulla sua eccezionale elevazione, sapendo che sarebbe arrivato sul pallone prima del tedesco.
Avevo l’obiettivo puntato su di lui. Mi aspettavo di stare per scattare l’ennesima foto su parata spettacolare. Ma quello che intravidi con l’occhio sinistro, libero dall’oculare della macchina, mi fece gelare. Richter era saltato comunque, in rovesciata alla sinistra di Price. Lo scontro in aria era inevitabile. Benjiamin arrivò sul pallone, afferrandolo saldamente, e una frazione di secondo dopo ci arrivò pure il piede sinistro del tedesco, che però colpì con violenza il polso di Benji. Crollarono entrambi a terra, Richter letteralmente addosso a Price che, nonostante tutto, non aveva lasciato il pallone e lo stringeva sotto di se col braccio destro. Lo vidi serrare i denti dal dolore. Gli occhi infuocati di rabbia. Poi si voltò verso l’attaccante avversario, che gli aveva detto qualcosa. Sul viso del tedesco un sorriso sadico e soddisfatto. Lo avrei ammazzato!
Si beccò un cartellino rosso per gioco pericoloso.



“E così sei fuori gioco, caro il mio SGGK!”
Mi voltai verso Richter: ero furioso ed il dolore al polso era lancinante, ma non riuscivo a credere alle mie orecchie. Si rialzò, un sorriso soddisfatto, per nulla dispiaciuto di quello che aveva fatto, anzi, era pienamente consapevole delle sue azioni, il bastardo!
“Price, tutto a posto?”  la voce del capitano mi riportò alla realtà. Vidi la sua mano tesa verso di me, ma quando mi appoggiai sul braccio sinistro per afferrarla con la destra, crollai a terra. Il polso non reggeva. Karl e Shuster si chinarono accanto a me.  
“Tu esci.”
“No.”
“Piantala Benji! Mi servi sano per la finale! E Leo non è in grado di fermare Holly! A questi qui ci pensiamo noi! Tu esci!”  mi ritrovai con gli occhi di ghiaccio del Kaiser a poca distanza dai miei. I suoi ordini non si discutevano. Era vendetta quella che ardeva in quello sguardo. E comunque aveva ragione.
Uscii dal campo tra gli applausi del pubblico. Mi voltai un istante e scorsi la mia piccola fotografa che mi osservava preoccupata. Le sorrisi, cercando di rassicurarla. Sorrise appena di rimando, portando due dita alla fronte, come un saluto militare.
“Non è rotto. Solo una brutta lussazione. Meglio se te ne stai a riposo per un po’, Benjiamin. La squadra avrà bisogno di te in partite molto più importanti di questa!” Il medico aveva intuito la mia angoscia. Mi ero già rotto i polsi ed ero stato fermo troppo tempo per quell ’infortunio. Quell’anno non potevo assolutamente permettermelo!
All’improvviso, udii un boato dagli spalti e l’inno della squadra urlato a squarciagola. La vendetta del Kaiser non aveva tardato a venire.
Tornammo a casa. 2-1. Mejer è un ottimo portiere, ma  Sho è un avversario temibile anche per me, mentre Dieter  è un avversario eccezionale per Karl e Stefan.
Sentii il telefono vibrare. Un messaggio che diceva : ”Cena per la meritata vittoria e dolce per un povero ferito di guerra. Il tutto offerto dalla Premiata Ditta Ele-Marj & Kris. Venite?”  Guardai Karl che, evidentemente, aveva ricevuto lo stesso sms. Si voltò, sorridendomi e strizzandomi un occhio “Direi che ce la siamo meritata, che dici, socio?”
Ci ritrovammo nuovamente al riding club, questa volta non al raffinato ristorante ma nella più semplice club house. Le tre amiche avevano deciso di cucinare in nostro onore. Eravamo solo noi cinque. Chiacchierammo tutta la sera, rilassandoci finalmente un poco. Ad un certo punto vidi lo sguardo di disappunto di Marjorie fisso sulla fasciatura che avevo al polso.
“Così non serve a niente!”
“Come?”  ero interdetto.
Scosse i boccoli biondi per poi raccoglierli in una coda alta con un elastico, lanciandomi una sguardo spazientito  “Aspetta un po’.”  disse e vidi Elena osservarci e sorridere divertita. Non capivo. In effetti la fasciatura si era allentata un poco dopo la doccia, ma l’indomani mattina dovevo recarmi in ambulatorio comunque. Marj rientrò nella piccola sala armata di benda, fascia elastica e forbici. “Avanti, dammi quel polso, altrimenti messo così guarisci tra cent’anni e il Bayern non se lo può permettere!”
Guardai dubbioso Elena, che ora sorrideva apertamente. Lesse la mia sorpresa e negli occhi nocciola passò un lampo birichino  “Lo sai che Marj è il nostro veterinario, no? Specializzata in grandi animali!! Per cui…”  fece una pausa, guardandomi maliziosa  “che differenza vuoi che facciano per lei cavalli o… asini!?”  Si trattenne dal ridere senza smettere di fissarmi. Karl osservò prima lei e poi me. Poi scosse la testa e sorrise sconcertato. Mi conosceva bene e sapeva che chiunque altro avesse fatto una battuta del genere nei miei confronti sarebbe finito male. Con lei non era così.
Marj finì di medicarmi. Per essere un veterinario se la cavava bene con gli esseri umani.

Eravamo a casa. Marj era stesa sul letto, i boccoli sparsi disordinatamente sul cuscino, le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo perso nel vuoto. Mi domandai se avevo fatto bene a lasciarla per un po’ da sola con  Benjiamin. Forse Kris aveva ragione, forse era troppo persa, era troppo rischioso farla uscire in compagnia con lui.
La stavo fissando da almeno mezz’ora, quando mi sfuggì un sospiro.
“Che hai?” chiese.
“Lo sai…” risposi atona.
“Avevi ragione sai?” riprese, e cominciai a preoccuparmi.
“Mmm?” mugugnai, sforzandomi di far finta di nulla.
“Non è solo uno splendido ragazzo, è anche una bella persona.”
“Lo so” e la cosa mi preoccupava non poco.
Chiuse gli occhi sospirando “Hai ragione.”
“Io ho sempre ragione!” ridacchiai nervosa.
Sorrise, sempre ad occhi chiusi  “Sono innamorata persa!”
“Tombola!” esclamai, buttandomi sul letto a pancia in su, espirando profondamente e chiudendo a mia volta gli occhi.
Rimasi in silenzio qualche minuto, riordinando le idee.
“Marj…" ripresi.
“Lo so cos’hai da dirmi.” mi interruppe stizzita.
“E invece no!” alzai la voce e si voltò verso di me, guardandomi sorpresa. Continuai, pregando dentro di me di non stare commettendo un'enorme sciocchezza  “Ascolta e non interrompermi. Voi due state piuttosto bene insieme. Interessi in comune, gusti musicali, tante cose...”
“Anche per te è così…” sussurrò.
“Ti ho detto di non interrompere! E poi per me è diverso! Benjiamin è mio amico, stop!” dissi, cercando di convincere più me stessa che lei.
“E Zurigo?” La domanda che non volevo sentire...
Mi stava fissando. Smisi un attimo di respirare, ripensando a quella cascata di emozioni, ai suoi occhi, al suo calore... Al mio terrore. E  chiusi istantaneamente tutto dietro una porta a doppia mandata, gettando via la chiave.
“A Zurigo non è successo nulla Marj. Lo sai che l’amicizia tra uomo e donna non è sempre facile, ma le cose sono state messe in chiaro. Siamo amici. Punto.”
“Solo amici?” insistette.
Sospirai, spazientita “Marj! Solo amici! Ti ricordo che sto con il tuo (e suo) migliore amico! E’ vero, lo ammetto: Benjiamin è terribilmente affascinante e non è che ogni tanto non mi incanti pure io a guardarlo! Sono di carne ed ossa anch’io!” la strizzai un ochhio e mi sorrise comprensiva.
“Ascolta e senza svenire! Sarei molto, molto felice se le cose fra voi due andassero bene, ma “  la fissai dritta in viso, perché capisse che non stavo assolutamente scherzando  “ Benji non è solo quello che vedi. E’ molto, molto di più. Non è solo forza, decisione, fascino, magnetismo, freddezza. Quella è  una corazza che nasconde una splendida personalità molto complessa e dagli equilibri piuttosto fragili…” Sgranò gli occhioni da gatta, trattenendo il respiro. L’avevo sconcertata. Non le avevo mai parlato di Benjiamin in quei termini ma ormai lo ritenevo necessario. Continuai  “Price non è solo il grande SGGK del quale leggi sulle riviste. E quello che ti ha mostrato di sé è un decimo di quello che è… Tu ami un’immagine che ti sei fatta di lui da quindici anni a questa parte. Non è detto che tutto quello che hai sognato sia corrispondente alla verità. Sarei felicissima se lui ti concedesse di scoprirlo, e tu potessi imparare ad amarlo per la persona che è. Ma non sarà facile. Ha chiuso il suo cuore all’amore per ragioni che non posso spiegarti e per questo potrebbe farti soffrire parecchio.”  Mi ascoltava respirando piano, stringendo il copriletto tra le dita, conscia che quello che le stavo mettendo su un piatto d'argento era il sogno della sua vita 
“Marj. Sei una ragazza fantastica. Non voglio assolutamente crearti illusioni, ma non credo che il cuore di Benjiamin potrà stare chiuso a chiave a vita. Se ci tieni tanto a lui, provaci, semplicemente essendo te stessa! Non prometto che funzionerà. E ti avviso che potresti rimanerne scottata. Molto.”
Le labbra a forma di cuore si piegarono in un dolce sorriso, mentre una lacrima le solcava la guancia “Grazie” sussurrò e mi strinse forte.
Mentre l’abbracciavo, una morsa gelida mi attanagliava lo stomaco. Avevo fatto la cosa giusta?

   
 
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