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Autore: WishfulThinking    26/11/2007    3 recensioni
*Sequel di Seeking Redemption* “Perché mi hai portata qua?” chiese sottovoce, quasi senza forze. Shikamaru alzò la testa, come fosse stato immerso in altri pensieri.
“Shikamaru, che cosa vuoi da me?” stupida, stupida, stupida. Le lacrime, per quanto avesse voluto trattenerle, le sgorgavano copiose dagli occhi. Debole, stupida, continuava ad insultarsi dentro di sé.
Gli occhi di Shikamaru esitarono: “Una spiegazione” sussurrò.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa fic è per Kaho_chan, che chiedeva una conclusione per Seeking Redemption

Questa fic è per Kaho_chan, che chiedeva una conclusione per Seeking Redemption. La tua recensione mi ha colpita e inseguita, fino a quando non ho buttato giù questo. E’ per te, spero ti piaccia! ;)

 

 

Finding Redemption

 

 

 

Era sparito. Una notte di passione, di passaggio, ed era sparito. Era sparito per diventare Chunin, per rincorrere la gloria.

Stronzate.

Era sparito per un’altra ragione, Ino lo sapeva.

Ed era l’unica a saperlo.

Era partito così. Per colpa sua. Se solo… Dio, quanto era stata stupida, lanciarsi a lui come una sgualdrina. Lui era disperato e lei non aveva saputo offrirgli parole valide, scuse valide. Solo il suo corpo. E lui non lo voleva. L’aveva presa, lì, forse per il dolore, per la disperazione, o per la rabbia. Non per amore, mai per amore. E ora piangeva Ino, piangeva nella notte con le stelle a farle da testimoni, con la luna a vegliarla silenziosa, spia irriverente del suo dolore.

Stupida, stupida, stupida!

Non riusciva a ripetersi altro, quando ci pensava. Per questo aveva deciso di allontanarlo, di allontanare tutto dalla sua mente. Non era stato difficile in fondo, quando lui per primo era sparito dalla sua vita, dalla sua casa, dalle sue giornate.

Ti odio, Shikamaru, ti odio con la stessa intensità con la quale ti ho amato.

 

Così fu sconcertante quando, un giorno, se lo ritrovò davanti. Semplicemente, inspiegabilmente davanti. E il suo muro di menzogne le cadde addosso.

Si erano scontrati, come in una delle sue stupide fantasie romantiche, e lui le aveva porto la mano per rialzarsi. Proprio quando lei aveva preparato il suo più splendido sorriso per ringraziare lo sconosciuto gentile, quel sorriso le si era congelato sulle labbra.

Shikamaru.

Si erano guardati a lungo negli occhi, sfidando tacitamente l’altro a dire qualcosa. Qualunque cosa in un silenzio che non era più confortevole, come quando si stendevano sull’erba, uno al fianco dell’altra. Questo era un silenzio freddo e stagnante, impregnato di rabbia, odio, imbarazzo.

“Ciao” disse Shikamaru. Semplicemente.

“Ciao, Ino” ripeté mentre lei se ne stava andando, adirata dall’apparente cordialità delle sue parole.

“Si può sapere che diavolo vuoi da me, Shikamaru?” chiese poi la ragazza a denti stretti, sbottando d’ un colpo.

“Ino” fece lui con un tono strano…incertezza? “è passato poco più di un mese…”

“Poco più di un mese?” rise lei, nervosamente “Non è mai passato un giorno, mai uno stramaledettissimo giorno che non ti ricordi nella mia vita, da quando ho memoria, Shikamaru. Solo un mese? Fammi un piacere, porta la tu pietà altrove”. E con questo fece per sparire, quando si sentì afferrare per un polso, e in un moto involontario, roteare contro di lui.

“Lasciami andare” sibilò contro il suo petto. Dio, ora sembrava davvero una di quelle eroine dei romanzi rosa: lui faceva tutte le mosse giuste, con una sola pecca; non le intendeva come lei.

“Lasciami andare” ripeté pericolosamente.

“Dobbiamo parlare” fece lui, con lo stesso tono.

“Non qui” rispose lei.

“Andiamo allora” fece lui, e non lasciandole la mano, la condusse a casa sua.

 

Ino si trovò imbarazzata a salutare i genitori di Shikamaru, quelle persone che la portavano sul palmo della mano e che non si rendevano conto di quanto fosse idiota, loro figlio. Come diamine era uscito Shikamaru da quei due? Se solo…

Senza rendersene conto si era lasciata guidare in camera di lui. Ci era stata un’infinità di volte, avrebbe potuto raccontare un aneddoto per ogni mobilio, per ogni cassetto, per ogni gioco. Avrebbe potuto descrivere con una precisione sconvolgente la disposizione delle sue cose, gli angoli delle sue dimenticanze…eppure tutto ciò che le saliva alla mente era quella porta. Quella porta contro la quale era stata spinta la sua schiena, costretta dal corpo di lui, in un’agitazione e una frenesia che nessuno avrebbe legato al ragazzo, ma di cui era capace, Dio gliene fosse testimone. E quello stesso Dio avrebbe potuto vedere in un attimo che la stessa passione era dentro di lei, quella passione l’aveva condannata a tanto patire, a tanto subire.

Perché mi hai portata qua?” chiese sottovoce, quasi senza forze.

Shikamaru alzò la testa, come fosse stato immerso in altri pensieri.

“Shikamaru, che cosa vuoi da me?”.

Stupida, stupida, stupida. Le lacrime, per quanto avesse voluto trattenerle, le sgorgavano copiose dagli occhi. Debole, stupida, continuava ad insultarsi dentro di sé.

Gli occhi di Shikamaru esitarono: “Una spiegazione” sussurrò.

Ino non resistette. Si mise a piangere, incontrollabilmente: che cosa voleva ancora da lei? Non pensava di averla torturata abbastanza? Non credeva di…

“Shikamaru, vado con tua madre a fare la spesa, poi passiamo da Choza. Vuoi passare a salutare Choji?” si udì la voce di Shikaku dalle scale.

“Non oggi, papà” rispose il ragazzo mentre Ino si sforzava, inutilmente, di singhiozzare in silenzio.

E si odiava per questo. Non voleva più piangere , non voleva piangere di fronte a Shikamaru, non voleva mostrarsi debole…

“Ino” fece lui non sapendo cosa dire, non sapendo come agire. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia, avrebbe voluto calmarla, ma non lo fece.

Aveva una paura dannata di toccarla, di farle del male, ancora. Non era stupido: nonostante gli altri ragazzi pensassero che Ino era una ragazza superficiale, lui sapeva bene che questo non corrispondeva a verità. Era lontanissimo dalla verità. E lui l’aveva ferita, nel più crudele dei modi.

“Ino…” ripeté.

“Shikamaru, non devi” gli fece lei alzando una mano mentre l’altra cercava invano di nascondere il suo volto arrossato. “Ora vado a casa, così tu puoi fare qualunque cosa tu debba fare, d’accordo? E non preoccuparti, è tutto a posto.”

“Ino, non è tutto a posto, e lo sai”.

“Ah, no? A giudicare dal modo in cui ti comporti mi pare che per te lo sia, e sai una cosa Shikamaru? Perché ti dovrebbe importare di me, quando tutto ciò che ti basta è la tua calma, eh? Te la do io la risposta: non siamo più un team, non c’è più bisogno che tu finga di tenere a ciò che penso o a come mi sento: sei libero, puoi andare, cosa vuoi di più?” ringhiò ancora piangente, con una mano sulla maniglia e la ferma intenzione di lasciare quella stanza il prima possibile.

“Non sono libero” sussurrò lui “Non sarò mai libero

“Allora scusami…” rispose lei senza lasciarlo terminare “scusami tanto se non sono intelligente come te, se non sono imbattibile, se non sono diventata chunin, se non sono come Choji, se non posso sostituire Asuma…scusami per essere stata una seccatura per tutto questo tempo, scusami se non sono quello che vuoi!” la spinse, forte, la maniglia. Ma una mano contrastò la sua forza.

“Non te ne andare” la stretta era forte; il tono, stranamente, debole. Debole come non lo sentiva da un mese.

Ino si volse e si trovò costretta tra la porta e il corpo di Shikamaru.

“Si può sapere che diavolo vuoi da me, Shikamaru?” chiese disperata.

Il ragazzo non rispose, ma appoggiò il capo al petto di lei, respirando lentamente.

No, non poteva lasciare che accadesse di nuovo, ma Shikamaru era così fragile, e spaesato, e…sembrava che lui, per una volta, avesse bisogno di lei.

Così lentamente, contro desiderio, vide la sua stessa mano levarsi e intrigarsi tra i capelli di lui, accarezzargli la nuca e circondargli la vita, massaggiargli la schiena e infine abbracciarlo.

Lo amava, e non poteva negarlo.

Aveva lavorato un mese per trasformare il bene in male, e lui in pochi minuti aveva ribaltato le cose, a suo vantaggio. E non riusciva a odiarlo, non più.

Poi si sentì sollevare, e Shikamaru la teneva dalle ginocchia, e alzandola da terra la posava sul letto. Ino aveva paura, sentiva il sangue pulsarle portentoso, e non sapeva se di timore o di eccitazione.

Avvertì Shikamaru stendersi di fianco a lei, e il suo respiro caldo sul collo.

“Scusa” disse piano. “Ho saputo vedere solo me stesso” continuò in un sussurro “il mio dolore, la mia rabbia. Ho guardato solo me stesso perché ovunque c’eri tu: dentro i miei pensieri e i miei ricordi…i miei desideri…” Gli occhi di Ino si sgranarono all’implicazione di quelle parole.

“Ino” disse poi Shikamaru tirandosi su un braccio e costringendola a guardarlo con una mano sotto il mento di lei. “Tu eri lì, insopportabilmente bella, ed eri per me…La verità è che non mi sembrava giusto gioire d’averti trovata quando Asuma-sensei era appena morto. Mi sembrava di tradire la sua memoria. Poi ho capito. Kurenai aspetta un bambino, lo sai?” disse piano “E quando l’ho saputo ho capito che combattere non serve a nulla, se non combatti per qualcosa, per qualcuno. Io non lo sapevo, Ino, ma ho sempre combattuto per te.

Lei aveva ripreso ad accarezzarlo, e quando lui la guardò con incertezza, lei gli sorrise, e lo attirò verso di sé. Poi fu un bacio lieve, a fior di labbra. E un altro sorriso. E un altro bacio, e un altro sorriso. Un bagliore di redenzione.

“Ino, io…mi dispiace, ho fatto una cosa terribile” sussurrò Shikamaru contro le labbra di lei.

“È stato il momento più bello della mia vita. Rispose la ragazza sorridendo dolcemente “E non mi sembra di tradire la memoria di Asumasensei se dico questo, Shika.” mormorò, il volto vicinissimo a quello di lui “Non mi sembra di farlo perché lui vi ha affidati a me. E io mi sono presa cura di voi.”

Ma io…” tentò di contrastare lui.

“Io ti amavo Shika…” fece lei tappandogli la bocca e baciandolo, sulla guancia “e ti amo ancora” un bacio sulla fronte “…da impazzire” uno sulle labbra.

“Aiutami tu, ora” sussurrò poi premendosi contro di lui per un altro bacio. A trovare la redenzione.

 

 

  
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