Questa fic è per Kaho_chan, che chiedeva
una conclusione per Seeking Redemption.
La tua recensione mi ha colpita e inseguita, fino a
quando non ho buttato giù questo. E’ per te, spero ti piaccia!
;)
Finding Redemption
Era sparito. Una notte di passione, di passaggio, ed era
sparito. Era sparito per diventare Chunin, per
rincorrere la gloria.
Stronzate.
Era sparito per un’altra ragione,
Ino lo sapeva.
Ed era l’unica a saperlo.
Era partito così. Per colpa sua. Se solo… Dio, quanto era stata stupida, lanciarsi a lui come una
sgualdrina. Lui era disperato e lei non aveva saputo offrirgli parole valide,
scuse valide. Solo il suo corpo. E
lui non lo voleva. L’aveva presa, lì, forse per il dolore, per la disperazione,
o per la rabbia. Non per amore, mai per amore. E ora piangeva Ino, piangeva nella notte con le stelle a
farle da testimoni, con la luna a vegliarla silenziosa, spia irriverente del
suo dolore.
Stupida, stupida, stupida!
Non riusciva a ripetersi altro, quando ci pensava. Per
questo aveva deciso di allontanarlo, di allontanare
tutto dalla sua mente. Non era stato difficile in fondo, quando lui per primo
era sparito dalla sua vita, dalla sua casa, dalle sue
giornate.
Ti odio, Shikamaru,
ti odio con la stessa intensità con la quale ti ho
amato.
Così fu sconcertante quando, un giorno, se lo ritrovò
davanti. Semplicemente, inspiegabilmente davanti. E il suo muro di menzogne le cadde addosso.
Si erano scontrati, come in una delle sue stupide fantasie
romantiche, e lui le aveva porto la mano per rialzarsi.
Proprio quando lei aveva preparato il suo più splendido sorriso per ringraziare
lo sconosciuto gentile, quel sorriso le si era
congelato sulle labbra.
Shikamaru.
Si erano guardati a lungo negli occhi, sfidando
tacitamente l’altro a dire qualcosa. Qualunque cosa in un
silenzio che non era più confortevole, come quando si stendevano sull’erba, uno
al fianco dell’altra. Questo era un silenzio freddo e stagnante,
impregnato di rabbia, odio, imbarazzo.
“Ciao” disse Shikamaru. Semplicemente.
“Ciao, Ino” ripeté mentre lei se
ne stava andando, adirata dall’apparente cordialità delle sue parole.
“Si può sapere che diavolo vuoi da me, Shikamaru?” chiese
poi la ragazza a denti stretti, sbottando d’ un colpo.
“Ino” fece lui con un tono strano…incertezza? “è passato poco più di un mese…”
“Poco più di un mese?” rise lei, nervosamente “Non è mai
passato un giorno, mai uno stramaledettissimo giorno che non ti ricordi nella mia vita, da quando ho memoria, Shikamaru. Solo un mese? Fammi un piacere, porta la
tu pietà altrove”. E con questo fece per sparire,
quando si sentì afferrare per un polso, e in un moto involontario, roteare
contro di lui.
“Lasciami andare” sibilò contro il suo petto. Dio, ora
sembrava davvero una di quelle eroine dei romanzi rosa: lui faceva tutte le
mosse giuste, con una sola pecca; non le intendeva come lei.
“Lasciami andare” ripeté pericolosamente.
“Dobbiamo parlare” fece lui, con lo stesso tono.
“Non qui” rispose lei.
“Andiamo allora” fece lui, e non
lasciandole la mano, la condusse a casa sua.
Ino si trovò imbarazzata a salutare i genitori di
Shikamaru, quelle persone che la portavano sul palmo della mano e che non si
rendevano conto di quanto fosse idiota, loro figlio. Come diamine era uscito Shikamaru da quei
due? Se solo…
Senza rendersene conto si era lasciata guidare in camera
di lui. Ci era stata un’infinità di volte, avrebbe
potuto raccontare un aneddoto per ogni mobilio, per ogni cassetto, per ogni
gioco. Avrebbe potuto descrivere con una precisione sconvolgente la
disposizione delle sue cose, gli angoli delle sue dimenticanze…eppure tutto ciò
che le saliva alla mente era quella porta. Quella
porta contro la quale era stata spinta la sua schiena, costretta dal corpo di lui, in un’agitazione e una frenesia che nessuno
avrebbe legato al ragazzo, ma di cui era capace, Dio gliene fosse testimone. E quello stesso Dio avrebbe potuto vedere in un attimo che
la stessa passione era dentro di lei, quella passione l’aveva condannata a
tanto patire, a tanto subire.
“Perché mi hai portata qua?”
chiese sottovoce, quasi senza forze.
Shikamaru alzò la testa, come fosse
stato immerso in altri pensieri.
“Shikamaru, che cosa vuoi da me?”.
Stupida, stupida, stupida. Le lacrime, per quanto avesse voluto trattenerle, le sgorgavano
copiose dagli occhi. Debole, stupida, continuava ad insultarsi dentro di sé.
Gli occhi di Shikamaru esitarono: “Una spiegazione”
sussurrò.
Ino non resistette. Si mise a piangere, incontrollabilmente: che
cosa voleva ancora da lei? Non pensava di averla
torturata abbastanza? Non credeva di…
“Shikamaru, vado con tua madre a fare la spesa, poi
passiamo da Choza. Vuoi passare a
salutare Choji?” si udì la voce di Shikaku dalle scale.
“Non oggi, papà” rispose il ragazzo
mentre Ino si sforzava, inutilmente, di singhiozzare in silenzio.
E si odiava per questo. Non voleva
più piangere , non voleva piangere di fronte a
Shikamaru, non voleva mostrarsi debole…
“Ino” fece lui non sapendo cosa dire, non sapendo come agire. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia,
avrebbe voluto calmarla, ma non lo fece.
Aveva una paura dannata di toccarla, di farle del male,
ancora. Non era stupido: nonostante gli altri ragazzi pensassero che Ino era
una ragazza superficiale, lui sapeva bene che questo non corrispondeva a
verità. Era lontanissimo dalla verità. E lui l’aveva
ferita, nel più crudele dei modi.
“Ino…” ripeté.
“Shikamaru, non devi” gli fece lei alzando una mano mentre l’altra cercava invano di nascondere il suo
volto arrossato. “Ora vado a casa, così tu puoi fare qualunque cosa tu debba fare, d’accordo? E non preoccuparti,
è tutto a posto.”
“Ino, non è tutto a posto, e lo sai”.
“Ah, no? A giudicare dal modo in cui ti comporti mi pare
che per te lo sia, e sai una cosa Shikamaru? Perché ti
dovrebbe importare di me, quando tutto ciò che ti basta è la tua calma, eh? Te la do io la risposta: non siamo più un team, non c’è più bisogno
che tu finga di tenere a ciò che penso o a come mi sento: sei libero, puoi
andare, cosa vuoi di più?” ringhiò ancora piangente, con una mano sulla
maniglia e la ferma intenzione di lasciare quella stanza il prima possibile.
“Non sono libero” sussurrò lui “Non sarò mai libero”
“Allora scusami…” rispose lei senza
lasciarlo terminare “scusami tanto se non sono intelligente come te, se non
sono imbattibile, se non sono diventata chunin, se
non sono come Choji, se non posso sostituire Asuma…scusami per essere stata una seccatura per tutto
questo tempo, scusami se non sono quello che vuoi!” la spinse, forte, la
maniglia. Ma una mano contrastò la sua forza.
“Non te ne andare” la stretta era
forte; il tono, stranamente, debole. Debole come non lo sentiva da un mese.
Ino si volse e si trovò costretta tra la porta e il corpo
di Shikamaru.
“Si può sapere che diavolo vuoi da me, Shikamaru?” chiese
disperata.
Il ragazzo non rispose, ma appoggiò il capo al petto di lei, respirando lentamente.
No, non poteva lasciare che accadesse di nuovo, ma Shikamaru era così fragile, e spaesato, e…sembrava
che lui, per una volta, avesse bisogno di lei.
Così lentamente, contro desiderio, vide la sua stessa mano
levarsi e intrigarsi tra i capelli di lui,
accarezzargli la nuca e circondargli la vita, massaggiargli la schiena e infine
abbracciarlo.
Lo amava, e non poteva negarlo.
Aveva lavorato un mese per trasformare il bene in male, e
lui in pochi minuti aveva ribaltato le cose, a suo vantaggio. E non riusciva a odiarlo, non più.
Poi si sentì sollevare, e Shikamaru la teneva dalle
ginocchia, e alzandola da terra la posava sul letto. Ino aveva paura, sentiva
il sangue pulsarle portentoso, e non sapeva se di timore o di
eccitazione.
Avvertì Shikamaru stendersi di fianco a lei, e il suo
respiro caldo sul collo.
“Scusa” disse piano. “Ho saputo vedere solo me stesso”
continuò in un sussurro “il mio dolore, la mia rabbia.
Ho guardato solo me stesso perché ovunque c’eri tu:
dentro i miei pensieri e i miei ricordi…i miei desideri…” Gli occhi di Ino si
sgranarono all’implicazione di quelle parole.
“Ino” disse poi Shikamaru tirandosi su un braccio e
costringendola a guardarlo con una mano sotto il mento di lei.
“Tu eri lì, insopportabilmente bella, ed eri per me…La verità è che non mi sembrava giusto gioire d’averti trovata quando Asuma-sensei era
appena morto. Mi sembrava di tradire la sua memoria. Poi ho capito. Kurenai aspetta un bambino, lo sai?” disse piano “E quando
l’ho saputo ho capito che combattere non serve a nulla, se non combatti per
qualcosa, per qualcuno. Io non lo sapevo, Ino, ma ho sempre combattuto per te.”
Lei aveva ripreso ad accarezzarlo, e quando lui la guardò
con incertezza, lei gli sorrise, e lo attirò verso di
sé. Poi fu un bacio lieve, a fior di labbra. E un
altro sorriso. E un altro bacio, e un altro sorriso.
Un bagliore di redenzione.
“Ino, io…mi dispiace, ho fatto una cosa terribile”
sussurrò Shikamaru contro le labbra di lei.
“È stato il momento più bello della mia vita.” Rispose la ragazza sorridendo dolcemente “E non mi sembra
di tradire la memoria di Asuma
– sensei se dico questo, Shika.”
mormorò, il volto vicinissimo a quello di lui “Non mi
sembra di farlo perché lui vi ha affidati a me. E io mi sono presa cura di
voi.”
“Ma io…” tentò di contrastare
lui.
“Io ti amavo Shika…” fece lei
tappandogli la bocca e baciandolo, sulla guancia “e ti amo ancora” un bacio
sulla fronte “…da impazzire” uno sulle labbra.
“Aiutami tu, ora” sussurrò poi premendosi contro di lui
per un altro bacio. A trovare la
redenzione.