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Autore: Ronnie02    07/05/2013    2 recensioni
«“Tu sei troppo incosciente di quello che sei”, rispose il ragazzo.
Per lui era speciale in qualsiasi cosa facesse, ma per il resto del mondo era ancora di più.
Era diversa… diversa da chiunque in qualsiasi mondo andasse.
Era unica nella sua specie.»
Come si comporterebbe Jared se qualcosa dovesse fargli cambiare tutte le sue opinioni, tutte le sue convinzioni? Amando così tanto avere il controllo della situazione, cosa farebbe se questa gli sfuggisse via?
E Tomo, con Vicky, come possono proteggere il frutto del loro amore, sapendo che non potrà mai essere quello che credevano?
E Shannon... Shannon, che ama la vita e tutte le sue sfaccettature, come aiuterà il fratello a credere a ciò che sta capitando a tutti loro?
Spero di avervi incuriositi :)
Genere: Avventura, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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ABBIATE PIETA' HO COMPIUTO 18 ANNI!
No, seriamente, scusate per il mancato aggiornamento settimana scorsa, ma essendo il 2 maggio il mio 18° compleanno questa settimana è stata veramente un via vai di impegni allucinanti. Scusatemi, sul serio!
Bè, che posso dire. Com'è andata? Ho fatto la triad sul mignolo (e ora sta facendo delle crepe/crosticine che so essere normali ma mi preoccupano lo stesso) e Conquistador è uscita il giorno del mio compleanno, diventando la mia canzone preferita e fonte di lacrime di gioia.
Ora, a voi questo non importa e lo capisco, quindi vi lascio al capitolo.
Scusate ancora per il ritardo!




Capitolo 15. Hidden in the scars

 
 


Dean scoppiò a ridere per l’ennesimo ricordo che, insieme, avevano riportato a galla, quel pomeriggio. Ash aveva riportato a galla uno scherzo di tanti anni fa, da cui sembrava passata un’intera vita.
“Quello era stato il tuo diploma degli scherzi, o mia Regina”, ridacchiò lui, seduto sul letto. Erano tornati nella sua stanza, dopo una mezz’oretta o più a camminare in tondo.
“O mio Re, tutto merito dei tuoi insegnamenti”, rise Ash, accanto a lui, guardando gli occhi del ragazzo diventare sempre più allegri. Avevano sempre quell’orrenda sfumatura vinaccia attorno alla pupilla, ma le ricordavano ancora i bei momenti insieme.
“Wow… era da troppo tempo che desideravo passare una giornata come questa”, commentò Dean, guardando davanti a lui, senza però farci caso. Poi si voltò verso l’amica, con un sorriso. “Grazie”.
“Lo sai che sono sempre qui quando hai bisogno di me”, rispose lei, poggiando la sua testa sulla spalla, ancora troppo magra ma non come la prima volta che l’aveva visto, dell’amico.
“Mi piacerebbe venire via con te… dagli Incompleti”, continuò ad immaginare lui, sorridendo.
“Los Angeles ti piacerebbe, secondo me. Mare, spiaggia, sole, ragazze in bikini…”, scoppiò a ridere Ash, mentre lui la guardava confuso. “Oh Dean. Bikini: costume da bagno diviso in due pezzi, coprendo solo il necessario per la decenza”.
“Ah… ma sai, non essendoci mai stato al mare!”, la rimproverò lui, ricordandole che non tutti avevano avuto la fortuna di viaggiare tra mondi, come invece faceva spessissimo lei. “Non è colpa mia!”.
“E’ bellissimo…”, sospirò lei. “Un giorno ti ci porterò. Anzi, il giorno stesso in cui ti dimetteranno da qui, giuro che prendiamo il treno per andare a LA!”.
“Grazie… sul serio, Ash”, disse lui, chiudendo un po’ le palpebre, stanco. “Non so che farei senza di te”.
Ash scese dal letto e lo aiutò a sdraiarsi, capendo che ora aveva bisogno di riposo. “Io senza di te ora sarei morta, probabilmente dopo una lentissima e dolorosa tortura… sono io che ti devo la vita, Dean”.
“Bè, mi stai ripagando il debito proprio ora”, la rincuorò lui, facendole capire che era importante ciò che stava facendo. “Senza di te me ne sarei qui immobile, senza nessun desiderio di guarire, almeno fisicamente”.
“E’ il mio dovere da sorella cattiva, quale sono”, lasciò cadere il discorso la ragazza, dandogli un bacio sulla fronte. “E smettila di urlare alle infermiere… o peggio”.
“Sanno che non devono avvicinarsi troppo. Men che meno toccarmi!”, si difese lui e Ash lo capì. Era proprio un autistico, fatta eccezione per come si comportava con lei.
“Ora dormi. Io vado a casa, ma torno presto, okay?”, promise Ash, vedendolo addormentarsi pian piano, mentre annuiva leggermente per darle conferma. “Buonanotte Re degli Scherzi”.
“Notte, mia regina”, rispose flebile lui, con un sorriso.
Pochi istanti dopo si addormentò e Ash decise che era tempo di tornare a casa, per vedere come andava la situazione all’asilo e con i Leto.
 
Parlare. Ecco il nuovo hobby preferito di Devon.
Erano giorno ormai che aveva iniziato a dire qualcosa da quel magic e già adesso Tomo e Vicki non ne potevano più.
Prima era divertente, quasi elettrizzante, vederlo per casa a spiccicare le poche parole che riusciva ad imparare. In un secondo momento Vicki aveva lodato il Signore che ancora non ripetesse le parolacce che si dicevano in giro, con l’aiuto degli zii. Ma alla fine cominciarono a pregare che dormisse di più o sarebbe venuto loro il mal di testa.
Ora lo stavano portando all’asilo, per lasciarlo almeno un po’ da Ash, e stava parlocchiando mentre giocava con i suoi soliti giocattoli, facendo discorsi incomprensibili.
Vicki sorrise a sentirlo, quasi esasperata dall’impegno che suo figlio faceva a fare una frase completa di senso logico. Tomo invece si godeva la parlantina, che per una volta non gli faceva venire il mal di testa. Ancora per poco.
 “Ma perché stavamo a preoccuparci del fatto che non parlasse?”, disse poi Vicki, scherzando, mentre parcheggiavano la macchina davanti all’asilo. “Mi mancano già i bei tempi di quanto stava zitto!”.
“Ma finiscila”, le diede un buffetto suo marito, ridendo e dandole poi un bacio a fior di labbra, appena spense la macchina.
Vicki gli sorrise, guardandolo ammirata, e lasciò che Tomo scendesse dalla macchina per prendere loro figlio in braccio, con attenzione. Poi uscì anche lei, chiudendo a chiave l’auto.
“Ci sarà oggi Ash?”, chiese Tomo, ridendo. “Ormai è sempre un terno al lotto”.
“Secondo me oggi c’è”, disse la donna, convinta, mentre sentiva l’aria raffreddarsi un po’.
Era quasi la fine di Settembre e di solito a Los Angeles faceva ancora veramente caldo in quel periodo: qualcosa stava cambiando anche nel tempo atmosferico. Come se non prospettasse niente di buono.
“Nervosa?”, sussurrò Tomo, entrando nel vialetto, quando la guardò con più attenzione.
“Sono una mamma ora. Ho imparato ad osservare le cose con più attenzione”, cominciò. “E oggi ho un brutto presentimento… anche se non so perché”.
“Bè, allora speriamo che il tuo sesto senso si sbagli stavolta”, sdrammatizzò Tomo, mentre in cuor suo si preoccupava. Vicki non sbagliava mai in queste cose, seppur fosse scioccante. Avrebbero dovuto far attenzione.
“N…non…nono…”, borbottò Devon, stringendosi a Tomo. Ok, la cosa non era per niente di buon auspicio.
“Sta’ calmo, Devon. C’è papà qui a proteggerti”, sussurrò lui, cullandolo un po’, mentre con Vicki entrava nell’edificio.
L’atmosfera, all’interno, era tutt’altro che triste, al confronto di quello che accadeva fuori, ma si poteva sentire fin dall’entrata che qualcosa non andava.
Tutti i bambini stavano nella sala principale, colorando o giocando allegramente, la segretaria era impegnata nei suoi affari al telefono, donando loro solo un sorriso, Ash e Natalie si erano sedute agli opposti e controllavano da sole i propri bambini.
C’era anche una terza ragazza, più piccola. Aveva i capelli mori, cortissimi, ed era vestita con dei jeans, anfibi e felpa abbastanza larga.
Ash li notò e sorrise, facendo segno alla nuova di stare con lei. Andò incontro ai Milicevic, mettendo Devon un po’ più a suo agio.
“Buongiorno ragazzi! Ciao Devon!”, li salutò allegra, prendendo una manina del bambino mentre lui cominciava con i suoi discorsi. “Uh, vedo che facciamo progressi con la tua parlantina!”.
“Già… a volte mi chiedo se non sia veramente nipote di Jared”, commentò Vicki, scherzando.
“In effetti”, l’appoggiò lei, ridendo. Poi però si voltò verso la ragazzina e la presentò loro. “Lei è Summer. E’ la sorella maggiore di uno dei bambini, ma è qui anche in prova”.
“Felice di conoscerti”, dissero insieme Tomo e Vicki, sorridendole.
“E’ un po’ timida, ma… bè, farle conoscere i genitori dei bimbi mi sembrava un buon modo per iniziare”, spiegò Ash, abbracciando le spalle della ragazza. “Lei si occuperà un po’ di tutti oggi… tranne che di Devon. Lui è mio”.
“Possessiva”, commentò Summer, che intanto aveva stretto la mano ai Milicevic, un po’ emozionata. “E comunque io ti conosco”, disse indicando Tomo, “sei il chitarrista dei 30 Seconds To Mars”.
“Echelon?”, chiese Vicki.
“No, ma una mia amica sì. È pazza di voi, quindi vi riconosco facilmente”, scoppiò a ridere Summer. “Fate buona musica, in ogni caso”.
“Grazie”, disse Tomo, passando poi Devon ad Ash. “Ma devi sapere che la qui presente si tiene stretto mio figlio quasi come se fosse suo”.
“Ci sono affezionata!”, si difese Ash, giocherellando con la manina di Devon chiusa a pugno attorno al suo dito. “Puoi farmene una colpa? Guardalo in faccia, è troppo tenero per non amarlo!”.
Vicki scoppiò a ridere, così la lasciò fare. Gli riferì che quel giorno sarebbero arrivati un po’ tardi, per problemi al Lab, ma che avrebbero fatto il prima possibile.
“Oh, non vi preoccupate. Lo tengo volentieri”, rispose la bionda, mentre Summer se la filava dai bambini.
“Sappiamo che è in mani sicure”, disse Tomo, sorridendo, come Vicki. “Buona giornata”.
“Buona giornata anche a voi”, li salutò, vedendoli andare via. Appena furono usciti dall’asilo, però, si voltò verso Devon e fece un gran sorriso al bambino, che la guardava complice. “Allora, bello di Ash, che vogliamo fare? Pazzie? Sciocchezze?! Hai qualche idea geniale?!”.
Lui mugugnò qualcosa, per poi parlocchiare. “Gio…gioare… gioc…”.
“Sìsì, andiamo a giocare, piccolo logorroico!”, scoppiò a ridere. “Eh sì, hai preso veramente da tuo zio non biologico a quanto pare”.
Si allontanarono dall’entrata andarono verso il centro della sala, dove alcuni bambini stavano disegnando. Devon si sporse dalle sue braccia, riconoscendo Simon e Carrie che litigavano per un pastello.
Ash lo mise giù, andando da loro. “Buoni voi due, ce n’è per tutti”, li divise, guardando Devon giocare già con un bambino di solo un anno più grande di lui, Thomas.
Lo lasciò stare e si voltò, per tornare al suo posto e sedersi. Ma non poté farlo, visto che Nat le bloccava la strada.
“Ehm… ciao?”, provò a dirle Ash, mentre lei la guardava arrabbiata.
“Ancora non vuoi dirmi nulla?”, la sfidò la spagnola. Inutile: ormai sapere o non sapere cosa quel giorno fosse successo non era importante. Ora doveva concentrarsi sulle conseguenze.
“No, mi dispiace”, si finse triste la bionda, riuscendo a sorpassare Natalie e tornando al suo posto.
Non era in vena di litigare quel giorno, voleva solo stare tranquilla con i suoi bambini. Ma quando mai era stata tranquilla?
 
Aveva lasciato l’auto all’Esis appena era tornato dal Lightness. Quell’ospedale era angosciante e lasciare lì Ash non era proprio la sua aspirazione, ma aveva dovuto farlo.
Ora stava camminando per la cittadella e si guardava in giro, con le mani nelle tasche. Oh, se gli Incompleti avrebbero scoperto quel mondo sarebbero stati davvero shockati. Tutti le loro invenzioni fisiche e matematiche risultavano veramente inutili, anche se ingegnose. Per loro Completi bastava poco per ottenere quello che gli Incompleti hanno cercato di ottenere per anni e anni.
“Joel”, lo chiamò Julian, un commerciante del posto, amico dell’agente. “Come stai, vecchio mio?”.
“Oh bene, Julian. Tu, invece?”, chiese Joel, sempre cortese, avvicinandosi all’uomo e trovandolo dimagrito. Strano, visto che conosceva l’elemento.
“Male… c’è qualcosa che non mi convince oggi, nell’aria”, disse respirando profondamente. “Ma lasciamo perdere le superstizioni, come se qui servissero a qualcosa”.  
“Dovresti andare da un oracolo, allora”, sorrise lui, immagazzinando la notizia. In effetti quel giorno era troppo grigio e cupo rispetto al solito.
“Oh, quei pazzi ciechi furiosi che chiedono cifre esorbitanti per poi non dirti nulla di nuovo”, si lamentò Julian.
“E la famiglia? Tutto bene?”, domandò ancora Joel.
“Sì, andiamo avanti. Laura è ancora in attesa, sai?”, annunciò l’uomo, facendo sorride Joel.
“Oh, ma è una notizia eccezionale!”, gli strinse la mano. “Vecchio mio, ancora congratulazioni!”.
“Già… sarà la terza piccola marmocchia”, scoppiò a ridere Julian.
“Sapete già che è femmina, quindi?”, notò Joel, vedendo Julian intristirsi.
“Sì. Clare e Logan vogliono decidere il nome… oh, chissà che ne verrà fuori!”, sorrise Julian. “Quei due sono matti. Pensandoci, è da tanto che non li vedi”.
“Saranno… due anni?”, tirò ad indovinare Joel, per poi vedere Julian annuire, come a dare conferma. “Wow… è davvero tanto! Aspettati una mia visita in questi giorni allora. Quanti anni hanno?”.
“Sei sempre il benvenuto, lo sai”, disse Julian. “Bè, Logan ormai ne ha otto, mentre Clare ne deve fare sei tra qualche mese”.
“Ancora piccola per la scuola”, commentò Joel.
“Già, ma non mi dispiace averla in giro per casa”, ridacchiò Julian, sistemandosi la camicia addosso. “Bè, che ci facevi da queste parti?”.
“Un giro. Una passeggiata mattutina”, spiegò Joel.
“Giusto, tu sei sempre stato quello sano e in forma”, lo picchiò dolcemente sulla spalla. “E l’amore?”.
“Quando lo vedi digli di starmi lontano”, rispose l’agente, ridendo con l’amico. “L’amore arriverà al momento giusto, ora non mi sembra il caso”.
“Chissà se finiranno mai questi tempi bui, eh?”, disse ironico Julian, annuendo. “Bè, ragazzo mio, devo tornare al lavoro. Vieni quando vuoi, comunque: a Laura farebbe davvero piacere rivederti”.
“Sarà fatto”, promise Joel, allontanandosi e riprendendo la sua passeggiata.
Wow, era così strano poter rincontrare i vecchi amici, fare un giro, guardare la vita dei suoi simili andare avanti senza dover essere richiamato ogni secondo per drammi universali.
A volte invidiava tutti loro, sia Completi che non. Erano all’oscuro di tutto, specialmente i poveri Incompleti di cui Ash andava matta, e potevano godersi meglio la vita di quanto non facesse lui, conoscendo davvero tutta la situazione.
Ogni giorni doveva lottare e avere tempo libero ormai era diventato quasi un miracolo.
Era nelle vicinanze della stazione, con il treno di passaggio in partenza, quando notò Sorrow ed Edmund vicino alle rotaie. Perché partivano con quel mezzo?
Ma soprattutto perché partivano?
La situazione non gli piacque per niente.
 
“Seriamente, dovremmo parlare”, annunciò Natalie, piantandosi davanti ad Ash, che stava disegnando con i bambini.
“Io non ho nulla da dirti, quindi non vedo perché dovremmo parlare. Vuoi insultarmi? Sai che non posso dirti niente”, rispose Ash, alzandosi e guardandola negli occhi. “Ti chiedo solo di fidarti di me senza questo piccolo dettaglio. Che importa da dove vengo?”.
“Non voglio insultarti, Ash… sei comunque una mia amica, lo sai”, disse Natalie, sospirando. “Ma perché tutti questi segreti? Che hai fatto, hai ucciso qualcuno?”.
“Ma che stai dicendo?! Per piacere...”, la interruppe Ash.
“Era un esempio! Ma tu non la smetti mai di fare la finta egoista?! Abbassa le mura, apriti un po’ al mondo, Ash!”, digrignò Nat, per non urlare.
Devon intanto si era avvicinato ad Ash e divideva le due, come a difenderla. “Io non sono un’ asociale, che vuoi da me?!”.
“Sì, è vero… con quelle rockstar non fai la ragazza strana. Scommetto che a loro hai spifferato tutti i tuoi segreti!”, si arrabbiò la spagnola, mentre Ash la guardava stupita.
“Credi… sul serio pensi che mi fidi più di loro che di te? Ti conosco da quasi due anni, loro solo da quale mese!”, sbottò la bionda, mentre le tremavano le mani. Sarebbe dovuta svignarsela presto e i capelli le sarebbero diventati di nuovo neri davanti a tutti.
“Sì, certo come no…”, sbuffò Natalie. “Senti, io odio le bugie e non capisco questa tua mania a tenermi nascosta una cosa del genere. E la cosa peggiore è che mentre litighiamo tu te la vada a spassare con gente appena conosciuta! So che sei uscita a cena con il cantante”.
“E questo che c’entra?”, gridò Ash, non trovando la logica nel discorso di Natalie. Era stupita, davvero.
“Fai meno la stronza, chiaro?”, l’avvertì Natalie.
“Spero tu stia scherzando”, l’ammonì Ash, arrabbiata.
“Ehi, finitela voi due. E niente parolacce, siamo in un asilo!”, le divise davvero Summer, arrivata subito.
“Hai passato il limite Nat”, disse Ash, prendendo Devon in braccio, mentre la spagnola la trucidava con lo sguardo e se ne andava, portando i suoi bambini in classe.
“Ca…iva…va”, parlottò Devon.
“No, non è cattiva. È solo arrabbiata”, continuò Ash, mentre gli occhi le si inumidirono. “Arrivo subito, piccolino”.
Andò in bagno in fretta, chiedendo a Summer di controllare la situazione. Si piantò davanti allo specchio e continuò a guardarsi, fissando ogni singolo capello. Si obbligò a calmarsi e pian piano riuscì a far tornare normale quelle ciocche di diverso colore, che fortunatamente Nat non aveva notato.
Respirò profondamente per due volte, per poi uscire dal bagno.
In sala c’erano già dei genitori che tornavano a prendere i loro figli, salutando anche Summer, timida come sempre. Ash guardò l’orologio: quasi le tre.
Dopo qualche minuto arrivarono i genitori di Summer, che portarono via sia lei che il fratello, e, quando se ne andarono via tutti, anche Nat e Janet decisero di darsela a gambe e tornare a casa.
“Non vieni anche tu, Ash?”, domandò la segretaria, sorridendole e indicandole dove stavano le chiavi.
“No, sistemo un paio di cose e poi vado via”, disse Ash, prendendo le chiavi e indicando Devon. “In più lui è ancora qui”.
“Giusto… bè, buon lavoro allora”, sorrise Janet, salutandola.
“Buon ritorno”, sospirò la bionda, appena la donna fu fuori dall’edificio. Ash si voltò verso il bambino e si avvicinò a lui, prendendolo in braccio.
Devon le si arpionò al collo, piagnucolando. Che succedeva?
“Mamma e papà arrivano presto, te lo giuro”, cercò di consolarlo, ma pochi secondi dopo cadde in ginocchio, con Devon ancora in braccio.
Lui riuscì a mollare la presa e cadere a terra senza farsi nulla, mentre la mente di Ash venne pervasa da miliardi di flashback che le uccidevano la testa.
 
“Hai un buon profumo, sai?”, disse lui, stando con il viso troppo vicino al suo braccio sanguinante e pulsante di dolore.
Lei gemette e provò a distanziarlo, ma lui le afferrò l’arto dolorante e le piantò le unghie nella carne, facendola urlare. Una bambina della sua età non avrebbe mai dovuto urlare in quel modo…
“Decisamente un profumo delizioso”, commentò, avvicinandosi ancora un po’, leccando parte del liquido rosso, mentre la pelle di Ash si ripugnava del contatto, diventando tesa. “Ottimo per vivere ancora cento anni…”.
“Non sono un unicorno”, disse lei, spaventata così tanto da avere perfino le sopracciglia verdi. Non era decisamente il massimo della bellezza, ma a quell’età, e soprattutto in quel momento, la cosa non la toccava minimamente.
“No, infatti. Sei ancora più rara”, rispose, leccando ancora un po’ del suo sangue, senza che lei potesse muoversi.
 
“Guarda come sanguina! Guarda!”, la obbligò, mentre sua cugina si dibatteva fra le mani di quel mostro. “Ti mostrerò il suo cuore pulsante e sanguinante… sarà bellissimo, non credi?”.
“Lasciala, non puoi farle del male!”, urlò la bambina, in preda ad una crisi di pianto. La cugina, intanto prendeva l’uomo per i vestiti, avvicinandolo a sé.
“Non. Andare. Da. Lei. Sono io la causa di tutto, lei non c’entra!”, urlò la ragazza, mentre Ash gridava un forte no! a sentire quella frase.
“Oh, ma succederà comunque”, sorrise maligno. “Tu sei una rivincita, questa è la tua punizione…. Ma lei è il mio premio!”.
Detto questo, scaraventò sua cugina a terra e le conficcò una mano nel petto, senza nessuna fatica, come se avesse le unghie fatte di lame.
Ash sentì la cugina urlare, in un modo che mai aveva sentito e che mai avrebbe dovuto sentire. Un urlo gutturale, pieno di dolore e paura.
Un urlo che si fermò appena lui mosse la mano verso un polmone, togliendole l’aria.
Tolse le dita dal corpo di Jade e se le leccò. “Non mi piace il tuo sangue. Ma questo è solo l’inizio dei giochi. Il dessert lo avrò alla fine”.
 
“Ash nasconditi!”, urlò sua cugina, mentre la richiudeva in camera, al buio, da sola, mentre sentì la porta principale aprirsi con un rumore assordante.
“Jade!”, urlò più volte la bambina, ma non ebbe mai risposta.
Solo dopo qualche secondo la porta si sfondò, cadendo al peso di sua cugina che veniva sbattuta contro di essa.
Jade cadde sul pavimento, con la gamba piena di sangue, ma tentò subito di rialzarsi per difendere Ash.
Davanti a loro un’ombra scura invadeva le loro visuali.
 
“Dove sei?!”, sentì urlare nella sua mente, quando ad un tratto si trovò in un letto bianco, macchiato dal suo stesso sangue, dopo che aveva sperato di tornare da suo padre.
Era la sua voce. La sua orribile voce.
“Non piangere, piccola. Ora sei al sicuro”, le disse una donna, davanti a lei. “Io sono Samantha, ma puoi chiamarmi Sammy. Benvenuta alla Arrant School. Starai qui per un po’”.
Chiuse gli occhi e per un momento la voce della donna svanì. Sentiva solo la sua voce.
‘Sarai mia. E a quel punto sarò immortale, piccola stupida!’.
 
Alcune mani la toccavano, alcune voci preoccupate la circondavano, alcuni odori si mescolavano fra di loro. Dov’era?
“Ash, Ash mi senti?”, sentì la voce di Vicki che a chiamava, mentre tentava di aprire gli occhi. Quando ci riuscì, sbatté le palpebre un po’ di volte, accecata dalla luce, prima di vederci qualcosa.
“Sì… forte e chiaro”, borbottò con voce impastata, cercando di muoversi. Continuò a muovere le palpebre per quale secondo, ma dopo inquadrò bene tutto.
Era sdraiata su delle piccole sedie, con la testa sulle gambe di Jared, con Vicki accanto a lei, Shannon al suo fianco, che le toccava la testa con un fazzoletto a caso bagnato, e Tomo ai suoi piedi con in braccio Devon, che la guardava in lacrime, spingendosi verso di lei.
“Che è successo?!”, le chiese la donna, spaventata. “Quando siamo arrivati eri svenuta a terra e Devon era al tuo fianco in lacrime! Ho perso dieci anni di vita”.
“Non lo so… Devon ha cominciato a piangere e ad un tratto ho sentito un dolore atroce alla testa”, spiegò la bionda, provando a mettersi seduta. Jared però la tenne ferma, mentre sbuffava. “Ho ricordato cose che avrebbero dovuto rimanere chiuse nell’angolo più buio e tetro della mia mente…”.
“Perché?”, chiese Shannon, sempre raffreddandole la fronte.
“Non ne ho idea… ma so solo che quei ricordi… quella casa e ciò chè è successo al suo interno non dovrebbero più ritornare nella mia mente se voglio rimanere sana”, commentò Ash.
Shannon non capì. “Ok, mi sono perso. Che casa? Casa tua… in quell’universo?”.
“Sì, esattamente”, disse solamente Ash.
“Potremmo mai vederla?”, chiese Jared. “Sono curioso di come sia la vita laggiù”.
“Scordatelo! Non posso portarvi in quel paese, se non siete come me!”, rifiutò categoricamente la ragazza. “In più a casa mia non entrerò mai più nemmeno io”.
“Ma…”, si lamentò Vicki.
“Niente ma. È la legge: nessuno di voi può arrivare laggiù”.
“Sei cattiva!”, scherzò Tomo, sorridendole. “Non fa niente, Ash, lo possiamo capire”.
“No, non  potete!”, urlò isterica, riprendendo a tremare, i capelli sempre più verdi, la pelle pallida peggio del solito. “Non andrete mai laggiù, anche perché sareste più in pericolo di quanto lo siate già qui”.
“In pericolo?”, chiese Shannon, ricordandosi che Ash, in realtà, era davvero nei guai nel suo mondo.
“Io sto per morire, gente!”, urlò Ash, tirandosi seduta, vincendo la forza di Jared che provava a farla stare ferma. Guardò Vicki, e poi Devon. “Mi troverà e mi ucciderà. E se non mi scova, torturerà voi per vendetta”.
“Non puoi esserne certa”, balbettò Tomo, stringendo suo figlio, come a proteggerlo. “Qui sei al sicuro”.
“L’ha fatto al mio migliore amico qualche anno fa; non ci penserà due volte a rifarlo ancora”, sussurrò Ash, in preda ancora ad una crisi isterica, tenendosi i capelli con le mani, appoggiando i gomiti sulle ginocchia. Singhiozzò anche, mentre Vicki tentava di abbracciarla. “Non sono al sicuro da nessuna parte… non lo sarò mai”.
Dondolò su se stessa, seduta su una delle piccole sedie colorate su cui si era svegliata, mentre gli altri si zittivano, non sapendo cosa fare.
Un senso di colpa si attanagliò in ognuno di loro, soprattutto in Jared: se non avessero obbligato Ash a rivelare loro la verità, in questo momento magari sarebbe stata meglio, non avrebbe sofferto per loro, cercando di tenerli al sicuro.
Ma in fondo sapevano anche che, in qualche modo, potevano aiutarla. L’avrebbero difesa, costi quel che costi. Ormai erano arrivati fino a lì, bisognava solo seguire la strada.
“Erano solo ricordi…”, la consolò Vicki, sedendosi di fianco a lei, stringendola ancora, mentre Devon cominciò a muoversi tra le braccia del padre.
“Ah.. S… Ash…”, la chiamò, provandoci più volte, mentre si sporgeva verso di lei.
La ragazza alzò il viso e sorrise, per poi fare una smorfia di paura. Vicki prese in fretta suo figlio e se lo mise sulle gambe, lasciando che toccasse Ash sul braccio, quasi a consolarla.
Ma Devon non lo fece. La guardava e basta, mentre lei lo fissava spaventata.
“Che sta succedendo?”, chiese irritato Shannon, sentendosi decisamente tagliato fuori dalla situazione.
“Non ne ho la minima idea”, scosse la testa Tomo, insieme a Jared.
Vicki non chiedeva nulla: fissava suo figlio e la sua maestra guardarsi a vicenda, come presi da una terrificante conversazione mentale.
“Che ore sono, Tomo?”, chiese Ash, dopo qualche minuto.
“Ehm… le tre… e trentasei. Perché?”, domandò.
“Non avreste mai, e ripeto mai, dovuto tornare a prenderlo dopo le tre”, disse una voce in lontananza, di una donna mai vista.
“Sorrow?”, si voltò Ash, prima di immobilizzarsi con gli occhi sbarrati, come in preda ad un dolore atroce.
Poi un urlo.
Ti trovo bene, piccola stupida. Oh, che bello, hai portato anche un amico?
 
 
...
Note dell'autore:
i prossimi due//tre capitoli spiegheranno molte cose e saranno piuttosto travagliati. Da chi, lo potete capire molto bene :)
Mi piace lo spacco di Ash e Dean perchè... perchè adoro i loro ricordi della scuola! E anche Joel nel loro mondo, con tutti i brutti presagi, gli oracoli e Julian. Un pò di vita usuale del mondo di Ash.
Riguardo a Natalie... in fondo ha ragione Ash, è solo arrabbiata e in fondo la capisco. Io, fossi in lei, farei di tutto per capite, ma se fossi Ash non le direi nulla ugualmente :)
Alla fine... bè non credo ci sia molto da dire. Capirete bene nel prossimo. GIURO DI ESSERE PUNTUALE LA PROSSIMA VOLTA!

Un abbraccio, Ronnie
   
 
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