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Autore: _Hana    07/05/2013    2 recensioni
Scappare.
Fuggire.
Forse per sempre.
Ma come ci si può nascondere da se stessi?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paura


Aveva paura.
Troppa paura.
Troppa per continuare a mentire a se stessa, per riempirsi la testa di false speranze e finire quella disperata corsa.
Le gambe le stavano cedendo e il suo respiro si accorciava a ogni passo che affogava nel fango.
Le forze le erano state strappate via da quella corsa contro il tempo, indebolite dalla paura di quello che aveva fatto e dai dubbi per quello che avrebbe fatto.
Sapeva che se si sarebbe fermata tutto sarebbe finito.
Sapeva che se si fosse fermata l’avrebbero trovata, l’avrebbero scoperta e infine gliel’avrebbero fatta pagare.
Non avevano nessuna importanza le calde, copiose lacrime che le sgorgavano dagli occhi; i suoi piedi scalzi ormai doloranti; quel bel vestito bianco ormai lacero e macchiato di sangue che si impigliava in ogni singolo rovo, né tantomeno il dolore che le provocavano tutte quelle ferite ancora sanguinanti.
L’unica cosa importante in quel momento era non fermarsi: continuare a correre.
In eterno se necessario.
Ma tutto pur di allontanarsi da quel covo di sangue, urla e miseria.
I suoi occhi si stavano annebbiando, tutto diventava via via più confuso e indefinito, tuttavia la sua ferma decisione le impediva di rendersi chiaramente conto di ciò che il suo fisico le richiedeva; e così cadde svenuta per l’ingente perdita di sangue: quasi senza accorgersene, senza fare nulla per poterlo impedire, ma ,sapendo con chiarezza, che avrebbe significato la sua fine.
Indifesa, inerme, impotente.
Completamente inutile.
 
Quando lentamente riprese i sensi il suo primo impulso fu quello di portarsi la mano alla ferita sul ventre, sicura di ritrovarla come l’aveva lasciata, se non in condizioni peggiori.
Aveva creduto che fosse giunta la sua ora, che quel Dio di cui le avevano sempre insegnato a dubitare fosse sopraggiunto per strapparla dai suoi orribili supplizi; e invece eccola lì:
distesa, semisvenuta, in un posto di cui non sapeva indicare la provenienza
Il taglio le era stato medicato superficialmente con un paio di garze, alla rinfusa, tenute insieme quasi per miracolo, l’emorragia si era fermata: sotto questo punto di vista poteva definirsi quasi salva.
Sentiva distintamente intorno a sé l’odore pungente di muffa e sporcizia; il suo corpo era stato appoggiato su qualcosa di umido, freddo e al tatto lurido e sporco. Nelle sue orecchie rimbombava un brontolio sommesso di voci, alcune calde e profonde, altre aspre e minacciose, ma sempre rotte dal pianto e spezzate dai continui singhiozzi.
Ogni movimento, perfino il più piccolo le costava un immenso dolore; si rigirò, tra brontolii e smorfie, penosamente su un lato e ,facendo appello a tutto il suo coraggio, aprì gli occhi, lentamente, uno per uno.
Sperava di ritrovare una minima speranza, o almeno una consolazione per andare avanti;quando un colpo improvviso la fece sobbalzare; urlò dal dolore che la ferita le aveva provocato e annebbiata dalle lacrime che stava cercando di trattenere aprì gli occhi.
Lo spettacolo che le si parò davanti era agghiacciante.
Le parve di trovarsi in una piccola e lurida stanzetta, completamente rivestita di legno, senza finestre o qualunque altra fenditura che potesse permettere l’entrata della luce; regnava così in quella stanza la penombra, perciò la povera sfortunata dovette aspettare che i suoi occhi si abituassero al buoi prima di per poter scorgere tutte le altre figure lì presenti.
Si trattava di non più di qualche decina di persone, tutte, chi più che meno, nelle sue medesime condizioni: c’era chi si abbandonava al freddo ausilio di quel lurido pavimento; chi si medicava le ferite con pezzi di cencio raccolti miracolosamente; donne tristi che abbracciavano i loro bambini; bambini in lacrime che si aggrappavano al seno materno; vecchi mal nutriti che cercavano di azzannare con il loro ultimo dente un qualche pezzo di pane mendicato la mattina prima.
Tutto in quel posto faceva trasparire miseria, povertà e una triste e inconsolabile rassegnazione.
Richiuse gli occhi e si riabbandonò sulla sua tavola, con la guancia a contatto con la muffa umida e fredda, e ,nelle sue orecchie, il lamento di grida dolorose e di pianti spossati.
 

 

Me
Giorno :3
Grazie mille per aver letto il capitolo, spero veramente che vi sia piaciuto.
Sarei contentissima se mi deste la vostra opinione :)
Scusate se trovate errori di battitura o di grammatica, se me li fate notare li aggiusto subito <3
Grazie ancora per la vostra attenzione, spero che continuiate a leggere il seguito!
 
Baci
_Hana 花

  
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