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Autore: IronicNarwhal    07/05/2013    2 recensioni
[Seguito di Finding John]
Forse Anima Gemella si riferisce, di fatto, alla persona che è la chiave della tua serratura. Di tutte le tue serrature. È la tua chiave di casa, della macchina, della cassetta di sicurezza, tutte in una volta. Forse è questo il motivo per cui, finché non la incontri, sei solo una parte di te stesso. Non puoi sbloccare le tue serrature. Non puoi spegnere la scintilla, fare un passo indietro e goderti il silenzio finché, finalmente, non incontri la persona che tiene, o è, la tua Chiave.
[SoulBond!AU]
[Sherlock/John]
[seconda storia della serie Inscriptions]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Lestrade , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Inscriptions'
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Note:

Questa storia è una traduzione di cui potete trovare l’originale qui -> AO3 oppure qui -> fanfiction.net

Non scrivo/traduco a scopo di lucro ma solo per piacere mio e nella speranza che qualcun’altro possa divertirsi con questa storia.

I personaggi appartengono a Sir Arthur Conan Doyle, Mr Moffat, Mr Gatiss

 

Avvertimenti: leggere imprecazioni.

 

Unlocking Sherlock di IronicNarwhal

Traduzione di Myreen

 

Capitolo 3: The Progress of Things

 

John comincia a documentarsi su delle cose, cose di cui non si era mai disturbato di preoccuparsi prima. La sua cronologia di ricerca di Google è diventata un casino delle stesse cinque ricerche, espresse in dieci modi diversi per ognuna. Legarsi per le Anime Gemelle. Come connettersi alla tua Anima Gemella. Come far sentire la tua Anima Gemella più a proprio agio. Esercizi di intimità per Anime Gemelle.

Prevedibilmente, le ricerche non hanno tirato fuori informazioni molto utili. Non è che gli articoli non siano informativi o ben eseguiti. In ogni altra circostanza, sarebbero estremamente d’aiuto. Sfortunatamente, Sherlock Holmes non è l’uomo comune, non è l’essere umano comune e, di conseguenza, non è l’Anima Gemella comune. Suggerimenti come riservate del tempo per voi due ogni giorno non funzionano per loro poiché, a differenza della maggior parte delle appena-trovate Anime Gemelle, loro stanno vivendo insieme e lo hanno fatto fin da poche ore dopo essersi incontrati. Alcuni giorni si vedono fin troppo. Stanno già seguendo suggerimenti come state senza anelli quando siete insieme da soli, mentre consigli come mostrate alla vostra Anima Gemella quanto più affetto possibile semplicemente non sono praticabili; non con qualcuno come Sherlock.

Passa attraverso periodi di completa avversione per il contatto fisico. John non finge di sapere perché.

Un’altra costante preoccupazione, nei recessi della sua mente, sono i suoi continui problemi nel dormire. Lo preoccupano, questi sogni che non riesce a ricordare. Sherlock gli ha detto di non preoccuparsene, che probabilmente è l’adrenalina che sta sperimentando su base quotidiana. Ma John è stato in Afghanistan. L’adrenalina non è qualcosa di ignoto per lui. Non è che dormisse come un bambino quand’era in Afghanistan, ma i suoi schemi onirici erano almeno un po’ più sensati di quello che sono ora. Perfino i sogni che aveva dopo il rimpatrio e la sua ferita, prima di Sherlock, erano meno preoccupanti. Erano angoscianti, sì; tutti gli incubi lo sono sempre. Ma gli uomini al ritorno dalla guerra hanno incubi per tutto il tempo. Raramente dimenticano i sogni.

Forse è per questo che è così sconcertato. Si era aspettato di avere incubi per anni. Non si aspettava che cominciassero a diminuire, molto improvvisamente, dopo solo dei mesi. Sa che alcune persone non ricordano i sogni. Possono passare mesi senza ricordare ciò che hanno sognato. Ma passare dall’avere incubi tutte le notti, a sogni da cui si sveglia ricordandoli e prontamente dimenticandoli, è angosciante.

Nonostante le sue continue preoccupazioni, le cose sono piacevoli. Piacevoli per quanto possano esserlo con Sherlock. John non è infelice, e gli piace pensare che nemmeno il consulente lo sia. Sta comunque vivendo in tandem con qualcuno che è nuovo per lui, quindi il dottore ha fatto del suo meglio per stabilire una routine domestica prevedibile, così che Sherlock sappia cosa sta per essere fatto. Ogni mattina si sveglia e prepara tè e toast. Se deve lavorare, si fa la doccia, si mette i vestiti, e si dirige fuori dalla porta, afferrando il suo anello dalla ciotola sul bancone della cucina, mentre vi serpeggia attraverso. Se quel giorno non deve lavorare, allora ozia per l’appartamento, guardando la tv o scrivendo un post sul blog o monitorando Sherlock mentre fa questo-o-quello con qualsiasi rifiuto biologico si sia procurato dal Bart quella settimana.

A volte Sherlock salta su e dichiara che i batteri hanno bisogno di essere incubati per qualche ora, quindi si allontana, fa la doccia, e ritorna con quasi lo stesso abbigliamento, solo umido. Si rannicchia sul divano e fissa John con i suoi occhi troppo-grandi. La prima volta che l’ha fatto, John non sapeva cosa significasse. Ora si alza, si avvicina e si siede con Sherlock.

Coccole, davvero, è l’unica parola per descriverlo. John è grato per quei rari momenti.

Una mattina lavorativa, passa per la cucina, mettendosi la sua giacca, e raggiunge alla cieca la ciotola, solo per scoprire un unico anello adagiato sul fondo. Giusto per esserne certo, la fissa. È di un color ambra, un antico cristallo, che è stata nella sua famiglia fin da quando riesca a ricordare. Prima nella casa di sua nonna, contenendo le mentine sul tavolo da pranzo, e poi nell’atrio d’ingresso di casa sua ad Edinbridge, dove i suoi genitori lasciavano le chiavi una volta entrati dalla porta la sera. L’ha salvata dall’appartamento di Harry una volta tornato dall’Afghanistan, temendo che potesse romperla, e l’ha insediata sul bancone del 221B. Ora lui e Sherlock vi ripongono i propri anelli quando sono soli.

Questa mattina, il suo anello non è lì dentro. Sembra esserci solo l’ornato cimelio di famiglia di Sherlock. La sua semplice fascia argento sembra non essere da nessuna parte.

È possibile che abbia mancato la ciotola quando la notte scorsa si è tolto l’anello. Era stanco e un po’ turbato dopo un lungo turno in ambulatorio. Sherlock era stato detestabile nel modo in cui lo è quando il periodo tra due casi si protrae troppo a lungo (sono passate quasi tre settimane dal Banchiere Cieco e Sherlock sta scalando i muri per l’agitazione) e, nella sua frustrazione per la vita in generale, John potrebbe aver lanciato nella ciotola un po’ troppo forte. Potrebbe essere rimbalzato fuori e aver raggiunto il pavimento.

Si china, guardando sotto il bancone e si acciglia quando non vede nulla; nemmeno la prolifera famiglia di conigli di povere che è abbastanza sicuro fosse lì ieri, o le patatine pietrificate che è certo siano state lì da quando si è trasferito. Avrebbe dovuto saperlo; stava evitando di pensare da quanto tempo erano lì ed alludeva in modo passivo-aggressivo che Sherlock avrebbe dovuto andar la sotto e dare una pulita.

Un terribile sospetto sorge nella sua mente, e torna in salotto (uno sguardo all’orologio gli dice che non ha tempo per questo; se non se ne va ora sarà in ritardo, e non arriverà in tempo per il suo appuntamento delle dieci con Mrs. Barnstead) per rivolgersi a Sherlock, che è steso sul divano con gli occhi chiusi. “Non hai visto il mio anello, vero?”

“No,” risponde Sherlock lentamente, aprendo un occhio. Drizza il sopracciglio appartenente allo stesso occhio e aggiunge, “Avevo l’impressione che fosse nella ciotola.”

“No, l’unico ad esserci è il tuo,” sospira John. Digrigna i denti. È ufficialmente in ritardo. “Non l’hai visto? Sul pavimento, niente?”

Sherlock scuote la testa brevemente, appena un cenno per ogni lato, e dice, “Potresti chiedere a Mrs. Hudson. Stava passando l’aspirapolvere qui dentro ieri. Alla fine ha rinunciato a farlo fare a me, suppongo.” Fa un piccolo sorriso compiaciuto, probabilmente perché dove gli sforzi passivo-aggressivi di John di obbligare Sherlock a pulire hanno fallito, hanno invece funzionato su Mrs. Hudson. Non era ciò che voleva e lo fa infuriare ancora di più.

“Sherlock, non posso andare al lavoro così!” Gesticola verso la sua SBI scoperta. Il solo pensiero di lasciare l’appartamento senza anello, il nome di Sherlock esposto alla vista di tutti, lo fa imbarazzare. “Non voglio neanche andar giù da Mrs. Hudson senza un anello addosso.”

Sherlock rotea gli occhi. “Mrs. Hudson è una donna di settant’anni, John. Non le importa.”

“A me sì!”

“Oh per l’amor di...” Sherlock scatta dal divano, assicurandosi di cogliere John nel suo sguardo truce così che sappia quanto incazzato sia. Questo lo fissa di rimando e lo guarda afferrare il proprio anello dalla ciotola, infilarlo al dito e dirigersi fuori dalla porta. John passa cinque minuti girando in cerchio per il salotto senza posa, pregando che sia solo questione di aprire il sacchetto dell’aspirapolvere strappandolo e ripescare il suo anello. Non ne ha uno di riserva, non dall’Afghanistan. Se non è nel sacchetto, non riuscirà mai ad andare al lavoro. È già terribilmente tardi; non c’è modo che riesca a condensare i venti-minuti da pendolare in dieci minuti. Ancor meno se devono capire cosa fare per l’anello.

Sherlock ritorna, il viso non positivo. Si sfrega il retro del collo e dice “Mrs. Hudson dice di aver buttato il sacchetto.” Cerca di sembrare comprensivo, ma sono entrambi troppo infastiditi dall’altro perché l’espressione risulti genuina.

È sulla punta della lingua di John chiedere a Sherlock di fare un’immersione nel cassonetto insieme a lui, dietro il palazzo, quando si rende conto del perché Sherlock ha quello sguardo sul volto.

La spazzatura è stata portata via questa mattina. John ha sentito il camion quando è uscito dalla doccia. Seppellisce il suo viso fra le proprie mani e sibila, “Merda.”

“Pensi di poter indossare il mio?” chiede Sherlock, tuttavia entrambi sanno che è probabilmente impossibile. Le dita di John sono troppo grosse perché l’anello possa andargli bene sul dito della sua SBI. Non è nemmeno sicuro che sia in grado di infilarlo del tutto sul suo dito florido. Normalmente John l’avrebbe ringraziato per il tentativo. In questo momento è incazzato e non si sente per niente molto amichevole, così lo fissa in un modo che chiede Tu che ne pensi?! e grugnisce “No.”

“Beh cosa vuoi che faccia, John? Non posso mica tirar fuori un anello dal mio culo, per amor di Dio!”

“Forse se avessi passato l’aspirapolvere una volta ogni tanto, non avremmo avuto questo problema!”

“Non è colpa mia se il tuo anello non era nella ciotola──”

“Grazie a te e a questo porcile di appartamento, il mio anello potrebbe essere a metà strada per la discarica──”

“Stai reagendo in modo esagerato──”

“Esagerato?”

“Sì, esagerato!”

“Ti faccio vedere io esag──dove diavolo stai andando?” Sherlock sta marciando fuori, attraverso la scala dall’altra parte della cucina. Non risponde, e quando sparisce nella sua camera da letto, John presume rimarrà lì e si metterà a fare il difficile. Imprecando sottovoce, lancia uno sguardo all’orologio. Si rende conto che dovrà chiamare per avvisare o cancellare il suo appuntamento con Mrs. Barnstead. I pazienti tendono a diventare irritabili se cancelli gli appuntamenti, ma non gli piace l’idea di scaricare tutto questo su Sarah.

Guarda di nuovo sotto il bancone. Solleva tutti i cuscini dai mobili. Accende una torcia nel lavandino. Guarda l’orologio. 9:45. Geme sonoramente.

Non c’è niente da fare. Col tempo per arrivare in laboratorio avrà solo dieci minuti per visitare Mrs. Barnstead prima del suo prossimo appuntamento delle dieci-e-trenta. Chiama Sarah, fa le sue scuse, e supplica che qualcuno prenda il suo posto, almeno fin verso mezzogiorno. Forse per quell’ora avrà scoperto cosa fare con la sua SBI.

Sarah è comprensibilmente indignata; è stato assunto per sostituire la Dottoressa Johansson mentre è in maternità, ed ha cominciato solo la scorsa settimana. I pazienti della dottoressa sono già irritati per aver dovuto consultare un nuovo medico. Trovarsi un’altra faccia diversa davanti è ancor più seccante.

Alla fine, Sarah copre i suoi appuntamenti per la giornata. Ne ha solo cinque, grazie a Dio; due di mattina e tre nel primo pomeriggio. Più tardi, scopre che Mrs. Barnstead non si era nemmeno presentata. Qualcosa a proposito del suo bambino malato e, beh, John può capirlo, ma trova un po’ ironico che abbia dovuto cancellare il suo appuntamento dal dottore per prendersi cura di una persona ammalata.

Sherlock ritorna mentre sta chiudendo la telefonata con Sarah, portando con sé un portagioie. Il suddetto portagioie, come quello della maggior parte degli uomini, è piccolo. Alcuni uomini, come John, non hanno nemmeno un portagioie. Sempre meno uomini lo tengono ancora, non da quando la moda di avere anelli multipli, in voga intorno agli anni novanta, è morta. Sono momenti come quello che fanno desiderare a John di aver conservato almeno uno dei diversi anelli che aveva quando studiava medicina. Sfortunatamente, sono stati vittime del ridimensionamento che ha fatto prima dell’arruolamento.

“Cosa stai facendo?” domanda John. Guarda Sherlock sedersi sulla sua poltrona posizionando il portagioie sulle proprie ginocchia. Lo apre e ne tira fuori due scatole per anelli identiche. Ne apre una, guarda dentro, prende l’altra scatola e la passa a John. Questo la fissa per un momento, confuso, così come Sherlock fissa lui da sotto le sue ciglia e frangia. Alla fine, quando il consulente sembra sul punto di sbottare, apre la scatola con calma. Le sue sopracciglia si aggrottano ulteriormente quando vede cosa c’è dentro. “Questi sono...?”

“Sì,” Sherlock si alza, andando dietro la poltrona di John e guardando da sopra la sua spalla l’anello── o, meglio, anelli── nella scatola. In una scatola del genere è difficile dire che ce ne stiano, di fatto, tre. Tre anelli d’oro. Uno d’oro bianco, deve avere un alto contenuto d’argento poiché John può a malapena notare il giallo. Uno il classico oro giallo associato agli anelli da matrimonio, e il terzo uno caldo oro rosso. Si incastrano insieme in uno schema curvo, il quale, una volta composti, appare come un unico anello, un’onda di oro giallo al centro.

“Sono molto meno… vistosi di quello che sono di solito. Voglio dire, da ciò che ho visto. Non sono mai di fatto stato vicino abbastanza ad uno di essi in persona, per darne una buona occhiata. Le persone qui non li indossano più; sono caduti fuori moda all’inizio del secolo scorso.”

“Sono stati nella mia famiglia dal 1850. Erano dei bis-bis-nonni di mio padre.” Sherlock tira fuori uno degli anelli, quello in oro bianco, e ci gioca. “Sono passati attraverso  qualche modernizzazione, la più recente quando i miei genitori si sono sposati. Era usanza che uno fosse più spesso, e credo che questo,” indica il segmento d’oro centrale, “avesse incastonato un rubino piuttosto grosso. Mia madre pensava fosse troppo vistoso e lo stesso mio padre, così li hanno fatti rimuovere.”

“In qualche modo non mi sorprende che la tua famiglia abbia un set di anelli progressivi come cimelio di famiglia.” Sono costosi. Anche quando erano in voga, solo i benestanti potevano permetterseli. Tuttavia, deve ammettere, non assomigliano a nessuno degli anelli progressivi che abbia mai visto in fotografie o esposti in qualche gioielleria. Non somigliano neppure a quelli sulle mani delle donne afghane, i quali non erano così vistosi da avere una pietra preziosa, ma da avere dentellature e disegni fatti con lo stampino che non sembrano corretti finché non hanno tutti i loro componenti. Questi che Sherlock gli ha passato sono molto sottili, e non hanno nessuna sorta di strano disegno che è ovviamente incompleto senza le altre parti. “Hai detto che i tuoi genitori li indossavano?” Se è così, si chiede perché non li stiano ancora indossando.

“Sì. Ma solo per un breve periodo di tempo. Mio padre morì quando ero un bambino, e ovviamente Mamma ha cominciato ad indossare l’anello nero da vedova.”

John non lo sapeva. Automaticamente, si sente come un completo idiota. “Oh, io sono… non volevo…”

“Va bene. È morto quando ero giovane. L’ho appena conosciuto.” Fa una pausa per un momento, poi, “Conosci le loro funzioni?”

“Non davvero. Conosco la teoria dietro la loro esistenza, ma non come è realmente messa in pratica.” Sa che alcune famiglie molto religiose li usano ancora, e che sono ancora l’usanza classica in Medio Oriente, specialmente tra i Talebani. Ha sempre immaginato fosse per proteggere l’onore di una giovane donna mentre sta Cercando.

“Beh, non sono proprio sicuro di quando siano diventati popolari in Inghilterra. L’apice della loro popolarità, comunque, è stato dagli anni del regno di Giorgio III fino, come hai detto tu, all’inizio del regno di Edoardo VII (1). Perlopiù, venivano indossati da giovani donne appartenenti ai Parìa (2). Indossarli da parte degli uomini avvenne come caratteristica più tarda, forse introdotta intorno agli anni della regina Vittoria (3). In origine, erano solo per giovani donne. A quei tempi, quando una donna incontrava per la prima volta la sua Anima Gemella, doveva immediatamente render chiaro che non stava più Cercando. Comunque, come tutti sanno, c’è una grande differenza tra aver trovato la propria Anima Gemella, e cominciare a legarsi ad essa. Quindi, anelli progressivi. Il primo anello viene indossato immediatamente. Di solito erano di oro bianco o biancastro, come questo. Altre volte di oro giallo molto chiaro. La vera caratteristica è il design degli anelli. Di solito è piuttosto evidente che abbiano altri componenti. È qui che questi sono un po’ strani. Come ho detto, sono passati attraverso delle alterazioni. Non ho idea di come fossero quando i miei avi se li sono procurati.

“Indossare il primo anello significava che la relazione era nella fase del corteggiamento. Praticamente era un segnale per tutti gli altri uomini che quella donna era fuori dai giochi, ma allo stesso tempo simboleggiava che non era ancora sposata e quindi non avrebbe dovuto vedersi da sola con un uomo, nemmeno con la sua Anima Gemella. Puoi vedere il fascino che questi anelli ancora hanno su quelli molto religiosi.

“Il secondo anello funzionava come un anello di fidanzamento, e di solito avevano qualche tipo di pietra preziosa di abbellimento, come il rubino che portavano questi. Volevano dire che il matrimonio era imminente ma, di nuovo, la donna non era ancora sposata. Ovviamente, l’ultimo anello, che completa il set, rappresenta una relazione completamente realizzata. Il concetto di base è un modo per separare la Ricerca e l’essere Legati dal tempo fra i due. Penso che siamo sempre stati confusi, come società, su come rappresentare pienamente le coppie post-Ricerca o pre-Legame. Il modo in cui facciamo oggi, ha le sue complicazioni e i suoi imbarazzanti malintesi. Come quello tra te e Sarah.” John si sente sprofondare al ricordo del modo in cui ha dovuto brancolare attraverso una scusa per Sarah quando gli ha chiesto la sua SBI dopo aver sentito il suo nome. Per qualche motivo, anche se aveva dovuto rifiutare molte persone in passato, è stato molto imbarazzante farlo quando aveva già trovato la sua Anima Gemella.

“Tendiamo a riferirci a ogni coppia di Anime Gemelle che si è già trovata a vicenda come Legati, anche se si sono appena incontrati o non hanno ancora fatto la cerimonia. È un abuso del termine, comunque, e questo è avvenuto solo negli ultimi cinquant’anni o giù di lì.” Sherlock sembra riflettere per un momento, giocherellando con l’anello sulle sue dita. Alla fine dice, “Semplicemente mi piace l’idea che le persone sappiano che non stai più Cercando. Ed immagino che dato che hai perso il tuo anello…”

“Vuoi che indossi questo?” John prende l’anello dalle mani di Sherlock e lo fissa intensamente, desiderando che gli riveli i suoi segreti.

“Sarebbe… bello, sì. Ho sempre sperato che… beh, non importa. Se non vuoi, va bene. Andrò fuori oggi e ti prenderò un nuovo anello. Qual è la tua misura? Dieci? Dodici?(4)” Si stava già dirigendo verso la cucina e la camera principale, presumibilmente per farsi la doccia. John allunga una mano e riesce ad afferrare l’orlo turbinante della sua vestaglia.

“Fermo, vuoi? Non ho detto no. Speravi cosa?”

“Non è niente di importante. Vorresti indossare l’anello?”

John emette un sospiro, sapendo che non sarà in grado di ottenere una risposta diretta da Sherlock. Così è come agisce al momento. Invece, chiede, “Significherebbe molto per te, non è vero?” tuttavia ha già preso la sua decisione. Ovviamente indosserà l’anello, e gli altri due che verranno dopo quello. Non c’è motivo per non farlo, e Sherlock è ovviamente molto attaccato ad essi. Non è sicuro se sia poiché sono un cimelio di famiglia o qualcos’altro tutto insieme.

Per un momento sembra tuttavia che Sherlock stia per evitare anche questa domanda. Alla fine dice, “Sì. Lo… lo farebbe.” Respiro profondo. “Ho sempre sperato che avrei indossato questi anelli. Fin da quando mio padre è morto e li ha lasciati a me. Non sono ancora sicuro del perché lo abbia fatto, perché sono sempre passati dal padre al primogenito nella mia famiglia. Sarebbero dovuti andare a Mycroft. Ma non l’hanno fatto.” Lentamente si siede e prende l’altra scatola per anelli. “Non ho mai saputo perché. L’ho appena conosciuto. Avevo solo quattordici mesi quando è morto.”

Dall’altra scatola Sherlock estrae l’anello d’oro bianco che, per quanto possa dire John, è il clone esatto di quello che tiene fra il suo pollice ed indice. Quando lo guarda meglio, però, sembra essere più piccolo, e John si rende conto che l’anello che tiene in mano deve essere quello del padre di Sherlock.

“Hanno anche dovuto allargare l’anello quando si sono sposati, perché le mani di mio padre erano troppo grandi. Probabilmente sarà della giusta misura per te. Hai delle mani grandi.”

John se lo infila. Non è perfetto, ma ben lontano dal non andare bene. Non si sfilerà o lo disturberà, che è tutto ciò che gli interessa. Una volta che si sarà abituato, gli sembrerà di non averlo nemmeno.

“Ci vorrà un po’ per abituarsi,” osserva mentre si alza dalla sua poltrona, scatola in mano, e si dirige verso quella di Sherlock. Si siede sul bracciolo, posa la scatolina di nuovo nel portagioie e passa le sue dita tra i capelli di Sherlock. “Non ho un anello nuovo da quando sono partito per l’Afghanistan. Ma mi va bene, che è tutto ciò che conta.”

“Bene.” Sherlock si infila l’anello di sua madre, ora è il John di Sherlock suppone, e ripone la scatola per anelli accanto alla sua gemella.

Bacia la testa di Sherlock. Mormora contro i suoi capelli, “Mi dispiace di essermi arrabbiato tanto prima. Non avrei dovuto incolpare te per una cosa del genere. Era fuori dal tuo controllo. Tuttavia, non mi dispiacerebbe se ogni tanto passassi l’aspirapolvere. Non sto chiedendo molto, sai?”

“Non mi sono mai davvero preoccupato delle pulizie prima,” osserva scrollando le spalle. “Quindi non mi viene naturale.”

“È come dire che non puoi respirare perché nessuno te l’ha insegnato. Le faccende domestiche difficilmente sono qualcosa di trascendentale, Sherlock. Di sicuro un genio può arrivarci. Semplicemente devi raccogliere ciò che lasci in giro e, quando questo posto comincia a sembrare un casino, raccatti un po’ di cose e le organizzi in modo che sembrino almeno mezzo decenti. Magari passi l’aspirapolvere ogni tanto. Sai come si fa, no?”

Lo intendeva come una battuta, ma si rende velocemente conto che forse ha colpito un po’ troppo vicino alla verità quando Sherlock si schiarisce la gola e comincia a fissare, con molta intensità, un punto su una delle librerie. Alla fine borbotta, “Potrei averlo eliminato.”

No. Stai scherzando.”

“Non scherzo, John. Lo sai.”

“Oh mio Dio.” Con sua stessa sorpresa, John si ritrova a ridacchiare piuttosto che a digrignare i denti per l’irritazione, come se se lo aspettasse. Si inclina nuovamente verso il basso, bacia la mandibola di Sherlock e lo informa, “Gesù, amore, sei qualcosa di assolutamente diverso.” (5)

“Grazie. Penso.”

Non lo aveva esattamente  inteso come un complimento, ma non era inteso neanche come un insulto, così si limita a bofonchiare. Prende il portagioie e lo muove su un lato del tavolo convenientemente-posizionato. Sherlock doveva averlo spostato la notte scorsa dopo che John era andato a letto, perché non era lì ieri, per quel che ricorda. Scivola giù dal bracciolo della poltrona, sul grembo di Sherlock. Incrocia le braccia, fissa l’altro per un momento, poi dice, “Sherlock, dobbiamo parlare.”

“Dobbiamo?” chiede questo, imperturbabile, ma con un tono sottinteso di preoccupazione e scontento. Probabilmente non avendo nessuna voglia di sorbirsi un’altra tirata sulle sue abitudini e sulle sue lacune nella socializzazione. Senza dubbio è passato attraverso dozzine di esse nella sua vita. La cosa positiva è che quello non è ciò che John ha intenzione di fare.

“Sì,” sospira John. Passa un momento a riordinare i propri pensieri, fissando il quarto libro dell’Encyclopedia Britannica su una delle librerie. Sherlock ha la quindicesima edizione completa, tuttavia nessuno dei libri è sulle librerie e nessuno è in ordine. John si domanda spesso se a Sherlock semplicemente piaccia il caos, e questo è il motivo per cui insiste nel tenere il loro appartamento così in disordine. Poi si rende conto che i suoi pensieri hanno iniziato una digressione e comincia, “Ho bisogno che tu mi dica una cosa. Non sarà una domanda a cui è facile rispondere, ma ho bisogno che tu risponda onestamente, anche se pensi che non mi piacerà. Okay?”

Sherlock annuisce esitante.

“Vuoi che la tua relazione sia di tipo romantico?” La domanda è una di quelle che nessuno vuole fare, ma deve essere posta. Non è senza precedenti, per delle Anime Gemelle, essere a-romantici, desiderando solo l’amicizia e la compagnia che ne deriva. A essere onesti, John non sarebbe sorpreso se Sherlock fosse una di quelle persone.

C’è un lungo minuto di agonizzante silenzio, il consulente rigido nello star seduto e il dottore che cerca strenuamente di rimanere rilassato e neutrale. Trattenendo il respiro. Dicendo a sé stesso che non importa un modo o l’altro, finché alla fine Sherlock dice, “Sì. Lo voglio.”

John rilascia un respiro che non si era nemmeno accorto di aver trattenuto. “Okay. Questo è... questo è un bene. Uhm.” Ora la parte difficile. Come introdurre l’argomento? Come dire a Sherlock che la loro relazione non funzionerà mai con le loro attuali lacune di comunicazione? Ha vissuto con lui per tre mesi eppure, in certa misura, si sente ancora come fosse uno sconosciuto. Sa che l’amore a prima vista succede solo nei romanzi rosa. Chiunque oltre i sedici anni sa che non accade. Sarebbe comunque bello se almeno fossero rivolti nella giusta direzione.

“Abbiamo bisogno di comunicare di più.”

Non è John a parlare. Volge lo sguardo a Sherlock e annuisce stupidamente. “Sì. Buona deduzione.”

Sherlock sbuffa e dice, “Difficilmente è un mistero perché sei stato così irritabile.”

“Ah diamine ah. Suppongo sia tutta colpa mia, quindi?”

“Difficilmente.” Sherlock rotea gli occhi, come se fosse John a fare il difficile. Dice, “Sono ben consapevole dei miei stessi difetti, John. Presumerò lo stesso di te. Siamo entrambi ugualmente da biasimare. Sfortunatamente, siamo allo stesso tempo persi nel trovare un modo per sistemarli.”

“Beh... Forse dovremmo solo iniziare parlando di più.”

“Parliamo per tutto il tempo.”

“Sai cosa intendo.” Le uniche connessioni che sono riusciti a formare erano state durante due conversazioni piuttosto serie, ed entrambe erano state da post-litigio. John non è troppo sicuro di voler sapere dove si dirigerà la loro relazione, se quello schema dovesse continuare.

Spiega tutto ciò a Sherlock, il quale riflette sulle sue parole per qualche minuto. Quando il silenzio diventa troppo da sopportare per John, dice “Diamoci un appuntamento.”

Sherlock lo fissa. Fa una breve pausa, quindi sgrana gli occhi per l’incredulità. “Un cosa?”

“Un appuntamento. Sai. Due persone che si piacciono a vicenda escono e fanno qualcosa di divertente.” John sorride sfacciatamente mentre Sherlock ringhia So cos’è un appuntamento! prima di continuare, “Potremmo andare a cena, tuttavia so che non ti piace star seduto in un ristorante, eccetto che da Angelo e quel cinese... Quindi probabilmente è meglio se non facciamo questo. Regent’s Park è solo a qualche isolato di distanza. Possiamo fare un pomeriggio all’aperto laggiù. Ho la domenica di riposo. Potremmo andarci?”

“John, non penso davvero che un appuntamento risolverà qualcosa. Servirà solo a metterci in una situazione strana e sotto pressione.”

“Quindi cosa suggerisci? Nemmeno continuare in questo modo sarà d’aiuto.”

“No, ma... andrà meglio, giusto? Non gli abbiamo dedicato abbastanza tempo. Te l’ho detto che per me è difficile comunicare. Ma troverò un modo. Ci abitueremo l’uno all’altro. Prima o poi.” John riflette un momento, prima di dire “Possiamo provarci. A fare meglio. Ma noi ─intendo tu─ dobbiamo cooperare di più. E non puoi tenermi le cose nascoste. Abbiamo bisogno di conoscerci reciprocamente dentro e fuori perché questo funzioni. Una relazione si basa sulla fiducia, e non ci sono segreti tra Anime Gemelle.”

“Questo è un punto di vista iper-romantizzato, John. Perfino per te.”

Sherlock.”

“Sì, d’accordo. Ma devi essere onesto con me di rimando.”

“Non ti sto nascondendo niente.”

Sherlock lo fulmina con lo sguardo. Sbuffa oh per favore e si muove a disagio. Assume la sua faccia di sfida, comunque, finché Sherlock dice, “Stai avendo ancora quegli incubi. So che li hai. Quelli che non riesci a ricordare. Ogni volta che ti chiedo come hai dormito, dici bene. Ma so che sei preoccupato. Se non vuoi condividere i tuoi problemi con me, come si suppone possa aiutarti?”

John è sorpreso, perché è stato attento a non lasciar cogliere a Sherlock i suoi continui problemi nel dormire. D’altra parte, probabilmente il consulente li ha dedotti in qualche modo. Dice, frustrato, “Non posso parlarne, perché non so nulla di essi. Tutto ciò che so è che li sto avendo. Mi sveglio e, per pochi secondi, ricordo ogni cosa, ma, nell’istante in cui provo a trascriverli o spiegarli, se ne vanno.” Non ha fatto un sogno che ricorda per settimane. Sta davvero cominciando a preoccuparlo. Si sente come se dovesse diventar matto.

Sherlock non ha l’opportunità di rispondere, perché il suo cellulare vibra in quel momento. Lo tiene nella tasca della sua vestaglia e John può sentirlo contro la propria anca. Si alza così che il consulente possa tirarlo fuori e lo guarda rispondere. Dall’argomento della conversazione, John deduce che è Lestrade, che hanno un caso a circa dieci isolati da lì e stanno chiedendo l’assistenza di Sherlock. Quando chiude la conversazione il consulente guarda verso di lui e dice, “Era Lestrade. Due corpi al luna park. Ha detto che è successo ad un’ora imprecisata questa notte. L’unico testimone è una chiromante che si rifiuta di parlare con loro.”

“Perché hanno bisogno di te?” chiede John. “A me suona abbastanza semplice. Niente per cui debbano consultarti, comunque.”

“Pensano sia un omicidio-suicidio.”

John alza un sopracciglio. “E?” Ormai conosce la differenza tra un periodo concluso e una pausa drammatica.

“Le vittime erano una coppia Legata.”

Oh. Questo è abbastanza shoccante. Anche piuttosto strano. Non è una cosa che si sente tutti i giorni. Capisce perché Lestrade voglia l’aiuto di Sherlock per risolverlo, e chiudere in fretta il caso, per quel che conta. Gli abusi tra Anime Gemelle sono un’orrenda, per fortuna rara, evenienza che mette tutti quelli che ne sentono parlare a disagio. John non è nemmeno sicuro di voler vedere tutto ciò, ma neppure lascerà andare Sherlock da solo. Per non parlare di come potrebbe reagire alla cosa.

“C’era anche un biglietto,” osserva Sherlock mentre si dirige verso la camera da letto.

“Di chi? Dell’... omicida?” Un biglietto d’addio? È usuale che ci sia un biglietto sulla scena di un omicidio-suicidio?

“No. Della persona che ha puntato una pistola alla sua testa e l’ha costretto ad uccidere la sua Anima Gemella.” Sherlock fa capolino da dietro l’angolo con la testa, un angolo della sua bocca stranamente sollevato, e dice, “Un bel rompicapo, non è vero?” mentre John è a disagio, con lo stomaco aggrovigliato in un nodo.

 

 

 

 

 


Eccoci qui, terzo capitolo… lo so, ci ho messo più tempo che per il secondo, purtroppo i miei impegni al di la di questa fic stanno aumentando e quindi ho meno tempo per tradurre, mi dispiace. Temo che anche per il quarto capitolo dovrete aspettare un po’, almeno tre settimane temo, spero di non slittare oltre! Abbiate pazienza, ve ne prego! *corre a nascondersi nel caso ricorrano ai forconi e alle torce*

Comunque sia, ringrazio –anche a nome dell’autrice- tutti quelli che hanno recensito e chi preferisce/segue/ricorda; come sempre se volete farmi degli appunti, lasciare un parere, segnalare un errore, ecc siete i benvenuti! Ogni critica è sempre ben accetta. :) Ora vi lascio con delle Note alla Traduzione:

(1) Regno di Giorgio III: 1760-1820; Regno di Edoardo VII: 1901-1910

(2) Peerage: la parìa è l’intero corpo di onori, benefici e privilegi riconosciuti da una monarchia (come ci spiega Wikipedia); le persone che ne fanno parte sono i Pari e possono appartenere a cinque ranghi: duchi, marchesi, conti, visconti, baroni. Se volete approfondire ulteriormente vi ho messo il link… :)

(3) Regno di Vittoria: 1837-1901

(4) Le misure sono quelle USA, la 10 dovrebbe essere la nostra 22 e la 12 la nostra 27; non ho messo le misure italiane perché, essendo esse dei numeri “verbalmente più lunghi” avrebbero rallentato il discorso. È diverso dire ‘Ten? Twelve?’ da ‘Ventidue? Ventisette?’, o almeno a me sembra così. Tra l’altro (tanto per continuare con la pignoleria) credo che l’autrice avrebbe dovuto usare le misure UK (che si esprimono il lettere) per essere più verosimile. Ma comunque, come dicevo, sono cavilli e io giustamente ci ho scritto un poema come mio solito, ok, scusate, sono irrecuperabile. (p.s.: se volete qui c’è una tabella con le misure italiane, USA, UK e il diametro)

(5) You’re something else entirely: si usa colloquialmente per dire ‘sei davvero speciale’, in questo caso, visto quello che pensa John dopo, mi sembrava una frase poco fraintendibile, rispetto alla sua equivalente inglese, quindi ho optato per una traduzione più letterale ma che potesse dar luogo al dubbio ‘è un complimento? Oppure no?’, cosa che un ‘sei speciale’ non avrebbe fatto. Pareri? Siete d’accordo, contrari, astenuti? Ditemi pure! :)

Bene, ora vi lascio, alla prossima!

Myreen :3

  
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