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Autore: GreMisia    07/05/2013    2 recensioni
"Era scappato.
Sicuramente la via più facile e la soluzione più semplice da prendere: non ce la faceva davvero più.Le gambe si erano mosse da sole e aveva iniziato a correre via, via, via, via.
Lontano da tutto, anche se solo per pochi minuti. Lontano da quelle stupide facce che non facevano altro che deriderlo, lontano dalla loro stupida superficialità, lontano dalla loro incomprensione." Zarry, nemmeno a chiederlo!
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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YOURSELF



Per Chia
Premessa: è una storia breve, un piccolo accenno, quindi è per questo che è tutto poco dettagliato ma spero che vi piaccia lo stesso.

 
 
Era scappato.
Sicuramente la via più facile e la soluzione più semplice da prendere:  non ce la faceva davvero più.
Le gambe si erano mosse da sole e aveva iniziato a correre via, via, via, via.
Lontano da tutto, anche se solo per pochi minuti.
Lontano da quelle stupide facce che non facevano altro che deriderlo, lontano dalla loro stupida superficialità, lontano dalla loro incomprensione.
 
Perché?
Perché dopo tutta la sofferenza, aveva ancora bisogno di comprensione?
Non gli bastava avere sé stesso?
 
No, non si era mai bastato; altrimenti non si sarebbe mai ritrovato a fuggire.
 
Il vento faceva svolazzare i folti capelli ricci, castani e quelle dannate lacrime salate, che gli rigavano il volto nella corsa, sembravano ancora più pesanti.
 
Che problema avevano gli adolescenti con l’accettazione?
 
Perché, Harry, non poteva come tutti gli altri andare a scuola con tranquillità, seguire le lezioni senza sentire lo sguardo fisso e il giudizio dei suoi compagni? Perché non poteva sedersi in un tavolo qualunque della mensa e chiacchierare amorevolmente del più  e del meno?
Non aveva mai fatto male a nessuno.
 
 
“Sei un frocio Styles!” risate disgustose, seguivano insulti altrettanto disgustosi e  imbarazzanti.
 
“Al nostro Styles piace la banana!” e giù risate.
 
Che diavolo di male c’era?
Che cavolo di problema avevano loro?
Li aveva mai molestati?
Era mai andato in giro per tutta la scuola, ad abbassare i pantaloni di ogni ragazzo, per controllare la loro banana?
Era un crimine?
Rubare, ammazzare, tradire, lo era!
Non scegliere chi amare, dannazione!
 
Harry si fermò per riprendere fiato, il petto che faceva male, gli occhi bruciavano e la testa rischiava di scoppiare.
 
Aveva lasciato il pranzo intatto sul suo vassoio.
 
Per l’ennesimo volta, si era seduto su un tavolo con altra gente e questi si erano automaticamente alzati, cambiando posto e lasciandolo solo.
 
Ecco perché aveva sentito il bisogno di evadere.
 
Appoggiò le mani sulle ginocchia, iniziando a scialare quasi come un cane per la fatica e aguzzò la vista, cercando di capire dove fosse finito: il campo da football, verde e marrone.
Non c’era nessuno, gli spalti erano vuoti, una quiete quasi irreale.
Si lasciò cadere su una fredda panchina e nascondendo la testa tra le braccia, le lacrime tornarono come un fiume in piena.
 
Sua madre non ne aveva mai fatto un problema.
 
Sapeva che prima o poi, il suo bambino, si sarebbe presentato alla porta con un bel ragazzo e non una dolce fanciulla;  ciò che le premeva  era che a quella porta si presentasse la sua metà.
 
“Sei sempre mio figlio Harry, chi o come amare è una decisione tua”.
 
Chi o come amare è una decisione tua.
Quella frase era come stampata a fuoco nel suo cervello e doveva restarci.
 
Tua.
Non loro.
 
Strinse le mani a pugno, continuando a sostenere la testa dolorante.
 
Non doveva importargli niente, se la solitudine era un peso sempre più grosso che minacciava di schiacciarlo, prima o poi sarebbe uscito da quella situazione; non doveva importargli di quello che accadeva intorno.
 
Non doveva importargli di loro.
 
“Non mi importa niente di loro…” gli uscì come un sussurro sommesso, tra le lacrime e le sue braccia.
 
“Allora non piangere”.
 
Una voce, dietro di lui,  lo fece quasi sobbalzare e cadere dalla panchina.
 
Zayn Malik  era seduto scomposto, fumando distrattamente una sigaretta,  nell’ultima fila degli spalti.
Come aveva fatto a non accorgersi di lui?
 
“Da quanto sei qui?” chiese acido, asciugandosi bruscamente le guance e ridandogli subito le spalle.
“Da prima che arrivassi” rispose, spengendo la sigaretta, ormai finita.
 
Perfetto! Zayn Malik, aveva appena visto il suo attacco d’isterismo in prima visione.
Uno dei ragazzi più ambiti della scuola, ma che apriva la bocca per parlare si e no, tre volte all’anno.
Non che ne avesse bisogno,  con quelle cavolo di ciglia chilometriche, quelle labbra carnose, quegl’ occhi profondi e quei stupidi zigomi alti.
 
Che dicesse quello che gli pareva;  che sprecasse una di quelle volte all’anno che usava per parlare, per raccontare in che stato da stupida checca isterica, l’aveva trovato.
A lui non importava, giusto?
 
Harry tirò su con il naso e si alzò, arricciando le dita intorno alle maniche della camicia a quadri.
 
“Harry” 
 
La voce di Zayn lo colpì di nuovo, non poteva quasi credere che l’avesse chiamato per nome.
 
 Non si voltò, ma rimase fermo, sentì l’altro alzarsi e avvicinarsi a lui.
 Due dita gli presero il mento, si ritrovò due enormi occhi nocciola fissi nei suoi di un verde trasparente, ancora circondati dalle lacrime.
Le gambe iniziarono quasi a tremargli: avrebbe voluto scappare di nuovo, Zayn aveva uno sguardo intenso, ma non lasciava trasparire alcuna emozione.
 
“Tu” disse , facendo una pausa, le labbra veramente vicine, il respiro caldo infrangersi sulla sua pelle fresca “ sei tutto quello che hai” .
 
Ed elaborando il significato della frase,  si perse nei gesti, perche Zayn lo stava baciando.
Dolcemente, con lentezza, uno sfiorarsi leggero di labbra.
Una mano scura, era finita tra i  capelli ricci e la sua tra quelli neri come la notte, dell’altro.
 
Zayn si staccò lentamente  sfiorandogli un mano con le dita, Harry non sapeva veramente cosa stesse succedendo.
 
Aprì bocca per dire qualcosa, ma non uscì niente.
 
“Ci vediamo dopo la scuola” disse, sorridendo e spettinandogli i capelli.
 
Con un cenno della mano lo salutò e lo lasciò lì come un pesce lesso.
 
In fin dei conti, non aveva sprecato una delle tre volte che usava per parlare e non gli aveva solo parlato.
Arrossì, tra le lacrime il suo primo bacio se n’era andato.
 
Forse non tutto viene per nuocere.
Forse ora avrebbe veramente camminato a testa alta aspettando la fine della scuola.

 
 
OK , una piccola cosuccia!
Per ringraziare Chia per la bellissima storia e per farmi perdonare per il tartassamento!
 
 
 
Alla prossima!
 
Gre

 
  
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