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Autore: Moon9292    08/05/2013    7 recensioni
Una professoressa colpita duramente dalla vita. Un ragazzo che piano piano sta diventando un teppista perchè non ha il coraggio di affrontare i suoi demoni. Un giovane con dubbi sul suo orientamento sessuale. E un altro con problemi economici costretto a sacrificare tutto e tutti, anche chi ama. Ed un'intera classe con le sue difficoltà da sistemare. Tutto da risolvere entro un anno. Perchè? Come mai un solo anno? E chi aiuterà tutti loro? Questa è la storia di chi in un'istante perde tutto, e in quello successivo guadagna qualcosa di prezioso. Perchè la vita non è mai come te l'aspetti, e solo il tempo aiuta a guarire. Il tempo, l'amore, e un bicchiere di caffè...
Spero di avervi incuriosito con questa storia. Lasciate un commentino, anche per farmi sapere com'è...un bacio
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Live and Love...'
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Capitolo 33 - Eppure mi hai cambiato la vita


Quando aprii gli occhi, quella mattina, la prima cosa che vidi fu il ghiaccio. Il ghiaccio che avevo imparato ad amare con tutta me stessa, che mi riempiva come nient’alta cosa al mondo. Amavo quel ghiaccio, mi faceva sentire bene, protetta, sicura ed amata. Essere guardata da quel ghiaccio mi faceva capire che ero importante. E non avrei mai rinunciato a quello sguardo. Ianto era diventato tutto per me. In pochi mesi aveva ricucito il mio cuore lacerato, e lo aveva fatto battere e brillare come mai era capitato in vita mia. Ero alla deriva, prima di arrivare a Roma. Una nave senza meta e senza capitano, con l’equipaggio in fuga sulle ultime scialuppe. Nessuno che mi guidava. E poi era arrivato lui. Quel ragazzino troppo bello per essere vero. Sfrontato ed arrogante, malizioso ed intrigante, dolce e sensibile. Ma soprattutto innamorato di me. E la mia nave finalmente era stata condotta in porto da quelle mani meravigliose e così esperte. Niente era più come prima. Ed io non sarei mai più stata la stessa, questo lo sapevo bene. Perché Ianto mi aveva cambiato dentro. Ero diventata forte, e allo stesso tempo fragile. Ero tante cose, e solo grazie alla presenza di quel ragazzo avevo scoperto chi ero davvero. Gliene sarei stata grata in eterno. Ianto mi fissò come se fossi la cosa più bella al mondo. Mi adorava, ed io adoravo lui. Appena i nostri sguardi entrarono in contatto, sul volto meraviglio di quel giovane apparve un sorriso luminoso, capace di abbagliare qualsiasi notte di buio profondo. Sorrisi di rimando, incapace di fare diversamente. Al cospetto di quella figura, non potevo fare altro che venerarla. Ianto si sporse verso di me, andando a baciarmi la schiena nuda che usciva fuori dalle coperte. Quel contatto con le sue labbra morbide, mi procurò profondi brividi lungo tutta la colonna vertebrale. Essere toccata da lui era la cosa più bella che potesse succedere. Era un insieme di emozioni, e sensazioni indescrivibili che facevano battere forte il mio cuore. Sorrisi dolcemente e innamorata. Era bellissimo quel risveglio. Ianto, dopo essersi staccato dalla mia schiena, si sistemò sulla sua parte di letto e si girò su un fianco per guardarmi in viso. Lentamente, ancora un po’ addormentata, lo imitai e presi a fotografare con la mente il suo volto bellissimo.
<< Sei sveglio da molto? >>, sussurrai con la voce ancora un po’ impiastricciata di sonno.
<< Dieci minuti, più o meno >>, rispose Ianto, sussurrando come se anche le pareti non dovessero ascoltarci.
<< Non riuscivi a dormire? >>, domandai aggrottando le sopracciglia. Il ragazzo dallo sguardo di ghiaccio aveva il sonno pesante, come me.
<< No, è che stavo pensando una cosa >>, rispose allungando una mano, e spostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Cosa? >>, chiesi rabbrividendo nuovamente per quel contatto.
<< Pensavo che vorrei svegliarmi cosi tutte le mattine, per il resto della mia vita. Sarebbe bello averti per sempre al mio fianco >>, confessò dolcemente, con voce tremante e piena di emozioni.
Il mio cuore prese a battere veloce, martellando la mia gabbia toracica. Ianto sapeva sempre come sconvolgermi dentro. Ormai tutto il mio essere reagiva solo per lui. Senza pensarci due volte mi allungai verso di lui, e delicatamente poggiai le mie labbra sulle sue. Un contatto leggero, come un soffio di vento, ma pieno di emozioni e carico di sentimenti. Anche un semplice sfiorarsi per noi, equivaleva ad esprimere tutto il nostro amore. Restammo uniti così per qualche secondo, senza fare altro se non sfiorarci le labbra. Poi, lentamente, allontanai il mio viso dal suo, per tornare a specchiarmi in quei meravigliosi occhi di ghiaccio. Sorrisi come una scema, senza sapere neanche il perché, e Ianto fece la stessa cosa.
<< Siamo davvero due idioti >>, esclamai divertita.
<< Parla per te. Io son sempre brillante, anche quando mi comporto da scemo. Ed ho un certo stile in ogni cosa >>, sentenziò superbo il giovane.
Sbuffai ridendo, sapendo quanto il suo ego fosse pompato. Non avrei mai osato dire che aveva ragione, che anche in certe situazioni lui brillasse come una stella. Non avrei più avuto vie di scampo, e convivere per sempre con quella sua boria era davvero troppo.
<< Forza, casanova. Alziamoci che dobbiamo andare a scuola >>, affermai tra uno sbuffo e l’altro, alzandomi e raccogliendo il mio pigiama buttato a terra.
Mentre infilavo il pantaloncino, cominciai a riflettere su come la mia resistenza avesse ceduto la sera precedente. Come sempre avevamo passato una bellissima serata in compagnia del preside e di tutti gli altri. A quel “tutti gli altri” si era aggiunto anche Giuliano, che da quel giorno del sedici maggio, ormai aveva preso posto fisso nel nostro gruppo. E la sera precedente, precisamente il nove di giugno, era stata davvero divertente. Avevo riso, scherzato, parlato, giocato e fatto i cretini fino a quasi mezzanotte. Altieri, dopo i primi momenti iniziali di turbamento, era entrato nel pieno dell’atmosfera, e incredibilmente il suo rapporto con tutti quanti noi era diventato unico e speciale. A dirla tutta, in quel mesetto scarso avevamo stretto un bel legame, ed io gli volevo bene. Non come ne volevo a Paolo o Roberto, perché questi erano unici ai miei occhi, ma era altrettanto bello. Dopo essercene andati, Ianto come sempre mi aveva accompagnato a casa. E nel momento di euforia, quando nelle vene scorreva ancora il divertimento e l’adrenalina per la serata, io e il mio ragazzo ci eravamo baciati davanti alla mia porta. Da li, poi, il passo verso il letto era stato davvero breve. E il passo per farlo restare a dormire, era stato ancora più breve. Le mie difese e la mia autorità avevano ceduto ormai da tempo sotto la forza di quel giovane, ma almeno speravo di poter riuscire a far valere la mia opinione ancora in qualcosa. Desiderio andato a farsi benedire, ovviamente. Ianto era rimasto da me, e sotto sotto ne ero davvero felice. Sorrisi nuovamente, mentre infilavo la maglia del pigiama, e mi avviai verso la cucina, pregustando il momento in cui avrei assaporato il dolce gusto del caffè. Dietro le mie spalle avvertivo i movimenti di Ianto, intento a seguirmi e a sedersi sullo sgabello della cucina. Preparai la macchinetta in un silenzio tranquillo. Appena l’odore di quella meravigliosa bevanda si propagò per tutta la stanza, mi sentii davvero in pace con me stessa. Avevo il mio lavoro, avevo i miei amici, avevo l’amore della mia vita accanto, e il caffè pronto per essere bevuto. Cos’altro potevo chiedere alla vita? Ma appena mi girai, le mie certezze crollarono. Ianto fissava intensamente le sue mani congiunte sul bancone, con un’espressione crucciata e disperata. Qualcosa non andava, ed entrai subito nel panico.
<< Ianto che c’è? >>, chiesi prontamente.
Il giovane alzò di scatto lo sguardo, puntandolo nel mio sorpreso. Poi, dopo qualche secondo, lo riabbassò tristemente, tornando a guardare le proprie mani.
<< Pensavo >>, disse nuovamente. Ma quella volta, il suo pensiero non doveva essere buono.
<< A cosa? >>, chiesi preoccupata.
Ianto sospirò malinconicamente, poi tornò a fissarmi. Nei suoi occhi un lampo di profonda angoscia lo torturava. Non mi piaceva per niente vederlo così sofferente. Odiavo quando chi amavo stava male, specialmente se questi era Ianto.
<< Siamo quasi alla metà di giugno. Oggi è dieci, e tra due settimane finirà la scuola >>, spiegò con voce grave. Il mio intuito si attivò all’istante. Sapevo già dove voleva andare a parare. << Quando sarà il momento, quando arriverà il trenta di giugno, e il tuo mandato a scuola scadrà, te ne andrai nuovamente, e mi lascerai solo >>.
Ascoltai quelle parole senza interromperlo, e lo fissai intensamente negli occhi. Avevo capito quale era il suo disagio, e la cosa mi riempii d’amore. Senza rendercene conto, ci eravamo intossicati l’uno con l’altro. Per entrambi la figura dell’altro era fondamentale, e questa cosa mi fece sentire importante ed amata. Ma soprattutto felice.  Io ero il primo pensiero di Ianto, e lui era il mio. Nessun amore sarebbe mai potuto essere così intenso. Lentamente mi avvicinai al bancone dove stava poggiato, e presi tra le mie mani le sue, stringendole forte. Sul mio viso, un sorriso pieno d’amore.
<< Non sei per niente turbata per il nostro allontanamento >>, disse il giovane. Non era una domanda, ma una constatazione.
<< No >>, confermai allargando sempre di più il sorriso.
<< Bello! Mi fa piacere sapere che sono l’unico che soffre per questa cosa. Davvero bello >>, sputò acido il giovane, cercando di svicolarsi dalle mie mani. Ma non glielo lasciai fare.
<< Non mi chiedi neanche perché non sono turbata? >>, domandai con fare misterioso.
<< No, non voglio chiedertelo. Perché, anche se così facendo calpesterò il mio orgoglio, io farò in modo che tu ed io resteremo uniti. Non mi interessa come. Potrei acciaccare il professore Elefante e farlo stare via per un altro anno, oppure seguirti infischiandomene di tutto e tutti. Ho mille opzioni, e tutti hanno come conclusione una sola cosa: tu ed io insieme >>, esclamò tutto d’un fiato il giovane con foga e decisone.
Lo guardai sgranando gli occhi. Tutto quell’impeto, quel desiderio, quella forza mi fecero rabbrividire. Ianto era unico, ed io non lo avrei mai cambiato di una sola virgola. Perché in quelle semplici parole, aveva dimostrato quanto perfetto fosse. E quanto puro e profondo fosse il suo amore per me. Ed io lo amavo con altrettanta forza. Perciò sorrisi nuovamente, stringendo forte le sue mani.
<< Sei davvero uno scemo, lo sai? >>, dissi divertita e con gli occhi luminosi.
<< Sto cominciando ad innervosirmi, Lisa >>, sbuffò infastidito il giovane.
<< Allora devi farmi una semplice domanda: “perché non sono turbata per il nostro imminente allontanamento?” Forza, chiedi >>, lo spronai allargando il sorriso.
Ianto mi guardò storto, non capendo dove volessi andare a parare. Le sue mani ancora intrappolate nelle mie.
<< E va bene. Allora, perché non sei turbata dal nostro allontanamento? >>, domandò facendomi il verso.
<< Perché non ci sarà nessun allontanamento >>, risposi felice.
<< Cosa? >>, esclamò sconvolto Ianto sgranando gli occhi.
<< Proprio così. Non sei il solo che soffre per questa cosa. Io ci stavo pensando da molto più tempo di te, e mi stupisco che tu mi stia ponendo questa domanda solo adesso >>, affermai dolcemente.
<< Non capisco. Che stai cercando di dirmi? >>, sussurrò il ragazzo.
<< Ho chiamato il Dottor Gallo, all’inizio di questo mese, dopo averci riflettuto per bene. Io non volevo separarmi da te, e perciò ho fatto l’unica cosa possibile. Ho chiesto il trasferimento >>, spiegai felice.
<< Hai chiesto cosa? >>, domandò a voce alta Ianto, spalancando sempre di più gli occhi.
<< Non volevo ripetere la stessa esperienza di febbraio. Ho rischiato di perderti, e non voglio più vivere senza di te. Quindi ho chiesto al Dottor Gallo di farmi trasferire al dipartimento scientifico della tua università. Manca solo la firma di Simone, che dovrebbe riceve i documenti oggi, ed è fatta. Resterò qui per sempre >>, continuai sentendo la voce tremare per l’emozione.
Ianto era incredulo. Sembrava non capire neanche le mie parole. Improvvisamente, però, un lampo di comprensione attraversò i suoi occhi, e capì. Capì che stavo dicendo sul serio, che sarei rimasta con lui, che non ci saremo più separati. Che non lo avrei mai più abbandonato. Aveva finalmente compreso quanto fosse profondo il mio amore per lui. Una lacrima solitaria rigò il volto del giovane. Ma non l’avrei fermata, perché sapevo che era una lacrima di felicità. In un battito di ciglia, Ianto si alzò dallo sgabello, fece il giro della penisola, e mi venne di fronte. Senza darmi il tempo di dire qualcosa, mi abbracciò stretto, come se potessi svanire da un momento all’altro. Ma non l’avrei fatto mai più. Io sarei rimasta. Ricambiai quell’abbraccio, aggrappandomi alla sua schiena come se fosse il mio rifugio. Perché Ianto era davvero la mia salvezza, il posto sicuro in cui stare. Sarei stata una stupida ad abbandonarlo, ed io non ero stupida.
<< E’ tutto vero? >>, sussurrò con voce incerta tra i miei capelli.
<< Certo. Non potrei mai mentirti su questo >>, risposi con la stessa voce.
Ianto si scostò leggermente dal mio corpo, e mi fissò intensamente negli occhi. Sapevo che ciò che leggeva nel mio sguardo era determinazione e amore. Ed era la stessa cosa che leggevo nel suo.
<< Ti amo >>, mi disse dolcemente.
<< Ti amo anche io >>, risposi con trasporto.
Quel momento era perfetto, e il bacio seguente fu forse tra i più belli che ci eravamo mai scambiati. Perché era pregno di certezze. La certezza che niente e nessuno avrebbe potuto separarci. Io e lui eravamo una cosa sola.
 
Arrivai a scuola felice e allegra come mai ero stata. Ianto in macchina non aveva fatto altro che parlare dell’estate e dei progetti futuri. Voleva passare una settimana al mare da solo con me, e poi magari unirci in qualche scampagnata con tutti gli altri. Sarebbe stato bellissimo e soprattutto divertente. Ma la cosa che più ci emozionava era sapere che alla fine del mese Margherita avrebbe partorito. Non vedevamo l’ora, perché la sera precedente, con voce emozionata, i due prossimi genitori avevano comunicato a tutti quanti che per il loro bambino, saremo diventati tutti zii. Anche se non c’era un legame di sangue, loro volevano che facessimo parte di quella nuova famiglia. Tutti quanti ci eravamo commossi, chi più e chi meno. Paolo, nella sua spontaneità che lo contraddistingueva, era scoppiato a piangere felice ed emozionato. La successiva ora l’avevamo passata a prenderlo in giro, soprattutto Roberto. Parcheggiai la macchina al solito posto, e insieme al mio ragazzo, ci avviammo verso l’entrata. In quel momento non mi importava davvero niente del fatto che potessero vederci insieme, perché niente avrebbe potuto guastare la mia felicità. Ma appena varcai la soglia della scuola, una bruttissima sensazione prese il mio stomaco. Era come se qualcuno mi avesse preso a pugni. Stavo quasi per piegarmi in due, per la furia di quella sensazione, ma non lo feci cercando di controllarmi. Non sapevo che stava per succedere, ma sarei stata pronta. Ianto era al mio fianco, e avrei affrontato qualsiasi tempesta. Nella mia mente si formulò un unico pensiero: “ quale caso umano sarà questa volta?”. Dopo un po’ giungemmo in classe, e non notai niente di particolare. Ma appena tutti si misero al proprio posto, vidi la mancanza di una persona. Giuliano non c’era ed era strano, perché quel giorno avrebbe dovuto essere interrogato. Perfetto, trovato il caso. Chissà cosa aveva combinato Altieri. Dalla sensazione che provavo pensai che fosse qualcosa di grave, ma avremo risolto tutto. Ne ero più che certa. Presi il libro di matematica, e cominciai a fare lezione. Passò un’ora e mezza, senza problemi e senza difficoltà. La sensazione non accennava ad andarsene, ma la ignorai, anche se lo stomaco cominciava a farmi parecchio male. Quella percezione era diversa da tutte le altre che avevo provato in quei mesi. Era forte, dolorosa, pericolosa e lasciava un senso di angoscia sul mio cuore. La stavo odiando con tutta me stessa. Poi una voce meccanica risuonò dagli altoparlanti.
<< La professoressa Cristillo è pregata di andare urgentemente in presidenza! Ripeto, la professoressa Cristillo è pregata di andare urgentemente in presidenza! >>, gracchiò la voce, che riconobbi come quella della segretaria.
Il mio sguardo si posò su Ianto, dubbioso. Ma questi mi sorrise tranquillo, ed io capii subito cosa stava pensando. Ero stata chiamata per via dei documenti del trasferimento. Grazie alla nostra speciale telepatia ci capimmo al volo, ed io mi rilassai un po’. La sensazione non se n’era andata, ma almeno sapevo che non c’entrava niente con quella convocazione. Chiusi il libro e lo posai sulla cattedra.
<< Bene, a quanto pare è richiesta la mia presenza. Fate i bravi, ragazzi. Ovviamente, Nicola bada alla classe >>, esclamai avviandomi verso la porta.
<< Non è giusto. Perché sempre io? >>, sbuffò il ragazzo andando a posizionarsi davanti alla cattedra, ed incrociando le braccia.
Era davvero carino in quella posizione. Sorrisi divertita, e mi avviai verso la presidenza. Ad ogni passo che facevo, però, qualcosa sembrava non andare. Improvvisamente mi sentii una condannata a morte che si avviava verso il patibolo. Potevo quasi udire la voce del mio carceriere, che corrispondeva a quella della segretaria, urlare: “uomo morto che cammina!”. Fantastico, anche le strane fantasie cominciavano a darmi il tormento. Quando imboccai il corridoio della presidenza, vidi tre figure. Riconobbi quella al centro, e aggrottai le sopracciglia. Giuliano aveva lo sguardo abbassato, e il volto preoccupato a morte. Qualcosa lo stava tormentando. Alla sua destra e alla sua sinistra due figure gli facevano da torri. Sicuramente erano i genitori, perché sul loro viso riconobbi l’espressione arrogante e superba che avevano tutti quanti. Senza neanche conoscerli, li odiai profondamente. Quando fui a pochi passi di distanza dalla porta del preside, Giuliano alzò il volto e mi guardò sconvolto. Sembrava avesse paura ed era incredibilmente dispiaciuto. Gli sorrisi cercando di tranquillizzarlo, ma ebbi l’effetto opposto perché il giovane cominciò a piangere silenziosamente. Non riuscivo davvero a capire cosa stesse succedendo, e la sensazione non faceva che aumentare. Bussai forte alla porta del preside, ed una voce stanca mi invitò ad entrare.
<< Mi ha fatto chiamare? >>, chiesi appena varcata la soglia della presidenza.
Ai miei occhi, apparve un Simone stanco e triste. Sembrava essere tornato quello di qualche tempo fa. Non mi piaceva per niente quella situazione.
<< Si accomodi professoressa >>, mi invitò il preside con un gesto lento.
<< Che succede? >>, domandai appena presi posto.
Simone sospirò profondamente. Portò una mano agli occhi massaggiandoli forte, poi tornò a fissarmi. Sulla scrivania notai una busta gialla, che l’uomo sfiorava ogni tanto.
<< E’ successa una cosa molto grave professoressa >>, esordì l’uomo.
<< Cosa? >>, chiesi preoccupata. Lo stomaco si contraeva sempre di più.
<< Stamani, sono venute quelle persone che ha incontrato fuori nel mio ufficio. Erano furiose e disgustate. Mi hanno portato questa >>, spiegò il preside indicandomi la busta gialla.
<< Credo di non capire >>, affermai confusa.
<< La apra, professoressa, e capirà >>, mi invitò l’uomo porgendomi la busta.
L’afferrai con mani tremanti, temendo che potesse esplodere da un momento all’altro. Neanche sapevo cosa conteneva, ma ne ero profondamente spaventata. Infilai la mano dentro, e sentii al tatto dei fogli lucidi. Tirai fuori quelle che erano delle fotografie. Quando il mio sguardo si posò su di esse, rimasi sconvolta. Il cuore prese a battermi furioso nel petto, e lo stomaco ormai cedeva al peso dei pugni che stava ricevendo. Non potevo credere ai miei occhi. Quelle che avevo davanti, erano foto mie e di Ianto, insieme in atteggiamenti inconfondibili. Tutte le foto erano state fatte nel parcheggio della scuola. In una Ianto aveva poggiato le sue mani sui miei fianchi. In un’altra mi stava carezzando la guancia. Un’altra mi baciava la fronte. Nell’ultima ci stavamo baciando. Le mie mani tremarono, e la fronte si imperlò di sudore, mentre un ricordo sepolto nella memoria veniva a galla:
 Improvvisamente sentii un rumore. Mi staccai di corsa dal giovane, lasciandolo li, con un’espressione inebetita sul volto. Cominciai a guardarmi intorno, sentendo sempre di più il panico aumentare.
<< Che c’è? >>, chiese Ianto stralunato.                                          
<< Ho sentito un rumore >>, sussurrai terrorizzata.
Il ragazzo si guardò intorno, cercando di capire cosa ci fosse. Ma da nessuna parte si poteva scorgere nulla. Il parcheggio era una zona riservata. Non ci andava mai nessuno, se non durante i colloqui, o manifestazioni varie. Solo allora si popolava di persone e macchine, venute dal quartiere. Per il resto del tempo, ero la sola ad occupare quotidianamente un posto.
<< Lisa, non c’è nessuno >>, constatò Ianto.
<< Ti dico che ho sentito un rumore >>, ribattei decisa, continuando a voltarmi in tutte le direzioni.
<< Amore mio, posso combattere con le avversità, ma la tua paranoia è qualcosa che io non posso gestire >>, dichiarò divertito il giovane.
<< Io non sono paranoica >>, esclamai infastidita, tornando a guardare il mio ragazzo.
<< Certo, come no >>, affermò sarcastico Ianto.
<< Finiscila. Non sono paranoica, e dobbiamo andare in classe, che si sta facendo tardi >>, sbuffai cominciando ad incamminarmi. << E poi ti dico che ho sentito un rumore >>.
Trattenni rumorosamente il fiato. Quel giorno avevo sentito bene. Ed il rumore era quello di una macchina fotografica. Ci stavano immortalando su quei fogli che sapevo mi avrebbero rovinato la vita.
<< Preside >>, sussurrai nel panico.
<< Professoressa, Altieri ha confessato di aver scattato queste foto qualche mese fa. I genitori, non so perché, sono giunti da me solo oggi. E le loro intenzioni non sono buone >>, spiegò rammaricato il preside.
<< Che sta cercando di dirmi? >>, chiesi non riuscendo a concentrarmi su niente.
<< Sto dicendo che i signori Altieri hanno chiesto la sua rimozione dall’incarico di insegnante con effetto immediato. Mi dispiace >>, continuò sempre più abbattuto.
In quel momento il mio pensiero andò dritto a Ianto. Cosa ci sarebbe successo? Che avremo dovuto affrontare ancora pur di poter stare insieme? Non vedevo la luce in quel tunnel, perché quelle foto erano la cosa più orribile che ci potesse capitare.
<< Io non so… la testa… e Ianto >>, mormorai sempre più nel panico.
<< Professoressa, ritorni in se perché questa conversazione non è ancora finita. E il resto è anche peggio di ciò che le ho appena riferito >>, disse tristemente il preside.
Qualcosa in me scattò, perché la mia testa parve tornare quasi lucida, e attiva. Avrei ascoltato attentamente ciò che Simone mi avrebbe detto.
<< Prosegua >>, lo invitai con voce più certa.
L’uomo sospirò nuovamente, poi poggiò i gomiti sulla scrivania, fissandomi dritto negli occhi.
<< I signori qui fuori volevano indire una nuova assemblea scolastica, come quella che ci fu per Paolo e Roberto. E volevano anche denunciarla, e gli estremi ci sono interamente. Lei ha commesso un reato, professoressa >>, rispose il preside con voce greve.
Solo in quel momento mi resi davvero conto di ciò che avevo fatto, in quale casino mi ero andata ad infilare. Quanto avessi sbagliato in quella storia. Non che il mio amore per Ianto fosse peccaminoso, ma il ruolo in cui ci trovavamo doveva essere più importante di tutto, ed io me n’ero completamente infischiata. Per la legge, ero un essere abominevole che aveva corrotto un povero ragazzo.
<< Li ho convinti a non fare nulla del genere. E’ stato difficile, ma sono riuscito nel mio intento. Però il punto è un altro >>, continuò con voce pesante.
Ad ogni parola che pronunciava, sentivo sempre di più il cuore sprofondare. Sapevo che il peggio sarebbe arrivato da li a pochi momenti.
<< Qual è il punto? >>, mormorai incerta.
<< I signori Altieri non la denunceranno, a patto che lei… >>, rispose il preside, bloccandosi poi a metà frase. Chiuse gli occhi e prese un profondo respiro. Poi tornò a guardarmi, quasi con le lacrime agli occhi. << Non la denunceranno a patto che lei se ne vada, professoressa >>.
Rimasi paralizzata, appena sentii quelle parole. Com’era potuto accadere una cosa simile. Quella mattina stavo festeggiando con Ianto per la nostra nuova vita insieme, e invece tutto stava andando perso. Non riuscivo a rendermi conto di niente.
<< Me ne vada? >>, domandai ingoiando il magone in gola.
<< Si. Hanno preteso che venga licenziata entro la mattina, ma non è tutto >>, affermò l’uomo.
<< Che altro c’è? Che diavolo voglio ancora? >>, domandai furiosa vedendomi tolte dalle mani tutte le cose belle che avevo faticosamente raggiunto.
<< Non voglio semplicemente che se ne vada dalla scuola. Loro pretendono che vada via da Roma, altrimenti la denunceranno. Le hanno concesso tempo solo fino a giovedì, dopodiché andranno alla polizia >>, concluse il preside in un solo fiato.
Il sangue mi si gelò nelle vene. Il cuore smise di battere, e tutto il mio mondo si distrusse. Dovevo andare via, altrimenti sarebbe successo il finimondo. Dovevo andare via per tutelare la mia immagine. Dovevo andare via per  salvare Ianto dalle conseguenze delle nostre azioni. Se fossi rimasta, la sua vita sarebbe finita per davvero. Il nostro amore ci avrebbe fatti affogare questa volta. E non sarebbe stata una morte piacevole, perché in un modo o nell’altro ci avrebbero diviso, e allora sarebbe stato peggio. Cominciai a piangere senza rendermene davvero conto. Le lacrime scendevano da sole, come se avessero vita propria. Erano la manifestazione fisica del mio cuore spezzato. Quel futuro che avevo intravisto quella mattina, così bello e limpido, pieno di sole e amore, era andato in pezzi per quattro foto. Tutto era finito, e stavolta non sarei più potuta tornare indietro. Perché non potevo combattere. Quella era una battaglia persa. E non importava se Ianto fosse maggiorenne, o altro. Io ero la sua insegnante e non potevo toccarlo. Neanche l’amore più profondo poteva essere giustificato agli occhi della legge.
<< Devo andarmene >>, sussurrai tra le lacrime.
<< Mi dispiace immensamente, Lisa >>, esclamò rammaricato il preside, passando al tu. << Ho provato in tutti i  modi a spiegare loro che sbagliavano, che quello che credevano non era la realtà. Ma non ho potuto fare nulla, e stavolta ho davvero le mani legate. Stavolta non possiamo vincere >>
<< Lo so. Io ero la sua insegnante, non dovevo toccarlo >>, dichiarai sentendo sempre di più il cuore farsi in mille pezzi. Presto sarebbe arrivato il crack finale, che mi avrebbe spezzato definitivamente.
<< Lisa, loro hanno preteso altre cose, e mi trovo d’accordo con queste richieste >>, continuò il preside.
<< Cosa? >>, chiesi piangendo sempre più forte.
<< Pretendono che tu non veda e non senta mai più Ianto. Ovviamente non possono impedirtelo, ma contano sulla tua collaborazione. Minacciano di chiamare la polizia, se fai diversamente >>, spiegò addolorato.
<< Perché sei d’accordo con loro? >>, domandai con un filo di voce.
<< Tu stai per andare via, e Ianto resterà qui. Se continuerete a sentirvi, lui non potrà mai andare avanti con la sua vita. Resterà ancorato a te, e rischieremo di perderlo nuovamente. Il suo rancore per la separazione forzata sarà tale, da distruggerlo. Se non vi sentite lui potrà tornare a vivere la sua vita, e magari forse un giorno, quando sarà pronto e maturo, verrà a cercarti. Ma dovrai stargli lontano per troppo tempo, prima che questo accada. Devi lasciarlo andare, solo così potrà essere felice >>, rispose il preside con tristezza e dolcezza allo stesso tempo.
Lo fissai sconvolta e consapevole. Quelle parole erano giuste, ed io non potevo fare altro che accettarle. Stava andando tutto molto velocemente, ma ero ovvio che fosse così. Neanche ci eravamo lasciati, e già dovevo pensare al suo bene, a farlo essere felice. Il mio cuore in cambio della sua vita. Questo era il prezzo che mi stavano chiedendo. E sapevo che lo avrei pagato. Perché se a febbraio io potevo decidere di restare, ora mi era impossibile. E andarmene restando legati ci avrebbe uccisi. La lontananza era qualcosa di insopportabile, specie se era forzata. Ianto sarebbe stato perennemente arrabbiato, e presto sarebbe spuntato fuori Ignazio. Conoscevo bene il mio ragazzo, e sapevo quanta paura provasse per quella sua parte d’anima nera. E io non volevo che avesse paura, non volevo che soffrisse. Lui doveva essere felice, perché aveva reso felice me. Il preside aveva ragione. Dovevo lasciarlo andare.
<< Ok >>, sussurrai tra le lacrime.
In quel momento, in quel preciso istante, il mio cuore fece crack! Era andato, non sarebbe più tornato come prima. Troppe volte era stato distrutto e lacerato, ma quella era la volta definitiva. Perché stavo rinunciando al mio amore, e non potevo combattere perché avevo le mani legate. Intorno a me, da quel momento in poi, ci sarebbe stato solo il vuoto.
<< Vai a casa Lisa. Prepara le valigie, prendi un biglietto del treno, e cerca di resistere. Tu mi sei stata accanto in un momento delicato della mia vita, ed ora io farò altrettanto. E lo stesso lo farà Umberto. Non avrai Ianto, ma non sarai sola. Te lo prometto >>, esclamò dolcemente Simone.
Mi porse entrambe le mani, e senza indugi, le afferrai stringendole forte. Avevo bisogno di sostegno, di forza, altrimenti non solo il mio cuore, ma tutto il mio essere sarebbe andato in mille pezzi. Rimanemmo in quella posizione per vari minuti, poi lentamente ci staccammo. Come un automa mi alzai dalla sedia, e senza più voltarmi indietro, andai verso la porta. Appena la aprii, davanti a me si presentò il volto piangente di Giuliano. Lo ignorai volontariamente. Niente avrebbe potuto farmi provare compassione per lui, perché mi aveva rovinato la vita. Lui e le mie azioni sconsiderate. Avevo perso tutto. Mi incamminai lungo il corridoio silenzioso della scuola, senza guardare niente. Volevo solo scappare, andare via il più lontano possibile. Dimenticarmi che in quel posto, avevo lasciato il mio cuore.
 
Il preside entrò lentamente nell’aula. Tutti gli alunni rimasero silenziosi, nel vedere quella figura. Paolo lo guardò domandandosi cosa ci facesse li. Non gli aveva detto nulla il giorno precedente, e questa improvvisata lo spaventava. E la stessa cosa la provava Roberto, e anche Nicola, e Mario, Marco, Fabio, Andrea, Carlo, Renato. Tutti loro. Ma soprattutto Ianto. Sentiva un immenso peso sul cuore, e la sensazione di essere stato abbandonato di nuovo. Sentiva le lacrime pungere gli occhi, ma non capiva il perché. Sapeva solo una cosa: voleva rivedere Lisa.
<< Silenzio, ragazzi. Devo comunicarvi una cosa >>, esclamò il preside, poggiandosi davanti alla cattedra.
In quel momento, Giuliano entrò nell’aula, con il volto stravolto dalle lacrime e l’espressione più colpevole che aveva in repertorio. Ianto si sentiva sempre di più inquieto e spaventato.
<< Che succede? Dove la professoressa Cristillo? >>, domandò preoccupato Renato.
<< Purtroppo è successa una cosa spiacevole. La professoressa Cristillo è stata… >>, il preside prese un profondo respiro. Poi posò lo sguardo su Ianto, e con gli occhi gli chiese scusa. << …è stata rimossa dal suo incarico con effetto immediato >>.
Il cuore di Ianto si fermò di colpo, per poi battere velocemente. Troppo velocemente. Non era un battito emozionato, ma furioso. Sembrava voler distruggere il giovane, ferirlo mortalmente e spezzarlo senza rimedi. Ianto, con quelle poche parole, stava morendo lentamente. Gli sembrò di rivivere un déjà-vu. Lisa che va via a febbraio e lo abbandona li, tutto solo e senza amore. No, non poteva ripetersi la stessa cosa. Lei glielo aveva promesso. Aveva detto che non lo avrebbe mai più abbandonato.
<< Come sarebbe? Che significa? >>, esclamò sconvolto Roberto.
<< Sono capitate delle cose, che non posso riferirvi. Ma la conseguenza di questi fatti è che la professoressa non potrà più essere la vostra insegnate >>, rispose il preside.
<< Che cazzate vai dicendo? Dov’è Lisa? >>, urlò Ianto alzandosi dal suo banco.
Sentiva la sua parte oscura cominciare ad uscire fuori. Aveva paura di tornare ad essere Ignazio, ma non poteva fare diversamente. Doveva capire che stava succedendo.
<< Si sieda, Manfredi >>, rispose duramente il preside, rifilando un’occhiata agghiacciante al ragazzo. << Tutto a tempo debito >>.
E con quelle poche parole, il ragazzo capì che presto avrebbe saputo tutto. La tentazione di scappare da quell’aula e andare da Lisa era forte, incredibilmente forte. Ma non poteva farlo. Era maturato, e sapeva ascoltare la ragione, finalmente. E questa gli suggeriva di aspettare, per capire. Doveva solo tenere a bada per poco la sua parte oscura. Ce l’avrebbe fatta! Avrebbe sicuramente resistito! Tutto per il suo amore.
 
Si ritrovarono per il pranzo sul tetto. Tutti quanti, nessuno escluso. Avevano provato anche a parlare con Giuliano, capire perché avesse pianto quando era entrato nell’aula, ma il giovane non aveva spiccicato parola, guardando sempre in basso. Ianto faticava a stare tranquillo. Si sentiva sempre più agitato, preoccupato e dolorante. Il cuore lo stava uccidendo.
<< Ianto calmati. Andrà tutto bene >>, esclamò convinto Paolo.
<< Che cazzo dici, Paolo. Hai sentito anche tu quello che ha detto Simone? >>, urlò inferocito il giovane dagli occhi di ghiaccio.
<< Lo abbiamo sentito tutti. Ecco perché devi stare calmo. Non fare sciocchezze Ianto >>, lo redarguì Andrea con la sua voce dura.
<< Si, si non farò stronzate stavolta. O almeno finché non avrò saputo la verità >>, affermò prontamente Ianto.
<< Anche perché stavolta non te la faremo passare liscia. Stavolta subirai le conseguenze delle tue azioni, amico. Mi dispiace, ma mia figlia non può crescere e avere come zio Ignazio >>, dichiarò con serietà Mario.
Ignazio lo guardò furioso, poi un lampo lo colpì. Appena si rese conto di ciò che aveva capito, sospirò amaramente.
<< Il mio orgoglio vorrebbe urlarti contro, in questo momento. Ma la ragione che ho imparato ad usare grazie a Lisa… >>, ingoiò un magone nell’aver pronunciato quel nome. << … mi dice che hai ragione. Se torno ad essere Ignazio, non posso starti accanto. Anzi, non posso stare accanto a nessuno di voi. Ignazio non vi merita, quindi se dovesse tornare fuori, allora lasciatemi perdere >>
<< Non accadrà, Ianto. Non temere >>, lo rincuorò Nicola.
<< Paolo, a che ora deve venire Simone? >>, chiese Roberto.
<< Non me l’ha detto. Mi ha mandato un messaggio dicendomi di vederci tutti quanti sul tetto all’ora di pranzo >>, spiegò Paolo, alzando le spalle.
<< Ragazzi sento dei passi >>, dichiarò improvvisamente Carlo.
Tutti si voltarono verso l’entrata, e dopo pochi minuti apparve il preside. Il suo viso era stanco e dispiaciuto, ed anche collerico. Qualcosa di grave era successo.
<< Spiegaci >>, lo esortò Ianto senza neanche salutarlo.
<< Non dovete fare questa domanda a me. Ma rivolgerla a qualcun altro, vero Giuliano? >>, esclamò duramente Simone.
Tutti cominciarono a fissare il ragazzo, che nel frattempo continuava a tenere lo sguardo basso. Copiose lacrime solcavano il suo viso.
<< Giuliano, che significa? >>, domandò Renato avvicinandosi all’amico.
<< Mi ero dimenticato anche della loro esistenza. Erano successe tante cose, e mi era passato dalla testa che nella mia camera ci fossero quelle foto >>, sussurrò disperato il giovane.
Ianto si avvicinò lentamente al compagno, e lo fissò confuso. La stessa espressione era impressa sui volti di tutti.
<< Che stai dicendo? Di quali foto stai parlando? >>, domandò Fabio.
<< Io non volevo che accadesse tutto questo. Davvero, mi dispiace >>, mormorò sempre più distrutto Giuliano.
<< Altieri, parla! Racconta tutto dall’inizio >>, disse con forza Marco.
Il giovane sospirò forte, poi alzò lo sguardo ed incontrò gli occhi di ghiaccio di Ianto. Lo guardò profondamente dispiaciuto.
<< Ti ricordi quando tu e la professoressa veniste a scuola in macchina? Quando successe tutto quel macello tra Paolo e Roberto? >>, domandò con voce spenta.
Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio iniziò a riflettere, e subito gli venne in mente quell’episodio. Come dimenticare ciò che c’era stato la sera precedente e quello successo dopo. Annuì silenziosamente, invitandolo a continuare.
<< Beh, c’ero anche io la, nel parcheggio. E vi ho fatto delle foto >>, spiegò tristemente.
<< Tu hai fatto cosa? >>, urlò Ianto avvicinandosi pericolosamente al ragazzo.
<< Mi dispiace. Ma io odiavo la professoressa! Ero accecato dalla gelosia! Non ragionavo in quel momento. Davvero, non avevo intenzione di usarle, e non so neanche perché le ho fatte >>, si scusò prontamente Giuliano, arretrando di qualche passo.
Tutti quanti erano ammutoliti per quel racconto. Non riuscivano a credere alle proprie orecchie. Ed il peggio non era ancora arrivato.
<< Quando tornai a casa, le stampai senza logica. Appena le presi, capii subito che non ci avrei mai fatto nulla, e così le misi nel cassetto della scrivania, senza riflettere. Ma non immaginavo che per la mia sconsideratezza sarebbe successo tutto questo casino >>, continuò a spiegare il giovane, piangendo sempre più forte.
<< Di che casino stai parlando? >>, sibilò minaccioso Ianto.
<< Mia madre le ha trovate ieri sera. Ha visto le foto, ed è andata fuori di testa. Stamattina, i miei genitori mi hanno costretto a venire a scuola, e parlare con il preside. Hanno chiesto il licenziamento della professoressa >>, sussurrò tra le lacrime Giuliano.
Il cuore di Ianto sembrò fermarsi. Era come se l’intero mondo fosse precipitato nel baratro più profondo. Come quando va via la luce, solo che in quel momento sembrava essersene andata per sempre. Tutto era buio. Ogni cosa era vuota e priva di significato, o forma o qualsiasi altra cosa. Perché Ianto sapeva che quelle foto scattate erano la fine del suo amore. Sapeva cosa raffiguravano, senza neanche guardarle, perché ricordava perfettamente quella mattina. Come Lisa avesse sentito un rumore. Dei baci e delle carezze scambiate. Una mattina perfetta apparentemente, ma che in seno nascondeva una serpe velenosissima. Ianto sapeva anche che non avrebbero potuto lottare contro quei genitori, perché razionalmente avevano ragione. Lisa era la sua insegnate, e lei non dovevo toccarlo. Ma nessuno sapeva dell’amore profondo che li legava, di quanto potessero aiutarsi e darsi conforto a vicenda. Di quanto fossero indispensabili l’uno per l’altro. Non avrebbero mai capito, il mondo non li avrebbe mai capiti. Erano soli contro tutti, e stavolta non avrebbero vinto. Ianto lo sapeva, e anche Lisa lo sapeva. Era giunta la fine.
<< I genitori di Giuliano hanno preteso il licenziamento, ma non solo. Non sporgeranno denuncia, a patto che Lisa vada via da Roma, e non faccia più ritorno >>, aggiunse il preside tristemente.
Il cuore di Ianto fu colpito dall’ennesimo proiettile. L’avrebbe persa davvero, e forse per sempre. Non sarebbero più stati insieme. Era stato definitivamente abbandonato. Ma non provava rancore per Lisa, lei non centrava niente. Aveva anche chiesto il trasferimento pur di stare con lui. Avrebbe rinunciato al suo sogno di lavorare con il Dottor Gallo, pur di stare vicino al suo amore. E invece per delle stupide fotografie e per delle menti bigotte che non avrebbero capito, dovevano lasciarsi. Silenziose lacrime solcarono il volto del giovane. Non provava più niente, solo il vuoto. Quello che divorava dentro, lentamente, consumandoti poco a poco. Era come un parassita, e non vi era una cura per quel male. Forse Ianto neanche la voleva la cura. Senza dire neanche una parola, si voltò e corse via dal tetto, dalla scuola, dal quartiere. C’era un unico posto dove voleva andare.
 
Misi i vestiti nella valigia, asciugando le ultime lacrime sul mio volto. Non ne cadevano più ormai. Avevo pianto fino a prosciugarmi. Non restava più niente in me, eccetto il dolore. Il dolore nel sapere che presto sarebbe finita. Non sarebbe mai più stato come prima, e che per l’ennesima volta avevo il cuore spezzato. Ma a casa, quella che avevo lasciato, non c’era Ianto ad aiutarmi. Non c’erano lui e la sua forza e il suo amore a ricomporre il mio cuore. Quella volta sarebbe rimasto lacerato, e avrei dovuto imparare a conviverci per il resto dei miei giorni. Sul comodino, in bella vista, stava il biglietto del treno. La sera successiva sarei partita, senza poter più tornare indietro. Tutto era finito troppo velocemente. Io, che mi ero abituata alla calma, alle cose lente e dolci, avevo dovuto subire nuovamente la fretta sul collo. Il fare le cose tutto troppo velocemente. Come quando avevo conosciuto e mi ero innamorata di Diego, e avevo dovuto perderlo. Tutto troppo veloce. Non avevo avuto il tempo di abituarmi a qualcosa che già subito cambiava. E la stessa stava riaccadendo. Non avevo neanche avuto la possibilità di godermi il mio amore appieno, di fare progetti per il futuro, che tutto era andato a rotoli. E non avevo avuto la possibilità di abituarmi a questa condizione, che dovevo già ripartire. Non ero pronta. Non ero per niente pronta a tutto questo. Volevo solo la pace e la calma nella mia vita, ma evidentemente chiedevo troppo. Chiusi con rabbia la valigia piena dei miei vestiti, e mi incamminai verso il salotto. In poche ore avevo racchiuso tutta la vita che avevo trascorso in quell’anno. Non avrei più seduto su quei divani spettatori di tante scene, di tanti dialoghi. Niente più mattine felici insieme a Ianto, sulla penisola a bere il caffè. Nessun caminetto a riscaldarmi durante le mie letture. Non avrei più avuto nulla nell’altra casa, e il solo pensiero mi faceva venire la nausea. Trattenni un conato di vomito, quando improvvisamente sentii qualcuno bussare alla porta. Sapevo già, senza neanche aprirla, chi fosse. Quando la spalancai, due braccia forti mi stritolarono ad un petto ampio e muscoloso. Avrei riconosciuto anche con una sola carezza Ianto. Ricambiai quell’abbraccio con altrettanta forza, incapace di controllarmi. Il cuore batteva furioso, e i miei occhi si riempirono nuovamente di lacrime. Evidentemente non mi ero svuotata di tutto. Avevo ancora la forza per piangere. Entrammo sempre abbracciati, nel mio appartamento chiudendoci la porta alle spalle. In quell’abbraccio esprimevamo il nostro desiderio più grande: il non volerci separare. Non volevo lasciare Ianto. Non lo avrei mai voluto. La mia vita ormai apparteneva a lui, ed era con lui che volevo trascorrerla. Nel mio cuore avevo già visto il nostro futuro insieme. Ed era un meraviglioso futuro. E in poche ore tutto era andato distrutto. Restammo uniti in quell’abbraccio per eterni minuti. Del resto non ci importava nulla. Il mondo era stato chiuso fuori dalla porta, ed esistevamo solo io e Ianto. Infine ci staccammo, guardandoci negli occhi. Entrambi piangevamo disperati, sapendo che tutto stava per finire.
<< Ti amo >>, sussurrò tra le lacrime Ianto.
<< Anche io >>, risposi con la stessa voce.
<< Non voglio che tu vada via >>, continuò sempre più disperato.
<< Neanche io >>, confermai distrutta.
<< Stavolta però non possiamo combattere, vero? >>, domandò sconfitto.
<< No, stavolta abbiamo perso. Stavolta non possiamo uscirne vincitori >>, confermai continuando a piangere.
<< Non doveva andare così. Non doveva succedere. Tu ed io dovevamo restare insieme per sempre >>, esclamò addolorato.
<< Evidentemente il per sempre è un tempo molto breve. Perché domani sera parto, e non tornerò mai più >>, affermai ingoiando lacrime amare.
Ianto mi fissò sempre più sconvolto, poi riprese ad abbracciarmi più forte. Ricambiai prontamente quella stretta, sapendo che non ci sarebbe stata più altra occasione. Nella mia mente, giravano velocemente tutti i momenti trascorsi in quell’anno. L’incontro, i litigi, le lacrime, i sorrisi e gli scherzi, l’appoggio che ci eravamo dati, la rabbia, e il profondo amore che ci univa. Tutto questo stava per scomparire, e io non potevo fare assolutamente nulla. Sempre uniti, ci sedemmo sul divano, restando silenziosi per molto tempo. Qualsiasi parola sarebbe stata superflua. Non c’era niente che già non sapessimo. E sapevamo anche che il giorno dopo ci sarebbe stato l’inevitabile addio. Trascorremmo un’ora, semplicemente abbracciati, senza neanche baciarci una sola volta. Entrambi volevamo restare così, semplicemente l’uno nell’altro.
<< Non potremo sentirci, vero? >>, domandò all’improvviso Ianto, accarezzandomi la schiena.
<< Come l’hai capito? >>, chiesi tra le lacrime.
<< Siamo telepatici, te lo ricordi? Mi basta un tuo sguardo o un tuo abbraccio per carpire i tuoi pensieri >>, spiegò ridendo tristemente.
<< E cosa starei pensando? >>, risposi sorridendo a quelle parole. Era vero, noi due eravamo telepatici.
<< Che domani sarà un addio. Che per, non so quale motivo, non ci vedremo e sentiremo più. Il solo pensiero mi fa sentire male >>, spiegò stringendo la presa sulla mia schiena.
<< E allora non pensarci. Immagina il nostro futuro insieme, quello che stavamo progettando. Sono pensieri più felici, non credi? >>, dissi cercando di ignorare quel rumore sordo che faceva il mio petto. Era come se il cuore fosse veramente morto, ma battesse per inerzia.
<< Ero già andato ad un futuro dove tu ed io eravamo uniti, felici e innamorati. Ma in un batter d’occhio si è frantumato questo sogno >>, sussurrò tra i miei capelli.
<< Lo so, anche io ho provato la stessa sensazione. Ma so anche che quando saremo lontani, il mio cuore apparterrà sempre a te >>, risposi con la stessa voce.
<< Ed il mio apparterrà a te >>, dichiarò con decisione il giovane.
Poggiò una mano sotto al mio mento, costringendomi a guardarlo. Appena i nostri occhi si incontrarono, sentii un brivido lungo la colonna vertebrale. Era amore. Era dolore. Era rassegnazione. Era felicità. Era separazione. Era un brivido che sapeva di tutti questi sentimenti. Un mix letale che mi avrebbe condotto nuovamente alla pazzia. Ianto avvicinò lentamente la sua bocca alla mia, premendola poi un dolce bacio. Era sempre meraviglioso sentire quelle labbra innamorate. Amavo Ianto in ogni sua più piccola sfaccettatura. Strusciammo dolcemente le nostre bocche, poi desiderosi di approfondire quel contatto, dischiudemmo le labbra insieme, permettendo alle nostre lingue di incontrarsi come solo loro potevano fare. Timide all’inizio, smaniosi di riconoscere la propria gemella. Poi più profonde, andando a toccare e leccare ogni cosa di quella bocca amata. Ianto era ovunque in me. Nei miei occhi, nel mio cuore, nelle mie orecchie, nella mia bocca. Lui era tutto, e presto lo avrei perso. Quel bacio da dolce, divenne disperato manifestando appieno i nostri sentimenti. Con le mani accarezzai e tirai forte i capelli di Ianto, imprimendomi tra le dita la loro consistenza. Il giovane dagli occhi di ghiaccio strinse prepotentemente la carne della mia schiena e dei miei fianchi, quasi a volermeli strappare. Volevo di più, e anche lui. Portai le mie mani ai bordi della sua maglietta, tirandola verso l’alto e togliendola rapidamente. Ianto fece la stessa cosa con la mia, e insieme sbottonammo i jeans dell’altro. Basta al dolore, basta ai pensieri. Entrambi volevamo solo sentire di appartenerci almeno un’ultima volta. In pochi minuti, ci trovammo nudi stesi sul divano, io sotto e lui sopra. Ci staccammo da quel bacio, e Ianto prese a fissarmi e ad accarezzarmi una guancia con amore e dolcezza. Mi guardava come fossi la cosa più bella al mondo, come aveva fatto quella mattina, ed io lo guardavo nella stessa maniera. Ianto era così bello, e così pieno di amore in corpo da travolgere chiunque. In quel momento, vedendo quello sguardo, mi resi conto di quanto fortunata ero nell’essere stata amata da lui.
<< Non importa quanti chilometri ci separeranno, io ti amerò sempre. E un giorno verrò da te, questa è una promessa >>, sussurrò tra le mie labbra.
Due lacrime scesero lungo il mio viso, ma Ianto le asciugò prontamente con la bocca. Poi tornò a baciarmi, e contemporaneamente entrò in me, riempendomi interamente. Era la sensazione più bella che avessi mai provato. Appartenere completamente a lui, e sapere che lui era solo mio. Un unico essere diviso in due corpi. Due corpi che tornavano ad essere un’unica cosa. Tutto era ghiaccio, tutto era bello, tutto era amore. Tutto era Ianto. 
 
Era sera. Ianto ed io sedevamo nuovamente divano, intenti a farci qualche carezza e scambiarci qualche bacio. Dopo aver fatto l’amore, eravamo rimasti stesi e nudi fissandoci negli occhi. Solo quello. Volevo imprimermi nella memoria l’esatta forma e l’esatto colore di quei meravigliosi occhi di ghiaccio, e Ianto faceva altrettanto. Era assurda l’imprevedibilità della vita. Un attimo prima era tutto perfetto, l’attimo dopo tutto era andato perso. E su quel divano stavamo riconfermando quanto amore ci fosse tra di noi. Improvvisamente il campanello suonò. Senza dire una parola, andai ad aprire la porta. Quando la spalancai, rimasi sconvolta.
<< Sorpresa! >>, esclamarono tutti quanti.
Paolo, Roberto, Nicola, Mario, Carlo, Andrea, Marco, Fabio, Renato, Giuliano, Margherita, Debora, Simone… c’erano davvero tutti.
<< Che ci fate qui? >>, domandai sorpresa.
<< Non potevamo lasciarla andare senza aver fatto una delle nostre solite cene, no? >>, rispose divertito Paolo.
<< Già. E poi abbiamo portato la pizza >>, continuò Mario.
Senza darmi il tempo di dire altro, entrarono in casa, guardandosi intorno. Molti di loro c’erano già stati li, addirittura Paolo aveva dormito con me all’inizio di quell’avventura.
<< Beh, casa mia non era il rifugio più idoneo quest’oggi >>, affermò sorridendo il preside.
<< Di la verità. Ringrazi che stavolta abbiamo risparmiato casa tua >>, lo prese in giro Roberto.
<< Effettivamente deve essere stancante ripulire quasi tutte le settimane casa tua >>, constatò Margherita, andando a poggiare la busta della spesa sulla penisola. Intravidi dentro delle patatine.
Li guardai esterrefatta, vedendo con quanta familiarità sistemavano le cose in casa mia, e prendevano posto sul divano. Ianto mi affiancò guardandoli dolcemente. Un pensiero mi affiorò nella testa. Una delle mie più grandi paure per quell’imminente separazione, era che Ianto tornasse ad essere Ignazio. Ma vedendo tutte quelle persone li in casa mia, mi resi conto che il mio giovane ragazzo non sarebbe stato solo. Avrebbe sempre avuto l’appoggio di tutti loro, giovani ragazzi che volevano bene a Ianto. E un preside che nel giro di pochi mesi era diventato come un padre per tutti quanti. Eravamo diventati una grande famiglia, e questo mi rincuorava.
<< Prof, noto che casa sua non è cambiata minimamente >>, constatò Andrea seduto sul divano.
L’ultima vola che era stato li, sullo stesso divano, era natale quando ancora non stava con Carlo.
<< Che ti aspettavi scemo. Che avesse rivoluzionato l’ambiente? >>, domandò divertito Nicola.
<< Voi quando ci siete stati qui? >>, chiese curioso Fabio.
<< A natale. Ci siamo venuti più o meno tutti. Forse solo Ianto e credo Paolo erano venuti già qui altre volte >>, rispose con calma Carlo.
<< Vincenzo avrebbe adorato questo camino >>, commentò sereno Marco facendo nascere un sorriso sui volti di tutti.
<< Ragazzi ho fame, mangiamo su >>, esclamò Renato avvicinandosi alle pizze.
<< Scusate, tutti quanti voi state dimenticando qualcosa >>, dichiarò improvvisamente Debora attirando l’attenzione di tutti.
Contemporaneamente volgemmo lo sguardo verso Giuliano, che nel frattempo era rimasto vicino alla porta, con il volto basso e l’espressione più corrucciata del solito. Ianto ed io ci avvicinammo al giovane, silenziosi. Quando gli fummo di fronte, il giovane sospirò asciugandosi frettolosamente una lacrima.
<< Mi dispiace >>, sussurrò disperato. << Se potessi tornare indietro, brucerei quelle foto senza pensarci su un attimo. Ma non posso farlo. Perciò l’unica cosa che mi resta e implorare il vostro perdono, anche se so di non meritarlo >>
<< Già, non lo meriti >>, affermai duramente. In cuor mio, però, glielo avevo già concesso. E lo avevo fatto quella stessa mattina, quando allontanandomi dalla scuola avevo rivisto con la mente il volto distrutto di Giuliano.
<< Anche se sono ripetitivo, non posso fare altro che dirvi mi dispiace >>, mormorò piangendo nuovamente.
Ianto non fiatò un solo istante. Lo fissava serio. Poi gli mise una mano sotto al mento costringendolo a guardarlo. Appena i loro occhi si incontrarono, il giovane dagli occhi di ghiaccio diede un pugno sul viso di Giuliano. Non era un pungo forte, ma bastò a colpire profondamente il ragazzo. Altieri si portò una mano sulla guancia lesa, guardando sconvolto l’amico. Ma nel profondo dei suoi occhi lessi la consapevolezza di meritarsi quel gesto. E anche Ianto lo capii, perché allungò nuovamente la mano, ma non per colpirlo ancora. Lo attirò contro il suo petto, abbracciandolo dolcemente. Giuliano era sconvolto per quel gesto. Non se lo aspettava. Mentre io e il resto dei ragazzi presenti in stanza, sapevamo bene che quel pugno e quell’abbraccio corrispondevano interamente al carattere del giovane dagli occhi di ghiaccio.
<< Se non si è capito, ti perdoniamo >>, spiegai sorridendo a Giuliano.
Poi senza attendere oltre partecipai a quel gesto, stringendo sia Ianto che Altieri. Il dolore per l’imminente separazione non era scomparso, ma grazie a quelle persone potevo passare una bella serata, senza più pensare a niente.
<< Molto dolce come momento. Davvero, sono commosso. Ma io ho molta fame, mangiamo? >>, domandò Renato interrompendo quel momento carico di sentimenti.
Ci voltammo tutti nella sua direzione, poi scoppiammo a ridere forte. Quei ricordi sarebbero rimasti impressi nella mia memoria per sempre.
 
Il treno fermo davanti a me, mi stava ricordando con insistenza che tutto presto sarebbe finito. Il cuore batteva furioso, colmo d’ansia e di dolore. Ianto al mio fianco, stringeva forte la mia mano, infondendomi coraggio e prendendone altrettanto da me. Pochi minuti e poi avremmo dovuto dirci addio, forse per sempre. Il resto dei ragazzi rimase qualche passo indietro, lasciandoci quegli ultimi momenti da soli. Avevo salutato tutti con calore e affetto, piangendo come una bambina. Paolo non voleva lasciarmi, ed anche lui era in lacrime. Roberto mi strinse forte, e aveva gli occhi lucidi. Nicola era nelle stesse condizioni di Paolo, e quella sua faccetta buffa mi fece ridere di cuore. Mario cercava di fare il duro, ma sapevo che stava soffrendo. Andrea, come raramente era accaduto, mi mostrò la sua espressione triste. Carlo mi ringrazio sorridendomi dolcemente. Marco e Fabio mi salutarono abbracciandomi contemporaneamente, dicendo che in quel gesto c’era anche Vincenzo. Renato mi colpii dicendomi che nella prossima vita avrebbe voluto essere mio figlio. Giuliano si scusò ancora promettendomi che avrebbe realizzato il suo sogno. Margherita si dispiacque perché non avrei assistito alla nascita della figlia. Debora mi ringraziò per aver salvato Nicola. E Simone, stringendomi forte, mi sussurrò nell’orecchio:
<< Andrà tutto bene. Mi prenderò cura di Ianto, e ti terrò informata costantemente, se vorrai. Ricorda che non sei sola, e che io e Umberto ti aiuteremo sempre >>.
Quelle parole mi riempirono di gioia, e di amore. Non ero più sola, e finalmente lo avevo capito. Ma salutare Ianto era forse la cosa più difficile che dovevo fare. Mi misi di fronte al suo volto, dando le spalle al treno. Meno lo vedevo, meglio stavo.
<< Allora >>, esclamai imbarazzata.
<< Allora >>, rispose con lo stesso tono.
<< Siamo giunti alla fine. Chi l’avrebbe mai detto >>, dissi cercando di scherzare, cacciando indietro le lacrime.
Ianto non rispose, fissandosi le scarpe. La mia mano ancora ancorata alla sua, era stretta in una morsa ferrea. Di scatto il giovane alzò lo sguardo, guardandomi con forza e amore.
<< Sai, in questo ultimo anno, credo di aver provato molte più emozioni di quante se ne provano in una vita intera >>, esclamò sorridendomi. << All’inizio ti ho odiata, perché cercavi di entrare nel mio mondo, e in più non ti ricordavi di me >>, risi pensando a quei momenti. Sembrava essere passata un’eternità da allora. << Poi hai cominciato a piacermi, e la voglia di starti accanto era forte. In più mi trovavo sempre coinvolto nei casini in cui ti cacciavi >>
<< Non mi cacciavo nei casini. Loro venivano da me >>, risposi fintamente offesa.
<< Mi hai fatto provare la gelosia, l’angoscia e la paura così tante volte, che sarei potuto scoppiare >>, continuò Ianto, ignorando la mia affermazione. << Poi te ne sei andata, abbandonandomi e spezzandomi il cuore. In quel momento avrei voluto dimenticarti, volevo non averti mai incontrato. Lo desideravo con tutte me stesso >>, una lacrima sfuggì dai suoi meravigliosi occhi di ghiaccio. << Eppure mi hai cambiato la vita. E l’hai fatto lentamente e con costanza. Mi hai fatto diventare una persona migliore. Sono cresciuto e ho compreso me stesso. E alla fine ti sei innamorata di me, ed io ho fatto altrettanto. Perciò grazie di avermi amato >>, sussurrò dolcemente, andando ad accarezzarmi con la mano libera la guancia.
Dai miei occhi, scesero copiose lacrime. Il cuore batteva sempre di più, e mi riscoprivo follemente innamorata di quel ragazzo meraviglioso.
<< Quando ti conobbi, avevi tredici anni. Eri un moccioso con la bocca che puzzava ancora di latte. Quattro anni dopo ti ho incontrato ed eri così arrogante che avrei voluto prenderti a calci in culo per tutto l’anno >>, cominciai con voce tremante. Entrambi poi ridemmo per quelle mie parole. << Poi ti ho conosciuto, ed ho scoperto che eri molto più simile a me di quello che credevo. Ma non ero pronta a lasciarmi andare. In seguito sei diventato una specie di stalker che mi perseguitava ovunque andassi, e in più sbandieravi ai quattro venti quella cotta adolescenziale nei miei confronti >>
<< Non sei per niente carina >>, sbuffò divertito Ianto.
<< Poi mi hai detto che mi amavi, e i problemi sono aumentati. Perché nel frattempo avevo preso ad amarti anche io, ma non ero pronta >>, ripresi ignorando il suo commento. << Dovevo chiudere con Diego, prima di venire da te. E ti ho abbandonato spezzandoti il cuore. Quando sono tornata eri diventato come Dottor Jekyll e Mister Hide. E in più mi avevi cornificato, cosa che ancora mi brucia >>, esclamai dandogli uno schiaffo. Una nuova risata sgorgò dai nostri petti. Poi tornai seria, e le lacrime presero a rigarmi nuovamente il viso. << Eppure mi hai cambiato la vita. Sei arrivato con la furia di un tornado, e ti sei preso dello spazio in me senza chiedere permesso. Ho riso e pianto come mai avevo fatto nella mia vita. E hai guarito il mio cuore ferito. Sono tornata a vivere per merito tuo, facendomi innamorare profondamente di te. Perciò grazie per avermi amata >>, sussurrai commossa.
Entrambi piangevamo silenziosi. Poi lentamente ci avvicinammo, baciandoci lentamente. Quella sarebbe stata l’ultima volta che avrei sentito il suo sapore, e volevo imprimermi ogni cosa nella memoria. Niente sarebbe svanito, neanche quelle emozioni devastanti che stavano popolando il mio cuore. Ero felice per le parole che Ianto mi aveva detto, ed ero disperata perché stavamo per lasciarci. Non volevo andarmene. Volevo restare con tutta me stessa e vivere con lui il resto della mia vita. Il resto del mondo non mi interessava, fintanto che avessi avuto Ianto con me. Ma proprio perché lo amavo, dovevo andare. Era il mio cuore per la sua vita, e poi sarei stata bene. Non ero più sola. Un sacco di gente mi voleva bene, e mi appoggiava. E nelle notti più buie la mia mente sarebbe corsa a quel ragazzino dagli occhi di ghiaccio che mi aveva amata con tutto se stesso. Che mi guardava venerandomi, e che aveva guarito tutte le mie ferite. Lo avrei rivisto con gli occhi della mente, e la luce sarebbe tornata. Perché Ianto era questo. Era luce, era calore, era brillantezza, era tutto ed era mio.
<< Attenzione, il treno sul binario 3 diretto a Napoli, sta partendo. Preghiamo i gentili passeggeri di accomodarsi >>, esclamò improvvisamente una voce metallica.
Ianto ed io ci staccammo da quel bacio, fissandoci negli occhi. Era giunta la fine, dovevo andare. Le porte del treno alle mie spalle mi reclamavano a gran voce. Senza voltarmi feci i passi che mi separavano da quel mezzo. Ogni passo fatto era un battito di cuore che moriva. Poi entrai nel treno, sentendo il metallo delle pareti premermi addosso. Non soffrivo di claustrofobia, ma in quel momento quel posto mi stava stretto.
<< Ti amo >>, affermò con amore Ianto.
<< Ti amo anche. E non ti dimenticherò mai >>, risposi sorridendo, mentre altre lacrime scorrevano lungo le mie guance.
<< Staremo di nuovo insieme. È una promessa >>, esclamò con  forza il giovane.
Allargai il sorriso, senza rispondere. I miei occhi erano fissi in quelli del ragazzo. In quel momento le porte del treno si chiusero, ed io sentii un tonfo nel mio cuore. Il respiro era accelerato, e l’ansia mi stava invadendo. Vidi il petto di Ianto abbassarsi e alzarsi velocemente. Anche lui aveva il respiro irregolare. Il petto mi faceva male, e avevo paura. Desiderai con tutta me stessa scendere dal treno e tuffarmi tra le braccia forti di Ianto. Ma non potevo. Il mio posto non era più li. Era giunto il momento di tornare a casa. Sul volto di Ianto sgorgarono altre lacrime, e lo stesso successe a me. Piangevo sempre più furiosa. Poi il treno cominciò a muoversi, e li ebbi la certezza che stavo andando via. Che non sarei mai più tornata, e che forse non avrei mai più rivisto Ianto. Il dolore mi invase interamente, ma sentivo anche tanto amore. Avevo amato ed ero stata amata immensamente. Chi poteva dire di aver avuto altrettanta fortuna, nella vita. Io ero stata graziata dalla dea bendata per aver portato sul mio cammino Ianto. E proprio come quel giorno di più di quattro anni fa, quando lo vidi andare via su quel treno, seppi che la mia vita, da quel momento in poi, sarebbe cambiata per sempre. 




Buonasera a tutti...eccoci qui con il penultimo capitolo di "Eppure mi hai cambiato la vita"...il prossimo sarà l'epilogo, quindi scopriremo cosa è successo ^-^ beh che dire, chi tra voi si aspettava questo finale?? eh, nessuno?? hahaha, allora vi ho sorpreso...spero che vi piaccia, e che non lo troviate affrettato...quando una relazione di questo genere viene a galla, le conseguenze possono essere devastanti...ecco perchè lisa e ianto hanno capito di non poter combattere...perchè razionalmente parlando, loro avevano torto...non doveva nascere niente tra i due...emotivamente parlando l'amore è più forte di tutto, ma la società in cui viviamo, che critica gli omosessuali, che non approva le coppie di fatto, che prende in giro coppie con venti anni di differenza, che è rimasta indietro su parecchi punti, di sicuro nn avrebbe accettato una relazione simile...ecco perchè lisa è partita...spero abbiate capito cosa volevo dire XD
che altro dire?? ah si, gente passate per la mia pagina facebook che, oltre a commentare e lasciare messaggi interessanti, sto per pubblicare le foto di tutti i personaggi, o quelli più somiglianti, e sto per creare delle immagini con le frasi più belle della storia...quindi mi piacerebbe sapere un vostro parere, e mi piacerebbe sapere qual'è la frase che più vi ha colpito...mi fareste felice XD il link di fb è questo: 
 http://www.facebook.com/pages/Moon9292/575772655781797?ref=hl...
che altro dire?? ah si, ringrazio tutte quelle che recensiscono i capitoli...grazie di cuore, davvero...nell'epilogo vi nominerò una ad una XD
in più mi piacerebbe che tutti quelli che hanno messi la storia tra le preferite/seguite/ ricordate, e sn tantissimi, lasciassero una traccia del loro passaggio con una recensione anche minuscola...magari in questo o nel prossimo capitolo...così vi posso ringraziare personalmente per avermi accompagnato in questo viaggio che dura da settembre...ah basta così altrimenti piango XD
ora vi saluto, augurandovi la buonanotte...e notizia dell'ultimo momento: non ci sarà spoiler!!! XDXD se vi dico lo spoiler per l'epilogo si capisce tutto, no...ehm no non si capisce, ma ho deciso che non vi do lo spoiler punto e basta U.U hahaha, vi voglio bene gente...a martedi prossimo
un bacio
Moon9292
   
 
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