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Autore: Yvaine0    08/05/2013    4 recensioni
"Quando, un paio di settimane prima, Eleanor, l'attuale ragazza di Louis, aveva deciso di andare a quel mercatino dell'usato, lui aveva trovato quasi per caso quest'offerta super speciale – un affarone!, come aveva ripetuto ogni tre minuti finché lei non aveva accettato di tornare indietro a comprarlo – su un vecchio, vero furgoncino hippie."
Cinque ragazzi, un vecchio combi Volks Wagen verde bottiglia e un viaggio improvvisato attraverso la Gran Bretagna.
Un orologio di Batman, qualche contrattempo, una mucca e un'ospitale famiglia scozzese.
Vi va di trascorrere qualche giorno in compagnia di cinque squinternati in questo delirio?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Challenge accepted!'
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Disclaimer! Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere delle entità realmente esistenti citate, nè offenderle in alcun modo. Tutti i fatti narrati sono puramente inventati o sola fonte di ispirazione.

Edit del 17 Settembre 2013: ho ricorretto tutto la storia, ora, in linea di massima, non dovrebbero esserci troppi pasticci. :)


One shot scritta in risposta alla sfida di MN125:
Nouis (rigorosamente bromance)
Prompt: matita, carezza, orologio
 
 
Facciamo che questa cosa – troppo lunga – è dedicata a Flamel_,
perché un sacco di tempo fa è stato il suo compleanno e io non ho
ancora trovato la storia giusta da dedicarle.
Per cui, Flà, ti dedico questa, sperando che non sia poi così terribile.
 
Grazie di tutto e,
con un immenso ritardo,
auguri. :)
 
 
Per colpa di McCallister,
una stramaledetta lattina di Heineken con le ruote
Quando si dà a Louis Tomlinson un combi Volks Wagen verde bottiglia
 
 
Come ci fossero finiti su quello stupido furgoncino Volks Wagen più vecchio di loro – e sicuramente anche della madre di Harry –, Niall nemmeno lo sapeva. Probabilmente era stata un'idea di Louis, come al solito; il più grande colpo di genio mai proposto da chiunque, aveva giudicato Harry; una cretinata bella e buona, secondo Zayn, ma aveva accettato; avrebbe potuto essere davvero forte, aveva detto Liam, sapeva già cosa portare con sé.
Okay, Niall forse dopo tutto lo sapeva perché si trovava lì, in quella stramaledetta situazione.
 
Quando, un paio di settimane prima, Eleanor, l'attuale ragazza di Louis, aveva deciso di andare a quel mercatino dell'usato; lui aveva trovato quasi per caso quest'offerta super speciale – un affarone!, come aveva ripetuto ogni tre minuti finché lei non aveva accettato di tornare indietro a comprarlo – su un vecchio autentico furgoncino hippie.
Il giorno stesso il ragazzo aveva portato a casa quel vecchio catorcio verde e sua madre era andata su tutte le furie. Lui si era limitato a sorridere, aveva chiamato a raccolta le sue sorelle mostrando loro il suo nuovo, strepitoso acquisto. E quella sera era andato al solito pub, in cui incontrava ogni sera i soliti amici, guidando quel suo furgoncino nuovo di pacca – e allo stesso tempo vecchio di almeno quarant'anni. Niall aveva tirato un fischio sommesso di ammirazione, quando per primo l'aveva visto scendere da quell'affare attraverso la vetrina. Harry era saltato in piedi, entusiasta, gli occhi che già brillavano per l'entusiasmo; mentre Zayn e Liam si scambiavano occhiate confuse e divertite assieme, visto che in fondo loro due già sapevano come sarebbe andata a finire. «Partiamo! Un mese in giro per il Regno Unito! Ci state?» aveva infatti proposto Louis, con tanta convinzione che Harry era balzato in piedi di nuovo, annuendo, e Niall aveva gridato: «Cazzo sì!», così, senza nemmeno stare a pensarci più di tanto. Erano cinque ragazzi nullafacenti – be', Louis, Zayn e Niall lo erano, perché Harry lavorava nella panetteria della sua famiglia e Liam stava appiccicando volantini per tutta la città in attesa che qualcuno lo assumesse – e benestanti, l'idea di un viaggio del genere sembrava fatta apposta per loro: non avevano nulla da perdere e sarebbero potuti tornare a casa quando volevano, senza obblighi di nessun tipo. Tutto ciò che serviva loro era il furgoncino di Louis, o almeno così credeva lui.
Di fatti, qualche giorno dopo, Harry aveva ottenuto il permesso di partire da parte dei genitori, Liam aveva staccato tutti i volantini, pronto a riappenderli al proprio ritorno, Niall aveva aiutato Zayn a fare la valigia, evitando che portasse con sé solo inutili fumetti, e Louis aveva fatto il pieno al suo prezioso mezzo di trasporto.
McCallister, lo aveva chiamato. Il decrepito combi Volks Wagen color verde bottiglia di Louis Tomlinson si chiamava McCallister.
Erano bastati quindici giorni – addirittura più di quanto Zayn avrebbe mai scommesso – perché l'adorato McCallister si trasformasse in “una maledetta lattina di Heineken con le ruote”. Con le ruote bucate almeno quanto le mani di Louis Tomlinson.
 
«Okay, okay, ci siamo! Continuate a spingere! Spingete, spingete, spingete! No, levati! Cazzo, cazzo, cazzo!» Niall premette forte il piede sul pedale del freno e i tre ragazzi che stavano spingendo il furgoncino si schiantarono contro il suo retro.
«Niall, che diavolo fai?» gridò Louis con una vena di isteria nella voce. Come se spingere quel dannato furgone a destra e a sinistra non fosse già abbastanza faticoso, quell'imbecille si metteva anche ad inchiodare senza motivo.
«C'è una mucca!» gridò in risposta l'irlandese attraverso il finestrino aperto. E Louis di fesserie nella sua vita ne aveva sentite tante – prima fra tutte il “Tranquillo, è un gioiellino: fuori è un po' acciaccato, ma il motore è come nuovo!” di quel vecchio imbroglione che gli aveva venduto McCallister – ma quella gli sembrava davvero il colmo.
«Ti sembra il momento di scherzare?» lo appoggiò Zayn. Poi, siccome lui e la fatica non erano mai andati d'accordo, si scostò dal pulmino e ci camminò attorno per andare a controllare che Niall non avesse detto una sciocchezza stratosferica – era pur sempre probabile che avesse bevuto un po' troppo. «Oh cazzo!» commentò invece, stupito, notando il grosso bestione comodamente stravaccato – è proprio il caso di dirlo – in mezzo alla carreggiata.
«Grazie della fiducia, comunque» bofonchiò Niall, scontento. Suonò il clacson un paio di volte, ottenendo l'unico risultato di far sì che il grosso bovino roteasse le orecchie, infastidito.
Quando il clacson di McCallister risuonò nel silenzio della notte della campagna scozzese, riecheggiando poi per tutta quella distesa di nulla, Louis si sistemò le maniche arrotolate della camicia e circumnavigò a grandi falcate il furgone, deciso a strangolare quel cretino di Niall Horan per tutto l'inquietante casino che non riusciva a fare a meno di provocare. Erano le due di notte, il suo maledettissimo McCallister era a secco, visto che il tachimetro aveva avuto la brillante idea di smettere di funzionare, dovevano portarlo avanti a spinta e quell'imbecille suonava il clacson. Non era decisamente il momento di giocare. «Niall James Horan, io non so cosa diavolo ti dica quel tuo cervello bacato d'irlandese, ma giuro che appena riuscirò a riempire il serbatoio di questo maledetto affare, io ti abbandono in un autogrill! - sibilò furiosamente. Poi, raggiunto il muso del furgone, notò l'animale in mezzo alla carreggiata: - Oh, una mucca» commentò, preso da un improvviso moto di meraviglia.
«Che ti avevo detto?» replicò Niall, piccato. Tutta questa sfiducia iniziava ad infastidirlo davvero. Suonò nuovamente il clacson, sperando di spaventare quel bestione, ma tutto ciò che ottenne fu un gran baccano per via dell'eco e un muggito in risposta.
«Basta, smettila, mi farai impazzire!» sbottò a quel punto Louis, battendo un pugno contro il cofano del combi. Tutto il silenzio della campagna scozzese di notte era già abbastanza agghiacciante senza che Niall si attaccasse al clacson lasciando che il nulla e l'eco di quel baccano sconquassassero il povero cuoricino di Louis, che dopo tutto era un ragazzo sensibile.
A Niall venne da ridere, notando la punta di isteria nel tono del compagno di viaggio, ma si trattenne. «D'accordo, d'accordo, però calmati» accondiscese, poi rivolse un'occhiata divertita a Zayn, che rispose con un sorrisetto sornione: era sempre un piacere per lui far perdesse le staffe a Louis Tomlinson.
Harry e Liam raggiunsero gli altri tre; il più piccolo si guardava attorno vagamente preoccupato, probabilmente iniziando a chiedersi come sarebbero usciti da quella pessima situazione, l'altro invece continuava a far strane smorfie, perso nei propri pensieri. «Allora, che si fa ora?» domandò il primo, lanciando un'occhiata diffidente alla bestia illuminata dai fari di McCallister che ostruiva loro il cammino.
Il silenzio che cadde tra loro fece rabbrividire Louis e intuire a tutti quanti che nessuno di loro aveva la minima idea di cosa fare.
Zayn si ficcò una mano in tasca, estrasse una sigaretta dal pacchetto e la accese: «Ora si aspetta» disse solo. E finché lo spettro della fiammella del suo accendino non scomparve dalla retina dei suoi quattro amici, tra loro ci furono soltanto silenzio e consapevolezza.
«No, col cavolo – protestò Louis, che proprio non ne voleva sapere di passare altro tempo, sveglio, in quella stradina di campagna totalmente buia e immersa nella quiete. Una quiete così quieta da inquietarlo terribilmente. – Io non sto qui ad aspettare che a quel roast beef troppo giovane venga voglia di fare una passeggiata. Levati, coso!» abbaiò poi, rivolto all'animale.
Il bovino voltò pigramente il capo nella sua direzione, lo fissò qualche istante, annoiato, e poi muggì forte, facendolo trasalire – e di nuovo quel dannato suono angosciante e prolungato rimbombava nella notte.
«Fanculo!»
Harry scoppiò a ridere e posò una mano sulla spalla dell'amico: «Le stai simpatico, Lou».
«Le starò meno simpatico quando l'avrò data in pasto a stomaco di ferro, qui!» replicò il ragazzo, piccato; accennò a Niall con un movimento del capo e incrociò le braccia con stizza.
Harry rise di nuovo, seguito da Niall e Liam.
Zayn si limitò ad alzare gli occhi al cielo. «Be', ripensandoci, se proprio non vogliamo aspettare, un'altra alternativa c'è» buttò lì, lasciando che il fumo fuoriuscisse dalle sue labbra mentre parlava. Dal suo tono era evidente che ci fosse qualcosa sotto, ecco perché nessuno si azzardò a chiedere nulla. Nessuno tranne Liam, perché certe sottigliezze lui proprio non le captava. «Davvero? Quale?»
L'altro sogghignò: «Lasciamo che Louis rimbambisca di chiacchiere il bestione e sicuramente se ne andrà entro mezz'ora».
«Fanculo!» ringhiò nuovamente il diretto interessato, fulminando con lo sguardo il compagno di viaggio. Si annotò mentalmente di abbandonarlo alla prima tabaccheria a cui si sarebbe fermato per comprare le sigarette. Se tutto fosse andato secondo i suoi piani, nel giro di un paio di giorni avrebbero accidentalmente perso Niall in un fastfood e Zayn in un autogrill. Sicuramente con quei due pesi in meno McCallister sarebbe stato molto più leggero, avrebbe consumato di meno e altrettanto sicuramente loro avrebbero ereditato i loro bagagli. Era un ottimo piano.
Siccome però Louis Tomlinson non aveva alcuna intenzione di fare la figura dell'idiota parlando ad una maledetta mucca, optarono per spostare il combi fuori dalla carreggiata e mettersi a letto, in attesa che la vacca decidesse autonomamente di spostarsi. Così aspettarono che Zayn finisse di fumare, poi la forza lavoro della compagnia tornò a spingere il furgone, mentre Niall, il più leggero, lo manovrava per parcheggiarlo a bordo strada, con due ruote sul ridotto spiazzo erboso prima del fosso.
«Stupida bestia» farfugliò Louis, quando si lasciò cadere sul sedile del passeggero accanto a lui.
Niall lo guardò divertito, abbozzò un sorriso e si strinse nelle spalle: «Si sposterà» cercò di incoraggiarlo.
Mentre Harry sbadigliava e si stiracchiava rumorosamente, alla ricerca di una posizione più o meno comoda per dormire e Zayn già si era raggomitolato ad occhi chiusi, Liam si fece avanti, sporgendosi nell'abitacolo, gli avambracci che poggiavamo sugli schienali dei sedili anteriori. «Bene ragazzi, sono le... - premette un tasto sul suo orologio digitale, che proiettò l'ora sul tettuccio di McCallister: - le due e sette minuti. Cronometriamo quanto ci mette un bovino a capire che deve levarsi dalle scatole?».
Louis lo guardò come se avesse detto la più grande sciocchezza della sua vita: «No – rispose, gelido. - Vai a dormire».
Niall ridacchiò immaginando l'espressione spaesata dell'amico a quella brusca risposta: doveva aver sporto in avanti il labbro inferiore, aggrottato le sopracciglia e sgranato leggermente gli occhi. Per consolarlo, gli diede una pacca sulla spalla – colpendolo prima sulla testa, a causa della scarsa visibilità. «Davvero, Liam: pessima idea» ammise comunque.
Lui sospirò e scrollò le spalle, riprendendosi in fretta da quel piccolo shock. «Vi ho fatto vedere il mio orologio?» chiese ancora.
Louis gli rivolse un'occhiata truce. Sfortunatamente avevano avuto la buona idea di spegnere i fanali per risparmiare almeno sulla batteria di McCallister, per cui il buio era totale e Liam non poteva vedere la sua espressione truce, mentre Louis gli diceva: «Sì, almeno venti volte. Come se un orologio da uovo di Pasqua potesse essere utile in una situazione come questa, poi» brontolò, piccato. Quello in tutta risposta rise, poi un fascio di luce proveniente dall'orologio proiettò dritto sul tettuccio del furgone un cerchio giallo con al centro il simbolo di Batman.
Niall rise di cuore, perché lui, davvero, non riusciva ancora a credere che Liam si fosse portato proprio quell'orologio durante il loro tour in combi in giro per il Regno Unito.
«Ti odio» lo informò spassionatamente Louis, mentre incrociava le braccia e si voltava verso il finestrino. Non che si vedesse molto al di fuori di esso, a parte campi e colline illuminate dalla luna, ma quello spettacolo era sempre meglio del simbolo di Batman che Liam stava proiettando un po' ovunque.
«Ti voglio bene anche io, Tommo» gli confessò l'altro, accusando una risatina.
Allora Louis sbuffò, si trattenne dal dirgli una cattiveria e si risolse invece in un pragmatico ed educato «Buonanotte», che segnò il termine della conversazione.
 
Quel viaggio si stava tramutando in un incubo, pensò Niall. Quando erano partiti, tutti e cinque erano parecchio esaltati, pronti all'avventura, a viaggiare per il mondo – be', per la Gran Bretagna almeno. Erano propositivi ed entusiasti. Al momento, invece, tutto il loro entusiasmo era legato alla possibilità di avvistare un distributore di benzina.
McCallister, come lo chiamava Louis, si era rivelato una terribile fregatura. Da quando erano partiti avevano prima bucato – due volte – e poi il tachimetro aveva dato forfait, rendendo loro impossibile rendersi conto di essere in riserva. Erano quindi rimasti a piedi e, sfruttando le discese, e spingendo in pianura, cercavano di portare quella maledetta lattina di Heineken con le ruote alla città più vicina – che a giudicare dalla cartina che Harry aveva portato con sé non era poi così difficile da raggiungere, almeno quando il tuo mezzo di trasporto funzionava. In alternativa si accontentavano di poter rubare carburante dal serbatoio di qualche auto in sosta, avevano deciso. Opzione non molto ortodossa, ma non avevano altra scelta.
Niall sbuffò, spalancando gli occhi. Non era riuscito a prendere sonno. Certo non si poteva dire lo stesso di Liam, che russava sommessamente, o di Harry, che mormorava qualche parola sconnessa nel sonno, di tanto in tanto. Aveva sempre trovato piuttosto strano ascoltare gli altri dormire. Non che gli capitasse spesso, di solito Niall dormiva come un ghiro ed era il penultimo a svegliarsi – l'ultimo era Zayn, nessuno riusciva a strappargli il primato di dormiglione del gruppo.
La luna era stata coperta dalle nuvole e ora nemmeno quella forniva una fonte luminosa, notò il ragazzo con una smorfia di disappunto. Sembrava che nulla volesse andare per il verso giusto. Pescò il cellulare nella tasca dei pantaloni, schiacciò un tasto a caso e lo puntò davanti a sé, cercando di vedere se quello stupido bovino fosse ancora steso lì davanti.
«È ancora lì».
La voce roca di Louis lo fece sobbalzare e per poco non lasciò cadere il cellulare. «Tommo!» esclamò in tono di rimprovero.
Louis sghignazzò, divertito dall'averlo spaventato. «Scusa» disse tuttavia.
Niall scrollò le spalle. Poi ricordò che l'altro non poteva vederlo, quindi parlò: «Non ti preoccupare. Neanche tu riesci a dormire?».
Sentì l'amico sospirare e intuì che stesse scuotendo il capo. «No. Sono nervoso» ammise. E il fatto che Louis Tomlinson ammettesse che qualcosa non andava, era un evento più unico che raro. Non era solito sfogarsi con gli altri, nemmeno con i suoi migliori amici. Le eccezioni erano davvero rare, costituite solitamente da qualche intensa e lunga chiacchierata con Harry, perché nessuno riusciva a vedere dentro di lui meglio di Harry.
«Mh?» mormorò solo, come a timida richiesta di una conferma. Louis non era il tipo a cui piacevano le domande. Non gli piaceva di parlare di sé e Niall ormai lo sapeva. Se avesse voluto raccontare qualcosa, lo avrebbe fatto anche contro la volontà altrui. E, stranamente, quello era uno dei casi in cui Louis Tomlinson aveva intenzione di parlare di ciò che lo preoccupava proprio con lui.
«Credo di avervi cacciato in un casino con i fiocchi – sussurrò, un tono serio che non gli apparteneva, non si addiceva alla persona che era solito mostrar loro. - Guarda in che situazione siamo: in mezzo al nulla, con un cazzo di roast beef gigante a bloccarci la strada, senza benzina, completamente al buio... Questo trabiccolo è sicuro quanto lasciare che a farci da navigatore sia un tizio con l'orologio di Batman» e pronunciando l'ultima frase usò tanto sarcasmo e frustrazione che a Niall venne naturale ridere. L'orologio di Liam sembrava aver davvero scandalizzato Louis.
«È un po' mare di merda, in effetti – convenne il ragazzo, candidamente. - ma quando abbiamo accettato di seguirti, Lou, sapevamo a cosa andavamo incontro. Pensi che non ti conosciamo?»
Louis rise e cercò di suonare indispettito quando gli domandò: «Mi stai forse dando dell'irresponsabile?».
Niall rise di nuovo: «Be', sì» ammise con tutta la sincerità che lo caratterizzava.
Liam russò un po' più forte, proprio in quel momento, e Louis sbuffò: «Mr Batman crede che tu abbia ragione, evidentemente» commentò, col suo tipico tono piccato e ironico.
«Be', se lo dice Batman, Tommo...»
Risero, perché dopotutto non c'era nient'altro da fare. Erano in una situazione un po' spinosa, era vero, ma per lo meno erano insieme. E quei cinque, insieme, sapevano di poter affrontare ogni avversità. È questo che fanno gli amici, insieme, no? Si aiutano, si spalleggiano, non si arrendono.
Mentre Niall pensava a quanto sarebbe stato bello, in quel momento, avere un bel piatto gigante di lasagne alla bolognese da condividere con loro e Louis elencava mentalmente tutti gli effettivi disagi a cui aveva sottoposto gli altri – presto le discese sarebbero finite, tanto per cominciare, e anche i viveri, così come il denaro che avevano portato con sé –, un parlottare poco lontano attirò l'attenzione dei due ragazzi.
Rizzarono le orecchie e la schiena, sull'attenti. Louis fece luce sui sedili posteriori col cellulare, per controllare che Liam, Harry e Zayn fossero tutti lì dentro a dormire: era così, nessuno di loro poteva essere fuori a chiacchierare. «C'è qualcuno» sussurrò Niall.
«Sì» confermò Louis. Abbassò il finestrino con la manovella, poi sporse la testa fuori dall'abitacolo, cercando di captare da dove venissero le voci e a chi appartenessero. Ciò che vide furono solamente i fasci di luce di un paio di torce elettriche; sentì dei passi avvicinarsi e trattenne il fiato, sperando che non si trattasse di male intenzionati. Con un pizzico di fortuna persino dei rapinatori avrebbero avuto pietà di un gruppo di disadattati su un pulmino Volks Wagen verde bottiglia, un po' arrugginito e sicuramente vecchio almeno quarant'anni. Si sentì un po' uno sfigato, pensando una cosa del genere, ma si trattava pur sempre di un'eventualità, una fortunata eventualità per giunta.
«Quella stupida vacca» sussurrò indispettita una voce femminile. Louis si sentì sollevato dal fatto che almeno una tra quelle persone fosse una donna. Credette di essere davvero fortunato, invece, quando anche la seconda voce risultò essere femminile: «Non è colpa sua, Gwenog, è solo un animale».
«Uno stupido animale» replicò la prima voce, decisamente insofferente. «Da quanto esattamente papà si sveglia alle tre di notte e decide di contare le vacche?»
«Non lo so, è successo e basta, smettila di lamentarti».
«Stupida vacca».
«Oddio, Gwennie, guarda!»
«Che c'è?»
I passi si interruppero, Louis sentì le ragazze – perché dovevano essere ragazze, a giudicare dalle voci – trattenere il fiato e i due, all'interno del combi, fecero lo stesso. A Niall venne naturale cercare lo sguardo dell'amico, ma naturalmente nel buio non lo trovò.
Louis riuscì a ritirarsi nell'abitacolo appena in tempo, prima che il fascio di luce di una delle torce lo colpisse in pieno.
«Oh santo cielo, ci mancavano solo gli zingari!» brontolò la voce di quella che doveva essere Gwenog.
Louis si accigliò. Zingari? Dove? C'era qualcun altro oltre loro in quel luogo? Come avevano potuto non accorgersene. Forse avrebbero potuto chiedere loro del carburante, avrebbero persino potuto pagarlo. O magari rubarglielo mentre dormivano...
«Dici che c'è qualcuno lì dentro?»
«Secondo te, Connie? Gli zingari dormono nei loro camioncini, non lo sai?»
«No, non lo so. Non è che io ne abbia incontrati molti in vita mia».
«Be', io nemmeno, ma sono cose risapute».
Louis sentì Niall soffocare una risatina a quelle parole. Che aveva da ridere?
«Diamo un'occhiata».
«Cosa? Sei matta?»
«E dai!»
«No! Connie! Torna qui!»
E poi fu un susseguirsi di eventi in pochi attimi. Una sagoma nera si affacciò al finestrino dal lato del conducente, Niall si spaventò e gridò, facendo strillare di rimando le due ragazze. Spalancò la portiera, ci fu un tonfo, un altro grido, imprecazioni, Louis richiamò Niall, Harry sgranò gli occhi gridando («Che succede?!») e Liam cadde dal sedile, attivando per sbaglio il proiettore dell'orologio, che stampò il simbolo di Batman sul parabrezza.
Seguì un nervoso silenzio, in cui ognuno dei presenti cercava di capire cosa stesse succedendo e se fosse il caso di scappare. Poi anche l'ultimo dei ragazzi si svegliò: «Che cazzo state facendo? Si può sapere che ora è?» sbottò Zayn, infastidito dall'interruzione del suo sonno.
In un attimo di lucidità, Niall accese il motore del combi e lasciò che le i fanali mettessero un po' di luce nella notte scozzese. «Qualcuno si è fatto male?» domandò, l'accento irlandese particolarmente marcato, come ogni volta che si agitava. Aprì più delicatamente lo sportello, per vedere e farsi vedere dalle ragazze; si stavano tenendo la mano, gli occhi sgranati e l'aria allarmata, ad un paio di passi dal furgone. «Giuro che non siamo malintenzionati» si sentì in obbligo di precisare Niall.
«No, però tu sei un deficiente. Perché strilli?» lo rimproverò Louis, accendendo le luci di cortesia nell'abitacolo. Harry aiutò a quel punto Liam ad alzarsi, mentre Zayn si era tirato il cappuccio della felpa fin sopra gli occhi e cercava di riprendere sonno.
«Mi sono spaventato – si giustificò l'irlandese. - Ragazze, vi ho fatto male? Ho sbattuto la portiera addosso a qualcuna di voi» insistette, scompigliandosi nervosamente i capelli.
«Stiamo bene» rispose finalmente una delle due, riscuotendosi dallo stato di shock iniziale. Aveva il volto ricoperto di lentiggini e una cascata di disordinati riccioli castani ad incorniciarle il viso. L'altra, più alta e diffidente, sfoggiava una chioma color carota. «Chi siete? Che ci fate da queste parti?»
Niall accennò all'animale ancora steso in mezzo alla strada, mentre Louis incrociava le dita nella speranza che l'aria gentile e da eterno bambino del suo amico convincesse quelle sconosciute della loro buona fede; avevano seriamente bisogno di aiuto, se volevano uscire da quel pasticcio, non potevano di certo spingere quella lattina di birra con le ruote fino a casa.
«Cielo, è Clothilde!» squittì la ragazza bruna. L'altra si accigliò e fulminò con lo sguardo il povero irlandese: «Ci hai investito la vacca?» domandò in tono accusatorio.
«Cosa? No, no! - assicurò lui, scuotendo il capo: - Ho frenato in tempo», poi si pentì di essere stato del tutto sincero, quando quella che doveva essere Gwenog si abbandonò ad una sfilza di pittoreschi improperi contro quello stolto bovino.
«Non ho capito cosa ci fate qui, comunque» ricominciò l'altra, rispondente, in teoria, al nome di Connie.
Louis decise che lasciar far tutto a Niall significava affidarsi ad una sana botta di fortuna. E sì, forse poteva anche andar loro bene, ma Tommo aveva imparato a non fidarsi mai troppo della sorte, perché era evidente che non giocava spesso in loro favore. Ci voleva anche un po' di buon senso e Louis Tomlinson viveva praticamente solo di istinto e di quel briciolo di buon senso che sua madre era riuscito ad instillargli da piccolo. «Siamo in viaggio per il Regno Unito – spiegò brevemente. - Solo che questo stupido furgone ha deciso di rompersi: la lancetta del carburante è fissa in alto da giorni e non ci siamo accorti di essere in riserva. Al momento siamo del tutto a secco».
«Già – aggiunse Niall, annuendo. - Stavamo cercando di spingere McCallister fino alla città più vicina, ma questa mucca ci ha bloccato il passaggio e ci siamo dovuti fermare qui a dor--...»
Il ragazzo non riuscì a concludere la frase, ché la vacca si alzò pigramente in piedi, osservò con disprezzo il furgone, poi barcollò fuori dalla carreggiata, al di là del fosso, tornando nel pascolo da cui era arrivata.
«Che grandissima figlia di...»
«Tommo
«Scusami, Bruce*, non volevo scandalizzarti».
Harry ridacchiò e così fece Niall.
«Scusate» trovò opportuno dire il proprietario della lattina di Heineken con le ruote. «Comunque io sono Louis, lui è Niall. Qua dietro ci sono Harry, Batman e Robin, ma Robin è in letargo ed è meglio non svegliarlo, perché sta finendo le sigarette. E voi non volete vederlo quando ha bisogno di fumare ma non ne ha».
«Non sei divertente» lo rimproverò Liam, imbronciandosi.
«Già – fece la sorella bruna, diffidente. Poi abbassò leggermente la voce: - Connie, andiamocene, questi sono ubriachi».
«Cosa? No, no! - si allarmò Niall, forse più spaventato all'idea di essere preso per un ubriacone o un poco di buono, piuttosto che dal veder sfumare la loro unica speranza di trovare aiuto. Sì, d'accordo, là dietro era pieno di lattine di birra vuote, ma alcune erano vecchie giorni! - Louis è un po' fuori di testa, parla sempre a vanvera. Liam e Zayn, Batman e Robin sono Liam e Zayn».
«Gwenny, non mi sembrano ubriachi. E tanto meno zingari».
«No, ma sono inglesi – notò Gwenog, storcendo il naso. - Uno addirittura è irlandese. Non mi fido di questa gente».
«Smettila di lamentarti, non essere scortese! - la zittì l'altra, pizzicandole una guancia. - Noi siamo Gwenog e Connie, abitiamo qui vicino. Se avete bisogno di qualcosa, potreste far visita alla fattoria» propose.
Gwenog sbuffò sonoramente e incrociò le braccia: «Domani mattina però» puntualizzò. «Papà non sarebbe contento di ospitare degli sconosciuti in casa di notte, senza nessun preavviso» aggiunse, più rivolta all'imprudente sorella che non ai futuri – ed eventuali– ospiti.
«Tecnicamente è mattina» si sentì in dovere di specificare Harry. Dicendolo, però, aveva sporto la testa nell'abitacolo per farsi vedere e aveva sorriso dolcemente, mettendo in mostra le fossette. Era evidente che Gwenog aveva avuto l'impulso di rispondergli male, ma si era poi lasciata intenerire da quel suo faccino tenero.
Ruffiano, lo etichettò Louis mentalmente.
«D'accordo – convenne Niall. - Non vogliamo disturbare. Per la notte possiamo rimanere qui a dormire».
Connie gli sorrise gentilmente e l'irlandese, suo malgrado, sentì qualcosa sfarfallargli nello stomaco. Si sentì stupido, ma ciò non gli impedì di arrossire come un moccioso di fronte ad una ragazza più grande che era stata gentile con lui. Solo che Connie non sembrava affatto più grande di lui, anzi. «Torneremo a prendervi fra qualche ora, allora» rispose, senza smettere di osservarlo interessata.
Niall ridacchiò. «D'accordo! - rispose, felice di quella soluzione. - Ci conto!» concluse, scompigliandosi i capelli biondi con una mano.
 
«Ci conto! - Louis non riusciva più a smettere di ridere. - Niall Horan che ci prova spudoratamente, signore, signori e Bruce Wayne!» proclamò.
Niall ridacchiò, imbarazzato. «Hai finito?» Aveva le guance rosse e non vedeva l'ora che quella tortura avesse termine. Non l'aveva fatto apposta, non voleva provarci con quella ragazza, quel tono un po' allusivo gli era uscito per sbaglio.
«No – rispose l'altro, tranquillamente. - Credo che non la finirò mai. Niall Horan che ci prova con una contadina scozzese terrorizzata in piena notte! Un'idea geniale, davvero!» continuò, sghignazzando.
«Scusa, a chi ti riferisci esattamente con l'appellativo “signore”?» domandò Harry, rimasto focalizzato sulla frase precedente.
Zayn sogghignò, gli occhi ancora chiusi, ma al mente attiva e le orecchie ben aperte da ormai mezz'ora. «A te, ovviamente».
«Sì, a te – confermò Louis. - Effettivamente avrei dovuto avere la decenza di aggiungere la categoria 'procione in letargo' per Zayn, ma non mi ero accorto fosse sveglio. È un evento così raro, ultimamente!»
Era finalmente giunta la mattina, il sole era sorto, tutti erano riusciti a dormire almeno un paio d'ore e stavano aspettando che i soccorsi promessi loro da Gwenog e Connie venissero in loro aiuto. Nel frattempo era evidente che Louis Tomlinson avesse recuperato il buon umore. Da quando aveva aperto gli occhi trovando Niall e Harry a dividersi una barretta di cioccolato per colazione, non aveva fatto altro che ripetere quanto fosse stato spavaldo e marpione il povero irlandese quella notte con la più piccola delle due sorelle scozzesi.
Fu mentre Harry, dopo aver annunciato di dover liberare la vescica, cercava di colpire un povero fiorellino cresciuto nel fosso con il getto di urina, che i soccorsi arrivarono.
«Oh Gesù!» sbottò contrariata la voce di Gwenog, prima ancora che i ragazzi si fossero accorti della venuta di qualcuno. «Copriti gli occhi, Connie!»
«Non un gran bel modo per presentarsi» commentò una voce maschile.
Bastò una manciata di secondi perché i ragazzi si fiondassero fuori dal furgone per accogliere la loro salvezza, mentre Harry voltava le spalle alle ragazze per celare la propria nudità. «Scusate, brutto momento» ridacchiò, mentre richiudeva la patta dei pantaloni.
«Così voi siete gli sventurati che hanno trovato la nostra vacca» osservò un uomo dai folti baffi neri, incrociando le braccia sul petto. Era stato lui ad accompagnare le ragazze fino al furgone, intuirono che si trattasse del padre.
Scrutò i cinque ragazzi uno per uno, mentre Liam annuiva e farfugliava, con le sopracciglia aggrottate dalla concentrazione, tutto l'elenco degli inconvenienti che avevano avuto negli ultimi tempi e Niall non riusciva a smettere di osservare Connie, perché, davvero, alla luce del sole era ancora più bella di come l'aveva intravista quella notte.
Zayn diede di gomito all'irlandese, che gli sorrise serafico, nel momento in cui si accorse che anche lei non riusciva a togliergli gli occhi di dosso. «Se la sorella non fosse così stronza, ci farei un pensierino io» gli sussurrò tra i denti, causandogli un eccesso di risa.
 
Dopo aver esaminato quegli sconosciuti riempiendoli di domande, il signor Sutherland decise di potersi fidare di loro. Ordinò a Gwenog di andare a recuperare il trattore – lasciato giusto dietro la curva – e dopo poco la videro ritornare alla guida di questo sgraziato e rumoroso mezzo di trasporto. Avevano attaccato il furgoncino al trattore, Niall si era rimesso al volante, Louis si era seduto al suo fianco, mentre il signor Sutherland e Connie si erano accomodati sui sedili posteriori insieme agli altri tre ragazzi. Così McCallister era stato trascinato da Gwenog e il suo trattore fino alla fattoria, unica loro fonte di salvezza.
«Qui dentro puzza di birra» aveva commentato l'uomo, non appena ci aveva messo piede. Louis aveva riso, aveva indicato Niall e «Eh, signore, cosa pretende? Abbiamo pur sempre un irlandese con noi». Niall lo aveva guardato male, aveva brontolato qualcosa e poi era arrossito quando Connie era scoppiata a ridere per via della sua espressione da cucciolo ferito.
A Louis quella Connie piaceva. Aveva l'espressione simpatica, sembrava dolce, oltre che essere davvero carina. Era proprio il genere di persona che avrebbe visto bene al fianco di Niall e il suo amico pareva pensarla allo stesso modo.
Qualche ora dopo, Louis si ritrovò a convenire che dopo tutto Liam qualcosa di utile era riuscito a portarlo sé: la tenda da campeggio. I Sutherland avevano offerti loro ospitalità fino a che il loro mezzo di trasporto non fosse stato aggiustato – il loro vicino di casa, il venticinquenne Ethan Wood, era un asso con quel genere di cose, l'avrebbe messo in sesto in pochi giorni. «Vorrete scusarmi, ragazzi, ma non posso permettermi di dormire in casa mia con due figlie adolescenti» aveva aggiunto il padre. Così Louis, Niall, Harry, Zayn e Bruce Wayne avevano piantato (letteralmente) la tenda in giardino e si accontentavano di entrare in casa solo per usare il bagno e per i pasti, gentilmente offerti loro dalla padrona di casa.
«Almeno la tenda non è firmata Batman» commentò Louis con una smorfia, quando Zayn e Liam furono riusciti a montarla, nonostante gli acidi rimproveri del più grande tra loro, che leggeva le istruzioni a voce alta. Niall, consapevole della sua incapacità in lavori del genere, era rimasto seduto per terra appoggiato ad un albero e fissava il cielo, assorto in chissà quali pensieri, mentre Harry sonnecchiava steso nell'erba con la testa sulle sue gambe.
«E adesso che si fa?» domandò l'irlandese, notando che l'opera architettonica costruita dai suoi amici, nonostante non apparisse troppo stabile, era stata eretta. Meglio che niente, in fin dei conti.
«Adesso... – Louis lanciò un'occhiata ai loro bagagli, ammassati sotto l'albero accanto ai più piccoli del gruppo; tra tutti fu un unico oggetto ad attirare la sua attenzione: - Adesso ti alzi, Nialler, e facciamo due tiri» proclamò, avvicinandosi a lui per recuperare il pallone da calcio che gli era sembrato opportuno portare con sé – altro che l'orologio di Batman!
Niall rise, rallegrato dalla prospettiva di fare effettivamente qualcosa, che magari non era utile, ma era pur sempre qualcosa. «Ehi, Harry, alzati, facciamo due tiri!»
Il ragazzo si strofinò i palmi delle mani sugli occhi e alzò appena la testa. «Due tiri?» farfugliò, intontito dall'insignificante dose di sonno.
«No, lascialo dormire! - esclamò Louis, troppo vicino, troppo forte e troppo divertito perché Harry non dovesse sentire: - Harreh e il calcio sono come Zayn e il ballo: incompatibili!»
Niall rise gettando il capo all'indietro, mentre Harry si tirava su a sedere e metteva il broncio. «Sei cattivo con me, Boo» si lagnò in modo palesemente teatrale. Allora Louis ammiccò, gli scompigliò i capelli e «Dai, dimostrami che ho torto» lo sfidò, iniziando a palleggiare proprio lì accanto.
«Giochiamo anche noi!» gridò Liam, dai più reconditi meandri della tenda. Zayn sgranò gli occhi, osservò il pacchetto di sigarette che aveva estratto dalla tasca e con un sospiro lo ricacciò dentro: «E va bene» acconsentì, rimandando la sua sigaretta ad un imprecisato 'più tardi'.
Dopo ore trascorse a far baccano nel cortile di fronte alla fattoria, tra risate e commenti di Zayn e Louis a proposito di quella Connie, che proprio sembrava non poter fare a meno di scostare le tende per osservarli – osservare Niall -, la loro sessione di giochi fu interrotta dall'entrata in scena di una mocciosetta di cinque o sei anni, con una nuvoletta di riccioli rossicci sulla testa e un sorriso a trentadue – si fa per dire – denti. Inutile dire che, impegnato a sorriderle, Harry si prese una pallonata in faccia da parte di Liam, ma, risate a parte, nessuno se ne curò più di tanto.
Harry era attratto dai bambini quanto Niall dal cibo. Ecco, no, forse era più simile ad un cane da tartufo: li fiutava a chilometri di distanza, li cercava e quando li trovava si gettava al suolo, facendo gli occhi dolci, perché, diavolo, erano così carini! Harry adorava i bambini. Era un ragazzo incredibilmente sensibile e paziente, avrebbe passato ore, giorni, intere settimane ad ascoltare un moccioso gridare frasi senza senso, lasciare che delle manine grassottelle gli tirassero i capelli, giocassero con le sue dita, lanciassero a terra il suo iPhone e stracciassero le banconote rubate dal suo portafogli. Harry semplicemente viveva per passare del tempo con i bambini. Zayn diceva spesso che forse era quello il motivo per cui andava tanto d'accordo con Louis, ma il più grande – in quanto tale – si limitava a fulminarlo con lo sguardo senza rispondere alla provocazione; Niall e Liam però ridevano e Harry correva ad abbracciarlo, confermando così le supposizioni di Zayn.
L'entrata in scena della bimba, seguita dalla nuova fiamma di Niall, che si ritrovò un sorriso smagliante stampato in faccia non appena la vide oltrepassare la porta, interruppe, dicevamo, il loro momento ricreativo. Louis decise quindi di attraversare il giardino e andare a chiedere al dottore come stava il suo – di nuovo – amato McCallister.
 
«Dammi qualche giorno e sarà come nuovo» mormorò Ethan Wood, la testa che spariva dentro il cofano del combi.
Louis alzò gli occhi al cielo: cosa significava esattamente “qualche giorno”? Poteva voler dire due come quindici giorrni e loro non potevano permettersi di trascorrere due settimane lì in Scozia: per quel periodo avrebbero dovuto già essere sulla strada del ritorno. Tuttavia non disse nulla, si limitò ad annuire quando il ragazzo lasciò perdere il furgone, pulendosi le mani su un panno giallo ormai sudicio. «Certo, sempre che tu non preferisca ripartire con tutti questi danni risolti a metà, perché in questo caso è già pronto. Chi ha avuto il coraggio di venderti questo affare senza avvisarti dello stato in cui era?» domandò, abbozzando un sorriso solidale.
Louis spalancò le braccia e mise su una smorfia rassegnata: «Un truffatore di prima categoria, ecco chi!» rispose con enfasi. E, sì, forse il fatto che gli avesse venduto quel pezzo di antiquariato ad un prezzo stracciato avrebbe dovuto insospettirlo, ma sul momento Louis era stato troppo entusiasta per pensare razionalmente. Non che a lui piacesse molto essere razionale, preferiva fare ciò di cui aveva voglia, filtrando il tutto con il suo infallibile buon senso. Be', quasi infallibile.
«Quanto l'hai pagato?»
«Cinquecento sterline».
«Be', allora ti aveva avvisato tra le righe».
Ethan scoppiò a ridere e Louis non poté che prendere un respiro profondo, consapevole di essere stato un idiota. «È messo molto male?»
«Il fatto che vi abbia portato fin qua è una sorta di miracolo» fu la laconica risposta del ragazzo, che tornò davanti al cofano aperto; indicando qualcosa qua e là spiegò a Louis cosa in quel trabiccolo non funzionava come avrebbe dovuto e come lo avrebbe aggiustato. A dispetto di quello che Ethan si aspettava, Louis era davvero un appassionato di motori, motivo per cui non solo riuscì a capire tutto quello che stava dicendo, ma riuscì addirittura a commentare la sua spiegazione con cognizione di causa: «È un bel casino».
«Già. Senti, dovrò sostituire dei pezzi. Non sono un professionista, per cui sicuramente ti farò pagare meno di quello che ti chiederebbe il vecchio Cyrus giù in città, ma comunque... Non è un lavoro economico».
«Non preoccuparti per i soldi, fai quello che devi. Vorrà dire che quel che ho risparmiato sull'insieme lo spenderò in riparazioni» commentò con un sorriso divertito. L'ultima cosa che voleva era rimanere di nuovo a piedi o, peggio, che succedesse loro qualcosa per via di un guasto. Forse Louis Tomlinson non era ciò che si diceva una persona responsabile, non era particolarmente maturo, ma non si poteva dire che fosse uno stupido o che del tutto menefreghista. Louis non voleva che qualcuno si facesse male a causa sua e già negli ultimi giorni si stava preoccupando abbastanza di aver trascinato i suoi amici in una pazzia da cui non era certo sarebbero usciti indenni.
Per esempio Niall, pensò, posandosi allo stipite della porta del capanno in cui lavorava Ethan Wood. Da lì riusciva a vedere il biondino conversare con quella Connie davanti alla fattoria, mentre Harry giocava con la bambina e Zayn e Liam si... si picchiavano? Non voleva indagare. Louis aveva il sospetto che il solo fatto che Niall fosse lì a chiacchierare con quella ragazza fosse un grosso problema.
Lei gli piaceva, era evidente, e lui con le ragazze non faceva sciocchezze, lui con loro faceva sul serio. Ora, Louis non aveva idea di come sarebbero finite le cose tra quei due durante la loro permanenza alla fattoria, ma sapeva che Niall sarebbe stato male al momento della partenza. Ed era un bel casino, oltre che tutta colpa sua.
«Senti...»
«Sì?» Louis si riscosse dai propri pensieri, quando Ethan Wood comparve al suo fianco, parlando con la sua voce baritonale. «Non so che intenzioni abbia l'irlandese con Connie, ma fossi in lui le starei lontano».
Il ragazzo si irrigidì e fulminò l'altro con lo sguardo, prima che potesse concludere la frase. Il suo tono fin troppo serio, protettivo e vagamente minaccioso, aveva parlato più delle sue parole. «Niall fa sul serio. Ha rispetto per le ragazze» lo informò freddamente, fissandolo con ostilità dal basso. Qualcuno – Zayn – diceva che Louis Tomlinson fosse un incosciente. Louis Tomlinson, però, era guidato dal suo già più volte lodato buon senso, per cui, se incrociava le braccia e fissava con astio un armadio largo due volte Liam e alto forse anche più di Harry, lo faceva con la consapevolezza di poterselo permettere. Almeno in teoria, perché in pratica nessuno sapeva mai cosa frullasse nella testa di Louis Tomlinson.
«Un motivo in più per starle lontano».
Questo però Louis non se l'aspettava. Cosa voleva dire? «Dove vuoi arrivare?» domandò, cercando di non lasciar trasparire la sorpresa.
Ethan Wood si grattò la testa e a Louis sembrò un po' stupido mentre pensava a come rispondere alla sua domanda. Poi però parlò e la sua apparente stupidità passò rapidamente in secondo piano: «Lei è... Abbiamo appena rotto. – ammise, cercando di nascondere un sospiro dietro un colpetto di tosse. - Connie non l'ha presa bene, sta cercando di farmela pagare provandoci con lui».
Louis inarcò un sopracciglio. Era un patetico tentativo di allontanare la sua ex da un potenziale rivale in amore o quel tizio lo stava mettendo in guardia? «Spiegati meglio».
Ed Ethan Wood, dopo aver preso un respiro profondo e trovato il coraggio di parlare con qualcuno del problema che lo ossessionava da mesi, obbedì.
Sembrava proprio che fosse impossibile non dar retta a Louis Tomlinson, quando Louis Tomlinson parlava da persona seria.
 
«Scusa, Connie, ehm... È tua questa?» Niall arrossì, mentre mostrava alla ragazza una matita da disegno di legno laccato di una scadente vernice a strisce nere e gialle, mina HB2, proveniente dall'astuccio di Zayn – che sicuramente non l'avrebbe presa molto bene, quando avrebbe scoperto che fine avesse fatto. Quello era forse il metodo più stupido del mondo per tentare un approccio con una ragazza e Niall ne era consapevole. O almeno in quel momento ne era consapevole, ma quando Liam poco prima gli aveva messo in mano la matita, spingendolo verso Connie, l'idea gli era parsa quasi geniale. Tendeva a farsi prendere un po' troppo dall'entusiasmo, alle volte.
In ogni caso ormai era tardi per tornare indietro. Se ne stava lì, in piedi davanti a lei, terrorizzato all'idea di guardarla negli occhi per paura di incontrare uno sguardo di sufficienza, di essere rifiutato prima ancora di provarci. E, sì, insomma, avrebbe anche potuto trovare un pretesto migliore per attaccare bottone, quell'approccio lo faceva sembrare anche più sfigato di quanto non fosse. Che idiota, era proprio un grandissimo idiota.
La ragazza sgranò leggermente gli occhi per la sorpresa. «Mia?» domandò, poi si avvicinò per vedere meglio la matita. La prese dalle mani di Niall, che sussultò al contatto con le dita di lei, poi scoppiò a ridere: «Mia, eh?» ripeté ironicamente.
Lui alzò lo sguardo per incontrare lui, meravigliato dalla piega che stava prendendo la situazione. «Sì!» rispose subito, per poi guardarsi attorno alla ricerca di qualcosa di più o meno sensato da dire. «Noi, ehm... L'ho trovata su McCallister mentre scaricavamo i bagagli e non so di chi sia. Forse l'hai persa sta mattina mentre venivamo qua» azzardò. Deglutì a fatica e affondò i pugni nelle tasche, imbarazzato.
«McCallister?» La confusione era ben leggibile sul viso di Connie, mentre passava in rassegna i nomi dei ragazzi per identificare quel “McCallister”.
Niall sobbalzò, rendendosi conto della piccola gaffe appena fatta. «Il pulmino! Louis ha questa strana abitudine di dare nomi agli oggetti e...» Le parole gli morirono in gola, proprio non sapeva come concludere la frase. Si sentiva estremamente stupido.
Connie sorrise. «Be', la matita deve essere sua, allora – disse in tono divertito. - E si chiama Zayn, a quanto pare» osservò, mostrando al ragazzo le lettere che erano in stampetello impresse sul legno dal suo proprietario.
Niall rimase a fissare quelle fini incisioni con crescente imbarazzo, finché Connie non scoppiò a ridere di gusto. Lui la guardò a bocca aperta, mortificato: aveva appena fatto una colossale figura di merda. Certo che Liam avrebbe potuto controllare che non ci fosse scritto il nome, prima di spedirlo a mettere in scena quell'idiozia bella e buona. D'altra parte, si sentì costretto a convenire, cosa si aspettava da un ventenne con l'orologio di Batman?
«Io... io...» Non sapeva cosa dire per togliersi d'impiccio, per cui si limitò a dar voce a ciò che pensava davvero: «Sono un idiota» ammise, poi scoppiò a ridere a sua volta, più per sfogare la tensione che per reale divertimento.
Connie tuttavia gli posò una mano sulla guancia, sorridendo dolcemente, e a quel tocco Niall si paralizzò, il cuore a mille. «Sei stato carino, però» commentò, lasciando poi scorrere via la mano. Niall arrossì, boccheggiò senza sapere come reagire e si sentì stupido – ormai non faceva altro da quando erano scesi dal combi. Infine Connie si morse il labbro inferiore e fuggì, mentre lui se ne stava impalato in mezzo al cortile con un sorriso ebete, senza il coraggio di toccarsi la guancia per paura di scacciare la sensazione lasciatagli dalla morbida carezza di quell'adorabile ragazza.
 
«Corri, cavallo, corriiii!» stava gridando la mocciosa coi capelli rossi, quando Louis tornò alla tenda per dare notizie agli amici a proposito di McCallister. Notizie tutto sommato non troppo negative, per lo meno per quanto riguardava il suo combi; insomma, era ridotto male, ma la situazione era risolvibile. Più quella che non il modo in cui Niall continuava a guardare Connie, che improvvisamente a Louis non piaceva più, proprio per niente.
«Vai, cavallo!» strillò di nuovo la bambina. Solo in quel momento il ragazzo riuscì a vedere dove effettivamente fosse: abbarbicata sulle spalle di Harry, che correva in giro per l'aia ridendo e tenendola saldamente per le gambe per evitare che cadesse. Che scena ridicolmente tenera.
«Ehi, Tommo!» Liam si liberò della presa di Zayn, lasciandolo steso sull'erba a ridere, per poi correre in direzione del nuovo arrivato.
Si stavano davvero picchiando, quindi.
«Buone nuove?»
Louis si costrinse a sorridere, allargando le braccia con entusiasmo: «Meravigliose, Bruce!» gridò, facendo alzare gli occhi al cielo al suo interlocutore. «Dacci un taglio, è solo un orologio! - si difese Liam.- Tu hai comprato quel pulmino sgangherato e nessuno ti ha detto nulla, no?»
«McCallister non proietta il bat-segnale» fu la logica replica dell'altro.
Liam stava per rispondergli, ma Niall balzò a cavalcioni sulla schiena di Louis, obbligandolo a piegarsi in avanti per sostenerne il peso senza cadere, ed esclamò: «No, ma McCallister è una maledetta lattina di Heineken con le ruote».
«Se credi che io mi metterò a correre come sta facendo quel cretino di Harry con la mocciosa, ti sbagli di grosso, Nialler» lo avvisò Louis piccato, mentre Liam se la rideva.
«Si chiama Molly» lo corresse quest'ultimo.
Gli rivolse un'occhiata scettica. «Chiudi il becco, Bruce».
«Quando smetterai di chiamarmi Bruce?»
«Quando smetterai di fare il supereroe».
«Quindi tu chi saresti? Pinguino?» lo sfidò Liam. Stava iniziando a prenderci gusto.
Louis si sistemò Niall sulle spalle con uno scrollone e rise. «No, Pinguino è più Nialler – osservò. - Io sono Joker e Harreh è Cat Woman!» Detto ciò, senza alcun preavviso, si gettò all'inseguimento di Harry e Molly, un irlandese che rideva come un matto a cavalcioni sulla sua schiena.
Liam rise, poi si voltò ad osservare la reazione di Zayn: osservava la scena appoggiato all'albero accanto ai loro bagagli, un sorrisetto divertito in volto. «Hai visto che roba, Robin
Quello scosse il capo e alzò gli occhi al cielo. «Pessimo gioco di parole, Bruce».
Non aveva tutti i torti, dovette convenire mentalmente. Gli si avvicinò, per appoggiarsi di schiena all'albero, proprio accanto a lui. «Dovremmo recuperare la povera piccola Molly, non credi? In quanto supereroi, dobbiamo battere i cattivi» suggerì.
Zayn sospirò e incrociò le gambe. «Magari più tardi, eh? Gli eroi entrano in scena quando i nemici meno se lo aspettano, dopo tutto».
«Sì, come no. Pigro
 
La tenda che Liam aveva portato con sé e che a Louis era parsa una manna dal cielo, si era dimostrata in realtà troppo piccola per contenerli tutti. Ecco che infatti si ritrovavano tutti rannicchiati gli uni addosso agli altri, cercando di farsi caldo a vicenda ma senza darsi troppo fastidio. Non era facile riposare con Liam che russava, Harry che parlava nel sonno e Zayn che ogni tanto alzava la testa per mandare al diavolo qualcuno, che lo aveva svegliato con un calcio mentre cercava una posizione comoda. Proprio per niente facile. Per di più Louis era ancora in timorosa attesa del momento in cui Niall avrebbe dato fiato alle trombe – dopo notti trascorse sul combi, aveva imparato a proprie spese che non esisteva un luogo chiuso che non si trasformasse in camera a gas quando Niall dormiva, e il fatto che mangiassero al fastfood da giorni non migliorava la situazione. Quindi aspettava, sperando che quel momento non sarebbe mai arrivato.
Il ricordo di quello che gli aveva confidato Ethan Wood, oltre tutto, lo agitava. Quando aveva visto Niall con quel sorriso sereno, dopo aver parlato con Connie, Louis non se l'era proprio sentita di dirgli come stavano le cose. Aveva quindi rimandato, preferendo giocare un po' con Harry e la bambina, senza pensare proprio a nulla.
Tuttavia in quel momento, al buio, nel silenzio più totale – se non si contava il russare di Liam – era difficile mantenere la testa inattiva. Quasi impossibile.
Sbuffò Louis e si voltò su un fianco, senza far troppo caso all'aver dato un calcio a Harry. Questo però sembrò offendersi, perché nel sonno bofonchiò: «Stupido gatto». Il ragazzo sorrise intenerito, poi una risata fece lo sobbalzare: Niall era sveglio e aveva sentito il mormorio stizzito del suo amico. «Ma tu non dormi mai?» gli domandò il più grande.
Niall ridacchiò di nuovo, sommessamente. «Potrei farti la stessa domanda» osservò in un sussurro. «Brutti pensieri anche questa notte?»
Louis mantenne lo sguardo fisso sul soffitto della tenda; i rami degli alberi sotto la luce fioca della luna si traducevano in curiose figure d'ombra sulla tela cerata. «Liam mi punta il ginocchio nello stomaco». Il che, in fondo, non era del tutto falso.
E quando Niall prese a raccontargli quali invece fossero i suoi pensieri, da ragazzo cotto a puntino, Louis pensò che dovevano andarsene da quel luogo il più in fretta possibile, prima che qualcuno si facesse male. A dispetto della sua caratteristica franchezza, non riuscì nemmeno quella volta a raccontare al suo amico ciò che gli era stato riferito da Ethan Wood.
Onestamente, come si poteva rovinare la festa ad un Niall Horan così gioioso e spensierato? Nemmeno una persona dal cuore di pietra come Louis Tomlinson ne avrebbe avuto il coraggio. E, di fatti, non l'ebbe.
 
Il giorno seguente, però, Louis pensò bene di evitare che Niall passasse troppo tempo a sbavare su Connie. Ecco che, dunque, quando il signor Sutherland convinse Gwenog ad insegnare a Liam come si montava a cavallo, Louis insistette perché anche Niall partecipasse alle lezioni. «Non vorrai lasciare tutto il divertimento a Bruce, non è vero?»
«Di cosa stai parlando?»
Louis aveva sbuffato. «Sali su quel cavallo e chiudi il becco, Horan!»
«Sei petulante, lo sai?» aveva commentato Zayn, mentre fumava, in piedi al suo fianco. Al che Louis l'aveva guardato e «Noi dobbiamo parlare» gli aveva comunicato a voce più bassa. A Zayn era bastato incrociare il suo sguardo per capire che si trattava di qualcosa di serio.
Quella mattina, dunque, i cinque ragazzi impararono diverse cose. Niall e Liam impararono a cavalcare – o per lo meno a rimanere seduti su un cavallo mentre qualcuno lo guidava per loro–, Molly insegnò a Harry come distinguere un animale maschio da uno femmina (quelli carini, secondo la sua schiacciante logica, erano tutti di sesso femminile: i gatti, per esempio, erano femmine; gli insetti invece tutti maschi, eccetto le farfalle) e Zayn apprese da Louis quanto una graziosa ragazzina con il volto cosparso da tenere lentiggini potesse rivelarsi subdola e opportunista. Louis, per ultimo, scoprì che insultare una sedicenne egoista poteva considerarsi vessazione, reato penalmente perseguibile, per cui evitò di procedere con ciò che aveva pianificato– tutta colpa di Zayn e dei suoi picchi di inaspettata responsabilità.
Per pranzo, però, nessuno era riuscito ad impedire a Niall di aiutare Connie a lavare i piatti. Certo, il fatto che Liam si fosse alzato e avesse trascorso tutto il tempo a dar loro inconsciamente fastidio era stata una grande consolazione per Louis, tanto che quando l'amico gli era capitato sotto tiro, una mezz'ora dopo, gli aveva dato un pacca sulla spalla e si era complimentato: «Sei il mio eroe, Bruce!»
«Cosa ho fatto questa volta?»
«Sei un fenomeno!» aveva insistito l'altro, senza degnarsi di spiegarsi meglio. Ecco che quindi Liam aveva interrogato Zayn con lo sguardo, trovandolo intento a fissare Niall e Connie che chiacchieravano. Ma, naturalmente, Bruce Payne (o Liam Wayne, che dir si voglia) era un tipo troppo ingenuo e in buona fede per intuire quale fosse il problema; si era perciò limitato a scrollare le spalle ed era andato a cercare Harry, che Molly non aveva più mollato un attimo da quando l'aveva conosciuto.
 
«Quindi che si fa con quei due, Zayn?»
«Ci penso io».
«Tu?!»
«Ci penso io, ti dico».
«Sei sicuro che spaventare una mocciosa sia un reato? A me sembrava una buona idea».
«Sicurissimo, si chiama vessazione».
«E allora cosa hai intenzione di fare?»
«Lo vedrai, Tommo».
«Odio quando fai il misterioso».
«Lo so».
 
Quando alla loro seconda sera alla fattoria, Connie e Gwenog avevano proposto di andare tutti insieme in città, Niall quasi si era messo a saltare per la gioia: sarebbe uscito con Connie! Louis, dal proprio canto, aveva sbuffato e poi lanciato un'occhiata a Zayn, che aveva alzato gli occhi al cielo: proprio non riusciva a fidarsi di lui?
No, Louis non ci riusciva. Non ci riusciva perché Niall e Connie avevano trascorso insieme tutto il pomeriggio – sotto lo sguardo vigile di Gwenog, che proprio sembrava non fidarsi di Niall, ma comunque insieme– e Zayn non sembrava avere davvero la minima idea di cosa fare. O almeno questo era ciò di cui si era convinto Louis. Ecco perché, poco dopo la proposta delle ragazze, era andato a trovare McCallister e il suo dottore, prendendosi così la libertà di estendere l'invito anche a Ethan Wood e ai suoi – eventuali– amici. Inutile dire che la sua iniziativa era stata accolta con entusiasmo da Ethan Wood - da Louis era già stato classificato come asociale di prima... anzi, seconda categoria, visto che aveva (avuto) una ragazza.
Come il meccanico aveva comunicato a Louis, inoltre, i lavori su McCallister erano quasi terminati, per cui quella sera sarebbe stato utilizzabile per andare tutti assieme in città. «Domani aggiusterò le ultime minuzie e nel pomeriggio sarà come nuovo. Davvero, questa volta».
Finalmente una buona notizia!
Fu quella sera che il ragazzo capì cosa Zayn avesse in mente.
 
La scena era tragicomica e Liam faticava a capire se dovesse ridere o dispiacersi. Avrebbe volentieri abbracciato Niall e cercato di tirargli su il morale, visto che il biondo se ne stava chino sulla sua pinta di birra, lanciando continue occhiate scoraggiate dall'altra parte della stanza. D'altro canto c'era qualcosa a distrarlo: il doppiaggio della nuova coppietta che Harry e Louis stavano improvvisando era qualcosa di così esilarante che era costretto a sforzarsi per non ridere –e sospettava che quello fosse il loro modo per cercare di alleggerire le tensione.
Liam non sapeva quando esattamente Zayn avesse sviluppato interesse per Connie, né perché si fosse deciso a manifestarlo, fatto stava che in quel momento era appoggiato con una spalla al muro dall'altra parte del pub, in un angolo in penombra, un bicchiere in mano e una Connie, rossa in volta e decisamente intenzionata ad approfondire la sua conoscenza, di fronte.
Parlavano, parlavano e basta, da quelle che a Niall parevano ore, e sembravano davvero fatti l'uno per l'altra. Lui con aria da ragazzo misterioso, un mezzo sorriso enigmatico sempre stampato in volto; lei una dolce donzella di campagna, con le lentiggini e il sorriso dolce, compagna perfetta per un apparente bad boy come lui. Ed era un peccato, perché Niall stava soffrendo per via di questo neonato interesse tra i due. Se ne stava in silenzio, seduto al tavolino assieme a loro, senza degnare nessuno di uno sguardo ad eccezione della bionda dentro il suo boccale di vetro. Probabilmente non l'aveva ancora nemmeno assaggiata, oltre tutto.
«Okay, okay, ne ho un'altra!» esclamò Louis entusiasta, senza togliere gli occhi di dosso alla coppietta. Harry rise, pregustando un'altra sessione di doppiaggio improvvisato.
«Hi, Barbie!» disse con voce grossa.
Il più piccolo rise, capendo al volo dove l'altro volesse andare a parare: «Hi, Ken!» rispose in falsetto.
«Do you wanna go for a ride?»
«Sure, Ken!»
«Come on Barbie, let's go party!»
Harry trattenne a stento una risata: «Questo viene dopo!» lo corresse.
«Ops!»
Liam pensò che tutto ciò era assurdo da diversi punti di vista – tanto per cominciare Harry, tra i due, era quello con la voce più profonda: avrebbero dovuto scambiarsi i ruoli –, ma non riuscì a dire niente, troppo perso nell'interrogarsi su cosa avesse spinto Zayn ad avvicinarsi a Connie, nonostante sapesse che lei interessava a Niall. Non era un comportamento da lui. Gliene avrebbe parlato, questo era poco ma sicuro.
«E dai, ragazzi, – cercò di interrompere quella pagliacciata: - Vi sembra il caso?»
Louis in tutta risposta inarcò un sopracciglio: «E a te sembra il caso di poter rimproverare qualcuno, Bat-orologio
A quel punto Liam alzò gli occhi al soffitto e mostrò i palmi delle mani in segno di resa: «D'accordo, d'accordo, sto zitto!».
«Vedo che ci capiamo, Bruce!»
E Harry rise di nuovo, mentre Niall si ingobbiva ancora un po' di più sopra la sua pinta.
 
Zayn era in difficoltà, anche se non lo dava a vedere. Era un tipo discreto, non era da lui fare cose del genere; non ci provava con ragazze che non gli interessavano e tanto meno si avvicinava a quelle per cui il suo migliore sembrava essersi preso una cotta. Continuava a ripetersi, mentre guardava dappertutto fuorché negli occhi di Connie e nella direzione di Niall, che stava facendo la cosa giusta, che lo stava facendo per lui, ma gli faceva comunque male. Si sentiva una gigantesca merda. Niall era già abbastanza insicuro senza che qualcuno gli giocasse simili tiri mancini, lui in particolare non avrebbe mai dovuto – né voluto – fargli una cosa del genere.
Ma lo stava facendo per il suo bene. Era davvero necessario fargli del male per evitare che qualcun altro lo facesse al posto suo? Quello era davvero il male minore?
Zayn sperava sinceramente che non fosse troppo tardi, di star allontanando Connie da lui in tempo, prima che Niall perdesse la testa per lei.
Si poteva perdere la testa per una ragazza in due giorni? Lui, sicuramente, non era il tipo, ma Niall sì. Incrociò le dita della mano nascosta nella tasca dei pantaloni, non potendo fare altro che sperare per il meglio.
Quando Connie lanciò un'occhiata a qualcuno alle sue spalle, per poi gettargli le braccia al collo e baciarlo, Zayn rimase di sasso. Un solo nome si ripeteva con urgenza nella sua testa: Niall!
 
Niall balzò in piedi e uscì lentamente dal pub, senza dire una parola.
In quel momento, con lo spettro di un sorriso divertito ancora sulle labbra, Louis pensò che certe volte fosse meglio lasciare che le cose andassero come il destino voleva che andassero, senza interferenza alcuna. Molto probabilmente quello era uno di quei casi.
Louis non era mai stato bravo a rispettare le regole, purtroppo, e anche quella volta aveva fatto un bel casino. E siccome aveva già iniziato ad interferire, tanto valeva continuare. Ecco perché si alzò e uscì a sua volta per andare a cercare l'irlandese, borbottando tra sé quanto quel comportamento fosse esagerato: si trattava solo di una ragazzina appena conosciuta e non era nemmeno così carina, in fin dei conti.
Non ci volle molto per trovarlo, seduto in terra, al buio, con la schiena appoggiata al muso di McCallister. Lo raggiunse e si sedette in silenzio al suo fianco.
Restò in ascolto per qualche istante, terrorizzato all'idea che Niall stesse frignando – perché, insomma, Louis non era un asso nel consolare le persone, se poi queste piangevano era un vero disastro. Rincuorato dal respiro regolare dell'amico, prese la parola: «Non prendertela, dai».
Uno sbuffo. «La fai facile tu: sei fidanzato».
Louis ignorò il moto di orgoglio che gli aveva attraversato il petto al pensiero della sua Eleanor. «Questo che vuol dire? Pensi che io non abbia lottato per ottenerla?».
Udì la risata amara dell'amico. «È esattamente quello che è successo, Tommo: le ragazze impazziscono per te, non hai dovuto faticare molto».
Tutte queste lusinghe, si disse Louis, non gli rendevano il compito facile. «Sì, perché io sono perfetto – la buttò sul ridere. - Però non c'è gusto così».
«Non c'è gusto a stare con El?»
«Non ho detto questo!» si spazientì e la sua voce suonò un po' più stridula del solito. Non era mai stato un tipo molto paziente, in fondo. «Non mi stai rendendo il compito facile, Niall Horan».
Niall ridacchiò di nuovo, senza allegria. «Sai, non è... non è il fatto che sia proprio lei a bruciarmi – ammise, in tono grave. - In fondo non la conosco neanche».
«Ben detto!» approvò Louis con entusiasmo: forse la situazione non era tragica come aveva supposto. «E allora perché se qui a fare il depresso?» domandò poi, palesando così la sua irrefrenabile schiettezza, che qualcuno definiva addirittura “assenza di qualunque tatto”. Sì, sempre Zayn.
«Perché, in un modo o nell'altro, succede sempre qualcosa, Tommo – sbuffò, afflitto. - Non c'è una ragazza che mi voglia davvero; quelle che mi interessano finiscono sempre per considerarmi un amico o per... per usarmi, spaventarsi, andarsene. La verità è che sono uno sfigato».
«Be', ...sì».
Niall sobbalzò alla limpida risposta dell'amico. Lo guardò stralunato, senza però vederlo davvero per via del buio. «Grazie, eh!»
Louis rise gettando il capo all'indietro – dovette sforzarsi per non imprecare, quando urtò la lamiera del combi– e gli posò un braccio sulle spalle, stringendolo leggermente a sé. «Ma oggettivamente sei uno sfigato, Nialler».
«Grazie, davvero, infierisci pure!»
«Chiudi il becco e fammi finire!» lo rimproverò Louis, dandogli un leggero colpetto sulla testa per punizione: odiava essere interrotto. «Sei solo stato sfortunato finora – aggiunse in tono più serio. - Non hai ancora trovato la ragazza giusta, è evidente. Ma la troverai, la troviamo tutti, prima o poi».
«Tu l'hai trovata, Tommo?»
Louis prese un respiro profondo e alzò lo sguardo al cielo. Pensare ad Eleanor lo turbava, lei gli mancava terribilmente. Qualche minuto di conversazione telefonica non era mai abbastanza per lui, avrebbe voluto averla con sé in ogni momento, avrebbe voluto che avesse intrapreso quel viaggio assieme a loro. Maledetta la sua università. «Lo spero, Niall. Lo spero».
«E i ragazzi? Credi che Danielle sia quella giusta per Liam?»
«Hey, irlandese, ho capito che sono un genio, ma per chi mi hai preso? Ti sembro Mago Merlino per caso?»
Niall rise forte, finalmente distratto dalle sue precedenti preoccupazioni. «D'accordo, come non detto. Sto zitto».
«Ecco, bravo» approvò l'altro, che ancora fissava le stelle in cielo, il volto sorridente di Eleanor vivido nella sua mente. Aveva voglia di abbracciarla. Gli mancava.
«Un'ultima domanda!»
«Inizio a detestarti, sai?»
Niall rise e prese quella reazione come un permesso a continuare. «Zayn sa che Connie mi interessa...» disse solo.
Louis restò in attesa di una continuazione per un po', poi respirò a fondo, senza farsi sentire. «Non è una domanda».
«Sì, ma...»
«Sì, ho capito cosa vuoi dire» confermò l'altro, prima che Niall potesse incartarsi con le sue stesse parole cercando di esprimere il concetto senza sembrare eccessivamente sentimentale. «Sì, lo sa, ed è il tuo migliore amico; sai che non ti farebbe mai una cosa del genere, senza un buon motivo».
«Qual è questo buon motivo, allora?»
Louis sbuffò, infastidito dall'insicurezza di Niall. «A certe cose bisogna credere e basta. Ti fidi di lui o hai bisogno di una motivazione? Zayn non è stupido, per quanto mi secchi ammetterlo, e tanto meno un traditore». Inoltre, aggiunse mentalmente, era molto riservato e il ragazzo era certo che non avrebbe voluto che lui andasse a spifferare a Niall le sue motivazioni.
I sacrifici, secondo Zayn, andavano fatti in silenzio, senza mai essere ostentati; non c'era bisogno che la persona per cui ci si era sacrificati lo sapesse. Solo in questo modo si trattava di sacrifici sinceri, fatti col cuore. Louis, stranamente, era d'accordo con lui.
«Sai qualcosa che io non so?» domandò Niall, sospettoso, dopo qualche istante di quiete.
Il più grande rise e si alzò. «So tante cose che tu non sai, Irlanda!» lo prese in giro. Dopodiché gli allungò una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi: «Forza, torniamo dentro, non vorrai lasciare che la tua pinta si scaldi!»
 
«Quindi vai via?»
Harry era seduto a gambe incrociate sul prato davanti alla fattoria dei Sutherland, la piccola Molly se ne stava in piedi di fronte a lui, un broncio a decorarle il viso rendendola ancora più adorabile di quanto non fosse solitamente. Il ragazzo le premette delicatamente due dita sulla guance, curvando in su gli angoli della bocca della bimba: non sopportava vedere i bambini tristi. «Purtroppo sì – rispose, - La mia mamma ha bisogno di me. Non bisognerebbe mai lasciare da sole le mamme, vero Molly?»
Lei si imbronciò di nuovo, poco convinta dalla teoria del giovane. «Non devi andare via».
Harry le sorrise, mettendo in mostra le fossette. Molly le toccò con le manine grassottelle.
«E la mia mamma come farà senza di me?»
«E io?»
Già, e lei? Come poteva spiegare ad una bambina di cinque anni che doveva andarsene e non si sarebbero più rivisti? In quel momento si accorse di quanto la situazione fosse triste: aveva trascorso gli ultimi giorni con quella bambina, praticamente ventiquattro ore su ventiquattro, e ora doveva dirle addio. Non l'avrebbe più rivista. Era orribile dover salutarla sapendo che probabilmente non si sarebbero più incontrati.
Deglutì a fatica nella speranza che il groppo che gli stringeva la gola si allentasse. Senza nessun preavviso avvolse la bimba tra le braccia e la strinse forte a sé. Affondò il volto nel suo minuscolo collo e soffiò forte a contatto con la pelle, facendole il solletico. Molly strillò e rise forte, tanto che la sua risata finì per contagiarlo e un attimo dopo ridevano entrambi. «Tu devi stare qui con la tua mamma, Molly, perché lei ha bisogno di te».
«Non posso venire con te, Harry?»
Lui si costrinse a sorridere, mentre le faceva segno di no col capo.
«Perché no?»
«Be', vedi... - Mentre si guardò attorno in cerca di una scusa plausibile, il suo sguardo si soffermò sui ragazzi che caricavano i bagagli sul combi. Sorrise: - Perché Louis in realtà è una principessa molto gelosa, non vuole che altre persone si avvicinino al suo principe» spiegò.
Molly aggrottò le fini sopracciglia rossicce assumendo un'adorabile espressione corrucciata. «Il suo principe sei tu?»
«Ehm... sì».
«No, - La bambina scosse il capo. - Tu sei il mio principe!»
«Certo che lo sono, ma questo Louis non lo sa».
«Louis è cattivo, allora. E non è neanche una principessa» replicò Molly oltraggiata.
A Harry venne da ridere. «Hai ragione. La mia principessa sei tu, però non diciamolo a Louis, d'accordo?»
«Sì, glielo diciamo! Tu devi rimanere qui».
«Non posso Molly. Louis e la mia mamma hanno bisogno di me, ricordi?»
«Ma io non voglio che vai via».
Harry prese un respiro profondo e fece il solletico sulla pancia alla bambina, per farla ridere di nuovo. «Facciamo così, allora: prima o poi ti verrò a trovare di nuovo. Ci stai?»
Lei annuì. «Presto però».
La strinse a sé e le stampò un bacio sulla fronte. «Presto» confermò.
E non mentiva, Harry, mentre prometteva a Molly di tornare a trovarla; Harry Styles non era capace di dire bugie, era una persona troppo sincera. Ad una bambina, inoltre, non avrebbe mai mentito, per nessuna ragione al mondo.
 
Apparentemente tutta l'allegra compagnia si era riunita di fronte alla fattoria, al momento della partenza. La padrona di casa aveva un fazzoletto bianco stretto tra le mani, gli occhi già lucidi in previsione dell'addio; Connie era in piedi, tra la sorella e Ethan Wood, lo sguardo basso e un sorriso incerto ad incurvare le labbra rosee.
«Be', grazie di tutto, signori Sutherland!» ripeté Liam per la milionesima volta nel giro di mezz'ora, sinceramente grato per l'ospitalità ricevuta. Louis alzò gli al cielo e strinse la mano al capofamiglia: «Sì, grazie» disse in tono grave, guardandolo dritto negli occhi. In un certo senso, in quanto più grande del gruppo, si sentiva un po' anche lui un padre di famiglia. Una famiglia di idioti senza una goccia di sangue in comune, ma comunque una sorta di famiglia.
«E grazie per le lezioni! - aggiunse Liam, rivolto a Gwenog. - Ora posso quasi dire di saper cavalcare».
La ragazza rise e guardò Niall: «Ti prego, impediscigli di salire su un cavallo: se si facesse del male lo avrei sulla coscienza a vita!»
La risata dell'irlandese esplose con la sua solita potenza contagiosa, travolgendo anche Liam e Zayn. «Hai la mia parola!»
«Oh, amico – Louis si rivolse a Ethan Wood, che se ne stava lì, un sorrisetto di circostanza in volto, le braccia conserte e l'aria assente. - Ti avviso che se il mio McCallister darà qualche problema, sarai il primo che verrò a cercare!»
Ethan Wood ridacchiò e annuì. «Ti autorizzo a prendermi a pedate nel sedere, se rimarrete a piedi di nuovo!» disse. Strinse la mano a Louis, come a suggellare così il patto appena sancito, poi lasciò una pacca sulla spalla di Harry, che era rimasto in religioso silenzio per tutto il tempo. «Tutto okay?» gli domandò.
«Sì, sì, tutto okay» fece quello, abbozzando un sorriso. Harry non era portato per gli addii, lo intristivano da morire.
Louis sorrise e gli scompigliò i capelli. «Harreh è molto sensibile, ha la lacrima facile».
«Non è vero!»
«Ah no?»
«Okay, sì, è vero...»
La signora Sutherland, come a confermare che anche lei aveva il cuore tenero, si soffiò rumorosamente il naso e asciugò gli occhi. «Buon viaggio, ragazzi» augurò loro, lasciando che il marito le prendesse la mano.
«Buona vita!» li salutò Gwenog, che sembrava aver perso tutta la diffidenza iniziale da quando aveva visto Harry giocare con la piccola Molly. Un ragazzo così dolce non poteva circondarsi di cretini arroganti, no? Be', in realtà sì, ma aveva deciso di fidarsi di lui.
«Grazie dell'ospitalità» ripeté nuovamente Liam. Questa volta fu Zayn ad alzare gli occhi al cielo.
«Be', è ora di andare» proclamò, interrompendo quel momento di sentimentalismo. «E tu ricordati quello che ti ho detto, Connie, intesi?» suggerì con un sorriso.
La ragazza arrossì quando incrociò il suo sguardo. Lo abbassò in fretta e annuì. «Intesi».
«Arrivederci!»
 
Un'ora più tardi, McCallister era di nuovo in carreggiata, in viaggio verso il nord della Scozia. La sua nuova meta era Thurso, la città più a nord della Gran Bretagna. L'allegria era tornata a farla da padrone all'interno del combi Volks Wagen verde bottiglia, nuovo di pacca – ma vecchio più di quarant'anni –, di Louis Tomlinson.
Liam e Harry giocavano a carte, sorseggiando birra dalle loro lattine di Heineken, mentre Niall fissava il paesaggio scorrere veloce al di fuori del finestrino.
«Hey, Zayn» domandò il proprietario del mezzo di trasporto, seduto sul sedile del guidatore con le mani strette sul volante e gli occhi blu fissi sulla strada di fronte a lui.
L'amico, seduto al posto del passeggero, voltò appena il capo nella sua direzione. Lo interrogò con lo sguardo, senza dire nulla.
«Si può sapere che hai detto a Connie?» E con una breve occhiata allo specchietto retrovisore, Louis poté vedere Niall rizzare la testa, improvvisamente attento alla loro conversazione.
«Che giocare con i sentimenti delle persone è da stronzi, motivo per cui l'ho mollata lì, su due piedi».
Niall si accigliò, mentre si rigirava tra le mani la sua lattina di birra. «Eh?» Non riusciva a capire.
Zayn si voltò indietro e lo guardò. «Chi ti ha detto di origliare?» lo rimproverò in tono divertito.
«Non sto origliando! - protestò a voce un po' troppo alta il minore, arrossendo appena per l'indignazione. - State parlando davanti a tutti!»
«Questo ti autorizza ad origliare?» lo sfidò lui, trattenendo a stento una risatina. Non aveva intenzione di dirgli come quella Connie avesse giocato con i suoi nascenti sentimenti e tanto meno di come lui avesse giocato con quelli di lei per evitare che facesse del male a qualcun altro.
Quando Connie l'aveva baciato, Niall era scappato e a Ethan era caduto di mano il bicchiere da cui stava bevendo; Zayn l'aveva allontanata da sé e aveva sentito il bisogno di farle notare che si stava comportando da vera stronza, dopodiché l'aveva abbandonata sul posto ed era tornato al tavolo assieme ai suoi amici, dove Louis e Niall lo avevano trovato al loro rientro.
«Sì!»
E Zayn stava per replicare nuovamente, quando una voce che non apparteneva a nessuno di loro domandò: «Dov'è il principe?»
Tutti – Louis compreso – si voltarono indietro a controllare chi avesse parlato e rimasero di stucco di fronte alla minuscola figura di una bambina coi capelli rossi: Molly Sutherland se ne stava in piedi tra gli ultimi sedili e con i pugnetti si stropicciava gli occhi assonnati. «Dov'è il principe Harry?»
Ci mancava solo la mocciosa! «A Londra» rispose Louis sarcastico, senza riuscire a trattenersi.
Zayn gli assestò un pugno sul braccio, «Guarda davanti tu!» sbottò. Louis obbedì senza (quasi) lamentarsi oltre.
«Molly!» la riconobbe Harry, meravigliato. Si alzò in fretta dal sedile e corse ad abbracciarla, allarmato. «Che cosa ci fai qui? Dovresti essere a casa!»
«Avevi ragione, Louis è cattivo».
«Louis è cattivo, eh? - bofonchiò il diretto interessato, contrariato. - Posso abbandonarla a bordo strada? C'è chi dice che i cani hanno un buon senso dell'orientamento».
«Lei non è un cane!» obiettò Harry, oltraggiato, mentre la prendeva in braccio.
«Fa lo stesso».
Molly nascose il volto nel collo del ragazzo. «Visto? È cattivo!» insistette.
«Hai ragione. Ma cosa ci fai qui, Molly?»
«Mi sono nascosta sul Maccallie mentre la mamma non guardava. Voglio stare con il mio principe».
«Questo sì che è un bel casino» commentò Niall, tornando a guardare davanti a sé: i casini non erano roba per lui.
Zayn annuì e, dopo aver scambiato un'occhiata d'intesa con Liam, decise cosa fare: «Chiamo Sutherland, si starà preoccupando» annunciò, estraendo il cellulare dalla tasca.
«Tommo – prese la parola Liam una manciata di secondi dopo, osservando la cartina che aveva prontamente estratto dal proprio zaino. - Tra qualche chilometro c'è un'uscita sulla destra, prendila e torniamo indietro».
«D'accordo». Louis sbuffò, contrariato da quell'ennesimo contrattempo. Ci mancava solo la mocciosa che fuggiva di casa. Perché dovevano succedere tutte a loro? Avevano il malocchio, per caso?
«Passami una maledettissima birra, Bruce».
Liam mise su un sorrisetto di scherno, che a Louis non piacque per niente. «Meglio di no, Tommo».
«Senti, non me ne frega niente se sto guid-»
«No – lo interruppe Bruce con un sorrisetto trionfante in volto, del tutto consapevole di stargli dando sui nervi: - Tu hai già una maledettissima lattina di Heineken, Lou. Una maledettissima lattina di Heineken con le ruote».
I ragazzi risero e Molly fece lo stesso, nonostante non avesse capito cosa ci fosse di così divertente. Il proprietario del buon vecchio McCallister fulminò tutti i presenti con lo sguardo, uno ad uno, per poi tornare a guardare la strada di fronte a sé.
Si annotò mentalmente di abbandonare Liam al casello dell'autostrada – chissà se l'orologio di Batman lo avrebbe aiutato a tornare a casa!–, oltre che Niall in un fastfood e Zayn in un autogrill. A quel punto avrebbe potuto lasciare anche Harry alla fattoria Sutherland con Molly, così avrebbe potuto tornare a casa, caricare Eleanor e partire per un viaggio assieme a lei, loro due soli. Sì, quella era decisamente un'ottima idea.
 
 



*Bruce Wayne è il nome del personaggio che si cela dietro la maschera di Batman.
Combi, secondo le mie ricerche, è il nome del pulmino Volks Wagen che solitamente identifichiamo “furgoncino hippie” (o almeno io lo faccio). Spero che sia corretto.
 
Fiiiiine! Ho partorito.
Non so che dire. Spero solo che a qualcuno sia piaciuta, perché oltre ad averci messo – molto circa – un secolo a scriverla, mi sono persino impegnata parecchio. Il mio intento principale era di strappare qualche sorriso, spero di esserci riuscita.
Personalmente trovo di essermi lasciata un po' troppo influenzare dalle ultime fanfiction lette, ma la mia capacità di autovalutazione è un po' scarsa, a detta di qualcuno, quindi evito.
 
Grazie a tutti coloro che sono arrivati fino a questo punto, sopportando 20 pagine word di One Shot. :)
Grazie anche a chi ha sopportato i miei sproloqui a proposito di quei maledetti furgoncini, a chi mi ha scritto “GO, MICH, GO!” , a chi mi ha aiutato con i dubbi grammaticali e a chi mi ha spronato a scrivere con i suoi “sono curiosa di leggere”. Grazie anche a mamma e a papà, perché li ho stressati con mille domande mentre scrivevo questa cosa.
Okay, smetto di fare la sentimentale e sparisco. XD
 
  
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